venerdì, luglio 27, 2007

Pastafarianesimo: In principio era la Pasta

La ministra della cultura dell'Assia si è vista recapitare una lettera che incoraggiava la sua lodevole intenzione di voler modificare i programmi della scuola pubblica del suo Land, affiancando, durante le lezioni di biologia, l'insegnamento della teoria del creazionismo a quella dell'evoluzionismo. Non possiamo far altro che rallegrarci, dice la lettera, questa decisione apre infatti la strada anche all'insegnamento della teoria del creazionismo pastafariano.
La lettera aveva come mittente "Societas Spaghetti - Monsignore Aglio di Olio, Granmaestro e Superiore Generale dell'Ordine dei Pirati di sua Spaghettosa Santità" e come logo un piatto di spaghetti al pomodoro.
Secondo il Pastafarianesimo, il mondo sarebbe stato creato dal Mostro di Spaghetti Volante (MSV). Teoria che ormai, tranne una sparuta minoranza di scienziati, nessuno mette in dubbio. Il Vangelo dei Pastafariani lo si trova anche su Amazon. Il fondamento del credo asserisce che l'MSV controllerebbe il mondo attraverso i suoi spaghetti-tentacoli, l'umanità discenderebbe dai Pirati e l'universo sarebbe stato creato circa 5000 anni fa. Le fondamenta logico-epistemologiche della teoria sono solide come quelle della teoria del creazionismo e analoghe a quelle della teiera di Russell: fino a quando qualcuno non avrà dimostrato il contrario, la teoria rimarrà inconfutabile.
Uno dei dogmi della religione asserisce che l'Universo è stato creato da un invisibile e non rilevabile Mostro di Spaghetti Volante. Tutte le prove che sostengono l'evoluzione sono state intenzionalmente impiantate da questo essere per fuorviare gli umani. Nella sua onniscenza e usando il suo incommensurabile senso dell'umorismo, il MSV sapeva già che degli esseri umani curiosi avrebbero trovato quelle prove ed elaborato una falsa teoria.
Un'altro dei dogmi afferma che il riscaldamento globale, i terremoti e gli uragani e gli altri disastri naturali sono conseguenza diretta della diminuzione del numero dei pirati a partire dal XIX secolo.
Si noterà dalla foto che l'aspetto del MSV - tentacoli-spaghetti e occhi-polpette - ricorda vagamente il famoso piatto della cucina italo-americana: spaghetti and meatballs; piatto sacro per gli adepti.

mercoledì, luglio 25, 2007

Reunion e Il giardino dei Finzi-Contini

Ho finito da poco la lettura in parallelo di due libri. È stato interessante in quanto entrambi erano ambientati nei decenni che hanno preceduto la II Guerra Mondiale, rispettivamente nei due paesi in cui io ho vissuto. Entrambi narrano le vicende di mondi totalmente scomparsi viste prevalentemente da prospettive adolescenziali.
Tutti e due i protagonisti nascono da famiglie di tradizione ebraica, ma all'interno di queste famiglie, questa identità ebraica non viene vissuta in modo molto integrale. "Questa estrazione ebraica in concreto si riduceva alla visita annuale alla sinagoga nel giorno dello Yom Kippur, giorno in cui mio padre non fumava e non viaggiava, non perché credesse nel Giudaismo, ma perché non voleva ferire i sentimenti di altre persone".
Nelle due famiglie ci si sente prima di tutto italiani e tedeschi rispettivamente e si guarda al sionismo come una bizzarria di pochi estremisti: "reclamare la Palestina dopo duemila anni, secondo mio padre, non aveva più senso di un ipotetico tentativo da parte degli Italiani di reclamare la Germania in quanto duemila anni prima era stata un possedimento romano. Avrebbe solo potuto condurre ad infiniti spargimenti di sangue".
In tutti e due gli ambienti si sottovaluta la portata delle tragedie che Hitler e Mussolini avrebbero generato e si pensa che a breve tutto sarebbe tornato alla normalità. "Conosco la Germania. Questa è solo una malattia temporanea, come il morbillo, che passerà. Credi veramente che i compatrioti di Goethe e Schiller seguiranno questa spazzatura?". Questa considerazione fa riflettere in particolare su quanto sia facile giudicare a posteriori, quando si conosce già il finale della storia. Quando ci si trova dentro però le cose non appaiono così ovvie.
Nella mia edizione di Reunion c'è un introduzione di Arthur Köstler. Cito: la novella narra vicende drammatiche, "eppure il retrogusto che lascia è quello fragrante del vino locale gustato in locande a graticcio lungo le rive del Neckar e del Reno. Non c'è nulla della furia wagneriana; è come se Mozart avesse riscritto "Il crepuscolo degli Dei".

domenica, luglio 22, 2007

Amuleti

Nella foto sono ritratti i miei amuleti: uno pellerossa, uno cattolico e uno buddista. Tutti e tre mi sono stati regalati, ma parrebbe che tutti e tre siano ugualmente inutili.

lunedì, luglio 16, 2007

Se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo

Sono passati ormai più di dodici anni e nel ripostiglio della mia memoria rimangono solo fotografie con i contorni logori che sbiadiscono e ingialliscono, ritratti dai colori sempre più tenui, sfumati ed opachi.
Marinelli era sicuramente quello che mi affascinava di più. Magro, lunga barba bianca e capelli legati, era forse quello che più si avvicinava alla figura mitica del barbone romantico: quello un po' filosofo che diventa barbone per scelta. Stereotipo che secondo la mia esperienza esiste solo nell'immaginario di chi non ha mai avuto dei contatti veri con gli abitanti dei ghetti metropolitani.
Marinelli era nato a Trieste nei primi decenni del secolo scorso. Aveva viaggiato molto e vissuto in luoghi diversi. Era stato, tra tante altre cose, frequentatore adolescente di case chiuse a Trieste, autore di gialli e alcolizzato in Argentina, padre in Francia, giocatore di terzilio in Sabina e barbone a Roma. Il suo vero cognome era Marinovic che fu italianizzato durante il ventennio. Era un acuto osservatore della realtà che lo circondava e a volte si divertiva a stupire con degli strani comportamenti i volontari in preda ad un ispirata vena caritatevole.
Memorabili le partite serali di terzilio davanti a una bottiglia di Black Bush o di Drambuie: io, lui e Alessandro.
Una volta gli domandai se avesse ancora dei contatti con i due figli. Mi rispose che non ne aveva. Era solo venuto a sapere che la figlia era diventata suora.

Marcello I era uno dei più divertenti. Trasteverino doc e omosessuale. Nel dopoguerra si era prostituito nei dintorni di Monte Caprino e del Colosseo. Mangiava sempre e solo "er brodo". Solo una volta mangiò la pasta. Quel giorno avevo cucinato io. Ci erano arrivati dei fagioli e li usai per preparare un inedito e improvvisato sugo. Quando Marcello vide qual'era la pasta del giorno esclamò: "an vedi a' pasta a'a militare!".
Le sue frasi più ricorrenti erano: "ma che c'avete messo er zucchero ner brodo!", "guarda che io c'ho 57 anni", e quando si alterava: "ma va a fa' le pippe ar colosseo".

Assuero recitava la parte del vecchietto tenero e indifeso per conquistarsi le simpatie di volontarie e operatori. In realtà era un furbastro. Aveva vissuto molti anni in Francia dove aveva imparato a bere il pastis e a cantare l'Internazionale. Un giorno organizzammo una festa alla presenza di volontari e operatori. Francesco suonava la chitarra, io il trombone e gli ospiti cantavano. Ad Assuero facemmo cantare la sua amata Internazionale. Gli operatori non apprezzarono molto.

Savino era pugliese e autistico con un passato di emigrante in Germania come muratore. Quando parlava non si capiva quasi nulla. Quando veniva a mangiare aveva un suo percorso e dei gesti che ripeteva religiosamente sempre uguali. Un giorno diede un pungo a un obiettore che scherzava con lui.

Marcello II scriveva poesie in dialetto romanesco. Ne scrisse anche una per me e per Silvio nel nostro ultimo giorno di servizio.

Remo era nato anche lui a Trastevere e aveva trascorso venti anni in carcere: aveva ammazzato due ricettatori. Una delle sue attività principali era stata svaligiare gli appartamenti. Era molto vecchio e si muoveva a stento. Nonostante ciò tutti lo rispettavano timorosamente. Durante le mie notti di servizio a volte passavo delle ore ad ascoltare le sue storie.

Romeo proveniva da una famiglia della media borghesia. Suo padre era stato sindaco di un paese della Ciociaria. Aveva studiato medicina, ma i problemi psichici l'avevano portato a vivere sotto i ponti. Leggeva in continuazione e aveva dichiarato guerra a molte cose: una di queste erano i glutammati.

Bushi veniva dall'Albania e faceva il ricettatore in zona Termini. Girava con la fiaschetta perennemente nel taschino interno della giacca e voleva sempre offrirci un sorso.

Alex era nato in Ungheria da padre calabrese. Fuggì dall'Ungheria con mezzi di fortuna per raggiungere il padre, il quale lo segregò per più di un decennio a fare il pastore sull'Aspromonte. Fuggì anche da lì, dopo aver ucciso qualcuno, secondo i suoi bizzarri racconti, e si spostò a Roma. Non aveva mai frequentato scuole e si era alfabetizzato da solo provando e riprovando a decifrare pagine di giornali. A Roma si era costruito una baracca a Cinecittà, dove cominciò a frequentare l'ambiente delle comparse cinematografiche. Fece la comparsa in molte pellicole, persino con Federico Fellini. Una sera mentre guardava la televisione insieme agli altri ci chiamò eccitato. Stavano trasmettendo "Anche gli angeli mangiano fagioli". Vedemmo la scena in cui Alex interpretava il suonatore di piatti dell'esercito della salvezza.
Negli anni in cui lo conobbi era un consumatore abituale di viagra.

Campanelli era piemontese ed era rimasto traumatizzato dalla vita di manicomio. Leggeva e citava in continuazione l'Apocalisse esibendosi anche in diverse sue creazioni improvvisate sul tema. Una di queste era la minaccia della punizione dell'Uccello Grifone.




Mammolino era omosessuale e aveva lavorato nel teatro. Anche lui si divertiva molto a prendere in giro le volontarie.

George era nato da una delle caldeggiate relazioni tra romani e "bell'abissine". Suppongo che nella Roma del dopoguerra la sua provenienza gli abbia provocato qualche problema. Era riuscito ad uscire dall'alcolismo e frequentava ancora i gruppi di Alcolisti Anonimi.

Altri personaggi che ricordo sono Gina, la cuoca volontaria nipote di Ignazio Silone, che sputacchiava sui piatti; la suora venticinquenne emiliana che votava Bertinotti e che un giorno ci comunicò che si sarebbe ritirata in clausura; e il cuoco volontario caposcout. A volte nel cuore della notte ci arrivavano delle prelibatezze preparate da quest'ultimo. Erano gli avanzi di qualche banchetto luculliano che aveva deliziato gli abitanti di qualche villa sulla Via Appia. Il giorno dopo si assisteva quindi all'improbabile scena del non particolarmente apprezzato pasto a base di soufflé, vol-au-vent e raffinatezze simili. Marcello chiosava sempre con frasi tipo: "quella t'aa magni te. Damme er bbrodo!".

giovedì, luglio 12, 2007

Armonia celeste e dodecafonia

La tesi centrale di questo libro è che la principale responsabile del divario apertosi tra il pubblico e i compositori dell'ultimo secolo sarebbe la dodecafonia: tecnica compositiva che avrebbe abrogato, non solo la coloritura armonica e gli sviluppi melodici, ma anche la stimolazione di reazioni fisiche ed emotive, privilegiando la novità ad ogni costo rispetto alla bellezza. Per sostenere la sua tesi l'autore, Andrea Frova, professore di Fisica Generale e musicofilo, si basa su una serie di risultati scientifici relativi alla nostra percezione soggettiva della musica. Risultati relativi a diversi ambiti scientifici che vanno dalla formazione del suono negli strumenti musicali - tra cui anche la voce umana - all'analisi delle informazioni musicali che giungono al nostro cervello.
Un articolo che viene citato, molto interessante per chi abbia delle nozioni di musica e matematica, è il primo articolo di carattere musicale pubblicato dalla prestigiosissima rivista scientifica Science nel 2006: THE GEOMETRY OF MUSICAL CHORDS.
Frova usa un linguaggio immediato, diretto e comprensibile: ben distante dagli astrusi tecnicismi e dall'oscuro gergo dei critici musicali comprensibile solo ai loro colleghi. Consiglio il libro, soprattuto la prima parte, non solo a chi è nutre già degli interessi in materia, ma anche a chiunque volesse imparare qualcosa sulla nascita del sistema dell'armonia tonale (quello usato più o meno dal XVI sec. d.C. fino ad oggi in quasi tutta la musica occidentale) e alla sua evoluzione storica. Non è necessario essere dei musicisti per leggerlo.

Attraverso questo libro ho appreso nuove conoscenze relative alla fisica dei suoni e persino sulla fisica del mio amato trombone. Ho letto inoltre di correnti musicali del '900 che non avevo mai sentito neppure nominare: musica microtonale, musica aleatoria, musica algoritmica, musica concreta, rumorismo, puntillismo, musica dell'immaginario cosmico, musica politicamente condizionata.

Altra citazione interessante è quella dell'organo naturale di Paolo Diodati basato sull'emissione acustica nelle rocce presso il vulcano di Stromboli.

Particolarmente interessante per me è stato anche l'articolo di Zanette: Zipf's law and the creation of musical context. Avevo lavorato con la legge di Zipf durante la mia attività di ricerca nell'ambito dell'Information Retrieval.
Il contesto della legge di Zipf è quello dell'analisi di un testo, ad esempio un romanzo. Se si ordinano i termini a seconda del loro numero di occorrenze nel testo, al primo posto ci sarà il termine che occorre più spesso. Semplificando, Zipf dice che se n(r) è il numero di occorrenze del termine che sta al posto r nella classifica, quando r è sufficientemente grande vale la relazione n(r)~1/r. Quindi il termine che sta al centesimo posto dovrebbe occorrere con una frequenza circa 10 volte maggiore rispetto al termine che sta al millesimo posto. Zanette trasporta in musica il modello di Zipf e introduce il contesto musicale definendo l'equivalente di un termine testuale come una nota caratterizzata da altezza e durata. In questo contesto analizza quattro composizioni di: Bach, Mozart, Debussy e Schönberg e mostra che da un punto di vista funzionale tutte seguono la legge di Zipf, però sussistono delle differenze da un punto di vista quantitativo: il pezzo dodecafonico di Schönberg dà luogo a risultati molto diversi da quelli di tutte le altre composizioni indicando la presenza di un lessico poco compatto e di un contesto instabile.

martedì, luglio 10, 2007

Baccalà alla cacciatora

Su richiesta di ubik pubblico una ricetta che ho imparato da mia madre. Questo piatto non manca mai nella cena della vigilia di Natale della mia famiglia.

Ingredienti: (per 4 persone)
700 g baccalà, 1 spicchio d'aglio, un paio di rametti di rosmarino fresco, 1/2 bicchiere di vino bianco (ma anche il rosso va bene: conferisce al piatto un sapore più deciso) e olio extravergine d'oliva.

Preparazione:
Tagliate a pezzi il baccalà e tenetelo a mollo per un paio di giorni, cambiando l'acqua un paio di volte al giorno. Scolatelo e asciugatelo.
Fate scaldare 5 o 6 cucchiai di olio in una padella. Aggiungete il baccalà alzando la fiamma quando avrà tirato fuori l'acqua. Contemporaneamente utilizzate un mortaio per ridurre a crema lo spicchio d'aglio e le foglioline di rosmarino. Aggiungete quindi nel mortaio il 1/2 bicchiere di vino e mescolate bene. Quando l'acqua nella padella si sarà ridotta irrorate con il contenuto del mortaio e lasciate cuocere fin quando la salsa non si sarà addensata.

domenica, luglio 08, 2007

Probenwochenende e funghi porcini

Il fine settimana mi ha visto impegnato con il Probenwochenende: un fine settimana dedicato interamente alle prove con l'orchestra. Si parte in autobus il sabato alle 8:15, si raggiunge il luogo prescelto - l'ostello di Zwingenberg nel nostro caso - e alle 9:30 si comincia la prova che avrà termine domenica alle 16:30. Si mangia e si pernotta in ostello.
I pezzi che abbiamo provato sono:

Una notte sul Monte Calvo di Modest Mussorgsky
Sinfonia n° 4 in re minore di Robert Schumann
Concerto per violino di Antonín Dvořák

Chi dovesse trovarsi ad Heidelberg sabato 21 luglio può venire al concerto che avrà luogo alle 19:30 nella Lutherkirche, Vangerowstraße 5, nelle vicinanze della Volkshochschule.

Altre novità nell'ambito musicale: ho comprato un completino sado-maso in pelle per proteggere il mio trombone dalla corrosione.

Per essere preciso devo anche aggiungere che i tromboni non sono coinvolti in tutti i tempi dei suddetti pezzi. Così la nostra partecipazione è stata parziale: da sabato alle 16:30 fino a domenica alle 12. Questo mi ha permesso di farmi il giretto al mercato del sabato mattina e non immaginerete mai che cosa ho trovato. Un bel fungo porcino. Questo può aiutarvi a capire quanto autunnale sia qui il clima in questo momento. Come per incanto dopo qualche ora il funghetto si è trasformato. Se qualcuno volesse la ricetta eccola. La preparazione del condimento è sempre la stessa, anche se lì era accompagnato agli gnocchi e qui alle fettuccine.

venerdì, luglio 06, 2007

Pasta col tonno

Su richiesta di Eva Kant pubblico una vecchia ricetta del mio paese che in passato veniva preparata per la vigilia di Natale. Quella che propongo è una mia personalizzazione. Nella ricetta tradizionale ovviamente non potevano esserci i capperi. Non c'erano neppure le olive e credo che la cipolla e il peperoncino siano stati aggiunti nel dopoguerra.

Ingredienti: (per 4 persone)
340 g spaghetti, 800 g di pelati (i migliori secondo me sono sempre i MUTTI), 1 cipolla, 1 spicchio d'aglio, 160/240 g di tonno in scatola, una manciata di capperi siciliani sotto sale, olive nere, peperoncino fresco, prezzemolo, 2-3 cucchiai d'olio.

Preparazione:
Soffriggete la cipolla in una padella a fuoco molto dolce.
Quando la cipolla si sarà appassita aggiungete l'aglio schiacciato o a pezzettini (a seconda delle inclinazioni agliesche personali), i capperi dissalati, le olive snocciolate e tagliate a pezzettini e il peperoncino. Lasciate ancora soffriggere per un paio di minuti, aggiungete il tonno scolato e coperchiate. Dopo qualche minuto aggiungete i pelati, mescolate e lasciate cuocere fin quando la salsa non si sarà totalmente addensata.

Buon appetito e fine settimana!

mercoledì, luglio 04, 2007

Apologia della Riabilitazione

L'istituzione della riabilitazione è secondo me un enorme vanto del sistema sociale tedesco e un grandissimo segno di civiltà. Mi risulta sempre un po' difficile spiegare agli amici italiani che cosa sia la riabilitazione in Germania. Quando dico che sto in una clinica di riabilitazione mi rispondono: ma quindi sei di nuovo in ospedale? A volte per farmi capire uso una grossolana esemplificazione e dico che somiglia un po' al concetto di vacanza alle terme. Credo però che nella realtà del sistema sanitario italiano non esista nulla di paragonabile.
Cerco di spiegare che cosa sia utilizzando altre semplificazioni. Immaginate un albergo - ognuno ha quindi la sua stanza eventualmente anche con coniuge e figli - con del personale medico e paramedico che, all'inizio del soggiorno, stila una terapia individuale volta al recupero delle energie psicofisiche del paziente. Può accedere alla riabilitazione chi sia stato colpito da malattia abbastanza grave - ma anche da incidente, o da qualsiasi problema di salute che necessiti un recupero - e sia stato dimesso dall'ospedale. Il che equivale a dire che può accedere chiunque si trovi ad affrontare una non facile convalescenza. Lo stato sociale tedesco paga quasi per intero il soggiorno di 3, 4 e a volte anche 5 settimane e l'organizzazione prevede addirittura che si riceva a casa il biglietto del treno insieme a due energumeni addetti a prelevare i bagagli: suppongono giustamente che chi ha bisogno di una riabilitazione potrebbe avere dei problemi a viaggiare carico di valige.
La terapia individuale viene in parte consigliata dal personale e in parte scelta dal paziente a seconda delle inclinazioni personali. Nella mia clinica, oltre all'arteterapia (acquerello, steatite, argilla e canestri) già nota ai lettori di questo blog, alcune delle altre offerte disponibili sono: massaggi, ginnastica individuale e di gruppo, consulenze alimentari, sedute con psicologi, esercizi mnemonici, yoga, qi qong, esercizi per combattere l'insonnia, e altro ancora. Inoltre il personale medico definisce anche una terapia per risolvere gli altri eventuali problemi di salute residui.
Lo scorso anno accedetti alla riabilitazione dopo cinque mesi di ospedale, tre mesi di convalescenza e quattro mesi di lento recupero. Il soggiorno contribuì a riportare le mie energie psico-fisiche a livelli normali.
Anche quest'anno l'effetto delle tre settimane è stato benefico.

Durante questo ultimo soggiorno sono venuto a sapere dalla psicologa che all'inizio dell'anno si stava valutando se chiudere la clinica in quanto i finanziamenti si assottigliano sempre di più. Fortunatamente pare che il discorso sia rientrato. Sarebbe stata un'enorme perdita.
Qui ritorna il discorso di un'altra pagina del mio blog: è auspicabile che un governo dia la precedenza al PIL e alla quadratura degli indici economici rispetto allo stato sociale? Il benessere aumenta se qualche indice migliora come conseguenza della chiusura di qualche clinica di riabilitazione?

Il giorno prima della fine del soggiorno del mio scaglione c'è stato il saluto ufficiale da parte del primario. Io e Dieter abbiamo suonato per l'occasione il Wiegenlied di Franz Schubert (trombone e pianoforte).
Ho conosciuto Dieter una settimana prima di ripartire. Lavora per la SWR (TV pubblica del sud-ovest), ha 60 anni e una malattia grave alle spalle. Nonostante ciò non ha mai rinunciato alla sua settimana di vacanza solitaria sulle Alpi. Parte da quota 2000, si fa una decina di Km al giorno con lo zaino in spalla pernottando in rifugi e attraversando anche percorsi in cui è necessario l'uso di corde, raggiunge quota 3000 e torna indietro. Quando ci siamo salutati, vedendomi interessato ai racconti delle sue scalate, mi ha chiesto se fossi interessato anche a partecipare. Dice che non riesce a trovare mai un compagno di viaggio.

lunedì, luglio 02, 2007

Ultimo giorni nella Foresta Nera

Venerdì sera, per festeggiare l'arrivo di Zucchero, siamo tornati da Pfaff. Stavolta ho preso il cinghiale con amarene e prugne al vino rosso e galletti: buono! Con un bicchiere Riesling e uno di Dornfelder, non abbiamo dimenticato il brindisi di buon augurio per Eva Kant e Ubik.
Il sabato ci siamo incamminati di nuovo nella foresta. Siamo partiti dalla base delle cascate a 680 m slm. Lì Zucchero è riuscita a scattare qualche bella foto ad uno scoiattolo. Abbiamo risalito la ripidissima costa che in 1 km conduce alla sommità delle cascate a circa 890 slm. Eravamo quasi sul punto di tornare indietro, ma abbiamo persistito, continuando verso Schwarzenbach (934 slm), quindi verso Weißenbacher Höhe (1011 slm), Martinskapelle (1091 slm), Güterfelsen (1139 slm), fino a giungere dopo circa 3 ore e mezza al Brend (1150 slm), una delle cime più alte della zona, per un totale di 12 km. Siamo anche saliti sulla torre panoramica, ma quella della Stöcklewaldkopf meritava di più.
Lungo la strada del ritorno ci siamo rifocillati nella quasi deserta Gasthaus di Martinskapelle gestita da un signore del luogo e dalla moglie rumena che si è mostrata contenta di aver degli ospiti italiani con cui poter scambiare qualche parola nella lingua stentata appresa in una fabbrica rumena di proprietà italiana.
In prossimità della Martinskapelle c'è la seconda fonte del Danubio che si contende il titolo con la più ufficiale e rinomata Donaueschingen che visitammo lo scorso anno.
Dopo gli ulteriori 12 km di cammino per il ritorno, la cascata ci ha offerto questo spettacolo di rifrazione.
In serata siamo passati per i palchi e le bancarelle della Stadtfest di Triberg, che si tiene addirittura ogni tre anni, e abbiamo consumato la cena al solito Pfaff.
Stasera dove pensate che mi delizierò il palato per l'ultima cena del soggiorno?