giovedì, settembre 27, 2007

I sette libri

Come intermezzo propongo questo meme che mi ha passato pati. Consiste nel presentare i sette libri preferiti. Io l'ho un po' trasformato presentando sette libri importanti.

Il capitano Nemo e l'isola misteriosa: il primo libro che ho letto.

Il nome della rosa: il libro che mi ha acceso la passione per la lettura.

Il pendolo di Foucault: ha innescato la riflessione che ha sradicato la mia fede religiosa.

Gödel, Escher, Bach: ha accompagnato gli anni romani e i primi anni di emigrazione.
“Una fuga metaforica su menti e macchine nello spirito di Lewis Carroll”
È un inno, un godimento dell’intelletto che si dipana in un labirinto di percorsi artistico-scientifici apparentemente distanti, ma che conducono tutti a concezioni molto simili.

Il più grande uomo scimmia del Pleistocene: il libro dell'amore.

La scala di Dioniso: ha accompagnato diverse notti in ospedale.

Romanzo Criminale.

lunedì, settembre 24, 2007

Catania 1

Come previsto da Stregazelda vi propino i racconti fotografici di viaggio.

Lunedì 3 settembre.

La nostra quarta vacanze in Sicilia (terza insieme) comincia con una visita all'ospedale Garibaldi di Catania: non proprio il modo migliore per iniziare.
I vari spostamenti del pesantissimo borsone mi avevano causato un'infiammazione ai tendini che è dolorosamente esplosa all'aeroporto la sera della partenza per Catania. Al pronto soccorso mi dicono che devo osservare almeno 20 giorni di riposo per la spalla, così la povera Zucchero è costretta a farsi carico del fardello della parte pesante del bagaglio per tutta la vacanza, che, visto il nostro peregrinare di città in città, non è proprio una passeggiata.
Dopo la parentesi ortopedica riprendiamo a visitare la città. I Catanesi ci hanno fatto subito una buona impressione; a partire dal gentilissimo albergatore che si era offerto di accompagnarci al pronto soccorso al nostro arrivo all'una di notte.
Scendiamo verso il centro costeggiando la bella Villa Bellini e ammirando diversi palazzi barocchi giungiamo all'anfiteatro romano che è secondo per dimensioni solo al Colosseo. Purtroppo fu quasi totalmente interrato in seguito all'eruzione del XII sec. - in cui la lava sgorgò da un cratere apertosi in città - e al terremoto del 1693 che distrusse totalmente Catania.
Continuiamo la passeggiata raggiungendo il monastero di S. Nicola, oggi sede dell'università. La chiesa è enorme. Da citare l'organo, la meridiana e il bel panorama che si gode dal tetto.
Percorriamo quindi via Crociferi con i suoi palazzi dalle belle facciate, le sue chiese barocche e l'arco di congiunzione tra la badia grande e piccola costruito (abusivamente?;-) in una notte. A pranzo mangiamo al ristorante Slow Food Metró: niente male.
Nel pomeriggio visitiamo il Teatro Bellini. Sulla stessa piazza si può ammirare la Casa del Mutilato. In seguito abbiamo ammirato la cattedrale barocca con transetto e absidi normanne intitolata a S. Agata patrona di Catania. Nella navata destra si può visitare la tomba di Bellini.
Al centro della piazza della cattedrale c'è il bizantino elefantino Liotru, simbolo della città.
Al lato nord si trova il municipio e una fontana alimentata da un fiume sotterraneo di acuqe etnee; oltre la fontana il mercato del pesce.
La zona di Catania, a differeza del resto della Sicilia, è molto ricca d'acqua. Il gigante infuocato non è solo latore di sciagure. Nelle sue viscere oltre alla lava incandescente ci sono anche fiumi d'acqua.

venerdì, settembre 21, 2007

Matriciana (amatriciana?)

Per superare il momento di stanca riparto con qualcosa che avevo già scritto prima delle vacanze e che ora, con la stagione fredda che incombe, risulta abbastanza appropriato.
La Matriciana è un piatto tipico romano, ma di provenienze reatino-amatriciane: appartiene quindi a pieno titolo al mio DNA culinario.
Sul nome esiste una diatriba che vede contrapposti i sostenitori dell'origine romana del piatto ai sostenitori dell'origine amatriciana, che chiamano appunto il piatto "amatriciana", da Amatrice, cittadina dei monti della Laga, in provincia di Rieti.
Secondo me, almeno il nome è romano: infatti non penso sia plausibile che i pastori amatriciani, dai quali il piatto sarebbe stato creato secondo la seconda teoria, chiamassero quel piatto pasta all'amatriciana, è molto più plausibile che qualche ristoratore romano abbia coniato il nome. Secondo il gestore dell'enoteca "Tramonti e Muffati" di Via S. Maria Ausiliatrice a Roma - che si era laureato con una tesi sulla cucina romana e i suoi tre filoni: quello del quinto quarto, quello giudaico e quello "burino" (a quest'ultimo apparterrebbe la matriciana) - il nome sarebbe stato coniato in un preciso ristorante romano che si chiamava appunto "Il Matriciano". Secondo me questa tesi è abbastanza credibile. La matriciana sarebbe quindi: un piatto della zona di Amatrice, ma reso internazionale da un ristoratore romano.
Facendo un po' di ricerche sulla rete si trovano diverse variazioni su queste teorie, alcune anche un po' bizzarre. Qui ad esempio si legge:

Alcuni, ad esempio gli autorevoli Luigi Carnicina, Luigi Veronelli, Vincenzo Buonassisi nonché lo stesso prof. Luigi Volpicelli, sostengono che la "matriciana" è oriunda abruzzese essendo nata ad Amatrice, quando questo paese, oggi aggregato alla provincia di Rieti, apparteneva alla provincia aquilana.
D'altro canto, Secondino Freda, Alberto Consiglio, attribuiscono invece la paternità di questo gustoso piatto ai sobborghi romani.
Secondo Secondino Freda, un secolo fa, un bravo cuoco amatriciano, residente a Roma, ideò il tanto "conteso" piatto nei sobborghi Romani, ma volle chiamarlo "spaghetti alla amatriciana" probabilmente in ricordo della sua terra d'origine, ma che in seguito cambiarono il nome in "spaghetti alla matriciana". A sostegno della Sua tesi 2 ingredienti fondamentali per la preparazione, il guanciale ed il pomodoro casalino (tipici dei sobborghi di Roma).
Un'altra ipotesi sulle sue origini racconta che degli invitati a pranzo di un nobile romano avevano chiesto alla cuoca come si chiamasse il gustoso piatto preparato, e la donna rispose "spaghetti alla matriciana", perché il guanciale si chiamava "matrice".
Ed anche sul pomodoro nasce la controversia! Infatti secondo l'amato Aldo Fabrizi i pomodori utilizzati sono: "li pommodori freschi di San Marzano", mentre secondo Freda venivano utilizzati i pomodori casalino.
E come se non bastassero le controversie sopra indicate, sorge anche la diatriba: "Cipolla si? O Cipolla no?". Una, mezza, un quarto, quasi tutte le grandi firme in campo gastronomico dicono che serve.


Qui ad esempio si legge:

Secondo i romani questo piatto sarebbe nato a Roma e sull’origine del termine "matriciana" ci sono diverse ipotesi più o meno verosimili: secondo alcuni deriverebbe dal latino "matara", i vasi che i romani utilizzavano per conservare i pomodori per il sugo (in realtà i pomodori furono introdotti in occidente solo dopo la scoperta dell’America!); secondo altri sarebbe da ricollegare a "matriarcato", in quanto veniva preparato solo in occasione di riti molto particolari che si svolgevano durante il solstizio d’inverno sui monti dell’alto Lazio e dai quali erano del tutto esclusi gli uomini; infine potrebbe derivare da "matricale", una pianta aromatica che veniva unita al sugo. Secondo gli abitanti di Amatrice, invece, la ricetta sarebbe stata inventata dai pastori, con i poveri ma genuini ingredienti che disponevano, e successivamente esportata a Roma dove questi andavano a svernare poiché il loro clima era molto rigido. Che si tratti di matriciana o di amatriciana quello che è certo è che oggi questo piatto è diventato uno dei simboli della cucina romana e che ancora si può gustare nelle tipiche trattorie della Capitale.

Quella che propongo non è come al solito la ricetta tradizionale, ma è una ricetta personalizzata dopo vari tentativi.
Ingredienti: (per 4 persone)
340 g bucatini, 800 g di pelati (MUTTI se li trovate), 100/200 g pancetta (guanciale secondo la tradizione) (non affumicata, mi raccomando!), 100 g di pecorino (romano possibilmente), 1 cipolla, qualche cucchiaio di vino rosso, pepe, olio.
Preparazione:
Tagliate la pancetta a dadini e soffriggetela in una padella a fuoco bassissimo considerando che non state usando olio e quindi la pancetta dovrà soffriggersi nel suo stesso grasso. Parallelamente soffriggete la cipolla in un'altra padella a fuoco bassissimo. Uso due padelle diverse perché i tempi di cottura sono diversi.
A piacere si può aggiungere qualche cucchiaio di vino rosso alla padella della pancetta. Quando il vino si sarà consumato e la cipolla si sarà appassita mescolate il contenuto delle due padelle nella padella più grande, aggiungete una macinata di pepe e lasciate ancora soffriggere per un minuto.
Aggiungete quindi i pelati e mescolate. Quando la salsa si sarà addensata aggiungete il pecorino mescolate e fate addensare bene. Quando i bucatini saranno cotti ripassateli brevemente in padella e godetevi la sudata matriciana.

Nota sull'uso della pancetta.
Nella libreria dell'aeroporto di Ciampino ho sfogliato l'ultimo libro di ricette di Allan Bay. C'era anche la ricetta della Matriciana. Devo dire che la sua interpretazione non mi è piaciuta. Riporto comunque un commento in cui Allan Bay dice che se si utilizza la pancetta al posto del guanciale per correttezza si dovrebbe cambiare il nome della ricetta.