mercoledì, aprile 11, 2007

Babel

Tre storie in tre diversi continenti. Che hanno in comune?
Può il battito d’ali di una farfalla a Tokio provocare una tempesta in America e un uragano in Africa?
Chi è la vittima e chi è il carnefice?
Recensioni.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

soprattutto: ma questa e' un'altra storia... sembri un po' lucarelli :))

dioniso ha detto...

anonimo, ma tu l'hai visto il film?

Anonimo ha detto...

Scusa la lunghezza. Ma Babel è quel cinema fighetto tanto amato dai cotoloni finto-impegnati (e mi sò pure dimenticato il CD al lavoro).
Bye Bye

di Paolo Mereghetti
Ci sono dei film dove il regista sembra mettersi al servizio dei suoi personaggi, quasi a darci l' impressione che i protagonisti di quei film siano sempre «esistiti», e che il compito della macchina da presa sia quello di registrare una parte del loro cammino. Ci sono dei film, invece, dove tutto - la storia, i personaggi, i luoghi, persino le battute - sembrano essere solo al servizio del regista e della sua voglia di stupire. Lui diventa una specie di burattinaio che tira i fili, che cambia i fondali, che apre e chiude il sipario a piacere, mentre l' obiettivo della cinepresa si trasforma in un succedaneo dell' «occhio di Dio», onnisciente e onnipresente. Il regista Alejandro Gonzáles Iñárritu fa parte di questa seconda categoria. E lo sceneggiatore Guillermo Arriaga è il suo fido scudiero. Davanti ai film che hanno fatto insieme si ha la sensazione che la loro preoccupazione principale non sia quella di scegliere che storia raccontare, ma piuttosto di come raccontarla. Anzi, di come smontarla e ingarbugliarla. Sullo schermo il flusso del racconto è spezzato e sospeso, la linearità del tempo negata e modificata e solo il regista sembra possedere le informazioni necessarie per tenere insieme le varie storie, per seguire tutti i fili della trama. Succedeva in Amores perros, succedeva in 21 grammi, succede in Babel, premiato a Cannes con la palma per la miglior regia. Nel film si incrociano tre destini, quello di una coppia di turisti americani (Brad Pitt e Cate Blanchett) in vacanza in Marocco per ritrovarsi dopo la crisi per la morte del loro terzo figlio; quello della loro domestica Amelia (Adriana Barraza), rimasta a Los Angeles con i primi due figli della coppia; e quello di un uomo d' affari giapponese (Kôji Yakusho) la cui figlia sordomuta (Rinko Kikuchi) fatica a superare il senso di abbandono in cui l' ha lasciata il suicidio della madre. Il viaggio della coppia verrà spezzato da una pallottola, sparata con troppa leggerezza da due piccoli pastori che vogliono provare la potenza della carabina con cui dovrebbero difendere le capre dagli sciacalli. E l' incidente ritarderà il ritorno a casa della coppia scombussolando i piani di Amelia che deve andare in Messico per il matrimonio del figlio, mentre a Tokio un poliziotto verifica se davvero il proprietario della carabina che ha sparato in Marocco sia un giapponese. Fin qui i fatti principali (che innescano molti colpi di scena) che però il film non presenta mai nel loro corretto ordine cronologico. Per Iñárritu e Arriaga il tempo e lo spazio sembrano due variabili senza alcun valore, se non quello di poter sottolineare - per contrasto - l' occhio onnisciente del regista che salta tra un «prima» e un «dopo», tra un «qui» e un «altrove», mostrando rappresentazioni sempre parziali della realtà. Perché, viene da chiedersi. Non certo per sottolineare la complessità del reale, visto che alla fine, rimesse le storie nel loro giusto ordine, tutto appare semplice e chiaro; magari un po' iettatorio e classista (naturalmente sono i poveri a pagare le conseguenze più dure) ma per niente complicato. Persino la «lontanissima» sordomuta giapponese finisce per acquietare il proprio malessere in una rassicurante stretta di mano. Ed è pretestuoso tirare in ballo l' «effetto farfalla» (un battito d' ali in Giappone provoca un terremoto in America...) e la teoria del caos, dove piccole variazioni nelle condizioni iniziali di un sistema produrrebbero grandi variazioni nel comportamento a lungo termine dello stesso, perché quella coppia, quella domestica e quella sordomuta non rappresentano un «sistema» ma solo le facce casuali di un' umanità schiacciata dalla paura (i turisti americani e i loro compagni di viaggio), dalla burocrazia (la domestica messicana), dalla solitudine (la sordomuta giapponese). Piuttosto viene da pensare che tutta questa messa in scena serva solo a far colpo sullo spettatore, per «stordirlo» con l' idea di un destino cinico e cieco e con il ricatto un po' moralista della cattiveria del mondo. Persino le prove degli attori finiscono per essere schiacciate da questa frammentazione, finendo per annullare l' intensità di alcuni buoni momenti (specie di Brad Pitt). Senza lasciare mai la possibilità di verificare se qualche cosa non quadra, se il film «bara» nel raccontare la realtà (per esempio: come fanno i due pastori a non interrogarsi sulle conseguenze del loro tirassegno? Che diplomatico è quello che blocca l' arrivo di un' ambulanza per privilegiare un elicottero che si rivela molto più lento?). E così, bombardati da colpi di scena e disgrazie varie, si finisce per prendere per buono un cinema che fondamentalmente sembra voler giocare con i nostri sensi di colpa.
Da Il Corriere della Sera, 27 ottobre 2006

dioniso ha detto...

Scusa, ma Mereghetti a parte, tu l'hai visto il film?

Anonimo ha detto...

L'ha visto Anna. E Mereghetti + Anna mi bastano e avanzano.
Prevengo una tua obiezione: io non sarei tanto diffidente dei critici, dipende da chi si sceglie e per i miei gusti e interessi Mereghetti è perfetto (vediti qualche recensione nella sezione Multimedia nel sito del Corriere Della Sera).
E poi mi piace molto la massima "non mi interessa, non mi piace, quindi non lo vedo".
Insomma qui si tratta di gestire al meglio quel poco tempo che si ha. O dovremmo vederci tutti i Rambo, tutti i cinepanettoni, tutte le stupidate di Chuck Norris, Lsrs Von Trier, Tarantino, Benigni, per poter dire con l'anima in pace che non ci sono piaciuti? Poteva valere a scuola dove chi ti interrogava voleva sapere cosa avevi studiato. Quindi non lo vedrò e credo che camperò meglio (sai che attacchi di bile).
:-) :-) :-)

PS: scusa ma su queste cose sono un ragazzo molto sensibile.

dioniso ha detto...

Scusa se sono di nuovo polemico, ma a me piace farmi un giudizio mio facendomi influenzare il meno possibile da giudizi altrui. Inoltre mi sembra che neppure Mereghetti abbia visto il film.

Intanto dice che nel film si incrociano tre destini: quello di una coppia di turisti americani, quello della loro domestica, e quello di un uomo d' affari giapponese. Ignorando il destino della famiglia marocchina che è proprio quella che paga le conseguenze più pesanti.

Poi afferma che per Iñárritu e Arriaga il tempo e lo spazio sembrano due variabili senza alcun valore, se non quello di poter sottolineare l' occhio onnisciente del regista che salta tra un «prima» e un «dopo», tra un «qui» e un «altrove», mostrando rappresentazioni sempre parziali della realtà non certo per sottolineare la complessità del reale, visto che alla fine, rimesse le storie nel loro giusto ordine, tutto appare semplice e chiaro.
Non capisco che cosa voglia dire! Sono delle scelte narrative di un autore. Ci sono milioni di storie narrate con salti tra un «prima» e un «dopo», tra un «qui» e un «altrove». Altrimenti tutto diventerebbe piatto. Poi se un autore vuole può pure scegliere di esprimersi seguendo le aristoteliche unità di azione, luogo e tempo; ma sono appunto delle scelte stilistiche.

Terza e ultima critica alla critica:
"... Senza lasciare mai la possibilità di verificare se qualche cosa non quadra, se il film «bara» nel raccontare la realtà (per esempio: come fanno i due pastori a non interrogarsi sulle conseguenze del loro tirassegno?)"
Ma mereghetti le legge le pagine di cronaca nera? La realtà è piena di fatti ben più inspiegabili: pietre lanciate dai cavalcavia, motorini lanciati dalle tribune, ecc.; e Mereghetti si chiede come fanno due bambini, che sono cresciuti in una famiglia in cui il padre assegna loro il compito di difendere il gregge con un fucile, a non interrogarsi sulle conseguenze del loro tirassegno? Rimango allibito!

Comunque a me alla fine il film è piaciuto, non è certo un capolavoro, ma mi è piaciuto. Per usare una metafora culinaria: non è la crostata di crema e pinoli di Zucchero, ma la mia Pizza di Pasqua mi è piaciuta lo stesso.

Anonimo ha detto...

Sei il solito modesto: la tua Pizza di Pasqua immagino fosse ottima...al livello della crostata di crema e pinoli!
Per stare sull'argomento:
la recensione riporta nel commento il destino dei giovani pastori (definendo anzi un pò classista la scelta di farla pagare ai poveri).
Sono d'accordo sul punto dello spazio e del tempo. C'è un film molto bello che ignora volutamente la cronologia dedi fatti ed è "Così Ridevano" di Gianni Amelio a conferma che un giudizio mio ce l'ho naturalmente, non mi bevo il Mereghetti in quanto tale. Semmai è l'andazzo di questi film modaioli che hanno capito che basta fingersi un poco indipendenti e un pò impegnati, ma senza convinzioni solide alla base. "Le Vite Degli Altri" (di von Donnersmarck) ad esempio dimostra cosa voglia dire girare e fare un discorso serio se mossi da solide convinzioni e punti di vista chiari. Un altro esempio negativo è BorderTown con Jennifer Lopez. Non sono un lupo cattivo perchè ad esempio mi e molto piaciuto un film molto più onesto e divertente e molto più attuale come l'ultimo James Bond "Casinò Royale".
La terza critica, mi lascia perplesso. Perchè la cronaca nera non vive di concatenazioni sul modello caotico. I sassi buttati dal cavalcavia non producono effetti oltre ai danni sulle persone che li subiscono. Se iniziamo a vederli sotto questa luce, forse riusciremmo a decifrarli meglio, dargli il giusto posto nell'allarme sociale e non ci sarebbe enfasi, emulazione e finto scandalo stile "Porta a Porta". Proseguire su quella strada di finta partecipazione autoassolve dalle proprie responsabilità i moralisti che di queste tragedie si fanno interpreti e dolenti cantori.

Ingine ci tengo a precisare che un giudizio critico non mi influenza, scelgo anche sulla base di persone che per mestiere guardano o leggono (e Mereghetti ti assicuro che è uno dei pochi che i film li vede) e su un "comune sentire" mi aiutano e mi stimolano a vedere o a evitare. Io non so te, ma io non ho molto tempo per farmi un giudizio su tutto. D'altronde non si può essere competenti o informati su tutto. Diventeremmo come Bruno Vespa che pretende di trattare tutti gli argomenti con spavalda insolenza. Quindi mi aiuto, qualche volta sono in disaccordo (ad esempio Mereghetti stronca La Guerra Dei Mondi che io trovo molto bello), altre volte mi incurosisco da solo salvo poi verificare se il mio giudizio corrisponde con quelli che apprezzo. E poi ho scelto un critico non bacchettone...sai quante commedie divertenti ho scoperto grazie alle sue recensioni? Io che sarei tentato sempre da film drammatici, realisti, impegnati...ogni tanto vengo salvato dalla seriosità :-)

dioniso ha detto...

A ubbike, ma non semo d'accordo proprio su niente. Infatti, per quanto riguarda La Guerra Dei Mondi mi trovo d'accordo con la stroncatura di Mereghetti.

Anonimo ha detto...

sò un rincojonito lo sò.
E per coerenza, sera dopo sera mi sto vedendo tutti e sei i film di Star Wars!!!