Tempo fa dicevo a un amico che all'inizio speravo che le responsabilità di governo li rendendessero più virtuosi, ma poi hanno cominciato a mostrare un altro aspetto: quello di cialtroni (vedi varie vicende giudiziarie e non) e, soprattutto, incapaci di governare.
Sprecano energie preziose su questioni divisive come i diritti, cercando di toglierne, e l’accaparramento di poltrone, come in Rai.
L'amico mi rispose che in RAI avevano fatto tutti più o meno la stessa cosa.
Credo che l'articolo di Augias “
Un governo incompetente vuole riscrivere la storia, ma demolisce la Rai”, di cui condivido qualche brano, spieghi bene quali sono le differenze.
"Quando Fabiano Fabiani fondò e diresse la
direzione centrale dei programmi culturali (siamo negli anni Settanta) scelse
come collaboratori cattolici e socialisti, comunisti e non credenti. Nonostante
le diversità riuscì a creare un concerto e non una cacofonia perché tutti erano
(eravamo) animati, nella diversità, da un intento comune. Parlo d’una direzione d’orchestra come di
una grande manifestazione sindacale. Ecco perché parlare di fascismo e non
fascismo non basta, un po’ c’è un po’ non c’è – non è quello il punto. Sono cambiati
i punti di riferimento, cambiati gli obiettivi.
Nella Rai del governo a trazione FdI è chiaro che della
comprensione dei fenomeni poco importa. Affiora dalle dichiarazioni di certi
responsabili uno sgradevole spirito di rivalsa; è come se ci si volesse
rivalere per essere stati defraudati di un diritto troppo a lungo sottratto con
la forza o con la frode. Leggo in certe dichiarazioni la soddisfazione di aver
riguadagnato posizioni dovute e, con queste, la possibilità di raccontare in
altro modo, a costo di rovesciarla, la nostra storia dal 1948 (data di nascita
della Costituzione) ad oggi.
Tutto questo è molto diverso dalle varie ondate
di occupanti che ho visto arrivare in Rai governo dopo governo. Quando sono entrato in
azienda (1° luglio 1960, per concorso) la Rai era un feudo democristiano. Ettore Bernabei,
poco dopo, divenne il dominus, la Dc era il suo partito, Amintore Fanfani il
referente. L’atmosfera politica
era angusta ma il livello culturale faceva della Rai una delle migliori
televisioni europee. Nel 1975 una famosa legge trasferì il controllo dell’azienda dal Governo al Parlamento attraverso la
Commissione parlamentare per l’indirizzo e la
vigilanza sul prodotto. Il passaggio doveva garantire il pluralismo e in un
certo modo lo garantì; nello stesso tempo però dette l’avvio ad una forma
scientifica di lottizzazione: Rai1 alla Dc, Rai2 al Psi, Rai3 al Pci.
Salto tutti i successivi passaggi, meglio li
condenso in una sola frase: ad ogni cambio di maggioranza ha corrisposto in Rai
l’arrivo di nuovi fedeli. Tutti accomunati dallo
stesso desiderio: occupare un incarico di un certo prestigio, avere uno
stipendio migliore. Con i nuovi arrivi post 2022 gli obiettivi sono diventati
più numerosi. Al desiderio di guadagnare di più s’è aggiunta, ripeto, la voglia
di raccontare daccapo la storia. Finora ne abbiamo avuto solo qualche accenno
anche perché non è che abbondino, da quella parte, quelli in grado di farlo.
Temo di sapere che di qui a qualche mese questo impulso crescerà di forza, se
le cose resteranno come oggi sono.
La verità è che un governo che sul piano
generale s’è dimostrato approssimativo e incompetente ha prodotto il massimo d’efficienza nella progressiva distruzione della
Radiotelevisione Italiana, questo mi addolora profondamente. Ho visto negli
ultimi mesi dilettantismo, scelte improvvide, la presunzione che una pedina
valga l’altra, l’inconsapevolezza che l’efficacia televisiva è una delicata miscela di professionalità e
congruenza con l’argomento, la
dimenticanza che l’egemonia culturale
non si può imporre piazzando un fedele seguace qua e uno là. Sono materie (non
le sole, del resto) in cui la competenza deve prevalere sulla fedeltà.
Questo mi ha spinto fuori dalla Rai senza
bisogno che qualcuno mi chiedesse di accomodarmi. È stato un gesto volontario.
Se fossi stato più giovane sarei rimasto cercando, se possibile, di
riequilibrare un po’ la deriva. Però sono vecchio e vorrei continuare a lavorare, fin quando avrò sufficiente
consenso, con persone amiche in un ambiente cordiale. Resta questa brutta
storia, avevano annunciato di voler demolire la Rai dei comunisti; stanno
semplicemente demolendo la Rai."