domenica, gennaio 31, 2016

Sperimentazione animale: dove ha senso opporsi? (alcuni numeri)

Riporto qualche appunto, in cui parafraso e sintetizzo l'ascolto della puntata di Radio3 Scienza del 15 Dicembre 2015: La fine del topo.

L'ospite è Fabrizio Benedetti, neuroscienziato dell'università di Torino e autore del libro Un mondo senza animali. Nel libro Benedetti cerca di rispondere alla domanda: come funzionerebbe il mondo se non si utilizzassero più gli animali e i prodotti da essi derivati? E soprattutto: è possibile pensare a una ricerca medica senza l'uso di animali? E quali ne sarebbero le conseguenze?

Il conduttore della trasmissione, Pietro Greco, cerca di ottenere risposte in due dei diversi ambiti del problema: quello etico e quello pragmatico.
Fabrizio Benedetti - Dal punto vista etico la cosa importante da dire è che purtroppo siamo tutti utenti della sperimentazione animale anche se non ce ne rendiamo conto. Di certo il problema etico resta un problema aperto. Nel mio libro dimostro che ci sono dei fatti e delle relazioni ma la risposta la lascio fondamentalmente al lettore. Lui dovrà rispondere se dal suo punto di vista etico la cosa sia giusta o no."
Dalla quarta di copertina: "L’autore spiega le ragioni dei movimenti animalisti e di chi fa ricerca biomedica, cercando di evidenziare gli aspetti positivi di entrambe le parti, ma sottolineando che in molte situazioni la rinuncia ai prodotti di origine animale costituisce una scelta possibile, mentre in altre pone un enorme dilemma etico."

Pietro Greco pone quindi una domanda secondo me molto importante: quanti sono gli animali utilizzati in ricerca rispetto agli animali utilizzati dagli esseri umani per essere consumati come cibo o per altri scopi tipo abbigliamento, cosmesi, eccetera?
Fabrizio Benedetti - Ecco questo è un punto importantissimo. Se facciamo il paragone: se si considerano tutti gli animali che vengono utilizzati dall'uomo, circa il 98% viene consumato come cibo. Contro un dato di circa lo 0,3% usato nella sperimentazione animale a scopi di ricerca medica. Quindi, approssimando un po', si può dire che per ogni animale usato per la sperimentazione scientifica ce ne sono più di 300 che vengono uccisi per scopi alimentari. Ma il fatto ancora più interessante è che dei sondaggi effettuati negli Stati Uniti e in Germania mostrano che circa il 60-65% della popolazione abolirebbe totalmente la sperimentazione animale mentre solo il 25-30% abolirebbe l'uso di animali per scopi alimentari.

Pietro Greco - Quali sono gli effetti pratici di una ricerca senza sperimentazione animale?
Fabrizio Benedetti - Si potrebbero citare centinaia di tecniche mediche e centinaia di farmaci che salvano vite e che non si sarebbero potuti mettere a punto senza l'uso della sperimentazione animale. Cita quindi i trapianti di organo.

A questo punto una domanda che è legittimo porsi è la seguente: ha senso spendere energie in una battaglia per salvare un animale, quando si sa che il suo non utilizzo potrà avere come conseguenza perdite di pazienti o grosse sofferenze negli stessi; invece di utilizzare tali energie per salvare più di 300 animali il cui uso, nella stragrande maggioranza dei casi, potrebbe essere rimpiazzato o ridotto di molto senza provocare né morti né sofferenze?

Consiglio a tutti quelli che parlano o si interessano del tema della sperimentazione animale di ascoltare la puntata radiofonica in cui il tema viene approfondito e vengono citati altri esempi, tra cui i vaccini, la radioterapia e i dati relativi all'uso degli animali per i prodotti cosmetici. Ancor meglio sarebbe leggere il libro. Io l'ho appena acquistato.

sabato, gennaio 30, 2016

Leopardi: Non essere cattivo

Negli ultimi due giorni ho visto due film molto diversi tra loro. Il primo è stato "Non essere cattivo", gentilmente prestatomi dall'amico Luciano. E dopo averlo visto gliel'ho commentato così: "Bello! Sto ancora a piagne."
E, dopo aver visto Il giovane favoloso, mi è venuta da fare questa considerazione.
"Non essere cattivo" mi ha fatto risuonare molte corde emotive. Ieri invece ho visto al cinema il film di Martone su Leopardi. Bella la fotografia, interessante la storia e la ricostruzione. Però, nonostante si parlasse di un poeta con una mente e una sensibilità eccelse imprigionate in un corpo deforme - situazione che non può ingenerar altro che insopportabili dolori fisici e spirituali - il film non mi ha suscitato emozioni così forti.

venerdì, gennaio 29, 2016

Stagione orchestrale invernale: un concerto dvořákiano

Per questa stagione invernale abbiamo preparato un concerto monografico dedicato a Antonín Dvořák. Ecco dunque programma e date della stagione invernale dell'orchestra Musikfreunde Heidelberg.

Date
Martedì 16 Febbraio alle 19:00 Neckargemünd.
Sabato 20 Febbraio alle 19:00 nella Stadthalle di Heidelberg
Come da tradizione, se vi troverete nei dintorni siete invitati ai concerti.

TLDR

Oggi ho imparato un nuovo acronimo: tldr. Devo tenerlo a mente quando scrivo.

giovedì, gennaio 28, 2016

Noi e gli stranieri

"A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Perlopiù questa convinzione giace in fondo agli animi come un'infezione latente; si manifesta solo in atti salutari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della cantina sta il lager."

Primo Levi - Se questo è un uomo - Prefazione

giovedì, gennaio 21, 2016

Violenza sulle donne: i numeri dell'Unione Europea

Riprendo un tema che avevo già trattato in "Femminicidi: i numeri e l'autopercezione italiana". Questi dati sono stati pubblicati a marzo del 2014 dall'Agenzia europea dei diritti fondamentali e sono di carattere più generale: sono relativi alle donne che hanno subito violenza fisica e/o sessuale dall’età di 15 anni nei 12 mesi precedenti l’intervista all'interno dei 28 stati dell'Unione Europea. Li ho scoperti leggendo "Colonia: i fatti, le indagini, le reazioni, il dibattito" e "Violence against women: what the EU-wide survey tells us".
Oltre all'ovvia tristezza che suscitano tali dati, trovo anche interessante il fatto che la graduatoria sia probabilmente molto anti-intuitiva secondo l'autopercezione di molti paesi europei.


martedì, gennaio 19, 2016

Xylella: Presa diretta, Le Scienze e l'idea che mi sono fatta

Dopo aver letto alcuni articoli (il migliore dei quali è sicuramente quello de Le Scienze) e dopo aver visto la puntata Presa diretta - Il caso Xylella del 17/01/2016 mi pare che un fatto su cui sembrano concordare tutte le fonti più credibili è che ancora non si sa con certezza quali siano le cause del CoDiRO (Complesso del Disseccamento Rapido degli Olivi), quella malattia che sta colpendo gli ulivi pugliesi e li porta velocemente alla morte.

C’è chi dà la colpa ai funghi, chi accusa i diserbanti, chi parla di altre malattie. "Sono tutte ipotesi plausibili" - dice l'articolo de Le Scienze - "e devono essere studiate, ma quel che è certo è che un batterio pericoloso, la Xylella fastidiosa, c’è e si sta diffondendo verso nord, là dove con l’olio ci si vive.
Detto questo si può dibattere se la decisione della Procura della Repubblica di Lecce di sequestrare gli olivi salentini colpiti da disseccamento, bloccandone l'abbattimento possa essere utile o meno.

Ecco anche tutti i documenti messi a disposizione da la redazione di Presa diretta.

Ah, ne stanno anche parlando in questo momento su Radio3 Scienza.

Qui le mie altre considerazioni sulla Xylella

domenica, gennaio 17, 2016

Pasta con avocado, zucchine e zafferano

Oggi propongo una ricetta famigliare: gustosa, semplice, fuori stagione, un po' sperimentale e adatta anche ai vegani.

Ingredienti per 2- 3 persone
Spaghetti o similia
1 avocado maturo
1 zucchina novella
10 fiori di zucchina (si ne può fare anche a meno)
1/2 limone
1 bustina di zafferano
Basilico spezzettato
Un pizzico di peperoncino piccante in polvere o fresco
3 o 4 cucchiai di olio
sale quanto basta.

Preparazione
Lavate la zucchina e tagliatela a striscioline. Eliminate i pistilli dei fiori di zucchina e tagliateli a filetti. Scaldate l'olio in una padella versate le zucchine e fatele rosolare per qualche minuto. Quando sono quasi cotte aggiungete i fiori di zucchina.
Subito dopo avere messo a cuocere la pasta, sbucciate l'avocado, eliminate il nocciolo, mettetelo in un mixer con un pizzico di sale, il peperoncino, il succo del mezzo limone, lo zafferano precedentemente sciolto in due cucchiai di acqua di ebollizione della pasta e frullate il tutto. Attenzione! Se aggiungete troppa acqua (o se l'avocado non è maturo) il risultato non sarà una gustosa crema bensì una soluzione acquosa, amara e disgustosa.
Diluite la crema di avocado con due cucchiai di acqua di ebollizione della pasta, condite  gli spaghetti con la salsa di avocado e con le verdure, e spezzettate infine il basilico nei piatti.

venerdì, gennaio 15, 2016

Xylella: l'articolo più chiaro e meno dietrologico letto finora e una proposta costruttiva

Ho letto La scienza di Xylella. Troppe domande senza risposta. È sicuramente l'articolo più chiaro e meno dietrologico che io abbia letto finora e si conclude con una lettera aperta al procuratore capo di Lecce Cataldo Motta.
Come avevo scritto nei commenti di Xylella e la magistratura italiana che ignora la scienza la situazione è meno chiara di come Paolo Mieli sembrava sostenere. Sostanzialmente, non essendo stato ancora dimostrato che Xylella sia la causa certa del disseccamento, la procura ha bloccato l’abbattimento degli alberi. Una domanda che viene posta e che era venuta in mente anche a me è: se il vettore del batterio è la sputacchina non si potrebbe intervenire sul vettore con pesticidi e insetticidi? La conclusione dell'articolo è che un confronto fra gli studiosi sia necessario e urgente. Perché potrebbe non esserci il tempo di un processo per salvare gli olivi della Puglia. E, nella lettera aperta al procuratore, viene chiesto che gruppi di ricerca indipendenti possano avere accesso alle piante infette e che siano accessibili agli scienziati gli eventuali nuovi dati emersi dalle perizie scientifiche commissionate nel corso delle indagini.

Ecco qualche stralcio dell'articolo.

“Il solo pensiero di quel che succederà non mi fa dormire la notte. Rimarrà il deserto.” A parlare è un fitopatologo, uno dei tanti esperti con cui abbiamo avuto modo di discutere in queste settimane mentre cercavamo di districarci tra articoli scientifici e decreti, per andare a fondo del problema e provare a capire quali saranno le conseguenze delle azioni intraprese dalla Procura della Repubblica di Lecce. Perché se è vero che la magistratura deve procedere con le indagini, è anche vero che il rischio di lasciarsi alle spalle un deserto è proprio lì dietro l’angolo.
...
L’olivicoltura pugliese non è omogenea e descriverla come tale sarebbe un errore. A nord, nel barese, la coltivazione degli olivi può essere definita di tipo “intensivo” volta alla produzione di olio extravergine e vergine di oliva. A sud, nel Salento, l’olivicoltura è caratterizzata da appezzamenti molto piccoli, dell’ordine dell’ettaro, con una dimensione economica di produzione di poche migliaia di euro per l’autoconsumo familiare o per la produzione di olio “lampante”, cioè non per uso alimentare.

...
È in questo contesto che si inserisce la storia del CoDiRO, il Complesso del Disseccamento Rapido degli Olivi, una malattia che colpisce le piante e le porta velocemente alla morte. Non se ne conoscono le cause precise. C’è chi dà la colpa ai funghi, chi accusa i diserbanti a base di glifosato, chi parla di malattie che son lì fin dalla notte dei tempi e che possono essere curate con metodi “naturali”: Sono tutte ipotesi plausibili (alcune più plausibili di altre) e che devono essere studiate, ma quel che è certo è che un batterio pericoloso, la Xylella fastidiosa, c’è e si sta diffondendo verso nord, là dove con l’olio ci si vive.
...
X. fastidiosa è un batterio subdolo. Ha uno spettro d’azione amplissimo, in più muta e conquista nuovi ospiti. In alcuni casi cresce dentro le piante infettate in maniera asintomatica, in altri casi porta velocemente alla morte.
L’olivo è un ospite relativamente nuovo e se per la vite o gli agrumi ci sono molti studi a disposizione, di quello che succede all’olivo infettato non si sa quasi niente. Al mondo, al momento, ci sono solo tre focolai di Xylella nell’olivo: in Salento, in Argentina e, da pochissimo, anche in Brasile. In tutti e tre i casi i sintomi delle piante sono simili, ma in tutti e tre i casi si fa fatica a ottenere la prova certa e definitiva che la causa di quei sintomi sia proprio Xylella.
...
La tesi dell’accusa è che se non è dimostrato senza ombra di dubbio che Xylella sia la causa del CoDiRO, allora l’abbattimento degli alberi è da fermare. Una sorta di principio di precauzione al contrario, per intenderci. L’Europa, invece, la vede diversamente, e impone a tutti i paesi membri di attuare misure di eradicazione del batterio o di contenimento indipendentemente dalle manifestazioni della malattia.

Per l’Europa è il batterio a dover essere fermato, non la malattia. E questo non sembra essere chiaro a tutti, anche se è un punto fondamentale, come sottolineato dal professor Giuseppe Surico, uno dei due esperti incaricati dalla Procura di svolgere le perizia scientifica, che parla di una “guerra da affrontare quasi con logica militare e a questa guerra devono dare tutti un contributo per ripristinare una situazione di normalità nel Salento; perché ciò che si sta verificando nel Salento non si verifichi in altre parti della Puglia, in altre regioni italiane, in altri paesi dell’Europa e del bacino mediterraneo; perché ciò che si sta verificando sull'olivo non si verifichi su altre specie di piante”. Insomma, perché quel deserto di cui ci parlava un collega di Surico non si estenda anche più su.

Certo, non si possono prevedere con certezza le conseguenze del blocco delle misure  di contenimento. Il batterio quasi certamente continuerà nella sua conquista del territorio, incontrando zone più fertili per la sua crescita e altre più ostili, ma per produrre modelli di previsione affidabili servono molti più dati. Sappiamo che dovrebbero uscirne alcuni a breve, ma per il momento un’informazione utile può arrivarci dall'osservazione di quello che è successo altrove.

In Brasile, per esempio, l’epidemia di Xylella colpisce ormai il 40 per cento degli agrumeti, quasi 100 milioni di piante infette che necessitano di essere regolarmente sostituite per poter garantire la produzione. E in Puglia? Secondo EFSA, “in assenza di misure di contenimento, gli effetti negativi sulle coltivazioni saranno drammatici”, ma, attenzione, non si parla solo di olivi. Il ceppo di Xylella isolato in Salento attacca anche piante come i ciliegi e i mandorli, che se è vero che non sono importanti per l’agricoltura pugliese, lo sono per regioni vicine. Insomma, c'è un’emergenza.

Un’emergenza che forse c’è, forse no
“Non c’è nessuna emergenza!” ha dichiarato il Procuratore Cataldo Motta nel corso della conferenza stampa di dicembre nella quale è stato presentato il decreto di sequestro degli ulivi, “Xylella è presente in Puglia da almeno vent'anni e ne esistono esistono ben nove ceppi diversi”. La presenza del batterio sul territorio salentino da molti anni sarebbe la prova, secondo la Procura, dell’innocuità del batterio, tanto da giustificare il sequestro degli alberi e il blocco del piano di contenimento. Ma è vero che Xylella c’è da così tanto tempo? Ed è vero che ci sono addirittura nove ceppi?

Se sperate di trovare la risposta nelle carte della Procura sbagliate. A pagina 51 del decreto si legge che le prove sarebbero contenute nei database utilizzati dagli scienziati per depositare le sequenze di DNA e renderle di pubblico dominio. Basterebbe “una semplice corretta lettura dei dati inseriti dagli stessi ricercatori baresi nel database, dati che depongono per l’esistenza di popolazioni non omogenee di Xylella fastidiosa nel Salento, che potrebbe essere stata quindi introdotta non in epoca recente”. Noi queste prove presenti nei database le abbiamo cercate chiedendo anche aiuto a chi, molto più esperto di noi, si sa destreggiare tra sequenze e codici, ma niente, nessuna traccia dei nove ceppi, solo la sequenza diXylella fastidiosa subspecie pauca ceppo CoDiRO depositata dagli scienziati indagati all'inizio del 2015.

Un altro passaggio del decreto (a pagina 35) sembra attribuire questa scoperta alla perizia, citandone uno stralcio, nel quale però i periti stessi, Giuseppe Surico e Francesco Ranaldi, sono molto cauti e avanzano ipotesi per loro stessa ammissione “tutte da dimostrare”. L’unico riferimento alla presunta presenza fin dalla notte dei tempi di Xylella in territorio salentino è un esposto presentato alla Procura della Repubblica di Bari da Franco Trinca, nutrizionista e presidente dell’Associazione NOGM, che scrive: “Diverse evidenze storiche suggeriscono dunque cheXylella fastidiosa possa essere stata presente sul territorio europeo e specificamente italiano, da secoli (probabilmente millenni)”.

Trinca non porta prove a supporto di questa affermazione, ma con il suo esposto chiede “il sequestro cautelativo, con custodia, di tutte le coltivazioni di olivo e di ogni altra specie nel territorio della Provincia di Bari” e “la costituzione di un Collegio di Periti al fine di accertare la veridicità di quanto affermato”. Insomma, proprio quello che è successo, ma a Lecce.

Ma quindi i risultati di queste indagini dove sono? La presenza di una variabilità genetica locale è un’ipotesi da dimostrare o è già stata dimostrata? E se fosse vero e dimostrato, in che modo questo influirebbe sulla patogenicità? Sono stati fatti test in questo senso? Se la perizia contiene le prove a supporto di questa affermazione e della decisione di sequestrare gli alberi e bloccare il piano di contenimento, perché questi elementi importanti non vengono sottoposti al vaglio della comunità scientifica?

In un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano nell'aprile 2015, Cataldo Motta dichiara: “Noi ci occupiamo anche di capire quali sono i rimedi [...] perché temo che se le indicazioni sono di espiantare circa un milione di alberi di olivo verrebbe modificata la geografia dell’intera Puglia, e questo è da evitare”, perché “la nostra preoccupazione è quella che la misura messa in atto [dal piano Silletti, ndr] sia eccessivamente rigorosa. Se si intervenisse sul vettore potrebbe essere un rimedio… Ma lì c’è il problema dei pesticidi e degli insetticidi. Come al solito quando si tratta di aspetti di questo genere ci vuole sempre un bilanciamento”.

A chi spetta, però, questa decisione? Sarà un processo a stabilire quali sono le misure di contenimento adeguate? Oppure, come suggerisce l’EFSA, le misure devono derivare da una “intensificazione della ricerca volta a riempire i grossi buchi di conoscenza che riguardano la biologia e l’epidemiologia del batterio, il controllo dei vettori attuali e potenziali”.

Sì, perché le domande aperte sono ancora moltissime, e aspettano una risposta. Sappiamo per esempio dalla letteratura che i sintomi di un'infezione di Xylella dipendono dalla concentrazione di batteri nella pianta. Superata una certa soglia, la malattia si manifesta. Per la vite queste cose si conoscono abbastanza bene, ma qual è questa soglia per l’olivo? E poi, qual è la probabilità che una sputacchina trasmetta il batterio tra una pianta malata e una sana? E qual è la probabilità che il batterio attecchisca e si diffonda nella pianta? Perché alcuni alberi sembrano tollerare meglio il batterio di altri? Dalle osservazioni sappiamo per esempio che gli alberi giovani sono in grado di difendersi meglio. Ci sono meccanismi di difesa interni che permettono di contrastare l’infezione? Conoscere questi dati permetterebbe agli scienziati prima e ai decisori poi di mettere a punto terapie mirate e provvedimenti “bilanciati” che tengano conto delle esigenze di tutti i soggetti coinvolti.

Ma queste risposte non arriveranno mai se non si metteranno sul tavolo tutte le carte e non si lavorerà duramente per cercare di trovare una soluzione al problema, a partire dalla definizione di che tipo di problema si tratti.

Il sostituto procuratore Elsa Valeria Mignone, parlando della difficoltà di ottenere tutta la documentazione dall'Istituto agronomico mediterraneo (lo IAM) di Valenzano, ha dichiarato a Famiglia Cristiana: “Credo che sul punto debba esserci un confronto serrato tra studiosi poiché l’esigenza della riservatezza dello studio scientifico dovrebbe cedere all'interesse collettivo di una scelta più sicura nell'individuazione delle migliori pratiche per fronteggiare l’allarmante situazione”.

Siamo d’accordo con lei. È nell'interesse di tutti che il confronto, anche serrato, fra gli studiosi avvenga. Ma per farlo bisogna tirar fuori le carte e, soprattutto, bisogna farlo in fretta. Perché potrebbe non esserci il tempo di un processo per salvare gli olivi della Puglia.

giovedì, gennaio 14, 2016

Carnevale della Matematica #93 - come cominciare

La prima edizione del 2016 del Carnevale della Matematica, la numero 93, è ospitata da Maurizio Codogno su Il Post. Il tema è "come cominciare".
Io ho contribuito con la cellula melodica


E con due articoletti così introdotti:
Dionisoo in Pitagora e dintorni ha scritto Il capitale nel XXI secolo di Thomas Piketty e la funzione di Cobb-Douglas, recensione del libro dell’economista in questione che pone le seguenti domande: “Il capitalismo si sta scavando la fossa come diceva Marx? Quali sono i motivi per i quali ci avviamo a un’economia globale a bassa crescita e quali saranno le conseguenze sociali? In che modo Piketty riscrive matematicamente le leggi del capitalismo?” Inoltre inValutazioni del sistema sanitario italiano: una tabella riassuntiva non si parla direttamente di matematica, ma in un certo senso di metodo matematico, per provare a capire come mai ci siano differenze così grandi nella valutazione del sistema sanitario italiano.


Il mese prossimo l'edizione numero 94 del 14 febbraio 2016 (“canta tenebroso”) verrà ospitata da Rudi Matematici e il tema è ancora ignoto.

Calendario con le date delle prossime edizioni del Carnevale
Pagina del Carnevale su Facebook


mercoledì, gennaio 13, 2016

Xylella e la magistratura italiana che ignora la scienza

Oggi propongo alcuni stralci dall'articolo di Paolo Mieli "L’ITALIA DEI DIETROLOGI - UN Paese che odia la scienza".

Aggiunta del 15/1 - Ho letto La scienza di Xylella. Troppe domande senza risposta. È sicuramente l'articolo più chiaro e meno dietrologico che io abbia letto finora e si conclude con una lettera aperta al procuratore capo di Lecce Cataldo Motta.
Come avevo scritto nei commenti di Xylella e la magistratura italiana che ignora la scienza la situazione è meno chiara di come Paolo Mieli sembrava sostenere.
"L’Italia sta diventando sempre più un Paese ostile al metodo scientifico e amante delle teorie del complotto. L’ennesima dimostrazione viene dal caso della «Xylella fastidiosa», batterio che produce grave nocumento all’ulivo, penetrato in Europa diciotto anni fa e più recentemente in Italia, nel Salento. Nelle Americhe la si combatte da un secolo, purtroppo senza successo. Il Consiglio nazionale delle ricerche di Bari ha lavorato sodo per scoprire origini e modo di debellare quello che prende il nome di CoDiRO (Complesso del disseccamento rapido dell’olivo). Prendendo in seria considerazione anche l’ipotesi di sradicare gli ulivi già colpiti per provare a sterminare gli insetti diffusori dell’infezione e creare un cordone sanitario che isoli le piante infette. Ma la magistratura, con un’inchiesta della Procura di Lecce, si è opposta. Di più: ha accusato il Cnr barese di aver favorito la diffusione del batterio, ne ha fatto sequestrare il materiale sia informatico che cartaceo e ha deciso che gli ulivi malati restino lì dove sono.
...
Europa, Guardia forestale, Georgofili, ex ministri avrebbero dunque congiurato per distruggere gli ulivi salentini allo scopo di impiantare in quel di Gallipoli nuove coltivazioni. E gli scienziati dell’Università di Bari, del Cnr e dell’Istituto agronomico alimentare (Iam) avrebbero aderito (dietro compenso?) al complotto. Sulla Stampa Gilberto Corbellini e Roberto Defez hanno esortato coloro che in passato si sono indignati contro i tentativi di imporre per via giudiziaria le pseudo cure Di Bella o Stamina o contro il rinvio a giudizio e la condanna in primo grado della Commissione Grandi Rischi rea di non aver dato l’allarme per il terremoto dell’Aquila, a «insorgere per quanto sta accadendo nel Salento». Ma il loro appello è caduto nel vuoto.

Qualcuno ha messo in evidenza come l’inchiesta della procura di Lecce si basi su una grande contraddizione logica: da un lato i magistrati sostengono che non esiste «un reale nesso di causalità tra il batterio e il disseccamento degli ulivi», dall’altro accusano i ricercatori di aver diffuso il batterio. Saremmo quindi in presenza di «untori di una peste innocua» (ha ironizzato Luciano Capone sul Foglio ).
...
L’inchiesta cita poi un’affermazione dell’esperto mondiale di Xylella, Alexander Purcell di Berkeley — «Contro la Xylella gli abbattimenti non servono a nulla» — che lo stesso Purcell nega di aver mai pronunciato ed è stata riferita da un’europarlamentare grillina. Il Movimento Cinque Stelle ha contemporaneamente depositato una mozione di sfiducia nei confronti del ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina colpevole di non aver ostacolato il complotto."

sabato, gennaio 09, 2016

Il capitale nel XXI secolo di Thomas Piketty: il capitalismo si sta scavando la fossa come diceva Marx?

Oggi propongo una recensione del libro più noto di Piketty scritta dall'amico Gianni Amati.

Che bel libro quello di Thomas Piketty. "Il capitale nel XXI secolo (Saggi Bompiani).” Piketty riscrive le leggi del capitalismo dimostrando dati alla mano che la profezia marxista, secondo la quale il capitalismo si stesse scavando la propria fossa, potrebbe avverarsi.
Piketty va oltre la legge economica classica (la funzione di Cobb-Douglas), secondo la quale la generazione della ricchezza seguirebbe una funzione lineare, sebbene su scala logaritmica, di capitale e lavoro.


Y = produzione; L = lavoro; K = capitale immesso; A = fattore di produttività;
α e β
output elasticities del capitale e del lavoro rispettivamente

In altre parole, secondo questa legge, basterebbe immettere capitale, avere dei lavoratori con le abilità necessarie a produrre beni e servizi, e la crescita sarebbe assicurata. Infine è possibile innalzare ancora la crescita con l'innovazione ottenendo maggiore produttività.

Eppure oggi, nonostante il costo bassissimo del denaro, la disponibilità di manodopera anche qualificata, assistiamo, al contrario, a un rallentamento generale del tasso di crescita nei paesi più industrializzati, la cui media risulta essere oramai la stessa in Europa e in America. Per i paesi meno industrializzati, come quelli asiatici, la crescita a fine secolo convergerà più lentamente allo stesso valore, che sarà molto basso, tra lo 0.5% (nell'ipotesi più pessimista) all'1.5% (più ottimisticamente). Ovvero il destino del capitalismo maturo è segnato da un'economia globale a bassa crescita. Sarà lo stesso tasso che si riscontrava nel diciannovesimo secolo! Ma quali sono i motivi per i quali ci avviamo a un'economia globale a bassa crescita e quali saranno le conseguenze sociali?

Secondo Piketty, per trovare le vere cause della bassa crescita occorre rivisitare la legge fondamentale del capitalismo, visto che questa non è più sufficiente a spiegare il ciclo economico recente. O meglio, la legge di Cobb-Douglas può essere applicata solo a particolari periodi, ad esempio quelli che sono succeduti a shock demografici, come il periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni 70. La crescita demografica, caratteristica di quel periodo, è infatti un fattore di crescita economica e nello stesso tempo di livellamento economico, in quanto in questi periodi i nuovi soggetti economici tendono a risparmiare, e quindi ad accumulare ricchezza. La legge di Cobb-Douglas applicata a questo periodo è perfetta.
Ma una volta che l'effetto demografico termina, interviene il fenomeno di iper-accumulazione delle ricchezze (Marx parlava di accumulazione infinita del capitale). I soggetti economici esistenti trovano sempre meno vantaggioso creare un tasso di profitto adeguato al proprio capitale investito e, le ricchezze, ma anche le stesse professioni vengono solo ereditate e trasmesse in modo elitario. Le ricchezze accumulate da una generazione possono essere significative. Infatti Piketty osserva che anche in presenza di una crescita media bassa, per esempio il 2.5%, su un lungo periodo di tempo, cioè generazionale che è di circa 30 anni, la ricchezza accumulata si raddoppia. Ecco che qui si affaccia di nuovo Marx con la sua teoria di accumulazione infinita del capitale, grande intuizione che Piketty ridefinisce in modo scientifico e convincente. Con un livello di accumulazione eccessivo delle ricchezze, si ferma l'ascensore sociale, risulta sempre meno conveniente investire nei paesi a bassa crescita perché si ridurrebbe troppo il tasso di profitto. Insomma il capitalismo per funzionare deve avere una generazione che sia in grado di costruirsi da sola il proprio futuro! Il conflitto esistente nel capitalismo moderno tra ricchezza ereditata e lavoro non è però di classe, come Marx avrebbe voluto, cioè non è ancora declinato a essere vissuto come conflitto politico dovuto all'esistenza di una vertiginosa diseguaglianza tra ricchi e poveri, ma è di natura sistemica e strutturale, che dunque mina le fondamenta stesse del capitalismo!

In che modo Piketty riscrive matematicamente le leggi del capitalismo? Tipicamente un europeo possiede un capitale medio di 180.000 Euro e un'entrata media di 30.000 Euro. Occorrono cioè per noi europei sei anni (180.000/30.000) per produrre nuova ricchezza equivalente alla ricchezza da noi già posseduta. Ora questo rapporto si dimostra essere uguale, ma solo nel lungo periodo ad esempio generazionale, al rapporto (s/g) tra capacità di risparmiare (s) è il tasso di crescita media (g). Il tasso di risparmio italiano, ad esempio, è stato del 12%, che rapportato a una crescita media del 2%, fa esattamente sei, come prima.

Dunque, da questa semplice uguaglianza si deduce che se la crescita è bassa, il tasso di risparmio è lo stesso, i redditi medi rimangono bassi, allora questo vuol dire che abbiamo accumulato troppa ricchezza. In Italia poi Salvini, Grillo, Meloni & Co. non ci permettono di accogliere nuovi soggetti economici per abbassare questa ricchezza media quindi siamo destinati a una bassa crescita. Comunque la spinta demografica deve comunque arrestarsi, e quindi questa sarebbe comunque un palliativo generazionale. Cosa fare allora?

Piketty prevede una società nella quale il dilemma ottocentesco di costruirsi il proprio destino di vita scegliendo tra eredità o lavoro, descritto nel romanzo di Balzac, Papà Goriot, si riproporrà domani (o forse già oggi?) come allora. I livelli di vita che oggi è possibile raggiungere accedendo all'élite dei patrimoni ereditati sono già effettivamente molto più alti dei redditi che sarebbe possibile acquisire accedendo all'élite dei redditi da lavoro.
Piketty però afferma “L’idea secondo cui la libera concorrenza promuoverebbe la fine della società fondata sull'eredità e l’avvento di un mondo più meritocratico è una pericolosa illusione.” La proprietà del capitale e dei redditi che ne derivano è molto più concentrata della ricchezza generata dai redditi da lavoro. Quindi possiamo modificare come priorità la distribuzione della proprietà del capitale intervenendo su tre direzioni: i processi relativi al risparmio e all'investimento, le norme sull'eredità e sulle successioni, il funzionamento dei mercati immobiliari e finanziari.

Per quanto riguarda il risparmio occorrerebbe che ognuno di noi arrivi al momento della propria morte con un capitale nullo e quindi non ereditabile (implementando il modello bi-periodale di Modigliani che prevede che da vecchi si consumi tutto quello che si è risparmiato da giovani), e ciò sarebbe virtualmente attuabile con dei fondi pensionistici più consistenti e obbligatori. Piketty osserva che la distribuzione del capitale sarebbe stato ancora più concentrata se non ci fossero stati tali fondi.

Per quanto riguarda il reddito successorio, questo si aggira intorno al 20% annuo del reddito nazionale. A breve diventerà del 25% e tenderà sempre di più a salire. Occorre semplicemente tassarlo. Non è solo per un principio di equità ma di pragmatica utilità.

Sulla tassazione dei capitali finanziari come la Tobin Tax sappiamo già, ma poco si è fatto e forse non si farà mai.

martedì, dicembre 29, 2015

In America si mangia male?

Oggi propongo degli stralci di questo articolo segnalatomi tempo fa da Zucchero: In America si mangia bene, ma agli italiani piacciono le schifezze. Molte delle osservazioni coincidono con mie osservazioni personali frutto di molti anni di brevi viaggi verso diversi stati della costa orientale degli USA.

"«In America si mangia male». No. In America si può mangiare male più facilmente che in altre parti del mondo, ma, soprattutto ultimamente, è anche facile mangiare benissimo. Cosa che «Tutti dovrebbero avere la coscienza di fare» ... Se provate a chiedere a dieci turisti italiani che hanno visitato New York per una decina di giorni, alloggiando a Midtown Manhattan, possibilmente nei pressi dell'Empire State Building, dove hanno mangiato, vi risponderanno nell'ordine: dai carrettini degli hot dog, da McDonald's, da Sbarro o Domino's, da Starbucks, da Pret-A-Manger. I più scellerati si saranno spostati fino al Village per assaggiare qualche specialità pseudo-italiana come le fettuccine Alfredo o i famigerati spaghetti and meatballs, di cui finiranno per lamentarsi sonoramente a ogni resoconto della vacanza. ...
Detto questo, limitarsi alle catene nell'esperienza culinaria newyorchese non è soltanto miope, ma è anche molto stupido. New York è, per sua costituzione, crocevia e punto di contatto per centinaia di culture diverse. Non è difficile immaginare come sia diventata uno degli apici della cucina mondiale. Una specie di Expo permanente per tutti i tipi di gusti e di tradizioni, ai massimi livelli — che non significa escludere i livelli infimi, ma semplicemente rende meno necessario occuparsene. Lo chef, documentarista e produttore televisivo Anthony Bourdain, nato a Brooklyn, una volta ha detto: «New York è un campionario perfetto di tutto quello che può essere interessante assaggiare nel mondo. Lecito o illecito, salutare o malsano, grasso, magro, verde o grondante sangue. Basta avere la pazienza di mettersi a cercare». È vero. E camminando su e giù per la sola Manhattan dovrebbe apparire abbastanza chiaro il livello di varietà con cui si ha a che fare."

martedì, dicembre 22, 2015

Valutazioni del sistema sanitario italiano: una tabella riassuntiva

Viste le interessanti obiezioni poste da Andrea al mio precedente articoletto, Sistema sanitario italiano tra i primi al mondo, ho pensato di fare un po’ di ordine tra le sue affermazioni e le mie affermazioni includendo la fonte; commenti utili per stabilire la credibilità; i parametri usati (per quanto possibile) e qualche mio commento.
Poi, ognuno tragga le proprie conclusioni.

Affermazione
Fonte
Credibilità supposta
Parametri
Miei commenti
Sistema sanitario italiano 3° al mondo nel 2014
Multinazionale nel settore dei mass media con sede a New York e filiali in tutto il mondo. Nel corso degli anni Bloomberg è cresciuta creando un servizio mondiale di news, che comprende TV, agenzia stampa, radio, internet e pubblicazioni editoriali.
Efficienza (Each country was ranked on three criteria: life expectancy (weighted 60%), relative per capita cost of health care (30%); and absolute per capita cost of health care (10%).)

Sistema sanitario italiano 2° al mondo nel 2000
Agenzia speciale dell'ONU per la salute. Obiettivo: raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto possibile di salute.
Health (Level and Distribution), Responsiveness, Fairness in financial contribution, Overall goal attainment, Health expenditure
per capita
Dettagli da pagina 143 in poi del Full report. Per numero e accuratezza dei parametri questo studio mi pare il più completo. L'unico problema è che risale a 15 anni fa.
Mortalità infantile: USA 6,2; Cuba 4,7; Germania 3,5; Italia 3,3 - 2013
Sono abbastanza autoreferenziali. Non si trovano molte informazioni su di loro.
Mortalità infantile (probabilmente è il rapporto tra il numero dei bambini morti entro il primo anno di vita e il numero dei bambini nati vivi nello stesso anno, moltiplicato per mille)
I numeri, approssimati al primo decimale, sembrano confermare quello che dicevo: Cuba si trova davanti agli USA e l’Italia è tra i paesi europei con mortalità infantile più bassa.
Sanità italiana al 22° posto in Europa - 2014
Swedish company comparing healthcare throughout Europe, it produces the Euro health consumer index and other indexes comparing healthcare. Created in 2004 by its founder and owner Johan Hjertqvist.
Patient rights and
Information; Waiting times; Outcomes; Range and reach of services provided; Prevention; Pharmaceuticals
Dettagli da pagina 60 in poi del report. Scorrendolo velocemente mi pare che, a parte il parametro Outcomes, che sembra basato prevalentemente su dati oggettivi, gli altri parametri siano il risultato di questionari e quindi abbiano una forte componente soggettiva. Quindi mi verrebbe da osservare che quella classifica misuri più la percezione del proprio sistema sanitario da parte dei cittadini.

mercoledì, dicembre 16, 2015

Sistema sanitario italiano tra i primi al mondo

Sicuramente ci saranno anche molti problemi ma (e soprattutto grazie al sistema pubblico) è pur vero che...

1. Nella lista dei sistemi sanitari più efficienti del mondo del 2014 l'Italia risulta terza.


2. Nel 2000 il sistema sanitario italiano è stato classificato come il secondo migliore al mondo dopo la Francia dall'Organizzazione mondiale della sanità,

Fonte: OMS World Health Report - I dettagli sono a pagina 200 del Full report (pdf, 1.73Mb) ma di seguito ne ho riportato un estratto.
Nota: L'ultima classifica dei sistemi sanitari del mondo è stato prodotta dell'OMS nel 2000. La classifica non viene più prodotta a causa della complessità del lavoro richiesto.

    Rank   Country 
     
    1         France
    2         Italy
    3         San Marino
    4         Andorra
    5         Malta
    6         Singapore
    7         Spain
    8         Oman
    9         Austria
    10        Japan
    11        Norway
    12        Portugal
    13        Monaco
    14        Greece
    15        Iceland
    16        Luxembourg
    17        Netherlands
    18        United  Kingdom
    19        Ireland
    20        Switzerland
    21        Belgium
    22        Colombia
    23        Sweden
    24        Cyprus
    25        Germany
    

3. Dato ribadito anche dalla pagina inglese di Wikipedia sul sistema sanitario italiano

La spesa sanitaria in Italia ha rappresentato il 9,2% del PIL nel 2012 (circa 3.200 $ pro capite e circa il 77% di essa è stata coperta con denaro pubblico). Il dato è leggermente inferiore alla media (9,3%) nei paesi OCSE.
Nel 2000 il sistema sanitario italiano è stato classificato come il secondo migliore al mondo dopo la Francia dall'Organizzazione mondiale della sanità, e secondo il CIA World Factbook, l'Italia è all'undicesimo posto nella classifica relativa all'aspettativa di vita. Grazie al suo buon sistema sanitario, l'aspettativa di vita in Italia era di 82,3 anni nel 2012: più di due anni al di sopra della media OCSE.


Ecco, se dovesse capitarci di parlarne, soprattutto con amici/colleghi e conoscenti stranieri, ricordiamoci anche di questi dati.

Ne hanno parlato oggi a Tutta la città ne parla.

venerdì, dicembre 11, 2015

Sistema bancario tedesco, obbligazioni subordinate e Banca Etica



Tonia Mastrobuoni a Tutta La Citta' Ne Parla​: La Germania è tra i paesi europei più ipocriti e corrotti in fatto di finanza bancaria: Commerzbank parzialmente nazionalizzata e Deutsche Bank coinvolta in alcuni dei peggiori scandali finanziari; ultimo dei quali: pare sia riuscita ad aggirare anche le sanzioni contro Putin.




E, per quanto riguarda il recente discorso delle obbligazioni subordinate, mi è venuto da pensare che ho fatto proprio bene a scegliere Banca Etica. Oltre a essere più al sicuro da tali raggiri finanziari, credo anche di minimizzare il contributo che le mie piccole finanze danno alle enormi finanze di affari eticamente discutibili e di massimizzare invece il contributo speso in progetti con scopi vicini ai miei principi etici.


lunedì, dicembre 07, 2015

New York 7: Blue Note, partenza, Stockbridge e Pittsfeld (Massachusetts)

Giovedì 11 giugno 2015

Oggi è una giornata senza programmi precisi e ci svegliamo più tardi. Viste le temperature sempre più calde e considerando che avremmo camminato di meno, decido di indossare i sandali per la prima volta nella stagione. Ma dopo qualche centinaio di metri sono già sofferente.
Giunti all'Hard Rock cafe sulla settima Avenue, che A. voleva visitare per degli acquisti, io ne approfitto e, separandomi dal gruppo, vado a cercare una farmacia dove poter acquistare i cerotti per il piede. Ne trovo una gigantesca e, dopo aver girovagato per i vari piani riesco infine a trovare gli agognati cerotti. E quindi uscendo assisto a una scena di violenza un po' inquietante tra un gruppo di "artisti di strada" neri e un tipo che si guadagna da vivere vestendosi da Elvis e facendosi fotografare dai turisti. Dopo un bisticcio su una probabile questione di occupazione di spazi, vedo uno dei giovani del gruppo che insegue Elvis mentre questi si allontana e impreca timidamente e sordianamente sperando che il giovane inseguitore desista. Ma il giovane persiste e, nonostante il passaggio di due poliziotti e dopo essersi assicurato che questi siano sufficientemente lontani, raggiunge Elvis e lo colpisce facendolo urtare contro una panchina metallica e fracassare al suolo.
Proseguiamo con alcuni acquisti di vestiario.
Assistito da un commesso italiano mi compro pantaloni e polo (dovrò pur presentarmi vestito decentemente al Blue Note). E dopo un altro po' di girovagare ci dirigiamo verso il Blue Note.
Il concerto è del soprano Kathleen Battle che io non conoscevo. Pare che abbia avuto una celebre carriera di cantante d'opera ma, a mio modesto parere, la prestazione di stasera è piuttosto deludente. Non so se fosse una questione di età, se fosse il fatto che il jazz non è cosa sua o se fosse semplicemente una questione di gusti.







Venerdì 12 giugno 2015

Oggi dovremo incamminarci per il viaggio che ci porterà verso gli stati del Nord Est. Partiamo separatamente per andare all'aeroporto JFK a prendere la macchina noleggiata: io, G e A in taxi e D e Zucchero in metro. G ha più esperienza in fatto di cambi automatici e quindi parte lui con la staffetta di guida mentre io mi occupo del navigatore. Dopo un po' di chilometri prendiamo una direzione sbagliata e siamo quindi costretti a uscire nel Bronx. Mentre proviamo a ricalcolare la strada A si accorge che invece di inserire Stockbridge nel Massachusetts (la nostra meta) avevo sì inserito Stockbridge, ma senza cambiare stato. E cioè Stockbridge dello stato di New York. Quindi, grazie alla quattordicenne del gruppo, ci risparmiamo la deviazione di circa 400 km con annesse imprecazioni. E poi lamentiamoci dei giovani! In ogni caso, se non avessimo preso quella direzione sbagliata forse non ci saremmo accorti dell'altro errore. Non tutti i mali vengono per nuocere, no?!

Giunti Stockbridge nel Massachusetts pranziamo nel primo ristorante che troviamo. Dovrebbe proporre specialità locali ma, a parte la solita aria condizionata ibernante, non ci lascia impressioni degne di nota.


E, complessivamente, Stockbridge non ci entusiasma: è un piccolo centro con case di legno del periodo o di stile coloniale, molte delle quali hanno l'ingresso sormontato da un porticato sorretto da due o più colonne.

In serata arriviamo a Pittsfeld, il luogo della nostra tappa notturna. Lì, persi un po' nell'indecisione dei vari componenti del gruppo, girovaghiamo un po' per decidere dove mangiare. Vista l'indecisione, D decide di risolvere il suo bisogno primario prendendosi un gelato in un chioschetto. La ragazza che la serve ci chiede se siamo italiani e poi ci dice di avere il padre calabrese e che spesso vanno a trovare la nonna in Calabria ma, ciononostante, lei non parla una parola d'italiano. I suoi capelli biondi e i suoi occhi azzurri mi fanno pensare o a un'ascendenza calabro-normanna o, più probabilmente, a un'ascendenza nordeuropea da parte materna.
Il momento di indecisione non è ancora risolto. E, trovandoci a passare davanti a un locale che sembra di buona qualità, G e io cerchiamo di risolverlo entrando nel locale. Ma nessuno ci segue. Quando stanno arrivando i nostri due antipasti di polpo, il cui arrivo è ritardato da alcuni malintesi per risolvere i quali dobbiamo discutere con diversi livelli della gerarchia camerieresca, sopraggiunge anche A, probabilmente spinta dai morsi della fame, che vuole ordinare lo stesso piatto anche lei ma con qualche piccola variazione. A questo punto pare che sia inevitabile una nuova discussione con nuovi malintesi e - non riesco bene a capire perché - un nuovo coinvolgimento della gerarchia per spiegare le piccole variazioni. E così da cameriere semplice a cameriere capo, fino al responsabile di sala riusciamo a ottenere le nostre piccole variazioni. Ora io mi rendo conto di non parlare propriamente l'inglese di Boston ma in nessun altro ristorante abbiamo avuto problemi simili. Comunque, nonostante l'inconsueta scortesia di uno dei membri della gerarchia, alla fine il polpo è cucinato con molto gusto e ce lo godiamo accompagnandolo con un buon bicchiere di vino bianco. E, ovviamente, non lasciamo la mancia.

venerdì, novembre 27, 2015

Contano più la risposte o le domande?

Due giorni fa abbiamo partecipato alla riunione di un locale circolo culturale. Il tema di discussione era: L’Islam e noi, dopo le stragi di Parigi. La discussione è stata molto interessante. Allo stesso tempo mi ha confermato la sensazione che, di fronte a questi fatti, siamo tutti (me incluso ovviamente) molto confusi e non sappiamo bene che pesci prendere e a quali esperti e a quali interpretazioni affidarci.

Dopo esser tornato a casa mi è tornata in mente una frase che Michela Murgia aveva pronunciato in quella stessa sala qualche settimana prima. Lei si riferiva alla teologia ma penso che il consiglio lo si possa estendere a molti ambiti delle riflessioni umane: invece di cercare le risposte spesso è meglio impegnarsi nel riflettere sulle domande per raffinarle e mirare a trovare quelle giuste.

Aggiungo una mia domanda che ho scritto giorni fa su un'altra discussione:

Credo che questa del "not in my name" sia un'iniziativa necessaria e spero che aderisca il maggior numero possibile di persone. Allo stesso tempo mi vengono in mente persone che conosco e che provengono dalla cultura islamica e non posso fare a meno di pensare che a loro potrebbe sembrare abbastanza strano sentirsi dire: ti devi dissociare! Forse a loro potrebbe suonare come se qualcuno a me, non credente ma proveniente da una cultura cristiana, avesse chiesto di dissociarmi dalla strage norvegese del 2011 in quanto il responsabile era un esponente di un gruppo cristiano fondamentalista? Sono cosciente che si tratta di cose un po' diverse però non posso fare a meno di pensare a questo parallelo.

Ne avevo parlato anche con mio zio che in seguito mi ha mandato questo articolo: I musulmani devono prendere posizione contro gli attentati?

Stamane, infine, Zucchero mi ha mostrato quest'altro articolo che mostra anche quali siano i numeri: I musulmani sono 1 milione e mezzo - In mille «sotto osservazione». Ne riporto qualche stralcio.

Marocchini, egiziani, tunisini, bengalesi: per il 98% sunniti. Il nodo degli imam fai-da-te e le difficoltà dei moderati. Ma i combattenti tornati dalla Siria sono solo una decina Buccini

"...La sua è una delle cinquecento, forse mille vite in sospeso, oggi, in bilico tra Italia e origini arcaiche mai conosciute, in precario equilibrio tra una fede incontrata come una folgore e una radicalizzazione che può sconfinare nel jihadismo. «Può, ma non è detto che accada», mi spiega una fonte investigativa qualificata: «Sono soggetti di interesse operativo, ma naturalmente non è scontato affatto che compiano l’ultimo passo». «Può, ma non è detto che accada», fa eco un analista affidabile, Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali: «Però stimare in diverse centinaia questi ragazzi è corretto. Il contagio avviene per amicizie, per Internet, sono vicende spesso individuali, noi non abbiamo ancora la radicalizzazione dei quartieri come Francia e Belgio».
I musulmani in Italia sono più di un milione e mezzo. Sunniti per il 98%. Marocchini, soprattutto, e egiziani, tunisini, bengalesi. Spesso piccolissimi artigiani, quasi sempre lontani dall’operaio-massa sfornato dalle banlieue parigine. Tra loro, e forse soprattutto tra i loro giovanissimi figli, s’è fatto largo il radicalismo salafita. Appena nove o dieci sono i returnees nostrani, i combattenti di rientro dalla Siria, il pericolo più vistoso. Accanto, questa nebulosa di ragazzi e ragazze (molte le donne perché l’Isis su loro punta con cinismo). Appiattire quel milione e mezzo di anime su una legione di mille possibili dannati è ingiusto se non infame. Il rischio di blitz spettacolari ma inutili, come al centro romano Baobab , va scongiurato. E tuttavia l’Islam italiano è a un bivio, e lo percepisce."
...
Che molto sia cambiato nell’ultimo addio alla nostra ragazza uccisa a Parigi si coglie anche dalle parole del governatore veneto Luca Zaia, leghista: «Ho sentito dagli imam giudizi forti, li ho apprezzati». Stefano Allievi, sociologo dell’islamismo, parla di «Islam dialettale in Italia» con un’immagine che apre lo scenario di un rassicurante miscuglio tra la prima generazione di migranti e gli abitanti dei quartieri popolari metropolitani. Nulla di rapportabile con la Francia e i suoi alveari monocromatici, «nemmeno a viale Padova a Milano o a San Salvario a Torino». E alla prima generazione, in fondo, basta da sempre la cittadinanza come «compenso» alla fatica dell’integrazione. «Paradossalmente, al tempo della prima rivolta delle banlieue , tutti avevano già la cittadinanza francese, ma nient’altro che quella». Il problema, par di capire, sarà per noi approntare qualcosa d’altro per i nuovi italiani venuti da lontano: lavoro, trasporti, servizi sociali, sanità. Il ponte, come dice Renzi, passa lì, ma non solo. Allievi sostiene: «Una parte di islamici ha intrapreso un percorso in qualche modo simile al Pci con i terroristi Br: da provocatori a compagni che sbagliano e infine a maledetti assassini. Molti sono arrivati alla terza tappa».
...
Sono stati tredici i piani d’attacco (falliti) contro l’Italia dal 2001: otto dei quali su Milano, dove ha fatto scuola il tentativo del libico Mohammed Game di farsi esplodere sul passo carraio della caserma Santa Barbara. S’era indottrinato da solo, un caso ormai tipico di terrorista homegrown , cresciuto in casa. La chiamano auto-radicalizzazione. «Siamo sempre in ritardo, loro cambiano in fretta», mi dice un investigatore: l’articolo 270 bis del codice ha una falla, non punisce davvero la semplice adesione al terrore. Applaudire alle espulsioni è un placebo quando non si riesce ad arrestare."