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martedì, novembre 24, 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 9 bis: ascea e declino della Biblioteca di Alessandria: Ipazia

"Inventò l'astrolabio, il planisfero e l'idroscopio. Poi un giorno, qualcuno ordinò: 'uccidete Ipazia'".

Viste le discussioni che recentemente si sono generate intorno alla figura di Ipazia di Alessandria (tra il 350 e il 370 – marzo 415 - Alessandria d'Egitto) mi sento in dovere di colmare una lacuna della nona puntata di questa mia serie.

Qui sicuramente vi chiederete, com'è possibile che nel XXI secolo si sia generata una discussione sulla figura di una donna matematica e filosofa vissuta tra il IV e il V secolo? Chi dobbiamo ringraziare per questo miracolo? Bè, certamente buona parte dei meriti vanno al regista spagnolo Alejandro Amenábar, direttore dalla pellicola Agorà. Agorà è stata girata in lingua inglese ed è uscita il 9 Ottobre in Spagna. La pellicola racconta per l'appunto la vita di Ipazia e il suo assassinio perpetrato da una folla di cristiani inferociti nel Marzo del 415.
La discussione è stata innescata sia dalla pellicola in se - che lodevolmente riaccende i riflettori su una figura quasi dimenticata anche se storicamente, culturalmente ma anche simbolicamente importante - che dal fatto che il film non è ancora stato distribuito in Italia.

Dicevo di voler colmare una lacuna della nona puntata di questa mia serie.
La vicenda di Ipazia va infatti sicuramente inquadrata tra gli eventi della fase di declino della Biblioteca di Alessandria (o da un punto di vista più generale tra gli eventi della fase di declino della cultura antica spazzata gradualmente via dalle nuove idee della società cristianizzata). Nella nona puntata di questa mia serie avevamo per l'appunto parlato dell'ascesa e del declino della Biblioteca di Alessandria. E fu proprio nell'ambito di quell'eccezionale contesto culturale che Ipazia si formò, introdotta alla Scienza da suo padre Teone, geometra e filosofo d’Alessandria.
Ipazia è ricordata come la prima donna matematica storicamente nota e come una delle scienziate più famose dell'epoca. Arrivò addirittura ad essere direttrice della Biblioteca di Alessandria.

Sul motivo per cui la pellicola di Amenábar probabilmente non giungerà in Italia ci sono sostanzialmente due interpretazioni.

C’è chi sostiene che questo dipenda soprattutto dal fatto che la Chiesa si opporrebbe alla distribuzione, visto che il mandante del barbaro assassinio di Ipazia sarebbe stato Cirillo di Alessandria, santo, dottore e padre della Chiesa celebrato il 27 Giugno.
Citando il Numero 130 della rivista Rudi Mathematici "La figura di Cirillo non è secondaria, se appena due anni fa, da piazza San Pietro, papa Benedetto XVI ha ribadito la sua perfetta aderenza al pensiero cristiano".

Per quanto riguarda l'altra interpretazione cito di nuovo la rivista Rudi Mathematici: "Non vogliamo crederci (n.d.D. alla prima interpretazione): paradossalmente, sarebbe quasi una lusinga speciale, per il pubblico
matematico italiano, quella di essere riusciti ad attrarre l’attenzione preoccupata del Vaticano. Temiamo che la ragione sia più banale, persino più triste: ovvero che i distributori del film pensino che distribuire Agorà in Italia sia semplicemente un cattivo affare, che non ne valga la pena."

A ancora sulla figura di Ipazia: "Certo è che ci piacerebbe davvero che di Ipazia si tornasse a parlare. È un personaggio dal fascino e dalla bellezza assoluti, non solo per i cultori della matematica e della scienza. È il simbolo della conoscenza e della propagazione della conoscenza, e come tale un simbolo profondamente femminile. È una martire, ma martire pagana, civile, oseremmo dire martire della ragione, e sicuramente martire della scienza. Anche se rinunciamo a prendercela con Sant’Agostino, per il quale “matematici” era un insulto, vorremmo però quantomeno avere la libertà di innamorarci di questa donna che viveva di libri e di scienza, di matematica e di filosofia."

Quale che sia l'interpretazione voglio comunque pubblicizzare su questo blog la petizione affinché la pellicola di Amenabar venga distribuita in Italia. Riporto quindi la locandina con la petizione.


http://www.petitiononline.com/agorait/petition.html

Qui invece troverete la puntata del Terzo Anello: Radio3 Scienza dedicata ad Ipazia: Tutti pazzi per Ipazia

E questo infine è il trailer (madonna mi è scappato un anglicismo! ;-):


Puntata successiva della serie

Indice della serie

lunedì, maggio 18, 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 10: riepilogo, monoteismo Egizio e matematici arabi

Breve riepilogo delle puntate precedenti:

Abbiamo visto che nel V sec. a.C. il fulcro del sapere matematico era in Calabria, a Crotone: la sede della scuola pitagorica; e che i pitagorici avevano basato il loro modello del cosmo sull'Aritmetica.

Pitagora però, prima di approdare definitivamente a Crotone e spendere lì i suoi ultimi 4 decenni di vita, aveva lasciato la sua isola natìa di Samo per viaggiare in cerca di sapere e conoscenza. Era approdato in Egitto e aveva trascorso lì qualche anno ed in seguito si era spostato a Babilonia. Nei suoi prima 40 anni di vita era quindi riuscito ad entrare in contatto diretto con le tre grandi colonne portanti del sapere di allora: il mondo ellenico, l'Egitto e Babilonia.
Questo almeno secondo quello che Giamblico scriveva circa otto secoli dopo la morte di di Pitagora. Come si può facilmente immaginare non è dato sapere dove finisca la realtà e dove cominci la leggenda.

Durante il viaggio in Egitto Pitagora dovette sicuramente entrare in contatto con la teologia del monoteismo Egizio.
Se ne rivelano infatti varie tracce nella "teologia" pitagorica che asseriva che il mondo era stato creato per mezzo dei Numeri.

Il concetto proveniva appunto dalla teologia del monoteismo Egizio: il creatore crea il mondo per mezzo della Parola, del Logos, della Logica. Nella teologia pitagorica la Parola egizia si trasforma in Numero: il creatore ha bisogno di un mezzo per creare l'universo e tale mezzo è il Numero.

In principio erat Verbum - Εν αρχη ην ο Λογος

Mentre nella teologia cristiana la Parola egizia si trasformerà in Cristo: il creatore ha bisogno di un mezzo per creare l'universo e tale mezzo è Cristo.
Quindi l'incipit del Vangelo di Giovanni, scritto 6-7 secoli dopo Pitagora, tradotto in Termini Pitagorici sarebbe stato:

In principio era il Numero
E il Numero era presso Dio
E il Numero era Dio


Sul tema della "teologia" pitagorica, mutuata da quella del monoteismo Egizio, vorrei fare una breve digressione.

Comunemente si tende probabilmente a pensare che il concetto di monoteismo sia nato in Israele con la religione ebraica.
La realtà potrebbe essere diversa: sembrerebbe che il monoteismo Egizio sia ben più antico del monoteismo ebraico. Anzi secondo alcuni il monoteismo ebraico sarebbe nato proprio durante la "cattività egiziana" del popolo ebraico e non sarebbe altro quindi che uno sviluppo del monoteismo Egizio.

Addirittura, secondo l'ipotesi di Freud esposta nel suo ultimo lavoro: "L'uomo Mosè e la religione monoteistica", Mosè avrebbe fatto parte della classe dirigente egizia ed egli stesso sarebbe stato un egizio.
La vicenda di Mosè si sarebbe svolta intorno all'anno 1350 a.C. durante il regno di Amenofi IV che condusse la rivoluzione monoteista nell'antico Egitto abolendo il politeismo. Egli stesso cambiò il suo nome in Akhenaton essendo Aton il dio unico.

Sarebbe stato a causa di una reazione che volle imporre in Egitto una controriforma di segno politeistico che avrebbe avuto inizio la storia del nuovo popolo di Mosè, fondato da chi non volle sottomettersi alla restaurazione del politeismo e che fu quindi costretto a fuggire dall'Egitto in cerca di una nuova terra per poter professare liberamente il nuovo credo monoteista. Terra promessa che dopo l'attraversamento del deserto fu trovata in Palestina.

Ma torniamo al riassunto delle puntate precedenti.
Abbiamo visto che in seguito ad un crollo logico-mistico-filosofico della scuola pitagorica - ma anche in seguito fisico, visto che la scuola venne bruciata - il modello pitagorico del cosmo basato sull'Aritmetica venne abbandonato e rimpiazzato con il modello di cosmo di Platone, basato sulla geometria.

Abbiamo anche visto che dopo la distruzione definitiva della Biblioteca di Alessandria in seguito alla conquista islamica dell'Egitto del 639 d.C. da parte del secondo califfo dell'Islam Omar ibn al-Khattāb, alcuni volumi custoditi nella Biblioteca sopravvissero: sia rimanendo in loco che venendo trasportati a Bisanzio; e che i primi vennero tradotti un paio di secoli dopo dagli Arabi, che nel frattempo si erano oramai evoluti e acculturati; e che fu proprio grazie a loro che molte di quelle opere, tradotte in seguito in latino, sono pervenute fino ai nostri giorni.

Circa un secolo e mezzo prima della distruzione della Biblioteca, inoltre, con la caduta dell'Impero romano d'Occidente era cominciato quel declino culturale che sarebbe durato diversi secoli; e la distruzione della Biblioteca di Alessandria fu un altro duro colpo che inflisse un'accelerazione a tale declino.
Un nuovo polo del sapere matematico (e non solo) venne però a ricostituirsi più di un secolo dopo la caduta della Biblioteca presso la cultura araba.

I matematici arabi ebbero il vantaggio di trovarsi in una posizione geografica che gli permetteva di accedere a tre grandi fonti di cultura: quella greca, quella babilonese e quella indiana.
Essi contribuirono alla disciplina con notevoli risultati, funzionando a volte come ponte culturale tra l'India e l'Europa e a volte come anello di congiunzione sintetica.

Nella prossime puntate parleremo dei matematici arabi ed in particolare del più celebre tra essi.

Indice della serie

sabato, maggio 02, 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 9: ascesa e declino della Biblioteca di Alessandria

Dicevamo quindi che un nuovo polo del sapere matematico si ricostituì ad Alessandria ed in particolare nella Biblioteca di Alessandria.

In quei tempi Alessandria ospitava due fari: uno costruito con la forza muscolare ed il marmo, catalogato tra le Sette meraviglie del mondo antico, e l'altro costruito con la forza intellettuale ed il papiro, che catalogherei tra le meraviglie dell'intelletto umano. Ovviamente mi sto di nuovo riferendo alla Biblioteca.
Essa rimase per molti secoli il fulcro ed il faro della scienza antica.

Secondo alcuni studiosi (vedi anche "Le geometrie della visione" di Laura Catastini e Franco Ghione) addirittura l'ideazione del metodo scientifico sarebbe da attribuire agli scienziati della Biblioteca di Alessandria e non a Galileo Galilei.
Tra i vari esempi di applicazione del metodo scientifico si può sicuramente citare La Geografia di Claudio Tolomeo. Opera che contiene le coordinate di tutto il mondo abitato conosciuto allora: in tutto circa 8000 località.
Un altro esempio che si può citare è sicuramente anche la misurazione del meridiano terrestre da parte di Eratostene.

Il numero di opere letterarie che si conservavano nella Biblioteca di Alessandria è stimato in circa 700.000 volumi. Qualcuno asserisce che si sfiorasse addirittura il milione.

Come breve inciso volevo aggiungere che sono abbastanza convinto che quando Jorge Luis Borges scrisse il bellissimo racconto "La biblioteca di Babele" avesse in mente la Biblioteca di Alessandria; ed in un gioco di citazioni e rimandi Umbero Eco si ispirò alla biblioteca di Babele quando descrisse la biblioteca nel "Nome della Rosa". Non a caso il bibliotecario si chiamava Jorge da Burgos.

Tornando alla Biblioteca di Alessandria va sicuramente citato che la sua storia secolare fu piuttosto travagliata. Sopravvisse diverse catastrofi: distruzioni, incendi, terremoti e relative ricostruzioni. Alcune furono catastrofi naturali ma per la maggior parte furono causate da mano umana ed in particolar opera di religiosi fondamentalisti delle due grandi religioni monoteiste.

Risulterebbe che la prima catastrofe - un incendio, pare accidentale - fu opera delle truppe romane al seguito di Giulio Cesare.

Un'altro durante incendio - stavolta doloso - fu appiccato dalla comunità cristiana in seguito all'editto dell'imperatore Teodosio del 391 e su istigazione del vescovo cristiano della città, Teofilo, ostile alla cosiddetta "saggezza pagana". Chissà perché di solito si citano solo le persecuzioni dei Cristiani da parte dei Pagani (secondo alcuni storici troppo sovrastimate) e mai il viceversa.

"La biblioteca venne distrutta in modo definitivo dopo la conquista islamica dell'Egitto del 639 d.C. Fu allora che il destino della Biblioteca di Alessandria si compì tragicamente e definitivamente.
La tradizione riferisce che il secondo califfo dell'Islam Omar ibn al-Khattāb pronunciasse la celebre frase: «In quei libri o si parla di cose già presenti nel Corano, oppure d cose che del Corano non fanno parte: se sono già presenti nel Corano sono inutili, se non sono presenti allora sono dannose. Vanno quindi comunque distrutti». La parte relitta di quello che fu il centro della cultura classica fu così bruciata."

Parrebbe che alcuni volumi però sopravvissero: sia rimanendo in loco che venendo trasportati a Bisanzio. I primi vennero tradotti un paio di secoli dopo dagli Arabi che si erano oramai evoluti e acculturati. Fu proprio grazie a loro che molte di quelle opere, tradotte in seguito in latino principalmente dai benedettini, sono pervenute fino ai nostri giorni.

Immaginate invece quante furono le opere che andarono definitivamente perse nelle varie distruzioni. Chissà... Magari tra queste opere distrutte c'erano delle altre opere paragonabili ai gloriosi Elementi di Euclide....

Questa puntata è stat integrata il 24 novembre 2009 con la seguente:
Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 9 bis: ascea e declino della Biblioteca di Alessandria: Ipazia

Nella prossima puntata vedremo come dopo la distruzione della Biblioteca di Alessandria il polo del sapere matematico (e non solo) si ricostituì presso un'altra cultura.

Indice della serie

lunedì, aprile 20, 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 8: la Biblioteca di Alessandria: Eratostene, Diofanto e Pappo

Quando frequentavate la scuola elementare la maestra vi diceva che prima di Colombo si pensava che la terra fosse piatta? A me sì.
Bè, è un'affermazione totalmente falsa. Ne parlerò in questa puntata.

Nella puntata precedente dicevamo che un nuovo polo del sapere matematico si ricostituì ad Alessandria ed in particolare nella Biblioteca di Alessandria.
Dicevo inoltre che tra i vari nomi di spicco che vorrei ricordare, oltre al già ricordato Archimede, ci sono Eratostene, Diofanto e Pappo.

Di Eratostene di Cirene (Cirene, 276 a.C. – Alessandria d'Egitto, 194 a.C.) vanno citati assolutamente due grandi risultati: il primo relativo alla Matematica ed in particolare alla Teoria dei Numeri, e il secondo relativo alla Geografia.

Il primo grande risultato è un algoritmo e cioè un metodo per la soluzione di un problema. In particolare quello di Eratostene, in seguito denominato il crivello di Eratostene, è un algoritmo per il calcolo di tutti i numeri primi fino ad un certo numero numero prefissato. Se volete vedere una simpatica animazione del metodo cliccate qui.

Il secondo grande risultato è quello che smentisce la vostra maestra delle scuole elementari.
Eratostene, nel III sec a.C., più di un millennio e mezzo prima della nascita di Colombo, misurò con una certa precisione il meridiano terrestre. Misurò cioè la circonferenza massima della sfera (vabbè, non è proprio una sfera, ma allora questo effettivamente non lo sapevano) terrestre. Questo fatto dimostra quindi che già allora la consapevolezza che la terra non fosse piatta era piuttosto diffusa, almeno tra gli intellettuali.

Eratostene stimò una lunghezza del meridiano terrestre di 252.000 stadi.
Si stima che uno stadio fosse compreso tra i 155 e i 160 metri. L'errore di Eratostene è quindi al massimo di solo il -2,4% rispetto al valore corretto.

Eratostene si accorse che a mezzogiorno del giorno del solstizio d’estate l'ombra proiettata da un'asta verticale nella città di Siene, l'odierna Assuan, (che si trova sul Tropico del Cancro) scompariva totalmente, mentre ad Alessandria l'ombra non scompariva. Ergo la superficie della terra non poteva essere piatta. Eratostene assunse che la forma della terra fosse una sfera e usando la misura di un angolo (tra cateto maggiore e ipotenusa) del triangolo rettangolo con asta e ombra come cateti; e cioè l'angolo di incidenza dei raggi solari, misurò lunghezza del meridiano terrestre pari a 252.000 stadi egizi e quindi, secondo le stime, circa 39.375 km (contro i circa 40.000 reali).

Eratostene si cimentò anche nella creazione di mappe. Trovo molto affascinante questa sua mappa (da premettere che io sono un appassionato di mappe, soprattutto se antiche) dell'intero mondo conosciuto allora: dalle isole britanniche fino a Ceylon e dal Mar Caspio fino all'Etiopia.

Anche se non fu un matematico alessandrino, non posso esimermi dal citare molto brevemente anche Apollonio di Perga (Perga, 262 a.C. – Murtina, 190 a.C.) passato alla storia per i suoi importantissimi lavori sulle sezioni coniche (e cioè ellisse (circonferenza), parabola e iperbole).

Diofanto (200 d.C. 284 d.C.) viene denominato a volte "il padre dell'algebra", anche se più spesso come padre dell'algebra si cita il matematico persiano al-Khwārizmī, nato circa mezzo millennio dopo Diofanto.
Pare che effettivamente Diofanto fu il primo ad ideare l'uso di un simbolismo matematico. Prima di Diofanto si usava esclusivamente il linguaggio naturale. Ad esempio, "l’espressione 3x + 7 = 4x veniva enunciata (e scritta) press'a poco in questo modo: tre volte una quantità incognita addizionate a sette unità sono eguali a quattro volte la stessa quantità incognita".
Per snellire tali lunghe parafrasi Diofanto introdusse alcuni simboli per rappresentare gli operatori aritmetici più comuni prendendoli a prestito dall’alfabeto greco.

Alla notorietà di Diofanto contribuì molto un fatto che avvenne quasi due millenni dopo la morte del matematico alessandrino; e precisamente nel 1637, quando Pierre de Fermat, leggendo la traduzione in latino di Bachet del 1621 dell'"Arithmetica" di Diofanto (la prima traduzione in latino dell'"Arithmetica" fu di un italiano, Raffaele Bombelli, nel 1570, ma non venne mai pubblicata) scrisse ai margini della sua copia il seguente celebre enunciato accompagnato dalla non meno celebre frase:

Non esistono quattro numeri interi positivi a, b, c ed n>2 tali che:


an + bn = cn
"Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere contenuta nel margine troppo stretto di questa pagina".

In realtà questa non era né l'unico enunciato che Fermat scrisse ai margini della sua copia dell'Arithmetica né l'unico enunciato di cui non fornì la dimostrazione. Il suddetto enunciato divenne però celeberrimo in quanto tutti gli altri vennero dimostrati negli anni successivi alla morte di Fermat, mentre questo rimase indimostrato per più di 350 anni. Generazioni di illustri matematici tentarono inutilmente di dimostrarlo. Per questo, da un certo punto in poi venne chiamato l'ultimo (o grande) teorema di Fermat.
Questa storia la vedremo però con maggiori dettagli in diverse delle puntate seguenti.

L'ultimo matematico alessandrino che vorrei ricordare è Pappo di Alessandria (290 d.C. – 350 d.C.)

Pappo di Alessandria visse in un periodo di decadenza degli studi geometrici. Di tutte le sue opere l'unica pervenutaci è quella intitolata Synagoge, nota anche come Collectiones mathematicae.

È in questa opera che Pappo dimostra il teorema dell'esagono che ricopre un ruolo fondamentale nella moderna geometria proiettiva e con cui ho avuto a che fare durante i miei studi nell'esame di Geometria I.

Nella prossima puntata vedremo il declino della Biblioteca di Alessandria ....

Indice della serie

martedì, marzo 31, 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 7: la Biblioteca di Alessandria: Archimede

Abbiamo già visto che nel V sec. a.C. il fulcro del sapere matematico era in Calabria, a Crotone: la sede della scuola pitagorica; e che i pitagorici avevano basato il loro modello del cosmo sull'Aritmetica; e che in seguito ad un crollo logico-mistico-filosofico - ma in anche seguito fisico, visto che la scuola venne bruciata - tale modello venne abbandonato e rimpiazzato con il modello di cosmo di Platone, basato sulla geometria.

Per la precisione la scuola venne bruciata nel 450 a.C. e i pitagorici furono costretti a cercare rifugio in altre città come Fleio, Taranto, Siracusa e Locri. Fu così che il sapere matematico si diffuse per tutta l'area ellenica.

Un nuovo polo del sapere matematico si ricostituì però solo circa un secolo e mezzo più tardi, nella città di Alessandro ed in particolare nella Biblioteca di Alessandria. Luogo in cui Euclide consolidò e sviluppò l'idea di Platone rendendola quasi immortale (o almeno ancora viva e vegeta dopo più di duemila anni).

Nella puntata precedente abbiamo anche detto che dopo Euclide altri grandi matematici continuarono a popolare la Biblioteca: i cosiddetti matematici alessandrini.
I matematici (o geometri) alessandrini produssero importanti contributi al sapere matematico. Relativamente ai Fondamenti della Matematica non andarono però molto avanti rispetto all'evoluzione pitagorico-platonica-euclidea. I Fondamenti rimasero più o meno inalterati fino al XVII sec. quando Fermat e Cartesio introdussero la geometria cartesiana (o analitica) tornando un po' all'approccio pitagorico-numerico.... ma questo lo vedremo forse tra diverse puntate.

Tra i vari nomi di spicco che figurano tra i matematici alessandrini vorrei ricordare Archimede, Eratostene, Diofanto e Pappo.

Archimede (287 a.C. – 212 a.C.) era siciliano (a quei tempi meglio noti come greci della Magna Grecia). Oltre a molte altre cose interessanti che produsse e scoprì, egli va sicuramente ricordato perché fu il primo che cercò di calcolare il rapporto tra la circonferenza e il diametro di un cerchio - attualmente noto come Pi greco (π) - in modo un po' più preciso. In precedenza si utilizzavano delle approssimazioni piuttosto grossolane.
Nel breve trattato La misura del cerchio Archimede espone un metodo con il quale si può approssimare arbitrariamente il rapporto tra circonferenza e diametro di un cerchio dato, π per l'appunto.
Il metodo prevedeva l'approssimazione del cerchio, dall'interno e dall'esterno, con poligoni regolari inscritti e circoscritti.
Archimede ottenne le sue stime disegnando tali poligoni sulla sabbia: Parrebbe che arrivò fino a poligoni di 96 lati. In tal modo ottenne un valore compreso tra 223/71 e 22/7.

Fu solo nel 1761, grazie a Johann Heinrich Lambert, che si scoprì che π non può essere scritto come quoziente di due interi e che quindi, così come 2, è un numero irrazionale.

Nel 1882 si andò anche oltre. Allora infatti Ferdinand von Lindemann dimostrò che non solo π è un numero irrazionale, ma che è anche un numero trascendente; è cioè impossibile esprimere π usando un numero finito di interi, di frazioni e di loro radici.
La conseguenza immediata di questa scoperta fu che la quadratura del cerchio, cioè la costruzione, con soli riga e compasso, di un quadrato della stessa area di un dato cerchio, risulta impossibile.

La quadratura del cerchio, assieme al problema della trisezione dell'angolo e a quello della duplicazione del cubo, costituiva uno dei tre problemi classici della geometria greca.

La quadratura del cerchio fu l'ultimo dei tre problemi ad essere risolto; dove per risoluzione si intende appunto la dimostrazione dell'impossibilità della costruzione usando solo riga e compasso.

Nella prossima puntata parleremo degli altri tre matematici alessandrini citati: Eratostene, Diofanto e Pappo.

Indice della serie