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domenica, agosto 15, 2010

La fine del medioevo e l'inizio del rinascimento: il Regiomontano - Numeri e Geometria attraverso la storia - Parte 21

Nell’ultima puntata ho parlato di Swineshead, di Oresme, delle serie numeriche e dei progressi rispetto alla matematica greca nell'uso del concetto di infinito. Constatavo inoltre che tali progressi, anche se assommati a tutto il resto dei progressi del periodo medievale, non erano nemmeno lontanamente paragonabili alle conquiste matematiche realizzate dagli antichi greci. Abbiamo anche visto che subito dopo Oresme la matematica nell'Europa occidentale entrò di nuovo in una fase di declino e che la guida nel campo della matematica si spostò nel XV secolo dalle università di Oxford e Parigi alle università italiane, tedesche e polacche.
Boyer, nella sua opera, "Storia della matematica", propone il 1436 d.C. - anno probabile della morte di al-Kashi, ultimo grande matematico islamico - come data di fine del periodo medievale per la storia della Matematica.
Un altro momento di svolta per la matematica occidentale può essere individuato anche nell'anno 1453 (vedi anche Fremat's Last Theorem di Simon Singh). Quello è difatti l'anno in cui la capitolazione di Constantinopoli segnò la caduta definitiva dell'Impero bizantino. Questa conquista interrompeva definitivamente l'ultimo legame diretto con il mondo antico. Ad evidenziare emblematicamente tale rivolgimento ci fu il cambiamento del nome di Costantinopoli in Istanbul.

Ma perché la caduta di Costantinopoli è significativa per la storia della matematica?

Secondo diversi storici questo evento avrebbe indotto molti dotti bizantini a cercare rifugio in Italia. Questi sapienti portavano spesso con sé preziosi manoscritti contenenti antichi trattati greci e addirittura copie di volumi sopravvissuti alle varie distruzioni della Biblioteca di Alessandria. Tra questi volumi c'era probabilmente anche l'Arithmetica di Diofanto, che dopo essere sopravvissuto ad una serie di distruzioni - Cesare, Teofilo, il califfo Omar e ora gli Ottomani - approderà quasi due secoli dopo nello scrittoio di Pierre de Fermat. La lettura della traduzione in latino di Bachet del trattato diofanteo ispirò molto Fermat e tra le varie annotazioni che il matematico scrisse ai margini della sua copia compare anche il celebre enunciato dell'Ultimo teorema di Fermat (o teorema di Fermat-Wiles, come qualcuno lo chiama ora).

Tornando tuttavia al XV secolo incontriamo un importante matematico che nasce in Germania nel 1436 d.C. Proprio nell'anno della morte di al-Kashi. Il suo nome è Johannes Müller (1436 – 1476), ma egli, da tipico uomo rinascimentale, preferiva farsi chiamare il Regiomontano. Pseudonimo derivante dal nome della sua città natale: Königsberg (di Baviera). Latinizzato in Regio Monte.
Dopo tre anni di studio come studente precocissimo all'università di Lipsia, il Regiomontano quattordicenne si spostò in Austria presso l'università di Vienna dove a ventun anni conseguì il titolo di "magister artium" (Maestro delle Scienze) e cominciò a tenere lezioni.

Nel 1461, a venticinque anni, si trasferì a Roma nell'abitazione del cardinale Bessarione (Trebisonda, 1408 - Ravenna, 1472). Bessarione, monaco basiliano e umanista bizantino, era stato nominato arcivescovo (ortodosso) di Nicea nel 1437. Nel 1438 accompagnò l'imperatore e la delegazione bizantina in Italia per discutere l'unione della Chiesa ortodossa con quella Cattolica. Grazie ai suoi sforzi volti a unificare le due chiese, Bessarione fu nominato cardinale (cattolico ovviamente) dal papa e nel 1449 ottenne il titolo di Cardinale-vescovo della Sede suburbicaria di Sabina.

Dopo la caduta di Costantinopoli Bessarione fu molto attivo nel sostegno di quei dotti bizantini che cercavano rifugio in Italia e nella conservazione dell'inestimabile patrimonio librario che essi trasportavano.
Bessarione raccolse molte di queste opere costituendo una corposa biblioteca che donò alla città di Venezia nel 1468. Tale donazione costituì il primo nucleo della Biblioteca marciana.
Con questa attività Bessarione interpretò un ruolo fondamentale nel collegamento tra i residui della cultura classica ancora esistenti a Costantinopoli e il movimento rinascimentale sorto da poco in Italia.

È il 1461 quando il Regiomontano si trasferisce nell'abitazione romana del cardinale Bessarione, dove visse e lavorò fino al 1465.
Dovette essere sicuramente grazie all'influenza di Bessarione che Regiomontano sviluppò l'ambizione di tradurre e pubblicare l'eredità scientifica del mondo antico. Tornato in Germania, dopo i suoi viaggi e i suoi studi in Italia, il Regiomontano fondò una stamperia a Norimberga con l'idea di stampare traduzioni di molte delle opere degli antichi scienziati greci. Purtroppo la sua morte prematura a soli quarant'anni durante un nuovo viaggio a Roma non gli consentì di portare a termine il progetto.

La sua opera più importante, il De Triangulis Omnimodus, il Regiomontano la scrisse proprio durante il suo soggiorno romano. Quest'opera segnò la rinascita della trigonometria, che per la prima volta veniva esposta come una disciplina indipendente, e fece assurgere l'Europa occidentale ad una posizione di preminenza in questo campo.

A differenza di molti contemporanei il Regiomontano mostrò un certo interesse nei confronti della cultura araba e attraverso gli averroisti delle università italiane venne a conoscenza di buona parte del sapere astronomico arabo. Tanto da arrivare a manifestare l'intenzione di riformare l'astronomia. Sfortunatamente, la sua morte pose fine a tali progetti. Qualcuno ipotizza che se fosse vissuto più a lungo avrebbe forse potuto anticipare la riforma di Copernico.

Nella prossima (o forse prossime) puntata parleremo di alcuni matematici del rinascimento italiano come Pacioli, Tartaglia e Cardano.

Indice della serie

mercoledì, maggio 12, 2010

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 20: Oresme, serie numeriche e fine del medioevo

Nell’ultima puntata abbiamo parlato della rinascita culturale nell'Europa occidentale del XIII secolo, dovuta in parte anche alle molteplici traduzioni dall’arabo al latino sia di opere islamiche che di opere del mondo greco antico, come gli Elementi di Euclide.
Spostandoci poi nel XIV secolo abbiamo visto che per la prima volta si cominciarono a prendere in considerazione le somme di un numero infinito di addendi, attualmente denominate serie numeriche.
Questo fu il primo passo verso la liberazione da quell'horror infiniti che aveva caratterizato tutta la cultura greca antica. Liberazione che aprirà innumerevoli nuovi percorsi di sviluppo matematico.
Seguendo l'intuito qualcuno potrebbe obiettare: che interesse ha considerare le somme di un numero infinito di addendi? Il risultato non è sempre infinito? No, non lo è. E Richard Swineshead ("The Calculator") se ne accorse intorno al 1350.
Swineshead si accorse che oltre alle cosiddette serie divergenti, quelle cioè che crescono illimitatamente, esistono anche le somme di infiniti addendi che anti-intuitivamente danno come risultato un numero finito, oggi denominate serie convergenti. Per completezza bisogna aggiungere che oltre a quelle convergenti e divergenti esiste anche un terzo tipo di serie che non sono né convergenti né divergenti e che sono dette indeterminate.
Un'altra domanda a questo punto potrebbe essere: se le somme di infiniti addendi possono avere come risultato un numero finito, non potremmo riconsiderare l'antico e celeberrimo paradosso di Achille e la tartaruga alla luce di questa nuova scoperta? Effettivamente sì! Esiste infatti una sorta di confutazione in cui si dimostra che i piccoli avanzamenti accumulati dalla tartaruga sulla veloce corsa di Achille, anche se in numero infinito, danno come risultato una somma finita. Ne consegue quindi che Achille raggiungerà la tartaruga in un tempo finito.

Come abbiamo visto Richard Swineshead fu quindi il pioniere delle serie numeriche, ma colui che più contribuì ad elaborare gli sviluppi iniziali di questa nuova idea fu principalmente Nicole Oresme.
Che tra le altre cose fu anche il primo a dimostrare che la famosa serie armonica è divergente, e cioè che non ha come risultato un numero finito, ma cresce illimitatamente.

Oresme (1323 – 1382), come altri illustri matematici, si interessò anche di questioni musicali. Compì ad esempio degli studi sulle scale e, superando i limiti della scala pitagorica, basata su rapporti razionali come 8/9, 1/2, 3/4 e 2/3, fornì gli strumenti per generare il temperamento equabile più di due secoli prima di Vincenzo Galilei e di Simon Stevin.
Parrebbe che proprio da questi studi musicali Oresme sviluppò l'idea di elaborare un metodo di calcolo delle potenze con esponenti non interi. Nel temperamento equabile infatti le distanze tra i semitoni (tasto bianco e successivo tasto nero del pianoforte) sono rappresentate dalla radice dodicesima di due:
\sqrt[12]{2} E ad esempio la quarta giusta è correlata al numero
\sqrt[12]{2^5} che può anche essere rappresentato con 25/12.

Con questa puntata siamo giunti in prossimità della fine di un'epoca storica: il medioevo. Abbiamo visto come nell'Europa cristiana si passò gradualmente dall'infimo livello del VII secolo, in cui si poteva sentire soltanto il graffiare della penna del Venerabile Beda, fino ai notevoli progressi cominciati nel periodo della Scolastica e proseguiti nei secoli XIII e XIV soprattutto ad opera di Fibonacci e Oresme. Progressi che comunque non erano nemmeno lontanamente paragonabili alle conquiste matematiche realizzate dagli antichi greci.

Subito dopo Oresme la matematica nell'Europa occidentale entrò di nuovo in una fase di declino. Una delle cause fu sicuramente la catastrofica epidemia di peste (la famosa peste nera) che imperversò per tutta l'Europa tra il 1347 e il 1352 uccidendo almeno un terzo della popolazione del continente e che comportò ovviamente gravi perdite anche sul piano intellettuale. Inoltre l'Inghilterra e la Francia, che avevano conquistato una posizione egemone nella matematica del XIV secolo, furono ulteriormente devastate nel XV secolo dalla Guerra dei Cent'Anni e dalla Guerra delle Due Rose. Conseguentemente le università italiane, tedesche e polacche del XV secolo ereditarono dalla Scolastica di Oxford e Parigi la guida nel campo della matematica.

Nella prossima puntata parleremo della fine del medioevo e dell'inizio del rinascimento.

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lunedì, aprile 19, 2010

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 19: secolo XIII e XIV - traduzioni, grafici, e serie numeriche

Nell’ultima puntata abbiamo parlato di Fibonacci e di come gli europei del XII secolo cominciarono ad abbattere la barriera linguistica che li separava dalla cultura islamica.
In questo contesto va sicuramente citata l’opera di Giovanni Campano da Novara (Novara, 1220 – Viterbo, 1296) a cui si deve l’autorevole traduzione degli Elementi di Euclide dall’arabo al latino. Essa fu utilizzata nella forma di manoscritto per circa due secoli prima di divenire, dopo l'invenzione di Gutenberg, e precisamente nel 1482 a Venezia, la prima edizione in stampa degli Elementi. Quella di Giovanni Campano non fu però la prima traduzione degli Elementi dall’arabo al latino. Il primato spetta ad Adelardo di Bath (Bath, 1080 – Bath, 1152), la cui traduzione era ben nota a Giovanni Campano.
Complessivamente il XIII secolo rappresenterà un momento di svolta per l’Europa occidentale. È infatti in questo secolo che la cultura matematica latina torna a rivaleggiare con quella delle altre civiltà per il livello dei suoi risultati.
Ma la svolta non riguardò solo la cultura matematica. Molte delle più famose università vennero fondate proprio in quel periodo. E in quei luoghi venivano insegnate la filosofia e la scienza aristoteliche, recuperate da un lungo oblio proprio attraverso le traduzioni dall'arabo.
Anche le grandi cattedrali gotiche di Chartres, Reims, Notre-Dame e Westminster vennero costruite in quel periodo e diverse conoscenze ed invenzioni si diffusero in quegli annni: la bussola, la polvere da sparo, le lenti da vista, gli orologi meccanici.

Anche nel secolo successivo, il XIV, si registrano alcuni significativi progressi nella matematica. Uno di essi fu l'intuizione di quella che oggi descriviamo come rappresentazione grafica di una funzione. Cioè la rappresentazione in una figura, o grafico, del modo in cui varia una certa quantità a fronte della variazione di un'altra quantità correlata. La paternità di tale intuizione è contesa tra Giovanni da Casale (1320 – 1374 circa) e Nicole Oresme (1323 – 1382). Quest'ultimo riuscì addirittura ad ottenere l'equazione della retta, precedendo così Cartesio di circa tre secoli.

Un altro progresso del XIV secolo è quello relativo all'idea di prendere in considerazione anche delle somme di un numero infinito di addendi.
Quello della considerazione e dell'accetazione del concetto di infinito fu uno dei pochissimi passi avanti rispetto ai greci avvenuti nel medioevo. È noto infatti che gli antichi greci abborrivano l'infinito. L'idea di questa estensione concettuale partì soprattutto dai filosofi scolastici e aprì la strada per l'appunto ad un'infinità di nuovi sentieri matematci futuri ancora inesplorati.

Uno di questi primi sviluppi fu la considerazione delle somme di un numero infinito di addendi, successivamente denominate serie numeriche. Qualcuno potrebbe obiettare: ma che interesse ha considerare le somme di un numero infinito di addendi? Il risultato non è sempre infinito? No, non lo è.
E il primo ad accorgersene fu probabilmente Richard Swineshead detto "The Calculator" intorno al 1350. Swineshead si accorse che oltre alle somme di infiniti addendi che vanno all'infinito, oggi denominate serie divergenti, esistono anche le somme di infiniti addendi che danno come risultato un numero finito, oggi denominate serie convergenti. Ma questo lo vedremo meglio nella prossima puntata.

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sabato, febbraio 27, 2010

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 18: il basso medioevo in Europa: Fibonacci

Abbiamo visto che i filosofi scolastici estesero la logica formale di Aristotele con una particolare attenzione alle modalità, e cioè ai concetti di possibilità e necessità.
Abbiamo inoltre citato Guglielmo di Ockham come uno dei nomi più rappresentativi tra i filosofi scolastici.

Come afferma Boyer, ai tempi di Gerberto (940 circa - 1003), la cultura musulmana aveva raggiunto il suo apice, ma i dotti latini contemporanei non sarebbero stati in grado di apprezzare i trattati arabi se ne fossero venuti a conoscenza.
All'inizio del XII secolo però la situazione cominciò a cambiare in una direzione che ricordava il cambiamento verificatosi nella cultura araba nel IX secolo. Cosí come gli islamici, che circa tre secoli prima abbatterono la barriera linguistica che li separava dalla cultura greca, gli europei nel XII secolo cominciarono ad abbattere la barriera linguistica che li separava dalla cultura islamica. All'inizio del XII secolo nessun europeo avrebbe potuto pretendere di essere un buon matematico senza una discreta conoscenza dell'arabo. E infatti l'Europa della prima metà del XII secolo non poteva vantare nessun matematico che non fosse un moro, un ebreo o un greco.
Nella seconda metà del secolo gli interscambi commerciali tra le due aree culturali si intensificarono. La lingua araba si diffuse quindi tra i mercanti dell'Europa cristiana ed in particolare tra i mercanti italiani. Verso la fine del secolo è infatti proprio dall'Italia cristiana che emerge il più eminente e originale matematico del mondo di allora.

Leonardo Pisano, meglio noto come Fibonacci ("figlio di Bonaccio") (Pisa, 1170 – Pisa, 1250).
Il padre di Leonardo, Guglielmo dei Bonacci, era un potente mercante pisano, rappresentante dei mercanti della Repubblica di Pisa in Cabilia (Algeria). Fibonacci ebbe quindi l'opportunità di studiare sotto un maestro musulmano e di viaggiare in Egitto, Siria e Grecia spingendosi fino a Costantinopoli e alternando il commercio con gli studi matematici. Non è pertanto difficile immaginare che Fibonacci si sia immerso nei metodi algebrici arabi compreso il sistema di notazione indo-arabico.

Ritornato in Italia, la sua notorietà giunse anche alla corte dell'imperatore Federico II e gli fu assegnato un vitalizio che gli permise di dedicarsi completamente ai suoi studi.

Le suo produzioni più note sono il Liber abaci, in cui discute metodi e problemi algebrici; il Flos e il Liber quadratorum, che trattano sia di problemi indeterminati che ricordano Diofanto che di problemi determinati che ricordano Euclide; e la Practica geometriae, che sembra basato su una traduzione araba dello scomparso trattato euclideo sulla Divisione delle figure (qualche copia di tale trattato sicuramente bruciò ad Alessandria) .

Il Liber abaci trattava principalmente di numeri. Introduceva "le nove figure indiane" assieme al segno 0, "che in arabo viene chiamato zefiro". Ed è proprio da "zephirum" e dalle sue varianti che sono derivati i nostri termini "cifra" e "zero".
Anche se, come abbiamo visto, il primo ad insegnare l'uso delle cifre indo-arabiche nell'Europa cristiana fu probabimente Gerberto di Aurillac, il Liber abaci contribuì sicuramente molto alla diffusione di tale sistema e con esso alla trasmissione della cultura matamatica.
Il Liber abaci fu probabilmente anche il primo libro a diffondere nell'Europa cristiana l'uso della sbarretta orizzontale nelle frazioni.

Parlando del Liber abaci non ci si può sottrarre dal fare un cenno alla gloriosissima successione di Fibonacci, che troverà così tante applicazioni scientifiche e otterrà innumerevoli citazioni nei più svariati campi delle creazioni umane.
Il problema che diede origine alla famosa successione riguarda notoriamente la riproduzione dei conigli: quante coppie di conigli verranno prodotte in un anno da una coppia se ogni mese ciascuna coppia dà alla luce una nuona coppia che diventa riproduttiva a partire dal secondo mese?
Tracciando un semplice diagramma si ricava facilmente che il numero delle coppie di conigli prodotte segue il seguente andamento:

0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, ...

Espresso in linguaggio un po' più formale: F0:= 0, F1:= 1 e Fn := Fn-1 + Fn-2 con n>1

La successione di Fibonacci possiede una serie di interessanti proprietà. Quella più nota e forse tra le più belle e misteriose è il fatto che il rapporto Fn/Fn-1 al tendere di n all'infinito tende al numero algebrico irrazionale chiamato Sezione aurea, che si trova celato nei posti più impensati: dalla Pittura all'Architettura, fino alla Musica e alla Letteratura.
Tale successione è così interessante che ancora oggi esiste una pubblicazione periodica dedicata interamente ad essa: il "Fibonacci Quarterly".
Al Fibonacci è stato anche dedicato un asteroide, 6765 Fibonacci.

Nella prossima puntata vedremo come il XIII secolo rappresenta un momento di svolta per l’Europa occidentale, la cui cultura matematica tornerà a rivaleggiare con altre civiltà per il livello dei suoi risultati.

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mercoledì, gennaio 20, 2010

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 17: il basso medioevo in Europa: Anselmo d'Aosta e Guglielmo di Ockham

Abbiamo visto che Gerberto di Aurillac (940 circa - 1003) fu forse il primo ad insegnare l'uso delle cifre indo-arabiche nell'Europa cristiana e che i pochi progressi degli inizi del nuovo millennio, piuttosto che nel campo della Matematica, avvennero soprattutto nell'ambito della Logica, i cui aspetti matematici non erano ancor molto approfonditi.

Questi progressi si svilupparono soprattutto all'interno della filosofia Scolastica.
Uno degli obiettivi dei filosofi scolastici era quello di inquadrare la filosofia classica del mondo antico all'interno della teologia cristiana medievale. Tra i vari campi della filosofia classica studiati ed elaborati dagli scolastici c'era anche la logica formale di Aristotele, che venne sviluppata ed estesa con una particolare attenzione alle modalità, e cioè ai concetti di possibilità e necessità. Infatti è proprio alla tradizione scolastica che si deve la qualificazione di modale per le espressioni che indicano il modo in cui una proposizione è vera: necessariamente o possibilmente.

La logica modale moderna nascerà alcuni secoli dopo con le assiomatizzazioni datene nel 1932 da C. I . Lewis nel libro Symbolic Logic.

Nel 1959 Saul Kripke definì una semantica per le logiche modali basata sul concetto Leibniziano di mondi possibili.

Dopo questa breve parentesi modale torniamo alla filosofia Scolastica citando due nomi importanti.

Anselmo d'Aosta (Aosta, 1033/1034 – Canterbury, 21 aprile 1109) chiamato anche Anselmo di Bec o Anselmo di Canterbury, a seconda che ci si trovi in Italia, nei paesi francofoni, o nei paesi anglofoni.
Egli s'impegnò molto nella dimostrazione dell'esistenza di Dio. In particolare si dedicò all'argomento ontologico. E questo è uno dei principali motivi per cui egli viene oggi ricordato come teologo e filosofo.



Ma soprattutto
Guglielmo di Ockham (Ockham, 1288 – Monaco di Baviera, 1349), francescano inglese ad opera del quale gli studi sulla logica modale ebbero ampi sviluppi.
Quella di Guglielmo di Ockham è una delle figure - insieme a quella di Sherlock Holmes - che probabilmente hanno ispirato Umberto Eco nella delineazione di Guglielmo da Baskerville (protagonista de Il nome della rosa).
Un importante contributo di Guglielmo di Ockham che è ancora in uso nella scienza moderna è il cosiddetto Rasoio di Ockham: principio di parsimonia nella spiegazione e nella costruzione di teorie (parsimonia ontologica).
Bertrand Russell, nella sua Storia della filosofia occidentale riformulò il famoso principio di Ockham più o meno in questo modo: se posso spiegare un fenomeno anche senza utilizzare assunzioni che avevo invece usato per spiegarlo, allora è opportuno eliminare tali assunzioni. Detto in altri termini, si dovrebbe sempre optare per la spiegazione che contenga il numero minore di cause, fattori, e variabili. Ad esempio se il fenomeno consiste in una mia guarigione da un'infezione batterica, potrei affermare: sono guarito perché ho preso degli antibiotici e perché ho pregato. Secondo il Rasoio di Ockham sarebbe opportuno eliminare la seconda assunzione.

Un altro risultato di Ockham fu la sua formulazione linguistica delle leggi di De Morgan. Formulate poi in modo simbolico più di mezzo millennio dopo dal logico britannico Augustus De Morgan.

Ockham prese in considerazione anche un tipo logica ternaria. Una logica cioè con un'ulteriore valore di verità oltre al vero e al falso. Idea ripresa poi dalla logica matematica del XIX e XX secolo.

Dalla prossima puntata abbandoneremo questa parentesi sulla Logica e con Fibonacci torneremo agli aspetti più numerici della Matematica.

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martedì, dicembre 22, 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 16: il basso medioevo in Europa: Gerberto di Aurillac, Logica e Filosofia scolastica

Dicevamo quindi che dal secolo VIII fino alla fine del Medioevo i matematici più importanti scrivevano in arabo e vivevano nel mondo afro-asiatico di cultura islamica, mentre a metà del secolo XV i matematici più eminenti scrivevano in latino e vivevano nell'Europa cristiana.

È facile immaginare che questo passaggio di testimone non avvene improvvisamente.

Il periodo più buio per la Matematica europea furono i primi secoli dell'Alto medioevo.
Abbiamo infatti già visto che tra il VII e l'VIII secolo in Europa si poteva sentire soltanto il graffiare della penna del Venerabile Beda (672 - 735) che non viene certo citato per la rilevanza dei suoi lavori quanto piuttosto per l'unicità della sua voce tra le sabbie di un deserto culturale.

Qualcosa cominciò a muoversi di nuovo verso l'anno mille, all'inizio cioè di quello che viene definito il Basso Medioevo.

Gerberto di Aurillac (940 circa - 1003), primo papa francese, che prese il nome di Silvestro II, fu forse il primo ad insegnare l'uso delle cifre indo-arabiche nell'Europa cristiana. Sistema di numerazione che Gerberto aveva probabilmente appreso durante il suo soggiorno giovanile a Barcellona, soggiorno in cui dovette sicuramente avere dei contatti con la cultura moresca. Le cifre in uso nella Spagna dei Mori erano quelle arabe di forma occidentale:



Furono quindi questo tipo di cifre a diffondersi in Europa. A questo proposito ricordo che durante il nostro viaggio in Giordania rimasi molto sorpreso dal fatto che le loro cifre fossero diverse dalle nostre: ma come! - mi dicevo - Sin da bambini abbiamo appreso che le nostre cifre sono arabe e quelle che usano qui sono diverse?!
La spiegazione risiede proprio nelle varie forme (occidentale, orientale, ecc.) in cui le cifre arabe si sono diffuse.



Per quanto riguarda il periodo di Gerberto si può aggiungere che l’Europa non era ancora pronta a sviluppi nel campo matematico. Per molti secoli l’atteggiamento dei cristiani non era stato diverso da quello dei musulmani ai tempi della conquista dell'Egitto (639 d.C.): la ricerca scientifica era diventata superflua in quanto tutte le risposte si sarebbero dovute trovare nei testi sacri.

Inizialmente i pochi progressi, piuttosto che nel campo della Matematica, avvennero soprattutto nell'ambito della Logica, i cui aspetti matematici non erano ancor molto approfonditi. Fu solo nella seconda metà del XIX secolo che la logica tornerà a studiare gli aspetti formali del linguaggio e a essere trattata con metodi naturalistici. Si arrivò così allo sviluppo della Logica matematica.
La Logica venne sviluppata soprattutto nell’ambito della Filosofia scolastica. Tra i vari aspetti della Logica esplorati dai filosofi scolastici ci fu anche la Logica modale. Disciplina con la quale anch'io nella mia vita ho avuto un incontro ravvicinato. Per la mia tesi di laurea tentai di dimostrare il teorema di completezza per la logica modale intuizionista (dovrei dire per la precisione il teorema di completezza per un certo sistema assiomatico ed una certa semantica della logica modale intuizionista ).
Riuscii però a dimostrare solo il teorema di correttezza e qualche altro risultato. Spesi molti mesi nel tentativo di dimostrare anche il teorema di completezza. Quando stavo per arrendermi il mio relatore mi disse: se non riesci a dimostrare tale teorema dovresti riuscire a dimostrare la negazione dello stesso. In realtà non è proprio così. Infatti per i teoremi di incompletezza di Gödel esistono verità non dimostrabili. Inoltre per il teorema di indecidibilità esistono proposizioni per cui non è possibile dimostrare né la loro affermazione e né la loro negazione. Ma questo lo vedremo tra diverse puntate. Nella prossima puntata parleremo invece di Anselmo d'Aosta e Guglielmo di Ockham.

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lunedì, settembre 21, 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 15: l'alto medioevo tra Europa e mondo bizantino

Che succedeva nell'Europa cristiana nell'ambito della Matematica durante i secoli d'oro della Matematica islamica?
Ben poco.
Abbiamo già visto che con la caduta dell'Impero romano d'Occidente era cominciato quel declino culturale che sarebbe durato diversi secoli; e anche che la distruzione della Biblioteca di Alessandria fu un altro duro colpo che inflisse un'accelerazione a tale declino.

Carl Benjamin Boyer, nella sua celebre opera, "Storia della matematica", propone il 529 d.C. come data d'inizio del periodo medievale per la storia della Matematica. In quell'anno infatti l'imperatore bizantino Giustiniano indusse alla chiusura le illustrissime scuole filosofiche di Atene, che avevano prodotto una quantità enorme di conoscenza nei secoli precedenti. Tra queste scuole c'era anche l'Accademia fondata da Platone, la cui storia comprendeva un arco di quasi nove secoli.

La motivazione principale che spinse l'imperatore cristiano Giustiniano verso tale decisione fu il fatto che queste scuole affondavano le proprie secolari radici nell'humus culturale pagano e non sarebbero state quindi facilmente assimilabili alle nuove ideologie dominanti. È interessante notare che le persecuzioni dei pagani nei confronti dei cristiani, che secondo alcuni storici e teologi sarebbero abbondantemente sovrastimate, vengono ricordate in continuazione; mentre le persecuzioni dei cristiani nei confronti dei pagani vengono raramente citate.

"Il Codice Giustiniano conteneva due statuti che decretavano la totale distruzione dell'Ellenismo, anche nella vita civile. Queste disposizioni vennero attuate con zelo. Le fonti contemporanee (Giovanni Malala e Giovanni di Efeso) ci parlano di gravi persecuzioni perpetrate anche nei confronti di uomini altolocati."

Dopo la chiusura delle scuole filosofiche, gli studiosi che le avevano animate si dispersero in varie direzioni all'interno dell'Impero Bizantino.
Molti di essi raggiunsero anche la Persia; e la cultura greca che ivi fiorì divenne parte, un secolo dopo, del mondo arabo, costituendo forse una delle cellule fondanti della Matematica islamica.
Nel mondo bizantino la cultura matematica andò invece decadendo. I contributi dei matematici bizantini furono di livello piuttosto elementare e consistettero prevalentemente nella conservazione e nel commento dei tesori antichi.

Nell'Europa occidentale le cose andavano anche peggio. Senza incorrere nell'errore di estendere il giudizio a tutto il Medioevo nel suo complesso, si può tranquillamente asserire che gli anni dell'Alto Medioevo furono veramente gli anni bui della Scienza europea. Dal secolo VIII fino a metà del secolo XV i matematici più importanti scrivevano in arabo e vivevano nel mondo afro-asiatico di cultura islamica. In seguito il baricentro si spostò di nuovo verso l'Europa cristiana in cui si usava il latino; ma questo lo vedremo in seguito.

Qualcuno disse che in quegli anni in Europa si poteva sentire soltanto il graffiare della penna del Venerabile Beda (672 - 735) che in Inghilterra scriveva di temi piuttosto ridicoli, quali la rappresentazione dei numeri per mezzo delle dita e la Matematica necessaria al calendario ecclesiastico. Se non altro almeno sosteneva che la Terra fosse rotonda "come una palla da gioco" ed effettuò addirittura un calcolo approssimato dell'età della Terra cominciando a dividere gli anni in prima di Cristo e dopo Cristo.

Un altro nome marginale che si può citare è quello di Alcuino da York (Northumbria 735 – Tours 804) convocato da Carlomagno a dare nuova vitalità all'istruzione in Francia; ma i suoi contributi alla Matematica furono prossimi alla zero.

Nella prossima puntata cominceremo a parlare del basso medioevo in Europa con Gerberto di Aurillac e la Logica degli scolastici.

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mercoledì, maggio 27, 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 11: la Matematica Islamica

Dicevamo quindi che con la caduta dell'Impero romano d'Occidente era cominciato quel declino culturale che sarebbe durato diversi secoli; e la distruzione della Biblioteca di Alessandria fu un altro duro colpo che inflisse un'accelerazione a tale declino.
Un nuovo polo del sapere matematico (e non solo) venne però a ricostituirsi più di un secolo dopo la caduta della Biblioteca presso la cultura araba.

Per tutto il primo secolo dell'Impero Arabo Islamico i nuovi conquistatori, troppo impegnati a combattere, non avevano ancora acquisito gli strumenti intellettuali necessari a produrre risultati scientifici o matematici.

Fu solo nella seconda metà dell'ottavo secolo che il mondo islamico ebbe quel risveglio culturale che permise l'inizio delle ricerche matematico-scientifiche.

Si racconta che Aristotele sia comparso in sogno al califfo Abbaside Al-Ma'mun (786-833) e che in seguito a tale apparizione onirica il califfo abbia disposto che si traducessero in Arabo tutti i volumi greci che erano sopravvissuti alla distruzione.

Nella realtà gli Islamici furono forse spinti verso la ricerca matematica soprattutto da motivazioni un po' più prosaiche; e cioè dalla ricerca di soluzioni per l'applicazione della complicata legge islamica per l'assegnazione delle eredità, attraverso la quale svilupparono soprattutto l'Algebra; e dai tentativi di determinare quando cadessero esattamente le festività islamiche basate sulle fasi lunari, attraverso i quali svilupparono soprattutto la Trigonometria. Vorrei sottolineare che il calendario islamico pur se basato sulle fasi lunari è molto più complicato del calendario lunare.

AnimazioneQuali che fossero le motivazioni, sembra comunque che gli Islamici si sarebbero impegnati così diligentemente nell'attuazione della disposizione del califfo Al-Ma'mun che che quando l'Impero bizantino chiese un trattato di pace se lo sarebbero fatto pagare con volumi greci molti dei quali erano sopravvissuti alla distruzione della Biblioteca d'Alessandria.
Fortunatamente tra i volumi tradotti ci furono anche gli Elementi di Euclide.

Molti di questi volumi greci, tra i quali anche Gli Elementi, furono tradotti da Thābit ibn Qurra (826-901).

Nelle prime fasi dell'apprendimento e dello sviluppo della Matematica gli Islamici attinsero molto dai risultati delle grandi culture che li precedettero: ovviamente da quella greca, ma anche da quella indiana e babilonese.

Infatti, oltre a ai lavori di Euclide, Apollonio, Archimede e Diofanto, vennero acquisiti, tradotti e incorporati nella Matematica islamica anche i lavori di Āryabhaṭa (Devanagari: आर्यभट; Ashmaka, 476 – 550) e Brahmagupta(ब्रह्मगुप्त) (598 – 668).

Fu proprio grazie alle traduzioni dei lavori dei matematici indiani effettuate dai matematici islamici che in Europa si cominciò a diffondere il sistema numerico indù che andò lentamente sostituendo gli scomodi sistemi numerici romano e greco che rendevano complicate anche le operazioni più semplici.

Il sistema numerico indù, spesso anche denominato un po' impropriamente sistema numerico arabo, è il sistema numerico che abbiamo ancora attualmente in uso.
Un altro grande dono dei matematici indiani veicolatoci dai matematici islamici fu lo Zero.
Si suppone che i Maya siano stati i primi ad usare lo Zero posizionale nel loro sistema di numerazione a base vigesimale. Il Brahmasphuta Siddhānta di Brahmagupta costituisce però la fonte più antica conosciuta a trattare lo Zero come un numero a tutti gli effetti.

Con il tempo, le inclinazioni dei matematici islamici si sarebbero spostate verso l'esposizione deduttiva dei Greci preferendola agli ellittici versi sanscriti degli Indiani.

Nella prossime puntate parleremo di alcuni matematici arabi ed in particolare del più celebre tra essi.

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