martedì, agosto 20, 2024

Le basi della meditazione 4 - L’accettazione II

Uomini e Profeti del 17122024 propone un brano di Corrado Pensa sulla risposta negativa verso l’accettazione.

"Per sviluppare l’accettazione della realtà che ci capita di vivere, occorre un lungo viaggio nella nostra NON accettazione. Nella nostra non adesione alla vita. Nel conseguente disagio che questo ci provoca. Disagio che la pratica ci aiuta a vedere meglio.

È un lungo viaggio in salita perché il nostro resistere all’accettazione è frequentissimo. A cominciare dalla compulsione al giudizio mentale negativo su tutto e tutti, che è una delle forme più sorde e potenti di non accettazione.

Come procedere? Il primo passo, che rappresenta le fondamenta del lavoro interiore, quello di acquisire una grande dimestichezza e familiarità con la non accettazione che è in noi. In pratica, avere la perseveranza di sostenere lo sguardo sul nostro chiuderci. Guardare e riguardare il nostro no.

Infatti, che cosa succede se continuiamo a contemplare la non accettazione in noi? Succede che da un prevalere iniziale di sorpresa e disappunto si passa a un sentimento diverso nel quale il disappunto appare mescolato con una sorta di soddisfazione e fiducia. La fiducia che è proprio questo semplice e difficile lavoro di farsi specchio sempre più fermo a una virtù correttiva e guaritiva. Cominciamo a comprendere che, se è vero che non riusciamo a piegare a martellate la non accettazione, è tuttavia anche vero che il puntuale e sollecito contemplare la non accettazione è  il segreto per arrivare spontaneamente all’accettazione.
Il retto sforzo da compiere non può essere sforzo di accettare a meno che non si tratti di piccole cose. Lo sforzo da fare sarà quello di osservare la non accettazione prontamente, tranquillamente e, ove possibile, per tutto il tempo che essa dura. Ed è dallo sforzo di guardare in questo modo la non accettazione che può sgorgare spontaneamente l’accettazione.
Io sospetto che tanti disincanti e abbandoni sul cammino spirituale abbiano a che fare con la mancata comprensione, o la mancata spiegazione, di questo punto così cruciale. Il dettato fondamentale non è sforzati di accettare, bensì, sforzati di guardare meglio che puoi la non accettazione."

mercoledì, agosto 07, 2024

Scrollare fino a impazzire - doomscrolling, ovvero dello scorrimento catastrofico e della fine della narrazione

Citazione dall'articolo Scrollare fino a impazzire - Il Tascabile

"Secondo Doug Rushkoff, siamo nell’era del collasso narrativo. In altre parole, viviamo in un contesto storico, sociale, tecnologico, in cui le storie non sono più il modo principale in cui ci relazioniamo con il mondo
Viviamo, secondo lo studioso americano, in una cultura presentista, che genera un approccio postnarrativo al racconto di storie. Un approccio che non prevede premesse né conseguenze, ma si concentra sull’esperienza stessa, che così sostituisce lo sviluppo di una trama. “Non si tratta di cosa succederà dopo o di come finirà la storia – scrive Rushkoff – ma di capire cosa sta succedendo in questo momento, e goderselo”.
È un altro modo per considerare un neologismo recente: doomscrolling, vale a dire quella pratica che prevede lo scorrere dello smartphone così, senza una vera direzione, un contenuto (catastrofico) dopo l’altro, preda degli algoritmi che decidono per noi cosa è importante. C’è un aspetto del doomscrolling che, in particolare, racconta molto bene come ci rapportiamo alla realtà – e alle rappresentazioni della realtà – all’interno dello spazio digitale. Il feed, la home page del social network, è infinito: non importa quanti movimenti di pollice facciamo, ci sarà sempre un contenuto ad aspettarci. Il senso di doom, di rovina, di catastrofe, ce lo dà proprio questo scrollare via dal senso, questo accumulo di presenti senza scioglimento."


La crisi della narrazione, Byung-chul Han. Giulio Einaudi editore - Stile libero Extra
"Le narrazioni sono in crisi da tempo. Da bussole capaci di dare senso all’esistenza collettiva sono ormai diventate una merce come tutte le altre. Ridotte ad ancelle del capitalismo, si trasformano in storytelling e lo storytelling, ormai ubiquo, scade nella pubblicità, nel consumo di informazioni. L’accumulo di notizie ha preso, insomma, il posto delle storie. Dati e informazioni, però, frammentano il tempo, ci isolano e ci bloccano in un eterno presente, vuoto e privo di punti di riferimento. A diventare impossibile è la felicità stessa. Perché la vita, con tutti i suoi imprevisti, inciampi, tentativi ed errori, incontra la pienezza solo quando può essere condivisa e tramandata all’interno di una narrazione collettiva.

«Vivere è narrare. L’essere umano, in quanto animal narrans, si distingue dagli altri animali per il fatto che narrando realizza nuove forme di vita. La narrazione ha la forza del nuovo inizio. Lo storytelling, di contro, conosce solo una forma di vita, quella consumistica»."


lunedì, luglio 22, 2024

Requiem di guerra - Benjamin Britten

Ieri abbiamo assistito a un’esecuzione del “Requiem di guerra” di Benjamin Britten. Non conoscevo questo lavoro monumentale (vedi organico qui sotto) e la ragione principale per cui siamo andati era la presenza nel coro di due amici.

È sicuramente un grande requiem ricco di scelte strutturali particolari e inusuali.
Mi è rimasta una domanda (o impressione, magari sbagliata) che cercherò di approfondire: nonostante sia stato composto negli anni ‘60 del novecento il linguaggio musicale sembra più vicino a quello di almeno mezzo secolo prima.
  

Organico: solisti (soprano, tenore e baritono), coro, coro giovanile, organo e due orchestre (un'orchestra completa e un'orchestra da camera).



sabato, giugno 15, 2024

Le basi della meditazione 4 - L’accettazione

 Uomini e Profeti del 17122024 

 “Man mano che il lavoro interiore si consolida e la meditazione di consapevolezza si approfondisce, la dimensione dell’accettazione tende a emergere emergere in modo spiccato. È molto facile tuttavia cadere in grossolani fraintendimenti circa l’accettazione. Se, per esempio, veniamo aggrediti verbalmente da qualcuno, l’accettazione non significherà inghiottire. Inghiottire è solo segno di paura. L’accettazione, invece, è soprattutto accettare il disagio che quell’aggressione produce dentro di noi. È non resistenza, nel senso di non contrazione davanti alla sensazione spiacevole che improvvisamente comincia a pulsare in noi. Questo mantenersi aperti e morbidi invece di indurirsi ci mette in grado di rispondere adeguatamente alla situazione, invece di reagire meccanicamente. E dunque, non solo non inghiottìremo, ma diremo probabilmente ciò che è appropriato e giusto dire in quella circostanza. In tal modo non cadremo nella passività impaurita e non cadremo neppure nella reattività cieca che, anch’essa, ha molto a che fare con la paura. 

Ora, la messa in pratica di questa manovra di apertura interiore, che è relativamente facile da descrivere, richiede un tirocinio di consapevolezza il più continuo possibile durante la giornata. Tirocinio che metterà radici salde allorché cominciamo a percepire tutta la sofferenza che si accompagna alla non accettazione. Ossia al chiudersi e all’irrigidirsi nell’avversione e nella paura. Infatti, chiudersi significa separarsi, dividersi, porsi contro ciò che sta accadendo. Noi siamo disposti a credere che il problema sia nella sensazione spiacevole. Ma tale credenza è effetto di ignoranza. Il problema è invece nell’avversione e nella paura. Si può dire con tranquillità che gran parte del disagio e della differenza che sentiamo nel corso di una giornata è generata dalla nostra relazione sbagliata o non accettante con ciò che accade dentro di noi. La difficoltà principale sta nel fatto che accettare silenziosamente il disagio e il turbamento è l’ultima cosa che vogliamo fare. Se però si tocca con mano che l’accettazione rende più liberi, allora crescerà l’interesse nei suoi confronti. Nell’esempio fatto sopra è evidente che grazie alla consapevolezza accettante del nostro turbamento per essere stati aggrediti noi avremo più facoltà di scelta riguardo a ciò che diremo e faremo in quella circostanza difficile. Avere possibilità di scelta significa anche lo sviluppo di un senso di responsabilità circa le nostre azioni, parole e, in una certa misura, pensieri. Avere più scelte e responsabilità significa essere più liberi e più creativi.”

mercoledì, aprile 10, 2024

Il mistero della discesa infinita a Palermo

Pubblico qualche foto della presentazione palermitana de Il mistero della discesa infinita in collaborazione con Luigi Menna nell'ambito della manifestazione Esperienza inSegna - manifestazione scientifica organizzata da Palermo Scienza.
 
Coinvolgere e incoraggiare studenti è una delle esperienze più gratificanti.
E lo è stata anche questa con gli studenti del liceo musicale di Palermo.







venerdì, marzo 01, 2024

Occhio per occhio

Mi ricordo dello stupore quando per la prima volta sentii definire la legge del taglione come un progresso nella storia del diritto. Eppure è semplice comprenderne il motivo: quel principio regolamentava situazioni in cui il potente poteva rivalersi dieci, cento, mille volte tanto rispetto all’offesa subita.
 
A volte mi chiedo se questo semplice principio arcaico non possa ancora essere un punto di riferimento in conflitti odierni, nonostante le complessità geo-storico-politiche.
L'"occhio per occhio, dente per dente" non definiva solo un diritto della parte offesa, ma anche un limite a quel diritto: rivalersi sì, ma in modo commisurato all'offesa subita.

sabato, febbraio 24, 2024

Le basi della meditazione 2 - Il ruolo della paura e del desiderio

Uomini e Profeti | E2 | Meditare sulle emozioni | Rai Radio 3 | RaiPlay Sound

Il ruolo della paura
Abbiamo concluso l’incontro precedente presentando l’impedimento diffuso del malanimo. del disagio di percepire un perpetuo disagio esistenziale. Tale disagio è molto collegato alla paura. Senza che ci rendiamo conto siamo culturalmente trascinati nella marea del lamento. È molto difficile che una persona dica che tutto va bene. 

È vero che siamo assistendo a grandi crisi e a grandi problemi politici, ma è anche vero che i problemi a cui partecipiamo sono spesso sottolineati dalla mente che incornicia il negativo e svaluta il positivo, come dice Corrado Pensa. Siamo abituati a vedere le cose che non vanno. Ma se noi coltiviamo l’abitudine al negativo, allora sorge la paura. Perché è come se noi, con la nostra stessa proliferazione mentale, con le nostre stesse parole, con i nostri stessi atteggiamenti del volto, vivessimo una perpetua difficoltà.
La paura ne diventa una conseguenza. Essa è data molto dalla ricerca della perfezione, dalla speranza che la vita soddisfi i nostri desideri, le nostre aspettative. Questo genera il malanimo. Ma la vita è, punto. Non possiamo pretendere che la vita ci garantisca la felicità.

Se ci muoviamo nel nostro quotidiano sperando continuamente che le cose accadano per soddisfare la nostra felicità, ecco che incontreremo sempre e solo pensieri negativi e la paura la farà da padrone. La felicità non viene vista come qualcosa che possa essere sperimentata qui e ora, ma viene vissuta come una condizione che sarà possibile allorquando tutti i miei desideri siano nel tassello giusto. Cioè siamo quotidianamente addestrati all’attesa di tempi migliori.
Mi viene in mente un mio amico che aveva sempre il malumore addosso. Se gli chiedevi la ragione ti diceva: non vedo l’ora di andare in pensione. Ma quando è andato in pensione è stato profondamente infelice. Perché aveva addestrato la pratica dell’infelicità e dell’ingratitudine. 

Il ruolo del desiderio

Il desiderio di ciò che non abbiamo non ci fa apprezzare il momento presente. Ci rende ciechi nei confronti della quantità di benessere e di privilegio che viviamo quotidianamente. Se lo desideriamo possiamo essere felici adesso, in questo momento. Perché occorre tornare a vedere quello che nel concreto possiedi. Siamo costantemente bombardati da notizie su tragedie e disastri che generano una sensazione di paura costante. una paura che acceca e non fa capire dove si è. Bisogna imparare a fermarmi in un certo momento e a capire innanzitutto se quella paura è concreta ed a capire poi se esista una modalità per accoglierla.
L’obiettivo non è debellarla. L’obiettivo è imparare ad accogliere e riconoscere le nostre emozioni per renderele partecipi di un processo che porti a una liberazione interiore, a una guarigione interiore. Non significa essere felici per forza nel modo in cui ci dicono dovremmo essere felici. Significa conoscerci.

Risposta
Secondo il Buddha la sete inestinguibile. Il desiderio inteso come spinta costante al di più. È un tipo di sofferenza su cui il buddhismo ci addestra molto a lavorare innanzitutto riconoscendola. 
Innanzitutto la paura è un’emozione sana perché è parte di un istinto di sopravvivenza. Senza paura faremmo cose troppo pericolose. e serve anche il coraggio di vedere la paura. Perché spesso abbiamo paura della paura, come ci insegnano i maestri.

Innanzitutto dobbiamo riconoscerla, fermarci a sentirla, a vederla ed ascoltarla. e a volte ci accorgeremo che è solo un’abitudine che produce scenari che sono irreali. Come nell’esempio del pittore che era riuscito a dipingere così bene una tigre che poi si spaventava a guardarla.
Grazie alla mente coltivata dovremmo riuscire a riconoscere come nutriamo la paura nella nostra vita quotidiana. La paura spesso ci propone scenari immaginari ma possibili. Come gestirli? In che cosa dobbiamo avere fiducia?
Intanto non dovremmo alimentarla. Facciamo l’esempio del figlio che gira in motorino e la paura è che possa avere un incidente. Grazie alla mente più coltivata ci accorgiamo che quella paura possibile sta invadendo però tutto il nostro cuore. la vediamo, la riconosciamo. Quella paura ci fa incontrare la sofferenza e la precarietà della vita. Tutte le condizioni sono permanenti. se io parto da una prospettiva che tutto deve soddisfare i miei desideri allora allora l’imprevisto non è previsto e cresce la paura.
Ma se mi fai familiarizzo con la natura cangiante attraverso la pratica quotidiana che la mente educata, mi familiarizzo. accetto questa questa paura. ma se non l’alimento e mi limito a incontrarla, conoscerla, in realtà sto coltivando risorse interiori che nel momento che dovesse succedere qualcosa di doloroso sicuramente mi verranno in aiuto. Perché arrivare nei momenti difficili della propria vita che tutti noi prima o poi affrontiamo.

L’unicità di Berlino

L’impressione forte che pervade girovagando per le vie di Berlino è la sua formidabile unicità. Unicità nell’essere stata il palcoscenico di fatti storici tra i più significativi del ‘900. Unicità nella sua stratificazione fatta di polarizzazioni verso opposti estremi politici; fatta di scontri, incendi, deportazioni e uccisioni.
Fatta di assedi, bunker e bombardamenti; di distruzioni e ricostruzioni; fatta di abbattimenti e riunificazioni; di punk, underground, movimenti culturali e di protesta.
Unicità che si respira ad ogni passo che si batte per le strade di Berlino.
In nessun’altra città europea è passata tanta storia del novecento. E in nessun’altra città tedesca vedrete scorci simili a quelli di Berlino.


giovedì, febbraio 08, 2024

Le basi della meditazione 1 - Gestire il malanimo coltivando il buon animo

"Osserviamo che molti, a meno che non si trovino in condizioni particolarmente favorevoli, considerano normale vivere trascinando con sé il proprio senso di perpetua insoddisfazione. Invece è importantissimo coltivare il buon animo, che, innanzitutto, giova sia al proprio sia all’altrui benessere ed è inoltre condizione fondamentale per accogliere il qui e ora.


Malanimo non significa necessariamente pensare male ma è la costante di percepirsi insoddisfatti che è tipico della mente non coltivata. Perché se noi, come occidentali, ci fermassimo un attimo a riflettere. Se a mezzogiorno pensassimo alle fortune che abbiamo avuto dal momento in cui la sveglia è suonata fino a quel momento. Di quanti privilegi godiamo come se fossero dovuti. Noi in quel momento sentiremmo il cuore traboccare di gratitudine e sentiremmo anche crescere in noi il desiderio di condividere tanta fortuna. Quindi, imparare a gestire il malanimo, l’insoddisfazione, è una via reggia per incontrare la possibilità di una vita più serena, di una vita più felice. una vita in cui la gratitudine sia centrale."

Uomini e Profeti | E1 | Le basi della meditazione e gli ostacoli per entrare nella pratica | Rai Radio 3 | RaiPlay Sound


Gli impedimenti a dimorare nel momento presente

"Un notevole ostacolo alla continuità nella pratica meditativa, e quindi a dimorare nel momento presente, è la fretta. La fretta intesa sia come spinta che ci porta a fare velocemente una cosa dopo l’altra, sia come di vedere subito risultati concreti. L’impedimento della fretta è insidioso perché è culturalmente e socialmente condiviso. Un altro impedimento a darsi con regolarità e fiducia al momento presente è rappresentato dall’abitudine a programmare e a considerare l’evoluzione della vita come una successione di tappe e progressi prestabiliti. A tale proposito leggiamo le parole di Larry Rosberg.

“La mente fa continuamente calcoli, vogliamo andare da B. Oppure, se siamo davvero ambiziosi, da A a Z. La nostra pratica riguarda l’andare da A ad A. Sperimentare la gamma di ciò che accade richiede un approccio esteso al momento presente. Noi tendiamo a considerare il momento presente un mezzo per ottenere infine. Se nel momento A compio una determinata azione sarò felice nel momento B. Nella nostra pratica invece ogni momento è un mezzo e un fine e lo scopo del momento A è appunto il momento A.

L’insegnamento del Budda riguarda il risveglio o la liberazione e questo sembrerebbe un obiettivo. Ma il solo modo per raggiungere è essere totalmente dove siamo in questo momento”.

Ci sembra che la prospettiva offerta da Rosemberg sia completamente diversa da quella abituale, che ci spinge a vivere il presente come momento da usare per esaudire i nostri desideri e non già come un’occasione per risvegliarci alla realtà.

Un ulteriore impedimento molto diffuso a stare nel qui e ora è costituito dalla fortissima abitudine a mettere radici non già nel momento presente, ma piuttosto nel momento pensato. Incontriamo l’attimo usando la griglia delle nostre idee precostituite, dei nostri progetti, delle nostre aspettative o paure, e così facendo, sovrapponiamo il nostro pensiero della realtà alla realtà stessa.

La pratica della consapevolezza nutre la fiducia nella possibilità di accogliere e conoscere con sincerità. Infatti, come potremmo stare nel momento presente senza essere sinceri con noi stessi? Vale a dire che se ci scopriamo abitati dalla rabbia dobbiamo essere sinceri e riconoscere che qui e ora c’è la rabbia. Sincerità e umiltà ci permettono di essere a autenticamente presenti a quello che c’è anche se non è quello che vorremmo ci fosse che ci fosse. Un pesante ostacolo a vivere nel qui e ora è infine rappresentato da una vita vita non improntata a valori etici tutto questo genere di vita rafforza di disordine e la confusione e ci rende meno sensibili alla realtà nella quale viviamo. Queste insensibilità sfociano in vere e proprie separazioni tra i nostri desideri totalmente autocentrati e tutto il resto esiste solo se considerato utile ai nostri fini."

sabato, gennaio 27, 2024

Bufale secondo gli insegnamenti di Socrate: miti fondanti ed erospoietici?

Si può davvero credere a un fatto sapendo che non è vero? Si può accettare in modo acritico un’affermazione che spacci per veri fatti mai accaduti?

In un caldo pomeriggio estivo dell’Atene del V secolo a.C. Socrate e Fedro passeggiano per le strade dell’acropoli. Discutono di un episodio leggendario: il rapimento della fanciulla Orizia da Boreo, dio del vento.
Con grande sorpresa di Fedro Socrate rivela che, come per molti ateniesi, anche per lui quel mito è vero.
Ma come è possibile! Il padre della confutazione razionale attribuisce valore di verità a una ricostruzione allegorica e fantasiosa!?
Ma per Socrate sono veri anche tutti gli altri miti inventati dai poeti. Quelli che raccontano di centauri, chimere e ciclopi.
Lo stupore di Fedro aumenta quando Socrate se la prende con i falsi sapienti che, incapaci di cogliere la verità dentro la finzione, cercano di sfatare quelle creazioni della fantasia. Secondo Socrate esprimono una razionalità falsa.
Il filosofo ci sta forse dicendo che esiste un’altra verità? Socrate arriva persino ad affermare di avere, lui stesso, la stessa natura delle creature poetiche.
Che cos’è questa verità altra che egli stesso incarnerebbe?

Può servirci questa interpretazione di Socrate per capire perché molte persone prendono per vere narrazioni che anche il loro raziocinio dovrebbe poter smontare?

Il dialogo tra Fedro e Socrate offre una soluzione: Eros e amore.
Si capisce che Eros è la materia di cui sono fatti i miti. Sono veri perché sono erotici non perché descrivono una realtà oggettiva. Sono veri perché alimentano il dispiegarsi di relazioni coinvolgenti e capaci di sottrarre chi crede alla peggiore delle condizioni: la solitudine. Una solitudine spesso mascherata da rapporti strumentali e superficiali. Questa verità erotica non descrive nulla fedelmente ma disvela. Toglie quel velo che ci isola gli uni dagli altri.
 
E la solitudine, spesso nascosta da una fitta rete di relazioni superficiali, è la condizione in cui siamo immersi noi oggi. E di cui soffrono in misura significativa anche molti seguaci di Donald Trump.
Le grottesche notizie false, proprio grazie alla carica socializzante soprattutto sulle reti sociali, hanno sedotto anche chi sospetta che siano bufale. E lo hanno fatto proprio perché offrono una risposta efficace a un dato fondamentale. E cioè una carenza erotico-politica che è disperata e diffusa.
Quindi bisognerebbe partire dalle cause profonde di questo vuoto per poter contrastare le bufale e togliere terreno all’odio che generano.
Se, invece, ci limitiamo solo a opporre la falsità dei dati il rischio è di fare la fine dei falsi sapienti di cui parla Socrate. Che perdono tempo a raddrizzare i miti. Atteggiamento che secondo Socrate pone fuori dalla Polis.”

Parafrasi di Le parole della filosofia | S2024 | Verità | Rai Radio 3 | RaiPlay Sound di Pietro Del Soldà.

lunedì, gennaio 15, 2024

Recensione de "Il mistero della discesa infinita" sul sito di divulgazione matematica Maddmaths!

Il sito di divulgazione matematica Maddmaths! ha pubblicato una recensione de "Il mistero della discesa infinita": Letture Matematiche: Il mistero della discesa infinita, Flavio Ubaldini - Maddmaths! (simai.eu)

La riporto anche qui.

Brevi consigli per letture matematiche. “Il mistero della discesa infinita – Zenone e gli atomi della discordia” di Flavio Ubaldini, consigliato da Marco Menale.

Il paradosso di Achille e la tartaruga è uno dei più noti paradossi proposti da Zenone di Elea, filosofo della Magna Grecia del V secolo a.C., discepolo di un altro filosofo eleata, Parmenide. Achille, pur essendo partito dopo la tartaruga, riuscirà a raggiungerla? Intorno a questa domanda, e il più profondo tentativo di dimostrare l’illusione del movimento, si sviluppa il romanzo di Flavio Ubaldini “ll mistero della discesa infinita – Zenone e gli atomi della discordia”, edito da Scienza Express.

Flavio Ubaldini è un matematico e divulgatore italiano. Noto sul web come Dioniso Dionisi, cura il blog Pitagora e dintorni. È autore di “il mistero del suono senza numero” e “Il volo delle chimere”. Tra i suoi interessi c’è anche la musica.

“Il mistero della discesa infinita” è ambientato a Elea (l’attuale Ascea, in provincia di Salerno) e ruota intorno alle vicende della vita di Zenone. Il racconto si apre con il giovane filosofo in procinto di sostenere l’esame di accesso alla scuola del maestro Parmenide. Dopo questa tappa, Zenone resta affascinato dalla filosofia e della teoria del maestro sull’essere statico e immutabile. Così comincia a ricercare una possibile soluzione logica al noto paradosso di Achille e la tartaruga.

Nella prima parte del romanzo uno dei protagonisti è il nonno di Zenone. Non solo invita il nipote a proseguire gli studi di Parmenide, ma gli rivela un segreto che cambierà la sua vita, circa un prezioso oggetto. Da questo momento le vicende rendono il racconto un piccolo giallo, dove la filosofia fa da ambientazione. Entrano in scena altri noti filosofi, tra cui LeucippoSocrate e Democrito. Così, nelle trame di questo mistero, Flavio Ubaldini ritorna su alcune delle principali dottrine filosofiche.

L’altro personaggio rilevante di questo romanzo-giallo, soprattutto per la seconda parte del libro, è Apollonia. Amica di Zenone fin dalla gioventù, è costretta a lasciare Elea sia per necessità familiari, sia perché nella scuola di Parmenide è vietato l’accesso alle donne. Per questo motivo studia e si forma nella Scuola Pitagorica di Crotone, una delle poche aperta anche alle donne. Il tema di genere, diremmo oggi, torna più volte nel libro. Inoltre, con Apollonia, e la sua formazione, si parla anche di questioni matematiche, come l’irrazionalità di 2. E la matematica diventa un chiave di lettura per la risoluzione o presunta risoluzione del paradosso.

Le vicende si sviluppano tra trame e intrighi. Con divinità e una certa dose di fantasia, il finale è rocambolesco, con un salto nel tempo di oltre duemila anni.

In definitiva, il libro può essere un’occasione di riscoperta di tematiche di filosofia e matematica, che in molti affrontano solo nei primi anni del liceo, ed è adatto anche per i più giovani, sia per il genere giallo, che per la leggerezza con cui sono affrontati gli argomenti

domenica, gennaio 14, 2024

Paola Cortellesi e il monologo alla Luiss

Nelle ultime settimane ho notato un certo accanimento contro Paola Cortellesi. E mi viene da chiedermi se a scatenarlo non sia anche l’invidia verso il suo successo.
Personalmente ne sono contento e credo che lo meriti.

Condivido alcune riflessioni scritte in un gruppo dove un contatto sollecitava una discussione sula "Lettera aperta a Paola Cortellesi (di Mauro Bertamè)"
  
Ecco le prime considerazioni che mi vengono in mente. 
1. Prima di giudicare il monologo tenuto dalla Cortellesi alla Luiss bisognerebbe ascoltarlo o leggerlo per intero. L’ho cercato in rete ma non l’ho trovato. Se qualcuno lo trovasse potrebbe essere utile condividerlo.
2. ⁠Ritengo difficile giudicarlo leggendo solo brani decontestualizzati o commenti scritti da altri, di cui non sappiamo neppure se lo abbiano ascoltato o meno.
3. ⁠ nello specifico, dalla lettera di Mauro Bertamé, (che non so chi sia), a prima impressione, mi pare emergere un certo livello di rancore e un’incapacità di cogliere un messaggio, probabilmente veicolato con un linguaggio iperbolico e ironico, interpretandolo alla lettera. 
Quest’ultima, ovviamente, è solo un’impressione. Considerando che non ho avuto modo di leggere l’intervento della Cortellesi per intero.

Un’altra considerazione è che probabilmente quell’intervento va interpretato come una provocazione nel contesto di quel linguaggio. Non non credo voglia essere un saggio sul maschilismo delle favole su cui andare a fare le pulci per precisione e correttezza.

Questa storia dell’invidia verso il successo altrui mi ricorda quando molti intellettuali italiani degli anni 80 si affannarono a scrivere stroncature su Il nome della rosa di Umberto Eco. Un capolavoro della letteratura del ‘900 che aveva la colpa di aver avuto anche un successo popolare.

venerdì, gennaio 05, 2024

I pochi privilegiati la cui nave della vita riesce a evitare uragani e tempeste

Aureliano si era fatta l’idea che Tiberio appartenesse a quella categoria di pochi privilegiati la cui nave della vita riusciva a evitare quasi costantemente uragani e tempeste, navigando inconsapevolmente di bonaccia in bonaccia. Quella categoria gli sembrava caratterizzata da doni ricevuti attraverso imprevedibili casualità genetiche, con risultante positività naturale di pensiero, e da un susseguirsi di semialeatorietà favorevoli, conseguenze più o meno indirette della precedente caratteristica.

Io ti amo 2024 - brano per quattro voci come esercizio per un corso di contrappunto

Condivido un brano per quattro voci che ho scritto come esercizio per un corso di contrappunto. Il testo è una versione ridotta dei versi di "Io ti amo" di Stefano Benni. Come qualcuno noterà ho inserito qualche citazione illustre.
Lo si può ascoltare cliccando play.
Si accettano critiche e consigli. 

domenica, dicembre 03, 2023

Intelligenza come capacità di conformarsi all’esoscheletro di un’impresa

“La postmodernità chiama intelligenza la capacità di disintegrarsi quanto basta per potersi conformare all’esoscheletro di un’impresa.
Indipendentemente dall’affinità o dall’interesse verso ciò che l’impresa produce. Rinunciare alle nostre caratteristiche e peculiarità che avevamo all’inizio della nostra vita per adattarci agli obiettivi pianificati da quell’azienda seguendo i quali dovremmo raggiungere l’idea illusoria del successo. Lasciare da parte se stessi per adeguarsi a un falso se.
L’esoscheletro non è solo una struttura esterna ma anche un’entità mobile. Un gesto che non compiamo noi spontaneamente ma viene costruito e diretto al di fuori di noi.
Quando ciò accade il costo da pagare è altissimo, al netto dei grandi successi economici o professionali che si possono raggiungere.
I successi, se non raggiunti come me stesso, non mi daranno molto in cambio. Aldilà di ciò che possano pensare gli altri che mi guardano dall’esterno; che possono ammirare il successo raggiunto.”

lunedì, novembre 20, 2023

Peer Gynt Suite I – IV movimento – prova tromboni

Durante la prova di ieri il nostro clarinettista si è divertito molto a vedermi suonare. Forse perché ero l’unico a dimenarmi nella sezione. Tanto che, preso una sedia, e piazzatomisi davanti, ha girato questo video. 

sabato, novembre 18, 2023

La legge che vieta la carne coltivata

“Approvare la legge che vieta la carne coltivata, che però è già vietata in tutta la UE, e che quando sarà consentita saremo costretti a consentire, e nel frattempo correre il rischio di una multa per violazione delle norme europee. Storia irresistibile di una supercazzola”

Uno si chiede: ma perché lo fanno? Ovviamente per avere un nuovo nemico immaginario da combattere.


“Per riassumerla con quanto detto dalla senatrice a vita Elena Cattaneo lo scorso luglio nell’aula del Senato: “Si tratta di vietare le applicazioni di quello che stiamo ancora studiando. Ma, se stiamo studiando, significa che non sappiamo; non sappiamo l'impatto, non sappiamo la percezione del pubblico, le ricadute, la qualità. Se non so, come faccio a decidere che non li voglio? Qual è la qualità legislativa di una simile decisione?”.

Argomenti di logica che non sono bastato a dissuadere il governo dallo sposare la battaglia di Coldiretti&co, considerato un bacino elettorale imprescindibile dai meloniani.”

Cittadinanza italiana a Indi Gregory

“Portare in Italia la bambina inglese con una malattia incurabile e tenerla ancora un po’ in vita, contrariamente al parere dei medici”.
 
Questa è la ragione per cui il Consiglio dei ministri ha dato la cittadinanza italiana a Indi Gregory.
Non mi pare però che si facciano molti sforzi per prevenire la morte di altri bambini anche privi di malattie incurabili.

Forse il governo modificherà la norma sul “rientro dei cervelli”

Il governo propone una forte riduzione degli sgravi fiscali per i lavoratori espatriati che vorrebbero tornare in Italia.
Le nascite diminuiscono, si vuole ridurre l’immigrazione, non si dà la cittadinanza a chi è nato in Italia. Conseguentemente la popolazione decresce sempre più rapidamente e i giovani che lavorano sono sempre meno e i vecchi a cui pagare pagare le pensioni sempre di più.
In tutto questo il governo che fa? Indebolisce una misura che farebbe rientrare forza lavoro in Italia.

Complimenti! È la ricetta perfetta per l’affondamento definitivo.

martedì, novembre 07, 2023

La RAI del 2023

Tempo fa dicevo a un amico che all'inizio speravo che le responsabilità di governo li rendendessero più virtuosi, ma poi hanno cominciato a mostrare un altro aspetto: quello di cialtroni (vedi varie vicende giudiziarie e non) e, soprattutto, incapaci di governare.
Sprecano energie preziose su questioni divisive come i diritti, cercando di toglierne, e l’accaparramento di poltrone, come in Rai.
L'amico mi rispose che in RAI avevano fatto tutti più o meno la stessa cosa.

Credo che l'articolo di Augias “Un governo incompetente vuole riscrivere la storia, ma demolisce la Rai”, di cui condivido qualche brano, spieghi bene quali sono le differenze.

"Quando Fabiano Fabiani fondò e diresse la direzione centrale dei programmi culturali (siamo negli anni Settanta) scelse come collaboratori cattolici e socialisti, comunisti e non credenti. Nonostante le diversità riuscì a creare un concerto e non una cacofonia perché tutti erano (eravamo) animati, nella diversità, da un intento comune. Parlo duna direzione dorchestra come di una grande manifestazione sindacale. Ecco perché parlare di fascismo e non fascismo non basta, un poc’è un ponon c’è – non è quello il punto. Sono cambiati i punti di riferimento, cambiati gli obiettivi.

Nella Rai del governo a trazione FdI è chiaro che della comprensione dei fenomeni poco importa. Affiora dalle dichiarazioni di certi responsabili uno sgradevole spirito di rivalsa; è come se ci si volesse rivalere per essere stati defraudati di un diritto troppo a lungo sottratto con la forza o con la frode. Leggo in certe dichiarazioni la soddisfazione di aver riguadagnato posizioni dovute e, con queste, la possibilità di raccontare in altro modo, a costo di rovesciarla, la nostra storia dal 1948 (data di nascita della Costituzione) ad oggi.

Tutto questo è molto diverso dalle varie ondate di occupanti che ho visto arrivare in Rai governo dopo governo. Quando sono entrato in azienda (1° luglio 1960, per concorso) la Rai era un feudo democristiano. Ettore Bernabei, poco dopo, divenne il dominus, la Dc era il suo partito, Amintore Fanfani il referente. Latmosfera politica era angusta ma il livello culturale faceva della Rai una delle migliori televisioni europee. Nel 1975 una famosa legge trasferì il controllo dellazienda dal Governo al Parlamento attraverso la Commissione parlamentare per lindirizzo e la vigilanza sul prodotto. Il passaggio doveva garantire il pluralismo e in un certo modo lo garantì; nello stesso tempo però dette lavvio ad una forma scientifica di lottizzazione: Rai1 alla Dc, Rai2 al Psi, Rai3 al Pci.

Salto tutti i successivi passaggi, meglio li condenso in una sola frase: ad ogni cambio di maggioranza ha corrisposto in Rai larrivo di nuovi fedeli. Tutti accomunati dallo stesso desiderio: occupare un incarico di un certo prestigio, avere uno stipendio migliore. Con i nuovi arrivi post 2022 gli obiettivi sono diventati più numerosi. Al desiderio di guadagnare di più s’è aggiunta, ripeto, la voglia di raccontare daccapo la storia. Finora ne abbiamo avuto solo qualche accenno anche perché non è che abbondino, da quella parte, quelli in grado di farlo. Temo di sapere che di qui a qualche mese questo impulso crescerà di forza, se le cose resteranno come oggi sono.

La verità è che un governo che sul piano generale s’è dimostrato approssimativo e incompetente ha prodotto il massimo defficienza nella progressiva distruzione della Radiotelevisione Italiana, questo mi addolora profondamente. Ho visto negli ultimi mesi dilettantismo, scelte improvvide, la presunzione che una pedina valga laltra, linconsapevolezza che lefficacia televisiva è una delicata miscela di professionalità e congruenza con largomento, la dimenticanza che legemonia culturale non si può imporre piazzando un fedele seguace qua e uno là. Sono materie (non le sole, del resto) in cui la competenza deve prevalere sulla fedeltà.

Questo mi ha spinto fuori dalla Rai senza bisogno che qualcuno mi chiedesse di accomodarmi. È stato un gesto volontario. Se fossi stato più giovane sarei rimasto cercando, se possibile, di riequilibrare un pola deriva. Però sono vecchio e vorrei continuare a lavorare, fin quando avrò sufficiente consenso, con persone amiche in un ambiente cordiale. Resta questa brutta storia, avevano annunciato di voler demolire la Rai dei comunisti; stanno semplicemente demolendo la Rai."