giovedì, febbraio 06, 2025

Il discorso di Sergio Mattarella all’Università di Aix-Marseille

Condivido tre brani discorso di Mattarella. Il testo integrale si trova qui: Intervento di Sergio Mattarella all’Università di Aix-Marseille

Il video integrale si trova qui: Mattarella - Cerimonia di consegna dell’onorificenza accademica di Dottore Honoris Causa, Marseille – l’intervento di Mattarella comincia intorno al minuto 38.

Credo che almeno questi tre brani vadano ascoltati o letti con attenzione: perché affrontano temi di grande attualità e cruciale importanza per il futuro. È improbabile che abbiano un effetto immediato sui destinatari delle critiche, ma un discorso simile, pronunciato da una figura autorevole come Mattarella, rappresenta comunque un punto di riferimento nel dibattito già in corso.

“…Accanto a questa nuova articolazione multipolare dell’equilibrio mondiale, si riaffaccia, tuttavia, con forza, e in contraddizione con essa, il concetto di “sfere di influenza”, all’origine dei mali del XX secolo e che la mia generazione ha combattuto.

Tema cui si affianca quello di figure di neo-feudatari del Terzo millennio - novelli corsari a cui attribuire patenti - che aspirano a vedersi affidare signorie nella dimensione pubblica, per gestire parti dei beni comuni rappresentati dal cyberspazio nonché dallo spazio extra-atmosferico, quasi usurpatori delle sovranità democratiche.

Ricordiamoci cosa detta l’Outer Space Treaty all’ Art. II: “Lo spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti, non è soggetto ad appropriazione da parte degli Stati, né sotto pretesa di sovranità, né per utilizzazione od occupazione, né per qualsiasi altro mezzo possibile”.

L’età moderna è stata caratterizzata dalla “Conquista”, di terre, ricchezze, risorse. Nei secoli, dall’abbandono progressivo di territori non più fertili, con le migrazioni verso nuovi lidi. In tempi relativamente recenti, con il mito, in America, della “Nuova frontiera”.

Regole e strumenti ci sarebbero per affrontare questa fase e allora perché il sistema multilaterale sembra non riuscirci, con il rischio del ripetersi di quanto accaduto negli anni Trenta del secolo scorso: sfiducia nella democrazia, riemergere di unilateralismo e nazionalismi?

Oggi come allora si allarga il campo di quanti, ritenendo superflue se non dannose per i propri interessi le organizzazioni internazionali, pensano di abbandonarle.

Interessi di chi? Dei cittadini? Dei popoli del mondo? Non risulta che sia così.

Le conseguenze di queste scelte, la storia ci insegna, sono purtroppo già scritte.

È il momento di agire: ricordando le lezioni della storia e avendo a mente il fatto che l’ordine internazionale non è statico. E' un’entità dinamica, che deve sapersi adattare ai cambiamenti, senza cedimenti su principi, valori e diritti che i popoli hanno conquistato e affermato.

Quest’anno - ho menzionato Bandung e la Carta di San Francisco - ricorrono altresì i cinquant’anni dalla conclusione della Conferenza di Helsinki sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, insieme ai trent’anni dell’Osce, che ne è derivata.



L’Europa intende essere oggetto nella disputa internazionale, area in cui altri esercitino la loro influenza, o, invece, divenire soggetto di politica internazionale, nell’affermazione dei valori della propria civiltà?

Può accettare di essere schiacciata tra oligarchie e autocrazie?

Con, al massimo, la prospettiva di un “vassallaggio felice”.

Bisogna scegliere: essere “protetti” oppure essere “protagonisti”?

L’Italia dei Comuni, nel XII e XIII secolo, suggestiva ma arroccata nella difesa delle identità di ciascuno, registrò l’impossibilità di divenire massa critica, di sopravvivere autonomamente e venne invasa, subì spartizione.

L’Europa appare davanti a un bivio, divisa, come è, tra Stati più piccoli e Stati che non hanno ancora compreso di essere piccoli anch’essi, a fronte della nuova congiuntura mondiale.

L’Unione Europea è uno degli esempi più concreti di integrazione regionale ed è, forse, il più avanzato progetto - ed esempio di successo - di pace e democrazia nella storia.

Rappresenta senza dubbio una speranza di contrasto al ritorno dei conflitti provocati dai nazionalismi. Un modello di convivenza che, non a caso, ha suscitato emulazione in altri continenti, in Africa, in America Latina, in Asia.

Costituisce un punto di riferimento nella vicenda internazionale, per un multilateralismo dinamico e costruttivo, con una proposta di valori e standard che abbandona concretamente la narrazione pretestuosa che vorrebbe i comportamenti dei “cattivisti” più concreti e fruttuosi rispetto a quelli dei cosiddetti “buonisti”.

L’Unione Europea semina e dissemina futuro per l’umanità. Ne sono testimonianza gli accordi di stabilizzazione internazionale stipulati con realtà come il Canada, il Messico, il Mercosur. Le stesse politiche di vicinato, le intenzioni messe in campo dopo la Dichiarazione di Barcellona sul partenariato euro-mediterraneo (siamo a trent’anni da quella data).

Occorre che gli interlocutori internazionali sappiano di avere nell’Europa un saldo riferimento per politiche di pace e crescita comune. Una custode e una patrocinatrice dei diritti della persona, della democrazia, dello Stato di diritto.

Chiunque pensi che questi valori siano sfidabili sappia che, sulla scia dei suoi precursori, l’Europa non tradirà libertà e democrazia.



La crisi economica mondiale del 1929 scosse le basi dell'economia globale e alimentò una spirale di protezionismo, di misure unilaterali, con il progressivo erodersi delle alleanze. La libertà dei commerci è sempre stata un elemento di intesa e incontro. Molti Stati non colsero la necessità di affrontare quella crisi in maniera coesa, adagiandosi, invece, su visioni ottocentesche, concentrandosi sulla dimensione domestica, al più contando sulle risorse di popoli asserviti d’oltremare.

Fenomeni di carattere autoritario presero il sopravvento in alcuni Paesi, attratti dalla favola che regimi dispotici e illiberali fossero più efficaci nella tutela degli interessi nazionali.

Il risultato fu l’accentuarsi di un clima di conflitto - anziché di cooperazione - pur nella consapevolezza di dover affrontare e risolvere i problemi a una scala più ampia. Ma, anziché cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. E furono guerre di conquista.

Fu questo il progetto del Terzo Reich in Europa.

L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura.

…”

sabato, febbraio 01, 2025

Il possibile esodo dalle reti sociali vicine al trumpismo

Negli untimi giorni Loredana Lipperini, ha trattato il tema in due puntate di Pagina 3: Librerie fantascientifiche e I percorsi del potere.

Nell'ultima puntata ha consigliato la lettura di questi tre articoli.

Zuckerberg non ha mai creduto in niente - Lucy
Racconta bene tutte le metamorfosi Zuckerberg: "alfiere di tutto il contrario di cui era stato il capofila fino al giorno prima". Passato dalla telefonata dopo la vittoria del 2016 in cui Zuckerberg si è congratulato con Trump per il suo “innovativo” uso di Facebook; al dietrofront, dopo lo scandalo di Cambridge Analytica), con la promessa che la sua multinazionale avrebbe fatto di più per contrastare la disinformazione; al riavvicinamento a Trump, durante la pandemia, con la famosa esternazione che Facebook non avrebbe fatto da “arbitro della verità” di fronte alle bugie di Trump sui voti per corrispondenza; al voltafaccia, seguito all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 con la corsa di Zuck per arrivare primo nella gara a bandire il presidente dalle sue piattaforme; fino all’ultima campagna elettorale in cui Trump ha accusato apertamente Zuckerberg di aver “tramato” contro di lui nelle elezioni di quattro anni prima, spiegando che se l’avesse rifatto avrebbe “passato il resto della sua vita in prigione. Zuckerberg gli ha risposto epurando i vertici di Meta in favore di figure come il nuovo responsabile degli affari globali Joel Kaplan, trumpiano di ferro, donando un milione di euro al fondo per l’insediamento della nuova amministrazione e alleandosi alla crociata in favore della “libertà di espressione”.

Perché è il momento per un social network europeo - L'INDISCRETO

Addio Facebook e Instagram: è ora di ricostruire le nostre case digitali - Valigia Blu

Il tema proposto da Loredana Lipperini mi coinvolge e mi fa riflettere. Continuerò a seguire il dibattito. Non escludo di maturare decisioni che mi portino ad abbandonare lentamente le reti social vicine al trumpismo.

Mentre scrivo queste riflessioni sul blog mi viene da pensare quanto siano diversi la mia postura e il mio atteggiamento quando scrivo sulle reti sociali rispetto a quando scrivo su un blog. 

Nel primo caso uso quasi sempre il cellulare e tendo a scrivere in modo più veloce e superficiale. Quel tipo do scrittura non mi spinge alla riflessione e all'approfondimento. E da lettori, si rischia di non andare oltre le tre righe e saltare compulsivamente da un post all'altro. Se leggo da un blog, posso sempre salvarmi la pagina e tornarci. Pratica rara e complicata quando si legge dalle reti sociali.    

È giunto il momento di lasciare le reti sociali per salvare i libri (e il pensiero lento, aggiungerei) - Di Paolo Di Stefano

 Opinioni | Lasciare i social per salvare i libri | Corriere.it

"È giunta davvero l’ora di levare le tende dai social? È la domanda-che hanno posto sul «Foglio» Giulio Silvano e Antonio Gurrado, sollecitati da un allarme, lanciato su Dagospia da Paolo Di Paolo, a proposito del sempre più scadente livello dell’editoria e del decrescente numero di lettori. Qualche sera fa ho sentito dire che continuando a puntare tutto o quasi su prodotti popolari, alla fine gli editori rendono sempre più facile (e ovvia) la sostituzione del libro con i suoi surrogati (fiction e altro). Un vero e proprio harakiri. A loro modo anche gli autori contribuiscono al precipizio. Diventando imprenditore di sé stesso, ciascuno fa la sua corsa solitaria verso il massimo di visibilità, magari ingaggiando un addetto stampa o un social promoter ad personam.

Giulio Silvano proponeva, sul foglio, due forme di resistenza, interessanti ma altrettanto improbabili.
Primo: pubblicare un libro ogni dieci anni, abbassando la soglia della vanità e del narcisismo.
La seconda è, appunto, abbandonare i social tutti insieme, «uscire dalla dittatura dell’algoritmo e dei follower». Una dittatura che ha effetti noti: da una parte gli editori inseguono i nomi più seguiti sui social (da qui gli influencer bestseller). Dall’altra, molti scrittori impegnano le loro giornate nell’autopromozione cercando di conquistare il massimo di mi-piace.
Un esodo di massa da X, da Facebook, da Instagram avrebbe il vantaggio di assumere, in questo momento, un valore più solidamente engagé sfruttando lo sdegno generale per la svolta trumpiana dei tycoon digitali. Certo, è vero quel che dice Ricci: se non sei laggiù, nell’isola che non c’è dove tutto accade, non esisti. Da qualche settimana, a 88 anni, si è affacciato su Facebook il più raffinato e ironico scrittore italiano, Giovanni Mariotti. Dopo il grande esodo spero che sull’isola che non c’è rimanga almeno lui, con un paio d’altri (Andrea Di Consoli, Alberto Cristofori, Marco Ciriello...), non di più."

giovedì, dicembre 05, 2024

L'improvvisazione nella musica "classica"

"Schumann imparò a suonare in modo simile a come un giovane di oggi imparerebbe a suonare la chitarra. Cioè suonando giri di accordi e improvvisando su quelli. Ma improvvisare non nel senso di fare liberamente ciò che gli veniva in mente, ma nel senso di imparare moduli e schemi. Imparare a muovere le dita sul pianoforte liberamente seguendo delle successioni e degli schemi. Solo dopo due anni il padre gli mise davanti uno spartito.

Questo significava fino all’ottocento studiare la musica."

martedì, dicembre 03, 2024

Un patrimonio personale paragonabile al PIL di uno stato

Una singola persona che pretende uno stipendio annuo di 56 miliardi?
Tanto per farsi un’idea, è una cifra paragonabile (circa 3/4) alla spesa annuale dell’Italia per l’intero sistema di istruzione scolastica, che andrebbe ad aggiungersi a un patrimonio personale di 314 miliardi: paragonabile al PIL della Nuova Zelanda.
E questa persona è circondata da legioni di ammiratori (Umberto Eco avrebbe usato un altro termine ) pronti a osannare ogni sua mossa e convinti che l’ultima elezione presidenziale abbia segnato la riscossa degli esclusi.
No, rimango convinto che non comprerei una Tesla neppure se fossi straricco. Nemmeno sotto tortura!

martedì, novembre 05, 2024

Raffa in the Sky

Un'opera lirica con Raffaella Carrà come protagonista? Ebbene sì. E il risultato è una godibile combinazione di musica colta, pop e citazioni più disparate.

Un'opera lirica con Raffaella Carrà come protagonista? Ebbene sì. E il risultato è una godibile fusione tra musica colta e pop, arricchita da citazioni che spaziano tra riferimenti classici e contemporanei. Un omaggio che mescola mondi e linguaggi diversi, per un’esperienza che riesce a essere, insieme, profonda e leggera.



"Raffa in the Sky è un’opera, una vera opera lirica, che si ispira alla figura iconica di Raffaella Carrà, prima grande diva televisiva italiana ma anche personaggio internazionale. Non è una biografia in musica, ma il racconto di una carriera artistica che ha accompagnato, e talvolta stimolato, l’evoluzione della società italiana dell’ultimo mezzo secolo. Attraverso la straordinaria esperienza della Carrà, l’opera riflette anche sul ruolo dell’artista nella nostra società, sul valore e sull’uso dell’arte, sul ruolo della televisione e degli altri media. Tutto senza dimenticare la musica della Carrà, in un racconto che sceglie la strada del surreale e del paradossale per parlare, in realtà, di noi.

Fantaopera in due atti Libretto Renata Ciaravino, Alberto Mattioli
da un’idea di
 Francesco Micheli
Musica
 Lamberto Curtoni