domenica, marzo 31, 2019

La matematica tra scoperta e invenzione - What is Mathematics, Really? di Reuben Hersh

L'ultima volta ho riportato un brano in cui Reuben Hersh si pone una domanda sul come distinguere la matematica da altre discipline umanistiche e osserva che la matematica è umanistica rispetto alla sua materia - le idee umane - mentre è simile alla scienza nella sua oggettività.
Oggi propongo un brano in cui l'autore torna  sul tema del platonismo in matematica e della dicotomia tra scoperta e invenzione in matematica.
Personalmente ho sempre trovato più affascinante l’attività di chi costruisce teorie rispetto a quella di chi risolve problemi.

“...risolvere problemi ben definiti non è l'unico modo in cui la matematica avanza. Si devono anche creare concetti e teorie. In effetti, la nostra più grande lode va a chi, come Gauss, Riemann, Eulero, ha creato nuovi campi della matematica. Una ben nota classificazione dei matematici è quella tra chi risolve problemi e chi costruisce teorie. Quando si parla di teorie - la teoria di Galois dei campi dei numeri algebrici, la teoria di Cantor degli insiemi infiniti, la teoria di Robinson sull'analisi non standard, la teoria di Schwartz sulle funzioni generalizzate - non diciamo che siano state "scoperte". La teoria è in parte predeterminata da conoscenza, e in parte una creazione del suo inventore. Tuttavia, di fronte a esse percepiamo un salto intellettuale, come quando ci si trovi di fronte a un grande romanzo o a una grande sinfonia.

Quando diversi matematici risolvono un problema, i loro risultati sono identici. Tutti “scoprono” la stessa risposta. Ma quando essi creano teorie per soddisfare qualche necessità, i loro risultati non sono identici. Le teorie risultanti sono diverse. Come, ad esempio, nel caso dell'analisi vettoriale di Gibbs contrapposta ai quaternioni di Hamilton. La differenza tra inventare e scoprire è la differenza tra due tipi di progresso matematico. La scoperta sembra essere completamente determinata. L’invenzione sembra venire da un'idea che semplicemente non c'era prima che il suo inventore ci pensasse. Ma poi, dopo aver inventato una nuova teoria, devi scoprire le sue proprietà, risolvendo con precisione le domande matematiche correlate. Quindi inventare porta alla scoperta.”

...continua...

domenica, marzo 17, 2019

Il fascismo: liberticida ma onesto?

A chi avesse ancora dei dubbi sul mito per cui il fascismo sarebbe stato sì liberticida ma certamente onesto, consiglio vivamente la visione di questa puntata de La grande storia: Fascismo: dossier, ricatti e tradimenti.

Da https://goo.gl/uuNtiJ
"Si è sempre detto che il Fascismo è stata una dittatura che ha strappato la libertà agli italiani ma che almeno i fascisti non hanno mai rubato, non sono stati corrotti. Invece non è così. Mussolini non fa in tempo a prendere il potere che la corruzione già dilaga. Un sistema corrotto scoperto già da Giacomo Matteotti: denuncia traffici di tangenti per l'apertura di nuovi casinò, speculazioni edilizie, di ferrovie, di armi. Affari in cui è coinvolto il futuro Duce attraverso suo fratello Arnaldo."



Solo per citare alcuni dei molti fatti...

L'affare della ferrovia direttissima Firenze - Bologna (si trova intorno al min. 7 della puntata)
Un documento mostra come Ettore Torre, l'alto commissario delle ferrovie, si sarebbe opposto alla costruzione della ferrovia direttissima Firenze - Bologna per gli episodi di corruzione di cui era venuto a conoscenza.
Torre scrive che Arnaldo Mussolini, il fratello di Benito, gli mandò una lettera per indurlo a desistere dal suo atteggiamento perché la cessione della costruzione della direttissima alla ditta da lui raccomandata avrebbe fruttato a lui, Arnaldo, una mediazione di quindici milioni, che corrispondono a circa 14 milioni di euro odierni. La direttissima viene inaugurata nel 1934. Dopo 10 anni: corruzione e lavori lenti non appartengono solo all'Italia Repubblicana.

L'affare della Sinclair oil (si trova intorno al min. 11 della puntata)
La Sinclair Oil è una compagnia petrolifera sostenuta da alcuni dei principali gruppi finanziari di New York, come la banca di John Davison Rockefeller. Nel 1924 la Sinclair Oil stipula col governo fascista una convenzione che prevede l’esclusiva per novant’anni per la ricerca e lo sfruttamento di tutti i giacimenti petroliferi sul territorio italiano e vantaggi per effettuare nuovi scavi; il tutto con l’esenzione dalle tasse: un privilegio enorme e inspiegabile.
Molti tra i deputati dell’opposizione si chiedono il perché. Tra questi Giacomo Matteotti. Secondo lo storico Marco Canali, Matteotti sarebbe riuscito a trovare le prove della corruzione del governo Mussolini relativamente alla concessione. A corroborare l'ipotesi un articolo del Daily Herald che parla di una tangente di 30 milioni, riscossa probabilmente da Arnaldo Mussolini.

Intorno al minuto 34 si trovano gli episodi di corruzione che coinvolgono personalmente Mussolini.
Solo per citarne uno...
Poco prima della marcia su Roma alcuni industriali milanesi vanno a trovare Mussolini presso la redazione del "Il popolo d'Italia". Pare che quando gli industriali uscirono da quell'ufficio sulla scrivania di Mussolini giacesse una busta con 20 milioni di lire (circa 17 milioni di euro).

Concludo aggiungendo che, dopo essere andato un po' avanti con la lettura di “M. Il figlio del secolo” di Antonio Scurati, le considerazioni di Gabriele Sabatini di cui parlavo qui, non mi convinco più.

sabato, marzo 16, 2019

La scienza deve prenderla con filosofia

"Due mondi lontani, se non antagonisti. Scienza e filosofia hanno qualcosa da dirsi oggi?

Secondo un autorevole gruppo di ricercatori, sì. Dalle cellule staminali allo studio del sistema immunitario fino alle scienze cognitive, ecco perché la scienza ha bisogno di filosofia. Con il fisico Carlo Rovelli, l’immunologo Alberto Mantovani, e il filosofo della scienza Giovanni Boniolo."

Riporto solo un frammento dei commenti di Carlo Rovelli durante la puntata La scienza deve prenderla con filosofia di Radio3 Scienza:
“...Forse in questa capacità di mettere insieme sapere filosofico e sapere scientifico l’Italia è uno dei paesi migliori nel mondo. Credo che questo sia un motivo per cui gli scienziati italiani sono così bravi così apprezzati nel mondo. Io credo che il sistema educativo italiano, a differenza di quello statunitense, riesca ancora a tenere insieme una cultura storico filosofica e una cultura scientifica.”

L'articolo "Why science needs philosophy" su PNAS che ha ispirato la puntata e un altro articolo correlato: "Physics Needs Philosophy. Philosophy Needs Physics".

giovedì, marzo 14, 2019

Meditazioni sul capitalismo e il sacro: merito e meritocrazia

Condivido questa interessantissima puntata che è parte di una serie sulla teologia e sull’etica del capitalismo.

"Oikonomia . Meditazioni sul capitalismo e il sacro" con Luigino Bruni di Uomini e Profeti - Radio3

Ho trovato particolarmente interessante il discorso su merito e meritocrazia. Eccone dei brani

"Per capire la meritocrazia dobbiamo partire da un’osservazione sulla disuguaglianza, perché la meritocrazia è oggi la legittimazione etica della disuguaglianza.

La disuguaglianza è la condizione naturale di molti esseri umani perché i talenti che ciascuno riceve arrivando sulla terra sono diversi da quelli degli altri. …

L’occidente, soprattutto nel ‘900, ha cercato di lottare contro questo dato di natura, ha cercato di cambiare questo stato naturale, con la politica e con i diritti. Ha voluto immaginare un mondo in cui fossimo più uguali di come siamo nascendo. E questo è avvenuto in Europa e non gli USA. Si è fatto nascere lo stato sociale e si è voluto investire una grande quota del proprio PIL per beni comuni immensi come la scuola per tutti e la sanità universale.

Ma mentre godevamo i frutti di questa virtuosa congiuntura del secondo novecento, in cui la disuguaglianza è mediamente diminuita in Europa, nel retrobottega della finanza, dell’economia e della politica iniziava una controrivoluzione antiegualitaria voluta e pianificata prima di tutto dalle grandi imprese multinazionali, dalle scuole di business e dalle grandi società di consulenza globali.
Questo capitalismo per potersi affermare come culto universale e quindi ottenere un consenso etico, senza il quale non ci sarebbe stata l’affermazione universale, ha avuto bisogno di una legittimazione di alcuni assiomi su cui si fonda. E così ha compiuto il miracolo. La naturale disuguaglianza che il ‘900 ha combattuto è diventata una qualità morale. L’abbiamo chiamata meritocrazia e improvvisamente la disuguaglianza da un male è diventata un bene, da vizio è diventata virtù. Perché la meritocrazia si presenta come una forma di giustizia. Quindi, grazie alla meritocrazia, le disuguaglianze naturali non vengono più contrastate ma lodate e premiate. Oggi per chiunque voglia denunciare inefficienze è sufficiente pronunciare la frase - qui ci vuole più meritocrazia - per raccogliere applausi scroscianti e convincere che si è imboccata la strada giusta.

Il merito sta diventando la nuova religione globale del nostro tempo. Ma siccome lo si presenta come una cosa tecnica non ne viene svelata la natura religiosa.

Tutte le oligarchie vorrebbero anche essere aristocrazie, cioè il governo dei migliori. La meritocrazia è l’aristocrazia dei nostri tempi dove, a differenza di quella feudale, cambiano il meccanismo di riproduzione delle élite e la giustificazione del loro essere migliori. Non più la terra né il sangue ma semplicemente il merito.

E qui sorge anche un paradosso interessante. Il primo spirito del fu generato dalla radicale critica di Lutero alla teologia del merito. Secondo Lutero siamo salvi per grazia e non per le nostre opere. Ma, quella pietra scartata, il merito, oggi è diventata pietra d’angolo della nuova religione capitalista nata nei paesi protestanti. Quei paesi che hanno scartato il merito come categoria hanno inventato la meritocrazia.

Nella religione meritocratica il talento è ridotto a merito. Operazione alquanto arbitraria perché il talento non è quasi mai meritato.

E poi le imprese riducono i molti meriti umani ai soli meriti definiti dalle imprese stesse, livellandoli e appiattendoli verso il basso. Ci sono molti meriti che si scoraggiano e si distruggono. Ad esempio, i talenti di umiltà, di mitezza, di compassione, di misericordia, Che sono degli autentici patrimoni antropologici della comunità e delle imprese. Chi li vede? Chi li considera meriti? Chi li remunera? Oggi noi stiamo assistendo a una distruzione di massa di talenti più umili e umanistici.
Quanto vale una persona mite in un’azienda? Un valore infinito. Eppure, chi si comporta da mite viene etichettato come perdente.
Inoltre, ci si dimentica che nei nostri successi contano moltissimo il caso e la fortuna.

All’interno di questa religione meritocratica sta tornando in voga l’idea arcaica che il povero è colpevole e responsabile della propria situazione. Mentre nei paesi latini avevamo molto lottato per dire che il povero è uno sfortunato, è quello che nasce nel posto sbagliato e quindi va aiutato con lo stato sociale. Ma se prevarrà questa visione allora diventerà anche etico non far nulla per aiutare il povero perché la sua colpa giustificherebbe la mia indifferenza."

sabato, marzo 09, 2019

Giapponese per principianti: lezione 2 - non parlo giapponese, wa e ga

Dopo mi chiamo... sono... primi hiragana, nella seconda lezione l'energetica e instancabile insegnante nippoteutonica, che, nonostante si esprima in un tedesco giapponesizzante, è dotata di un inesauribile repertorio mimico per didascalizzare le sue lezioni a ritmi travolgenti, è partita dalla frase: io parlo giapponese. Al che ho subito chiesto quale fosse la forma negativa. Eccole entrambe più l'opzione intermedia.

Domanda: parli giapponese?

Traslitterazione Furabio-san wa nihongo ga dekimasu ka
Kana フラビオさん にほんご できます
Kanji
日本語
出来ます
Significato Signor Flavio
giapponese
puoi ?

Risposta breve: sì, lo parlo

Traslitterazione hai dekimasu
Kana はい できます
Kanji1
Significato posso

Risposta breve: sì, lo parlo poco

Traslitterazione hai sukoshi dekimasu
Kana はい すこし できます
Kanji1 少し
Significato poco posso

Risposta negativa breve: no, non lo parlo

Traslitterazione iie dekimasen
Kana いいえ できません
Kanji1
Significato no non posso

Risposta lunga: parlo giapponese

Traslitterazione Watashi wa nihongo ga dekimasu
Kana わたし 2 にほんご できます
Kanji 日本語
出来ます
Significato io
giapponese
posso

Risposta negativa lunga: non parlo giapponese

Traslitterazione Watashi wa nihongo ga dekimasen
Kana わたし にほんご できません
Kanji 日本語 出来ますせん
Significato io
giapponese non posso

Domanda: che lingue parli ?


Traslitterazione Furabio-san wa nanigo ga dekimasu ka
Kana フラビオさん なにご できます
Kanji
何語
出来ます
Significato Signor Flavio
che lingua
puoi ?

A questo punto non si può fare a meno di chiedersi: ma wa は e ga が che cosa sono?
La risposta brevissima e incompletissima è:

は (wa) è la particella che indica l'argomento e が (gaè la particella che indica il soggetto.


Poi, se volete la risposta lunga, c'è chi ci ha speso quintali di inchiostro e di bit.3

Abbiamo anche imparato a dire

"anch'io" - Watashi mo (私も)

e a esprimere la nostra congiunzione "e" con "to" ()

Esempio: parlo italiano e inglese.

Traslitterazione itariago to ego
dekimasu
Kana イタリア語 えいご
できます
Kanji 伊語 英語
出来ます
Significato italiano e inglese
posso

...continua...

Risorse utili
Convertitore Alfabeto latino <-> Hiragana/Katakana
Nomi dei paesi in Kanji e Katakana
Differenza tra wa e ga: in italiano e in inglese.

Note

1 Pare che i kanji per はい = 唯 e いいえ = 否 siano in disuso.

2 Visto che il soggetto watashi (io) generalmente si omette cercherò di ometterlo anch'io.

3 In italiano: は vs. が, l’eterno duello.
In inglese: Particles: the difference between WA and GA.
Con tanto di schemini.

Il mistero del suono senza numero - matematica e musica a Esperienza inSegna 2019

Il 21 e il 22 febbraio ho parlato di "Matematica e musica" a Palermo e, come lo scorso anno al premio-UMI Archimede, sono rimasto molto soddisfatto.
Giovedì 21 ho avuto un pubblico di più di cinquanta tra docenti e studenti del dipartimento di matematica e informatica.
Alla fine ho ricevuto una grande quantità di domande interessanti. In particolare ne ricordo una, sul canto gregoriano e le "modulazioni", correlata a una mia affermazione sulla maggiore difficoltà nell'uso dell'intonazione pitagorica dopo l'avvento delle tonalità, delle modulazioni e della musica strumentale.
Ho anche ricevuto una proposta da parte di un'insegnante di scuola superiore per una collaborazione in ambito teatrale.


Venerdì 22 è stata la volta di Esperienza inSegna 2019 con la "conferenza-spettacolo"Matematica e Musica, un percorso tra Pitagora e Bach.
Il pubblico era di circa 180 persone tra studenti e docenti di scuole superiori, tra cui un liceo musicale.
Ci sono stati applausi a scena aperta rivolti soprattutto agli studenti che rispondevano alle mie domande.

Qui troverete un video con le foto della giornata. Le mie si trovano intorno al minuto 3:35.






Personalmente sono rimasto molto soddisfatto di tutto: della fruttuosa collaborazione pitagorica con il chitarrista/geofisico Daniele Crisci e con la professoressa Elena Toscano, della curatissima organizzazione della manifestazione e del grosso coinvolgimento da parte di studenti e insegnanti.


E poi vedere i volti di qui ragazzi, ammirati di fronte alle acrobazie geometrico musicali di Bach, è stata un’esperienza impagabile.


martedì, marzo 05, 2019

Il nome della rosa: libro e serie televisiva

Oggi ho letto dei commenti sulla serie televisiva basata sul romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco. Alcuni dei commenti erano negativi. Purtroppo io non ho ancora avuto modo di vedere la prima puntata. Poi ho notato una discussione che partiva dall'osservazione "È noiosissimo anche il libro. Solo che non si può dire" e chi afferma che sia una lettura avvincente lo fa per darsi arie da intellettuale. Allora ho riportato la mia prospettiva, non di adesso, ma di me quindicenne.

Concordo che sono gusti molto personali. E io posso solo riportare la mia esperienza. Cominciai a leggere il nome della rosa a 15 anni, quando frequentavo l’istituto professionale di stato per l’industria e l’artigianato, perché me ne aveva parlato il professore di religione: uno studente di teologia comunista dotato di una cultura sconfinata: per me, a quei tempi, un mito. Non ero per niente abituato alle letture. La mia esperienza, aldilà delle letture imposte a scuola, era composta da “Viaggio al centro della terra” e “Ventimila leghe sotto i mari”. Non conoscevo né latino né greco. Eppure, fin dalle prime pagine quel libro mi catturò. Lo lessi d’un fiato e lo rilessi poco dopo. Accese la mia passione per la lettura. Cominciai a comprare tutto ciò che Eco aveva pubblicato e a leggere tutto quello che lui citava. Così scopri anche Calvino e Borges e mi misi a studiare il latino da solo. A posteriori posso dire che la lettura di quel libro ha cambiato la mia vita. In meglio.

lunedì, marzo 04, 2019

Giapponese per principianti: lezione 1 - mi chiamo... sono... primi hiragana

Visto che sono in ballo ho deciso di ballare. Nonostante l'impressione di ballare con due piedi sinistri (per usare un'espressione teutonica) in una classe di aspiranti John Travolta.

Così, dopo aver scritto l'introduzione, ho deciso di continuare con una sorta di trascrizione degli appunti delle lezioni fino a quando ne avrò voglia.
Nella prima lezione la simpaticissima e gentilissima insegnante nippoteutonica, che parla la lingua di Gohete con ritmi, strutture e accenti da Sol Levante, è partita dal come presentarci:




Traslitterazione Hajimemashite Watashi wa Furabio des doozo  yoroshiku
Kana1 はじめまして わたし は  フラビオ です どうぞ よろしく
Significato2  Piacere di conoscerla  io   Flavio sono abbia cura di me

E ci ha insegnato anche la mimica da usare sulle ultime parole: inchinarsi con le mani giunte.

Poi siamo passati ai mestieri. Signor Flavio, che lavoro fa?

Traslitterazione Furabiosanoshigotowanandeska
Kana1 フラビオ さんおしごとなんです
Significato2 Flavio signor  lavoro
chesei?


Traslitterazione gakusee  kaishain   kyooshi sensee  enjinia sūgakusha
Hiragana がくせえ かいしゃいん  きょうし せんせい すうがくしゃ
Katakana  エンジニア
Kanji3 学生 會社員 教師 先生 数学者
Significato studente impiegato insegnante4 insegnante4  tecnico matematico

Risposta: sono uno studente.

Traslitterazione Watashi wa gakusee des
Kana わたし   がくせえ です
Kanji3 学生
Significato io
studente sono

Risposta negativa: non sono uno studente.


Traslitterazione Watashi wa gakusee janaides
Kana わたし   がくせえ じゃないです
Kanji3 学生
Significato io
studente non sono

Quindi siamo passati alle nazioni/nazionalità.

Traslitterazione nihon doitsu itaria5 furanzu chūgoku supain
Hiragana にほん

ちゅうごく
Katakana ドイツイタリア フランス スペイン
Kanji3 日本 独逸 6 仏蘭西 中国 西班牙
Significato giappone germania italia francia  cina spagna

Per passare dalla nazione alla nazionalità basta aggiungere un "jin" (Kanji 人, hiragana じん) alla fine della parola.

Es. Italia = イタリア  -  italiano (nazionalità) = イタリア人  -  pronuncia itaria-jin
Invece, per passare dalla nazione alla lingua basta aggiungere un "go" (Kanji 語, hiragana ご) alla fine della parola.

Es. italiano (lingua)  -  イタリア語  -  itaria-go

Es: sono italiano.

Traslitterazione Watashi
wa itaria-jin des
Kana1 わたし
は  イタリア人 です

Significato2  io    italiano sono


Infine abbiamo cominciato a imparare i primi dieci caratteri dell'hiragana: le vocali e le consonanti inizianti per K: ka, ki, ku, ke, ko.

a i u e o
k か  き   く   け   こ 

E lì mi sono accorto del mio essere diversamente veloce.
L'insegnante ha scritto i suddetti caratteri alla lavagna. Poi li ha cancellati e li ha riscritti uno alla volta chiedendo: che cos'è questo?
Tutta la classe all'unisono-1 intonava: ka! – mentre il -1 si guardava intorno spaesato.
– E questo?
Tutta la classe all'unisono-1 intonava: ko! – mentre il -1 si guardava intorno spaesato.

Quando siamo usciti ero talmente depresso che ho detto a Zucchero: basta! Il mio corso finisce con la prima lezione.
È grazie a lei se ho continuato e non me ne pento.
Ma questo non cambia il mio stato di ultimo della classe. Siamo in una classe di persone motivatissime e velocissime nell’apprendimento. O, detto in altri termini, in una classe di secchioni.

...continua...

Risorse utili

Convertitore Alfabeto latino <-> Hiragana/Katakana

Nomi dei paesi in Kanji e Katakana

Note

1 Nelle prime lezioni vedevamo solo la traslitterazione. Il kana (composto da hiragana e katakana) l'ho aggiunto a posteriori per comodità.

2 Basato su una mia comprensione molto approssimativa.

3 Il Kanji non lo abbiamo ancora fatto ma mi sto portando avanti.

4 What's the difference between kyōshi and sensei?
教師 (kyoushi) is an objective word for a teacher, while 先生 (sensei) is honorific. Formally, you would use 教師 to speak about teachers in general, or to describe yourself, and 先生 to honour specific teachers; in informal communication, however, people often use 先生 as the general term.
Another matter: certain people such as doctors and lawyers are also called 先生, but they're obviously not 教師.
There are different systems for romanization: kyōshi is Hepburn. kyoushi is strictly speaking none of Hepburn, Nihon-shiki, Kunrei-shiki, but because it is difficult to input, ō is often typed ou (so I guess kyoushi could be wāpuro rōmaji). In any case, kyoushi is unambiguously きょうし, so even if it doesn't belong to a particular system, it's a clear way of transliterating it.

5 Per la pronuncia della r vedi Le pronunce giapponesi più difficili

6 L'insegnante mi ha detto che tra i paesi stranieri il carattere kanji esiste solo per Cina, Corea e Regno Unito (o Inghilterra, non ho ben capito). Invece su questa pagina, Scrivere le parole in kanji con gli ateji (come funziona + esempi), ho trovato anche il kanji per "Italia".
"Il Giappone, venendo a contatto con diverse culture, ha preso in prestito molti vocaboli. Queste parole vengono definite in giappotenese con il termine gairaigo, le parole prese in prestito da altri paesi.
Fino alla seconda guerra mondiale era molto comune scrivere queste parole in kanji. È un po’ quello che succede nella lingua cinese: dato che non possiede alcun sillabario come il katakana per trascrivere le parole di origine straniera, si trascrive ogni suono in caratteri cinesi."

sabato, marzo 02, 2019

Giapponese per principianti: introduzione

Ebbene sì. Zucchero e io ci siamo ardimentosamente imbarcati nel putiferio cognitivo di un corso di Giapponese.
Qualcuno si chiederà: ma è veramente così difficile come ci si aspetterebbe?

La risposta breve è sì!
Soprattutto se tenuto in tedesco da un'insegnante giapponese che parla la lingua di Gohete con ritmi, strutture e accenti da Sol Levante.

La difficoltà principale è il sistema di scrittura: uno dei più complicati tra i sistemi di  esistenti. Mentre la "grammatica", da quello che abbiamo visto finora, pare abbastanza semplice: non ci sono articoli e non esiste il plurale né i generi né la coniugazione. E anche la pronuncia non sembra difficile: forte prevalenza di alternanza consonante-vocale e assenza di alcune delle nostre consonanti. (Sebbene... Le pronunce giapponesi più difficili) Di contro, ci sono altre complicazioni quali i molti livelli di cortesia (Suffissi onorifici giapponesi, Linguaggio onorifico giapponese).

Come avevo già scritto dopo la prima introduzione al sistema di scrittua fornitami da un collega nel lontano 2012, il sistema è composto da logogrammi cinesi, il cosiddettò Kanji, di per sé già molto complicato; ma i giapponesi, non soddisfatti, lo hanno complicato ancora di più introducendo altri due tipi di caratteri (che tecnicamente sono dei sillabari, in quanto a ogni simbolo corrisponde una sillaba): l'hiragana e il katakana. E, non solo nella stessa frase, ma persino nella stessa parola, si trova molto spesso un miscuglio di kanji e hiragana.





Esempi di kanji
Ecco come Wikipedia descrive il sistema di scrittura giapponese.
I kanji, di origine cinese, sono 2997 (quelli più comuni sono noti come jōyō e jinmeiyō kanji) e vengono utilizzati soprattutto per sostantivi, verbi, aggettivi e nomi propri di persona; i due sillabari (kana) contengono ciascuno 46 caratteri di base (71 compresi i segni diacritici), ognuno dei quali corrisponde ad un suono nella lingua giapponese, vengono utilizzati nella flessione linguistica dei verbi e degli aggettivi e nelle particelle grammaticali. Quasi tutte le frasi giapponesi contengono sia kanji che hiragana, mentre più raramente viene utilizzato il katakana. Quest'ultimo viene utilizzato per la traslitterazione delle parole e dei nomi stranieri, per la trascrizione di nomi scientifici di animali e piante e per i versi degli animali. A causa di questa miscela di caratteri, oltre a un grande inventario di caratteri kanji, il sistema di scrittura giapponese è spesso considerato come uno dei più complicati in uso in tutto il mondo.

Insomma imparare a leggere il giapponese è una vera e propria impresa titanica. Non penso che ci riuscirò mai. A dire il vero, all'inizio pensavo che non sarei stato in grado neppure di memorizzare il sillabario hiragana ma adesso mi sto avvicinando a quell'obiettivo. Forse potrò arrivare ad aggiungerci il katakana ma credo che non riuscirò mai a memorizzare una quantità sufficiente di logogrammi kanji tali da potermi orientare nella lettura delle insegne di un possibile futuro viaggio in Giappone.

Concludo con uno dei pochi kanji che sono riuscito a memorizzare finora:

Kanji    Hiragana   Traslitterazione Significato
日本 にほん Nihon1 Giappone
日本語 にほんご Nihongo Lingua giapponese

E con il mio nome scritto rigorosamente in katakana2.

Katakana   Traslitterazione Significato
フ ラ ビオ Fu ra3 bi o Flavio

フ  ラ  ビ オ
Fu  ra   bi  o


...continua...


Note

1 I nomi del Giappone variano a seconda della lingua utilizzata: i nomi giapponesi propri sono Nippon e Nihon, originati dalla lettura giapponese del nome cinese del Giappone 日本国 Rìběnguó ("il Paese dell'origine del Sole").
Il nome "Giappone", insieme con le omologhe forme nelle altre lingue occidentali, viene dalla corruzione Zipangu di questo medesimo nome, introdotta in Europa da Marco Polo.

2 Non riesco a capacitarmi del fatto che abbiano ideato un sistema di scrittura per mantenere le parole straniere (non derivanti dal cinese, che per loro rappresenta la lingua culturale di riferimento come per noi il greco) separate da quelle autoctone.

3 La pronuncia delle parole straniere in giapponese viene adattata (come parzialmente pure da noi) al proprio sistema fonetico, che, fortunatamente, è un sistema semplice con forte prevalenza di alternanza consonante-vocale e con l’assenza di alcune delle nostre consonanti. La cosa molto interessante, che da noi non avviene, è che le parole straniere vengono anche scritte così come le pronunciano.  Ad esempio, nel mio nome la "vio" diventa "bio", perché loro non hanno la nostra "v" che, in modo simile allo spagnolo, diventa "b". Inoltre la successione di "f"ed "l" è una combinazione consonantica assente nella lingua giapponese; per cui “fla” diventa “fura”. Un'altra particolarità è che non hanno  i nostri suoni di "r" e "l" ma un suono che si trova a metà strada.
Nel 2012 scrivevo:
"Avete presente lo stereotipo linguistico dell'orientale che trasforma tutte le "r" in "l"? Be' è parzialmente vero. In quanto molte volte le "r" diventano "l" ma molte altre volte succede il contrario: cioè le "l" diventano "r". Quindi, ad esempio, "Italy" si tramuta in "Itry". Diciamo che quando non capisco qualche parola mi devo fare sempre una conversione mentale con tutte le possibili permutazioni di "r" ed "l" presenti nella parola."

In realtà adesso mi sono reso conto che è una questione di nostra percezione e la causa è che loro hanno un suono che 

Da Le pronunce giapponesi più difficili

La pronuncia della R
E siamo al primo grande ostacolo, la fantomatica R. È davvero così tragica? Sì purtroppo. Non a caso c’è uno sketch del gruppo comico ラーメンズ Ramens che ci prende in giro proprio sulla pronuncia della R, troppo “forte”… (noi prendiamo in giro loro e loro noi, in un circolo vizioso di idiozia).
Si parte con uno studente di una scuola di giapponese (?) in attesa dell’insegnante… che è anche lui italiano e lo si vede dai modi, dagli abiti, dalla pettinatura… e dal pelo di fuori. Dopo l’appello, in “perfetto italiano”, si parte con un po’ di “ascolta e ripeti”, titolo: “Le meravigliose province giapponesi”. Da qui in poi ci sono solo nomi di province (dovrei dire prefetture) e la sottolineatura dei nostri vari errori. Tra questi spicca la R di IbaRRRRaki.

Per pronunciare la nostra R portiamo la lingua a toccare le gengive dei denti incisivi superiori, poi soffiamo fuori l’aria lasciando la lingua relativamente sciolta, così che per un particolare fenomeno di pressione dell’aria, la lingua si ritrova a vibrare al passaggio dell’aria. E vibra parecchio. Ecco perché fa ridere il nostro IbaRRRRaki.

La R giapponese invece è detta monovibrante, perché, va da sé, la lingua deve vibrare una volta sola nel pronunciarla. Più che di vibrazione, in realtà, si tratta di un piccolo scatto che la lingua fa tra il palato e le gengive dei denti davanti (ricordate la posizione della lingua nella nostra R), quasi accarezzando il palato (in modo a volte fastidioso).

Provate a dire una R, o meglio ancora, esercitatevi con la parola お風呂/おふろ ofuro (bagno). Nel farlo invece di pronunciare la R all’italiano provate a far fare lo scatto in questione alla lingua (provate in una direzione o nell’altra, come vi viene meglio… a me dà fastidio il movimento in avanti e preferisco “mangiarmi” la R muovendo la lingua all’indietro).

Il risultato sarà una cosa a metà tra R e L (specie se muovete la lingua in avanti dal palato ai denti) e sicuramente una buona approssimazione della R giapponese. Per la verità a volte al nostro orecchio suonerà a metà strada tra R, L e D (in particolare se preceduta da N), come avviene in parole come enryo, benri… Per ora ascoltiamo alcuni esempi, ma non danniamoci l’anima.

venerdì, marzo 01, 2019

L'imprescindibile ruolo dell'invezione dei numeri nello sviluppo dell'umanità - Caleb Everett

Interessanti considerazioni di Caleb Everett sul ruolo imprescindibile che "l'invezione" dei numeri avrebbe avuto per lo sviluppo dell'umanità.

“...il fatto che alcuni esseri umani siano stati capaci di inventare i numeri è dovuto in larga misura a fattori anatomici. La nostra capacità di identificare e classificare grandi quantità specifiche è stata ricondotta al fatto che abbiamo sempre davanti agli occhi esempi di quantità regolari. Abbiamo cinque dita per mano. La nostra biologia ci fornisce continuamente insiemi di cinque elementi corrispondenti per il cui riconoscimento non siamo cognitivamente predeterminati, così come non lo sono le altre specie. Ma gli esseri umani sono stati occasionalmente in grado di riconoscere questa corrispondenza. Si tratta di una comprensione inequivocabile, ma il mero riconoscimento di tale corrispondenza biologica non conduce necessariamente ai numeri. Si possono riconoscere le quantità, comprese le cinque dita della mano, anche solo in maniera fugace. Tuttavia, quando si introducono parole come “cinque” che vengono poi usate in modo produttivo per descrivere la quantità di dita per mano, si può dire che si siano inventati i numeri.

L’invenzione dei numeri, avvenuta in tempi diversi nel corso della storia umana, non ha semplicemente facilitato il nostro modo di pensare alle quantità. I numeri hanno consentito di distinguere in modo coerente ed esatto le quantità superiori a tre. I numeri sono uno strumento, un’invenzione concettuale rivoluzionaria. Forse i numeri sono stati il singolo strumento di maggiore influenza nel kit linguistico che ha reso possibile la recente trasformazione della nostra specie. Inoltre, essi hanno consentito o quantomeno facilitato una vasta gamma di innovazioni. In assenza di questi strumenti cognitivi pratici non avremmo avuto la rivoluzione agricola e di sicuro la rivoluzione industriale.”

I numeri e la nascita delle civiltà. Un'invenzione che ha cambiato il corso della storia - Caleb Everett