Questo libro di Andrea De Benedetti mi è stato regalato da una coppia di amici italo-teutonici che conoscono bene la mia passione-patologia. Ne ho completata la lettura in soli due giorni. Trattandosi di sole 166 pagine non è una grande impresa, mi direte. Certamente non lo è! A me però capita rarissimamente di sostenere tali ritmi di lettura, soprattutto in ambito monobiblico. Devo aggiungere comunque che sicuramente avrà contribuito anche il fatto che ho cominciato la lettura nel primo giorno della nostra vacanza balneare calabrese. E che il tema trattato nel libro mi interessa molto.
Il linguista e giornalista Andrea De Benedetti, a me precedentemente ignoto, riesce ad affrontare temi - generalmente ritenuti, forse a ragione, pedanti - in modo leggero, ironico e interessante, fornendo comunque molteplici riferimenti bibliografici per ulteriori approfondimenti. Non è probabimente una tipica lettura da ombrellone, anche se per me lo è stata (e comunque la stagione volge ormai alla fine); dalla mia umile e modesta posizione di dilettante della domenica la consiglierei comunque a tutti quelli che nutrono un minimo di interesse nei confronti della nostra lingua e soprattutto a quelli affetti dai vari stadi di neo-cruschismo.
Chi sono i neo-cruscanti (o neo-crusc come ironicamente li definisce Andrea De Benedetti)? Lo stadio più grave di tale patologia lo si raggiunge quando ci si mette a "tempestare le redazioni dei giornali di lettere indignate e apocalittiche sul destino dell'italiano, a creare associazioni per la difesa del congiuntivo o del pronome dativo "loro" e a trillare come metal detector impazziti ogni volta che si rileva un congiuntivo mancato". Il parossismo lo si raggiunge infine quando si arriva a criticare i linguisti di mestiere in quanto troppo permissivi e lassisti.
Mi ritrovo a dover confessare (coming out ;-) di aver contratto anch'io tale malattia. Ma credo di averla arginata e cronicizzata nella zona dei primi stadi. Mi considero un po' un quasi neo-crusc semipentito e penso che questo libro mi abbia facilitato il cammino verso la redenzione.
Una psicopatologia residua da cui probabilmente non riuscirò (vorrò?) mai guarire è l'anglicismofobia: lochèscion, manàgment, uèlfar, miscion e il famigerato trend negativo continuano a farmi trillare come un metal detector ;-) impazzito. Vabbè. Ognuno ha le sue fisse (idiosincrasie).
Andrea De Benedetti sfata molti luoghi comuni e soprattutto fa notare che i neo-crusc, ma non solo, sopravvalutano enormemente il ruolo della grammatica. Si aspettano troppo da essa. Si aspettano qualcosa che va oltre le capacità di tale disciplina.
Il punto fondamentale è che "la lingua esiste prima della grammatica e il compito della grammatica scientifica non è quello di prescrivere bensì quello di descrivere: di analizzare come i parlanti si comportano e non come dovrebbero comportarsi".
Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensano in materia i linguisti tedeschi e soprattutto quelli che hanno fondato l'Internationale Arbeitskreis für Orthographie e podotto la riforma ortografica tedesca imposta per decreto in tutti i paesi di lingua tedesca.
Andrea De Benedetti mostra inoltre che esistono altre vie alla grammatica che non passano per forza attraverso l'analisi logica tradizionale e che spiegano persino più cose. Come ad esempio la grammatica delle valenze, la grammatica dei casi profondi e la grammatica pragmatica.
14 commenti:
Non mi ero accorto della tua anglicismofobia!!!
Ora vado, che è ora di lunch!
Mahlzeit!!
ok, lo voglio! ora esco e lo compro!
In quanto scrittore (più che scrittore columnist), trovo strette le regole del buon scrivere.
è tempo di spezzare le catene del grammaticalmete corretto.
piacere della conoscenza
ciao gianlu,
.... forse direi di più sul post-krucchismo... ;-)
See Sebastiano?! Non si finisce mai di imparare le features nascoste dei propri friends ;-)
fabio r., fammi sapere poi che ne pensi.
Ciao riccardo! Il piacere è mio! Benvenuto sul blogghetto!
Hai un blog anche tu? E' forse uno di quelli su cui ho scritto di recente un commento?
Domani torneremo in Teutonia. Chissà che tempo ci aspetta?
Saluti a tutti!
Grazie per il tuo commento al mio blog. Sono passata per leggere la tua recensione.
Un saluto.
ops
ho letto il tuo commento sul blog di arthur king
ora vediamo se ho impostato bene l'identità
Ciao Wally Montagner.
Un benvenuto anche a te!
Mi fa piacere che tu abbia letto la mia recensione.
Saluti
Riccardo, quindi è questo il tuo blog?
Ciao, Dioniso sono passata dal tuo blog per caso e devo dirti che mi è piaciuto. Posso consigliarti un simpatico libretto da leggere?
Stefano Bartezzaghi: " L'elmo di Don Chisciotte"-contro la mitologia della creatività-Ed. Laterza.
Ciao.
Ciao Anonima e benvenuta sul blogghetto!
Grazie per il complimenti e per il consiglio.
Di che tratta?
Ho fatto una breve ricerca e ho trovato questa recensione:
In sintesi
Creatività è sapere che la maggior parte dei problemi non ha una soluzione sola; sapere che la maggior parte delle soluzioni del problema ammette più di un modo per arrivarci; sapere che non c'è un modo univoco per scegliere il più opportuno fra i percorsi che promettono di portarci a una soluzione ... Un po' somaro, un po' mago, il creativo è Don Chisciotte, el Ingenioso Hidalgo che vede un bacile da barbiere e lo promuove a elmo.
I vostri commenti
maurizio 'mau.' codogno nda-abeb@myamail.com (03-06-2009)
Ampliamento della conferenza che Stefano Bartezzaghi tenne la scorsa estate al Festival della mente di Sarzana, questo libretto ha come sottotitolo "Contro la mitologia della creatività". Eh sì, perché la creatività, anzi la "creatività" tra virgolette, è una brutta bestia e non è certo facilmente catalogabile. Per Bartezzaghi, come del resto per molti, la "creatività" nasce dall'aggiunta di uno o più vincoli ulteriori; ma soprattutto occorre che un problema sia risolto in modo nuovo e la soluzione sia percepita come la parte più importante. Per questo motivo un creativo deve avere conoscenza approfondita della materia e abilità nel manipolarla: oserei dire in anglofrancese "créatif, i.e. craft". Il tutto viene piacevolmente esposto nelle poco più di cento pagine nel solito stile divagante di Stefano, che raccoglie di tutto (e si vede che ha la mia età. È solo la nostra generazione che può ricordarsi del Trio Reno con uno che diceva "Motociclista" e gli altri che lo rimbeccavano: "O moto, o ciclista!") Oltre all'enigmistica, si va da Dante a Marcello Marchesi, da Rodari a Munari, da Escher con le sue opere figura/sfondo a Douglas Hofstadter con i suoi ambigrammi, che portano a un altro punto fondamentale: la "creatività" è l'avere contemporaneamente due sensi, l'opposto insomma del "senza senso" - che è ben diverso dal nonsense - rispetto a quello che si fa di solito. Consigliato.
i tedeschi sono molto più prescrittivi di noi, dal loro punto di vista la grammatica è la grammatica e non ci piove. Il Duden è la loro bibbia. Per quanto mi riguarda, sono prescrittivista ma non troppo, e cerco comunque di mantenere distinti il livello scritto e quello parlato; nel blog faccio un mischione, ma perché mi diverte.
[ e non si dice "fare outing" ma "far coming out". L'outing è la delazione nei riguardi di un altro, il coming out l'appalesarsi :-) ]
Ciao .mau. !
Sì, penso che l'importante sia usare i livelli desiderati con consapevolezza
Sei sicuro che l'outing sia la delazione nei riguardi di un altro?
Qui trovo questa definizione:
Main Entry: out·ing
Function: noun
Date: 1821
1 : a brief usually outdoor pleasure trip
2 : an athletic competition or race; also : an appearance therein
3 : a usually public presentation or appearance (as in a particular role) her first outing as a novelist
4 : the public disclosure of the covert homosexuality of a prominent person especially by homosexual activists
E qui questa :
1.A pleasure trip or excursion.
2.The practice of publicly revealing that a person is homosexual without that person's consent.
Il tuo significato non compare.
Invece per come out trovo questa :
come out
1.To be discovered, be revealed.
It came out that he had been lying all the time.
2.To be published, be issued.
My new book comes out next week.
3.(as a debutante) To make a formal debut in society.
4.To end up or result.
There were a lot of problems at the start, but it all came out well in the end.
5.(cricket) (of a batsman) To walk onto the field at the beginning of an innings.
6.(idiomatic, informal) To come out of the closet.
Sono in bancarotta (4 mesi a New York..) ma rinuncio a qualcosa e lo compro!!
:-)
Scusa Titti, ma sono un po' confuso. Dove sei adesso a NY o a MI?
Da un giorno sono a Milano! Lacrimeeeeeeee
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