“...La relazione medico-paziente non andrebbe considerata un’attitudine, ma una disciplina passibile d’insegnamento, verifica e valutazione.” – scrive Vittorio Lingiardi in “Diagnosi e destino”, in una considerazione che riecheggia molto i pensieri di Fosco in questo brano de “Il volo delle chimere”.
“...Fosco pensò che quello dell’approccio al paziente era un tema davvero complesso. Avrebbe dovuto costituire una materia da inserire nei piani di studio a medicina.”
Ecco i brani per intero.
Diagnosi e destino
“La relazione medico-paziente non andrebbe considerata un’attitudine, ma una disciplina passibile d’insegnamento, verifica e valutazione. Attorno agli anni Cinquanta, un medico e psicoanalista ungherese, Michael Balint, si dedica allo studio della relazione medico-paziente e inventa una metodologia che diviene poi famosa col nome di «gruppi Balint». L’obiettivo è sviluppare nei medici la consapevolezza delle componenti psicologiche del loro lavoro. Balint sosteneva che il medico stesso è un farmaco e che la relazione con il paziente è in sé un atto terapeutico. Quando il medico prescrive un farmaco, diceva, «prescrive se stesso». Il suo libro Medico, paziente e malattia si basa proprio sulla premessa che «il farmaco di gran lunga piú usato in medicina generale è il medico stesso», anche se in nessun testo di medicina si trovano indicazioni sul suo dosaggio, sulle dosi d’attacco e di mantenimento, sulle reazioni allergiche e gli effetti secondari. «Il problema reale, – scrive Balint, – è spesso la malattia di tutta la persona», ed è proprio la diagnosi a consentire il passaggio da una situazione «non organizzata» a una «piú organizzata»: il paziente «offre, propone al medico varie malattie […] finché medico e paziente raggiungono un accordo, quello di accettare una di queste malattie come giustificata». Per prima cosa il medico deve imparare ad ascoltare. Questa capacità «è una nuova abilità, che richiede un certo cambiamento, sebbene limitato, nella personalità del dottore». Imparando ad ascoltare il paziente, «il medico inizierà ad ascoltare lo stesso tipo di linguaggio dentro di sé». Potremmo chiamarlo «controtransfert diagnostico».”
Il volo delle chimere
“Forse a rendere l’omeopatia più attraente agli occhi di molti era proprio il miscuglio di approccio naturalistico, maggiore attenzione alla sfera dei sentimenti e metodo cosiddetto olistico, che considera il paziente nella sua interezza e non come un insieme di organi, tessuti e liquidi. Probabilmente la maggiore attenzione degli omeopati alla dimensione umana produceva un duplice effetto benefico nei pazienti. Il fatto di sentirsi più compresi e coccolati aiutava sicuramente a corroborare l’effetto placebo. Doveva essere quest’alchimia a convincere tante persone ad affidare la propria salute a una disciplina totalmente priva di basi scientifiche. Un po’ come, a un livello diverso, molti vanno ancora a farsi togliere il malocchio perché la maga sa anche dispensare calore umano. E questo ha comunque un effetto benefico che va ad aggiungersi all’effetto placebo. Fosco pensò che quello dell’approccio al paziente era un tema davvero complesso. Avrebbe dovuto costituire una materia da inserire nei piani di studio a medicina.”
“...Fosco pensò che quello dell’approccio al paziente era un tema davvero complesso. Avrebbe dovuto costituire una materia da inserire nei piani di studio a medicina.”
Ecco i brani per intero.
Diagnosi e destino
“La relazione medico-paziente non andrebbe considerata un’attitudine, ma una disciplina passibile d’insegnamento, verifica e valutazione. Attorno agli anni Cinquanta, un medico e psicoanalista ungherese, Michael Balint, si dedica allo studio della relazione medico-paziente e inventa una metodologia che diviene poi famosa col nome di «gruppi Balint». L’obiettivo è sviluppare nei medici la consapevolezza delle componenti psicologiche del loro lavoro. Balint sosteneva che il medico stesso è un farmaco e che la relazione con il paziente è in sé un atto terapeutico. Quando il medico prescrive un farmaco, diceva, «prescrive se stesso». Il suo libro Medico, paziente e malattia si basa proprio sulla premessa che «il farmaco di gran lunga piú usato in medicina generale è il medico stesso», anche se in nessun testo di medicina si trovano indicazioni sul suo dosaggio, sulle dosi d’attacco e di mantenimento, sulle reazioni allergiche e gli effetti secondari. «Il problema reale, – scrive Balint, – è spesso la malattia di tutta la persona», ed è proprio la diagnosi a consentire il passaggio da una situazione «non organizzata» a una «piú organizzata»: il paziente «offre, propone al medico varie malattie […] finché medico e paziente raggiungono un accordo, quello di accettare una di queste malattie come giustificata». Per prima cosa il medico deve imparare ad ascoltare. Questa capacità «è una nuova abilità, che richiede un certo cambiamento, sebbene limitato, nella personalità del dottore». Imparando ad ascoltare il paziente, «il medico inizierà ad ascoltare lo stesso tipo di linguaggio dentro di sé». Potremmo chiamarlo «controtransfert diagnostico».”
Il volo delle chimere
“Forse a rendere l’omeopatia più attraente agli occhi di molti era proprio il miscuglio di approccio naturalistico, maggiore attenzione alla sfera dei sentimenti e metodo cosiddetto olistico, che considera il paziente nella sua interezza e non come un insieme di organi, tessuti e liquidi. Probabilmente la maggiore attenzione degli omeopati alla dimensione umana produceva un duplice effetto benefico nei pazienti. Il fatto di sentirsi più compresi e coccolati aiutava sicuramente a corroborare l’effetto placebo. Doveva essere quest’alchimia a convincere tante persone ad affidare la propria salute a una disciplina totalmente priva di basi scientifiche. Un po’ come, a un livello diverso, molti vanno ancora a farsi togliere il malocchio perché la maga sa anche dispensare calore umano. E questo ha comunque un effetto benefico che va ad aggiungersi all’effetto placebo. Fosco pensò che quello dell’approccio al paziente era un tema davvero complesso. Avrebbe dovuto costituire una materia da inserire nei piani di studio a medicina.”
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