martedì, agosto 20, 2024

Le basi della meditazione 4 - L’accettazione II

Uomini e Profeti del 17122024 propone un brano di Corrado Pensa sulla risposta negativa verso l’accettazione.

"Per sviluppare l’accettazione della realtà che ci capita di vivere, occorre un lungo viaggio nella nostra NON accettazione. Nella nostra non adesione alla vita. Nel conseguente disagio che questo ci provoca. Disagio che la pratica ci aiuta a vedere meglio.

È un lungo viaggio in salita perché il nostro resistere all’accettazione è frequentissimo. A cominciare dalla compulsione al giudizio mentale negativo su tutto e tutti, che è una delle forme più sorde e potenti di non accettazione.

Come procedere? Il primo passo, che rappresenta le fondamenta del lavoro interiore, quello di acquisire una grande dimestichezza e familiarità con la non accettazione che è in noi. In pratica, avere la perseveranza di sostenere lo sguardo sul nostro chiuderci. Guardare e riguardare il nostro no.

Infatti, che cosa succede se continuiamo a contemplare la non accettazione in noi? Succede che da un prevalere iniziale di sorpresa e disappunto si passa a un sentimento diverso nel quale il disappunto appare mescolato con una sorta di soddisfazione e fiducia. La fiducia che è proprio questo semplice e difficile lavoro di farsi specchio sempre più fermo a una virtù correttiva e guaritiva. Cominciamo a comprendere che, se è vero che non riusciamo a piegare a martellate la non accettazione, è tuttavia anche vero che il puntuale e sollecito contemplare la non accettazione è  il segreto per arrivare spontaneamente all’accettazione.
Il retto sforzo da compiere non può essere sforzo di accettare a meno che non si tratti di piccole cose. Lo sforzo da fare sarà quello di osservare la non accettazione prontamente, tranquillamente e, ove possibile, per tutto il tempo che essa dura. Ed è dallo sforzo di guardare in questo modo la non accettazione che può sgorgare spontaneamente l’accettazione.
Io sospetto che tanti disincanti e abbandoni sul cammino spirituale abbiano a che fare con la mancata comprensione, o la mancata spiegazione, di questo punto così cruciale. Il dettato fondamentale non è sforzati di accettare, bensì, sforzati di guardare meglio che puoi la non accettazione."

mercoledì, agosto 07, 2024

Scrollare fino a impazzire - doomscrolling, ovvero dello scorrimento catastrofico e della fine della narrazione

Citazione dall'articolo Scrollare fino a impazzire - Il Tascabile

"Secondo Doug Rushkoff, siamo nell’era del collasso narrativo. In altre parole, viviamo in un contesto storico, sociale, tecnologico, in cui le storie non sono più il modo principale in cui ci relazioniamo con il mondo
Viviamo, secondo lo studioso americano, in una cultura presentista, che genera un approccio postnarrativo al racconto di storie. Un approccio che non prevede premesse né conseguenze, ma si concentra sull’esperienza stessa, che così sostituisce lo sviluppo di una trama. “Non si tratta di cosa succederà dopo o di come finirà la storia – scrive Rushkoff – ma di capire cosa sta succedendo in questo momento, e goderselo”.
È un altro modo per considerare un neologismo recente: doomscrolling, vale a dire quella pratica che prevede lo scorrere dello smartphone così, senza una vera direzione, un contenuto (catastrofico) dopo l’altro, preda degli algoritmi che decidono per noi cosa è importante. C’è un aspetto del doomscrolling che, in particolare, racconta molto bene come ci rapportiamo alla realtà – e alle rappresentazioni della realtà – all’interno dello spazio digitale. Il feed, la home page del social network, è infinito: non importa quanti movimenti di pollice facciamo, ci sarà sempre un contenuto ad aspettarci. Il senso di doom, di rovina, di catastrofe, ce lo dà proprio questo scrollare via dal senso, questo accumulo di presenti senza scioglimento."


La crisi della narrazione, Byung-chul Han. Giulio Einaudi editore - Stile libero Extra
"Le narrazioni sono in crisi da tempo. Da bussole capaci di dare senso all’esistenza collettiva sono ormai diventate una merce come tutte le altre. Ridotte ad ancelle del capitalismo, si trasformano in storytelling e lo storytelling, ormai ubiquo, scade nella pubblicità, nel consumo di informazioni. L’accumulo di notizie ha preso, insomma, il posto delle storie. Dati e informazioni, però, frammentano il tempo, ci isolano e ci bloccano in un eterno presente, vuoto e privo di punti di riferimento. A diventare impossibile è la felicità stessa. Perché la vita, con tutti i suoi imprevisti, inciampi, tentativi ed errori, incontra la pienezza solo quando può essere condivisa e tramandata all’interno di una narrazione collettiva.

«Vivere è narrare. L’essere umano, in quanto animal narrans, si distingue dagli altri animali per il fatto che narrando realizza nuove forme di vita. La narrazione ha la forza del nuovo inizio. Lo storytelling, di contro, conosce solo una forma di vita, quella consumistica»."