lunedì, luglio 16, 2007

Se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo

Sono passati ormai più di dodici anni e nel ripostiglio della mia memoria rimangono solo fotografie con i contorni logori che sbiadiscono e ingialliscono, ritratti dai colori sempre più tenui, sfumati ed opachi.
Marinelli era sicuramente quello che mi affascinava di più. Magro, lunga barba bianca e capelli legati, era forse quello che più si avvicinava alla figura mitica del barbone romantico: quello un po' filosofo che diventa barbone per scelta. Stereotipo che secondo la mia esperienza esiste solo nell'immaginario di chi non ha mai avuto dei contatti veri con gli abitanti dei ghetti metropolitani.
Marinelli era nato a Trieste nei primi decenni del secolo scorso. Aveva viaggiato molto e vissuto in luoghi diversi. Era stato, tra tante altre cose, frequentatore adolescente di case chiuse a Trieste, autore di gialli e alcolizzato in Argentina, padre in Francia, giocatore di terzilio in Sabina e barbone a Roma. Il suo vero cognome era Marinovic che fu italianizzato durante il ventennio. Era un acuto osservatore della realtà che lo circondava e a volte si divertiva a stupire con degli strani comportamenti i volontari in preda ad un ispirata vena caritatevole.
Memorabili le partite serali di terzilio davanti a una bottiglia di Black Bush o di Drambuie: io, lui e Alessandro.
Una volta gli domandai se avesse ancora dei contatti con i due figli. Mi rispose che non ne aveva. Era solo venuto a sapere che la figlia era diventata suora.

Marcello I era uno dei più divertenti. Trasteverino doc e omosessuale. Nel dopoguerra si era prostituito nei dintorni di Monte Caprino e del Colosseo. Mangiava sempre e solo "er brodo". Solo una volta mangiò la pasta. Quel giorno avevo cucinato io. Ci erano arrivati dei fagioli e li usai per preparare un inedito e improvvisato sugo. Quando Marcello vide qual'era la pasta del giorno esclamò: "an vedi a' pasta a'a militare!".
Le sue frasi più ricorrenti erano: "ma che c'avete messo er zucchero ner brodo!", "guarda che io c'ho 57 anni", e quando si alterava: "ma va a fa' le pippe ar colosseo".

Assuero recitava la parte del vecchietto tenero e indifeso per conquistarsi le simpatie di volontarie e operatori. In realtà era un furbastro. Aveva vissuto molti anni in Francia dove aveva imparato a bere il pastis e a cantare l'Internazionale. Un giorno organizzammo una festa alla presenza di volontari e operatori. Francesco suonava la chitarra, io il trombone e gli ospiti cantavano. Ad Assuero facemmo cantare la sua amata Internazionale. Gli operatori non apprezzarono molto.

Savino era pugliese e autistico con un passato di emigrante in Germania come muratore. Quando parlava non si capiva quasi nulla. Quando veniva a mangiare aveva un suo percorso e dei gesti che ripeteva religiosamente sempre uguali. Un giorno diede un pungo a un obiettore che scherzava con lui.

Marcello II scriveva poesie in dialetto romanesco. Ne scrisse anche una per me e per Silvio nel nostro ultimo giorno di servizio.

Remo era nato anche lui a Trastevere e aveva trascorso venti anni in carcere: aveva ammazzato due ricettatori. Una delle sue attività principali era stata svaligiare gli appartamenti. Era molto vecchio e si muoveva a stento. Nonostante ciò tutti lo rispettavano timorosamente. Durante le mie notti di servizio a volte passavo delle ore ad ascoltare le sue storie.

Romeo proveniva da una famiglia della media borghesia. Suo padre era stato sindaco di un paese della Ciociaria. Aveva studiato medicina, ma i problemi psichici l'avevano portato a vivere sotto i ponti. Leggeva in continuazione e aveva dichiarato guerra a molte cose: una di queste erano i glutammati.

Bushi veniva dall'Albania e faceva il ricettatore in zona Termini. Girava con la fiaschetta perennemente nel taschino interno della giacca e voleva sempre offrirci un sorso.

Alex era nato in Ungheria da padre calabrese. Fuggì dall'Ungheria con mezzi di fortuna per raggiungere il padre, il quale lo segregò per più di un decennio a fare il pastore sull'Aspromonte. Fuggì anche da lì, dopo aver ucciso qualcuno, secondo i suoi bizzarri racconti, e si spostò a Roma. Non aveva mai frequentato scuole e si era alfabetizzato da solo provando e riprovando a decifrare pagine di giornali. A Roma si era costruito una baracca a Cinecittà, dove cominciò a frequentare l'ambiente delle comparse cinematografiche. Fece la comparsa in molte pellicole, persino con Federico Fellini. Una sera mentre guardava la televisione insieme agli altri ci chiamò eccitato. Stavano trasmettendo "Anche gli angeli mangiano fagioli". Vedemmo la scena in cui Alex interpretava il suonatore di piatti dell'esercito della salvezza.
Negli anni in cui lo conobbi era un consumatore abituale di viagra.

Campanelli era piemontese ed era rimasto traumatizzato dalla vita di manicomio. Leggeva e citava in continuazione l'Apocalisse esibendosi anche in diverse sue creazioni improvvisate sul tema. Una di queste era la minaccia della punizione dell'Uccello Grifone.




Mammolino era omosessuale e aveva lavorato nel teatro. Anche lui si divertiva molto a prendere in giro le volontarie.

George era nato da una delle caldeggiate relazioni tra romani e "bell'abissine". Suppongo che nella Roma del dopoguerra la sua provenienza gli abbia provocato qualche problema. Era riuscito ad uscire dall'alcolismo e frequentava ancora i gruppi di Alcolisti Anonimi.

Altri personaggi che ricordo sono Gina, la cuoca volontaria nipote di Ignazio Silone, che sputacchiava sui piatti; la suora venticinquenne emiliana che votava Bertinotti e che un giorno ci comunicò che si sarebbe ritirata in clausura; e il cuoco volontario caposcout. A volte nel cuore della notte ci arrivavano delle prelibatezze preparate da quest'ultimo. Erano gli avanzi di qualche banchetto luculliano che aveva deliziato gli abitanti di qualche villa sulla Via Appia. Il giorno dopo si assisteva quindi all'improbabile scena del non particolarmente apprezzato pasto a base di soufflé, vol-au-vent e raffinatezze simili. Marcello chiosava sempre con frasi tipo: "quella t'aa magni te. Damme er bbrodo!".

20 commenti:

Anonimo ha detto...

Che ricordi affascinanti! Mi sono molto divertito a leggere queste tue righe. Ma soprattutto, quante cose hai fatto in vita tua? Ci puoi tranquillamente scrivere un libro e anche abbastanza spesso!!
Ciao!!

dioniso ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
dioniso ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
dioniso ha detto...

Bè, non esageriamo. Che cosa sono le mie storie a confronto di quelle che mi raccontavano i miei nonni? Storielle!
Comunque mi fa piacere che ti abbiano divertito.

Molti anni fa, leggendo uno dei libri di Benni mi aveva colpito una frase (cito a memoria): bisognerebbe vivere delle vite che valgano la pena essere raccontate.

I racconti delle vite altrui mi hanno sempre affascinato molto.

Anonimo ha detto...

Ciao Dioniso,
ho apprezzato moltissimo il modo dolce con cui hai ricordato le persone di cui ci parli..(molte volte i "profani" sono più bravi degli "addetti ai lavori", ma di questo ne riparleremo in seguito!)
Baci a Zucchero e a te

Anonimo ha detto...

quella dell'Internazionale è splendida (ma avete cantato la versione storica o quella da fighetti di Fortini?).
è successo anche a me una volta di movimentare una festa di pseudoseminaristi tedeschi cantando "bandiera rossa" insieme a un gruppo di genovesi, spacciandola per un canto augurale dell'Appennino tosco-emiliano.

dioniso ha detto...

Grazie Eva Kant.
In quel posto comunque gli "addetti ai lavori" di solito non possedevano neppure le qualifiche adeguate. Lavoravano lì perché avevano i contatti giusti nell'ambiente ecclesiatico.

dioniso ha detto...

chiara jolie, non so quale sia la versione storica né quale sia quella da fighetti di Fortini nè chi siano fighetti di Fortini. Chi sono?
Quella che cantava Assuero era la versione che egli aveva imparato in Francia forse prima della guerra, forse poco dopo.

Una volta invece a me è capitato di sentire un tedesco cantare la versione teutonica di "bandiera rossa".
E i seminaristi cantarono con voi il canto augurale dell'Appennino tosco-emiliano? :-))

Anonimo ha detto...

ciao Dioniso!
grazie di aver condiviso i tuoi ricordi, è un post bellissimo...
a presto,
cleo

Stregazelda ha detto...

dioniso,
mancavo da qualche giorno dal tuo blog ed ecco che trovo questo piccolo tesoro di post. Delicato, appassionato, dolce.
Non ho nulla da aggiungere.
Un abbraccio

dioniso ha detto...

cleo, Stregazelda, grazie mille per i compimenti.
Un saluto.

Anonimo ha detto...

"Gli Angeli Mangiano Fagioli" è uno dei film di Bud Spencer che mi fanno ridere: visto e rivisto. E a questo punto lo rivedrò pe rivedere l'Esercito Della Salvezza...sono curioso il "tuo" Alex.
Complimenti per il post.

dioniso ha detto...

Grazie ubik.
"Anche gli angeli mangiano fagioli" lo vidi per la prima volta da bambino al cinema del mio paese nel '74 o '75 (ebbene si' negli anni '70 c'era anche un cinema). Mi sbellicai dalle risate.
Perche' ce l'hai un DVD?

Anonimo ha detto...

Ho vari film del grande egrosso Bud: il sopracittato, altrimenti ci arrabbiamo, lo chiamavano bulldozer, banana joe e un altro di cui non mi viente il titolo ora.

dioniso ha detto...

ah, sei poprio un cultore allora!

Anonimo ha detto...

un pochino. Mi piacciono tutte quelle "scazzottate" e la sornionità di altri tempi

Anonimo ha detto...

Ciao, passavo qui per caso e sono rimasto colpito da questo post... bravo!

dioniso ha detto...

Ciao Andrea e benvenuto nel mio blogghetto!
Grazie per i compimenti. Se vorrai tornare mi farà piacere.
Un saluto.

Prisma ha detto...

Che bello il tuo racconto... Mi ha fatto venire voglia di sedermi alla vostra tavolata, gli occhi grandi e le orecchie bene aperte per non lasciarmi scappare nemmeno un particolare...

dioniso ha detto...

Ciao Yuki,

mi fa molto piacere che ti sia piaciuto.