Condivido queste interessanti riflessioni di Vittorio Lingiardi sul ruolo della “famosa «volontà di guarire»” nei percorsi di cura.
“Non penso certo che l’insorgenza di una malattia neoplastica possa essere riconducibile a fattori psichici (come accade ancora di leggere in qualche presuntuoso scritto di impostazione psicosomatica), né considero le neoplasie alla stregua di malattie incurabili e fatali. Temo però che alcuni degli argomenti usati da Sontag per de-psicologizzare la malattia, nella convinzione che questa possa essere guardata in modo puramente «oggettivo», possano rivelarsi dei boomerang. Con l’acqua sporca della spiegazione psicologica, Sontag getta via il bambino dell’implicazione psicologica della malattia, la necessità di comprenderla nel confronto con la mortalità e il limite, sciagurata occasione di conoscenza di sé e possibile paesaggio, e passaggio, trasformativo. All’appuntamento con la malattia non tutti arrivano tenuti per mano dalla razionalità dell’evidenza scientifica e dalla laicità di un pensiero non metaforico. Non si tratta, come direbbe Sontag, di separare materia e spirito, ma di capire che oltre alla malattia c’è il malato con la sua storia personale e sociale, le sue metafore e rappresentazioni. Ci sono Ivan Il’ič di Tolstoj e Nikolaj Stepanovič di Čechov, il cui incontro con la malattia diventa occasione di risveglio alla vita e metafora della condizione umana. Se non è dal malato che dipende l’esito della malattia (la famosa «volontà di guarire»), da lui possono dipendere il percorso, la narrazione e l’esperienza.“
Diagnosi e destino - Vittorio Lingiardi
“Non penso certo che l’insorgenza di una malattia neoplastica possa essere riconducibile a fattori psichici (come accade ancora di leggere in qualche presuntuoso scritto di impostazione psicosomatica), né considero le neoplasie alla stregua di malattie incurabili e fatali. Temo però che alcuni degli argomenti usati da Sontag per de-psicologizzare la malattia, nella convinzione che questa possa essere guardata in modo puramente «oggettivo», possano rivelarsi dei boomerang. Con l’acqua sporca della spiegazione psicologica, Sontag getta via il bambino dell’implicazione psicologica della malattia, la necessità di comprenderla nel confronto con la mortalità e il limite, sciagurata occasione di conoscenza di sé e possibile paesaggio, e passaggio, trasformativo. All’appuntamento con la malattia non tutti arrivano tenuti per mano dalla razionalità dell’evidenza scientifica e dalla laicità di un pensiero non metaforico. Non si tratta, come direbbe Sontag, di separare materia e spirito, ma di capire che oltre alla malattia c’è il malato con la sua storia personale e sociale, le sue metafore e rappresentazioni. Ci sono Ivan Il’ič di Tolstoj e Nikolaj Stepanovič di Čechov, il cui incontro con la malattia diventa occasione di risveglio alla vita e metafora della condizione umana. Se non è dal malato che dipende l’esito della malattia (la famosa «volontà di guarire»), da lui possono dipendere il percorso, la narrazione e l’esperienza.“
Diagnosi e destino - Vittorio Lingiardi
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