venerdì, agosto 09, 2013

Conteggi: corridoi

Più tardi due giovani ragazzi vennero a prelevarlo. Lo trasportarono con tutto il letto nell'adiacente reparto di radiologia. I giovani non gli sembrarono infermieri e presto si convinse che si trattava di obiettori di coscienza. Il che gli ispirò simpatia visto che anche lui aveva fatto la stessa scelta dieci anni prima. Tuttavia, durante il trasporto per i corridoi della clinica un'insolita sensazione cominciò a pervaderlo. Non poteva essere lui quello al cui passaggio i pazienti esterni dispensavano rapide occhiate dalle sale d'attesa. E proprio quei volti e quelle occhiate gli riportarono alla memoria la sua prima visita a un ospedale. Era bambino e lo avevano portato a trovare suo nonno. Una delle cose che gli rimasero più impresse erano proprio i pazienti trasportati per i corridoi con flebo al seguito e volti sfatti. E ora lui si ritrovava in quel ruolo che tanto lo aveva impressionato. Per un'istante gli sembrò quasi di osservarsi dall'esterno attraverso gli occhi di quel bambino. Era lui che da ogni angolo gli dispensava quelle occhiate. Era lui che guardava con occhi spaventati e compassionevoli quel cranio glabro, quel volto scheletrico e malinconico. Ma di bambini in quel reparto Fosco non ne vide. Vide solo pazienti, tecnici e medici di un paese straniero che parlavano una lingua a lui ostica. Sapeva bene che quei tecnici e quei medici stavano lavorando per aiutarlo, per salvargli la vita, ma in quel momento non poté fare comunque a meno di sentirsi terribilmente solo. Soprattutto quando, dopo la Tac, gli obiettori lo lasciarono parcheggiato per un po' in una stanza chiusa. Forse erano andati a prelevare qualche altro paziente ma quell'attesa, lì da solo, in quello spazio inospitale, lo gettò nello sconforto.
Fortunatamente quella sensazione passò presto dopo che fu tornato al reparto dove Sara lo stava aspettando. Canti, letture e scrittura, uniti all'idea della crescita dei globuli bianchi, lo rimisero un po' in sesto.

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