Nella puntata precedente abbiamo parlato dei progressi che Niccolò Copernico e Georg Joachim Rheticus apportarono alla trigonometria. In particolare, Rheticus, con l'Opus palatinum de triangulis, pubblicato dopo la sua morte, fece raggiungere alla trigonometria un livello di maturità molto avanzato.
Ma, tornando indietro di qualche anno e cambiando settore della matematica, possiamo osservare che in Italia cominciarono a svilupparsi nuovi rapporti tra la geometria e le arti figurative. È noto che i pittori medioevali, soprattutto fino al XIII sec., non riuscivano a rappresentare molto bene la dimensione della profondità spaziale. Ma, a partire dal XIV secolo, la Prospettiva cominciò a imporsi. Dapprima, con Giotto (1267 – 1337) e Ambrogio Lorenzetti (1290 – 1348) (Annunciazione - 1344), in modo piuttosto intuitivo, e in seguito, durante il Rinascimento, attraverso approcci più scientifici.
Il primo a ideare un metodo per rappresentare gli edifici in prospettiva fu l'architetto fiorentino Filippo Brunelleschi (1377 - 1446)1. A lui si deve l'invenzione della prospettiva a punto unico di fuga. Attraverso studi ed esperienze condotte con l'aiuto di strumenti ottici, Brunelleschi elaborò un procedimento per rappresentare gli edifici in prospettiva. Grazie a Leon Battista Alberti (1404 - 1472) sappiamo che due tavolette di Brunelleschi andate perdute raffiguravano il battistero visto dalla porta di Santa Maria del fiore, la piazza della Signoria e palazzo Vecchio. Alberti, inoltre, produsse la prima trattazione scritta sulla prospettiva a noi pervenuta: il De Pictura (1434-1436).
Tra le altre cose il trattato descrive un metodo ideato dallo stesso Alberti per rappresentare, nel piano del dipinto verticale, una serie di quadrati disposti nel piano del pavimento orizzontale.
Sia V il punto della veduta in cui è situato l'occhio, h la distanza dal pavimento e k la distanza dal piano del dipinto. L'intersezione del piano del pavimento con il piano del dipinto viene chiamato "la linea giacente", il piede C della perpendicolare tirata da V al piano del dipinto viene chiamato "centro della visione" o punto di fuga principale, la linea passante per C e parallela alla line giacente è nota come "linea di fuga", e i punti situati su questa linea alla distanza k da C sono chiamati "punti di distanza". Se prendiamo dei punti equidistanti tra loro lungo la linea giacente, e se tracciamo delle linee che uniscano questi punti con C, allora la proiezione di queste linee sul piano del pavimento formerà un insieme di linee parallele ed equidistanti. Se da V tracciamo linee di connessione con tali punti, in modo da formare un altro insieme di linee che intersecano il piano del dipinto in altri punti, e se per questi ultimi punti tracciamo delle parallele alla linea giacente, allora l'insieme di trapezi nel piano del dipinto corrisponderà a un insieme di quadrati nel piano del pavimento.
Un ulteriore progresso nello sviluppo della prospettiva venne effettuato da Piero della Francesca (1416/1417 circa - 1492) nel suo secondo trattato De prospectiva pingendi. Piero della Francesca affrontò un problema più complesso rispetto a quello affrontato dall'Alberti. E cioè quello di dipingere nel piano del dipinto oggetti tridimensionali così come essi vengono visti da un dato punto di veduta. Il suo primo trattato, Trattato d'abaco, scritto trent'anni prima, era invece dedicato alla matematica applicata al calcolo commerciale. E il suo terzo e ultimo trattato, Libellus de quinque corporibus regularibus, è dedicato alla geometria e riprende temi antichi di tradizione platonico-pitagorica, come, ad esempio, il riferimento alla "divina proporzione" secondo la quale si intersecano le diagonali di un pentagono regolare. Nel trattato Piero della Francesca trova inoltre il volume comune a due cilindri circolari uguali i cui assi si intersecano ad angoli retti. E arriva a questo risultato senza conoscere il lavoro di Archimede Della sfera e del cilindro, ancora da riscoprire a quei tempi. Quindi, il Piero della Francesca che si studia solitamente nella storia dell'arte può essere considerato a tutti gli effetti anche un matematico.
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Sia V il punto della veduta in cui è situato l'occhio, h la distanza dal pavimento e k la distanza dal piano del dipinto. L'intersezione del piano del pavimento con il piano del dipinto viene chiamato "la linea giacente", il piede C della perpendicolare tirata da V al piano del dipinto viene chiamato "centro della visione" o punto di fuga principale, la linea passante per C e parallela alla line giacente è nota come "linea di fuga", e i punti situati su questa linea alla distanza k da C sono chiamati "punti di distanza". Se prendiamo dei punti equidistanti tra loro lungo la linea giacente, e se tracciamo delle linee che uniscano questi punti con C, allora la proiezione di queste linee sul piano del pavimento formerà un insieme di linee parallele ed equidistanti. Se da V tracciamo linee di connessione con tali punti, in modo da formare un altro insieme di linee che intersecano il piano del dipinto in altri punti, e se per questi ultimi punti tracciamo delle parallele alla linea giacente, allora l'insieme di trapezi nel piano del dipinto corrisponderà a un insieme di quadrati nel piano del pavimento.
Nella prossima puntata parleremo dei progressi della geometria dopo la riscoperta di alcuni degli antichi trattati geometrici che avvenne intorno alla metà del XVI secolo e dell'introduzione di nuovi simboli.
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