sabato, marzo 02, 2019

Giapponese per principianti: introduzione

Ebbene sì. Zucchero e io ci siamo ardimentosamente imbarcati nel putiferio cognitivo di un corso di Giapponese.
Qualcuno si chiederà: ma è veramente così difficile come ci si aspetterebbe?

La risposta breve è sì!
Soprattutto se tenuto in tedesco da un'insegnante giapponese che parla la lingua di Gohete con ritmi, strutture e accenti da Sol Levante.

La difficoltà principale è il sistema di scrittura: uno dei più complicati tra i sistemi di  esistenti. Mentre la "grammatica", da quello che abbiamo visto finora, pare abbastanza semplice: non ci sono articoli e non esiste il plurale né i generi né la coniugazione. E anche la pronuncia non sembra difficile: forte prevalenza di alternanza consonante-vocale e assenza di alcune delle nostre consonanti. (Sebbene... Le pronunce giapponesi più difficili) Di contro, ci sono altre complicazioni quali i molti livelli di cortesia (Suffissi onorifici giapponesi, Linguaggio onorifico giapponese).

Come avevo già scritto dopo la prima introduzione al sistema di scrittua fornitami da un collega nel lontano 2012, il sistema è composto da logogrammi cinesi, il cosiddettò Kanji, di per sé già molto complicato; ma i giapponesi, non soddisfatti, lo hanno complicato ancora di più introducendo altri due tipi di caratteri (che tecnicamente sono dei sillabari, in quanto a ogni simbolo corrisponde una sillaba): l'hiragana e il katakana. E, non solo nella stessa frase, ma persino nella stessa parola, si trova molto spesso un miscuglio di kanji e hiragana.





Esempi di kanji
Ecco come Wikipedia descrive il sistema di scrittura giapponese.
I kanji, di origine cinese, sono 2997 (quelli più comuni sono noti come jōyō e jinmeiyō kanji) e vengono utilizzati soprattutto per sostantivi, verbi, aggettivi e nomi propri di persona; i due sillabari (kana) contengono ciascuno 46 caratteri di base (71 compresi i segni diacritici), ognuno dei quali corrisponde ad un suono nella lingua giapponese, vengono utilizzati nella flessione linguistica dei verbi e degli aggettivi e nelle particelle grammaticali. Quasi tutte le frasi giapponesi contengono sia kanji che hiragana, mentre più raramente viene utilizzato il katakana. Quest'ultimo viene utilizzato per la traslitterazione delle parole e dei nomi stranieri, per la trascrizione di nomi scientifici di animali e piante e per i versi degli animali. A causa di questa miscela di caratteri, oltre a un grande inventario di caratteri kanji, il sistema di scrittura giapponese è spesso considerato come uno dei più complicati in uso in tutto il mondo.

Insomma imparare a leggere il giapponese è una vera e propria impresa titanica. Non penso che ci riuscirò mai. A dire il vero, all'inizio pensavo che non sarei stato in grado neppure di memorizzare il sillabario hiragana ma adesso mi sto avvicinando a quell'obiettivo. Forse potrò arrivare ad aggiungerci il katakana ma credo che non riuscirò mai a memorizzare una quantità sufficiente di logogrammi kanji tali da potermi orientare nella lettura delle insegne di un possibile futuro viaggio in Giappone.

Concludo con uno dei pochi kanji che sono riuscito a memorizzare finora:

Kanji    Hiragana   Traslitterazione Significato
日本 にほん Nihon1 Giappone
日本語 にほんご Nihongo Lingua giapponese

E con il mio nome scritto rigorosamente in katakana2.

Katakana   Traslitterazione Significato
フ ラ ビオ Fu ra3 bi o Flavio

フ  ラ  ビ オ
Fu  ra   bi  o


...continua...


Note

1 I nomi del Giappone variano a seconda della lingua utilizzata: i nomi giapponesi propri sono Nippon e Nihon, originati dalla lettura giapponese del nome cinese del Giappone 日本国 Rìběnguó ("il Paese dell'origine del Sole").
Il nome "Giappone", insieme con le omologhe forme nelle altre lingue occidentali, viene dalla corruzione Zipangu di questo medesimo nome, introdotta in Europa da Marco Polo.

2 Non riesco a capacitarmi del fatto che abbiano ideato un sistema di scrittura per mantenere le parole straniere (non derivanti dal cinese, che per loro rappresenta la lingua culturale di riferimento come per noi il greco) separate da quelle autoctone.

3 La pronuncia delle parole straniere in giapponese viene adattata (come parzialmente pure da noi) al proprio sistema fonetico, che, fortunatamente, è un sistema semplice con forte prevalenza di alternanza consonante-vocale e con l’assenza di alcune delle nostre consonanti. La cosa molto interessante, che da noi non avviene, è che le parole straniere vengono anche scritte così come le pronunciano.  Ad esempio, nel mio nome la "vio" diventa "bio", perché loro non hanno la nostra "v" che, in modo simile allo spagnolo, diventa "b". Inoltre la successione di "f"ed "l" è una combinazione consonantica assente nella lingua giapponese; per cui “fla” diventa “fura”. Un'altra particolarità è che non hanno  i nostri suoni di "r" e "l" ma un suono che si trova a metà strada.
Nel 2012 scrivevo:
"Avete presente lo stereotipo linguistico dell'orientale che trasforma tutte le "r" in "l"? Be' è parzialmente vero. In quanto molte volte le "r" diventano "l" ma molte altre volte succede il contrario: cioè le "l" diventano "r". Quindi, ad esempio, "Italy" si tramuta in "Itry". Diciamo che quando non capisco qualche parola mi devo fare sempre una conversione mentale con tutte le possibili permutazioni di "r" ed "l" presenti nella parola."

In realtà adesso mi sono reso conto che è una questione di nostra percezione e la causa è che loro hanno un suono che 

Da Le pronunce giapponesi più difficili

La pronuncia della R
E siamo al primo grande ostacolo, la fantomatica R. È davvero così tragica? Sì purtroppo. Non a caso c’è uno sketch del gruppo comico ラーメンズ Ramens che ci prende in giro proprio sulla pronuncia della R, troppo “forte”… (noi prendiamo in giro loro e loro noi, in un circolo vizioso di idiozia).
Si parte con uno studente di una scuola di giapponese (?) in attesa dell’insegnante… che è anche lui italiano e lo si vede dai modi, dagli abiti, dalla pettinatura… e dal pelo di fuori. Dopo l’appello, in “perfetto italiano”, si parte con un po’ di “ascolta e ripeti”, titolo: “Le meravigliose province giapponesi”. Da qui in poi ci sono solo nomi di province (dovrei dire prefetture) e la sottolineatura dei nostri vari errori. Tra questi spicca la R di IbaRRRRaki.

Per pronunciare la nostra R portiamo la lingua a toccare le gengive dei denti incisivi superiori, poi soffiamo fuori l’aria lasciando la lingua relativamente sciolta, così che per un particolare fenomeno di pressione dell’aria, la lingua si ritrova a vibrare al passaggio dell’aria. E vibra parecchio. Ecco perché fa ridere il nostro IbaRRRRaki.

La R giapponese invece è detta monovibrante, perché, va da sé, la lingua deve vibrare una volta sola nel pronunciarla. Più che di vibrazione, in realtà, si tratta di un piccolo scatto che la lingua fa tra il palato e le gengive dei denti davanti (ricordate la posizione della lingua nella nostra R), quasi accarezzando il palato (in modo a volte fastidioso).

Provate a dire una R, o meglio ancora, esercitatevi con la parola お風呂/おふろ ofuro (bagno). Nel farlo invece di pronunciare la R all’italiano provate a far fare lo scatto in questione alla lingua (provate in una direzione o nell’altra, come vi viene meglio… a me dà fastidio il movimento in avanti e preferisco “mangiarmi” la R muovendo la lingua all’indietro).

Il risultato sarà una cosa a metà tra R e L (specie se muovete la lingua in avanti dal palato ai denti) e sicuramente una buona approssimazione della R giapponese. Per la verità a volte al nostro orecchio suonerà a metà strada tra R, L e D (in particolare se preceduta da N), come avviene in parole come enryo, benri… Per ora ascoltiamo alcuni esempi, ma non danniamoci l’anima.

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