Primo di quattro fratelli. In famiglia si lavorava la terra e si allevavano vacche. Partito soldato nel '37, non tornò più a casa fino al '47.
Aveva scritto un diario, ma poi aveva dovuto disfarsene perché gli avevano detto che se lo avessero trovato quelli della legione straniera, di cui era prigioniero, lo avrebbero fucilato. L'anno prima della sua morte aveva cominciato a riscriverlo, ma poi, indebolito dalla malattia, si era arreso.
Combatté in Albania, in Grecia, e in Nord Africa. Raccontava spesso l'episodio in cui per primo si lanciò alla conquista di una ponte in Grecia. Episodio che gli valse una medaglia d'argento che conservava gelosamente in una cornice insieme al foglio di assegnazione firmato da Mussolini. Fu catturato dalla legione straniera in Nord Africa nel '43. Raccontava sempre che quando i legionari li catturarono fecero scavare loro una lunga fossa, ordinarono ai "traditori" nordafricani che combattevano insieme agli italiani di allinearsi lungo il bordo della fossa e li fucilarono. Il compagno toscano di mio nonno a quel punto gli domandò: e a noi che ci faranno; e mio nonno rispose: vedi lì? c'è rimasto un pezzo di fossa inutilizzato... Al che il toscano si infuriò: Peppino, tu prendi sempre tutto in burletta! Chissà, forse un po' di quella capacità di scherzare anche su cose molto serie l'ho ereditata da lui.
Successivamente fu dato in custodia agli americani, che lo imbarcarono a Casablanca in un viaggio di diverse settimane alla volta di Nuova York. Lavorò come prigioniero in una tenuta che non ricordo più bene dove si trovasse. Forse in Nebraska.
Fu lì che imparò un po' di inglese. Dice che la mattina venivano svegliati al suono del ritornello: "camon, camon, camon; lescó, lescó, lescó; gedà, gedà, gedà". Anche in questio caso capii in seguito che si trattava di "come on, let's go, get up".
Ci raccontava che si fidanzò con un'americana, Mary, che poi venne nel '47, quando mio nonno era già tornato al paese e si era fidanzato con mia nonna, a cercare di convincerlo a tornare con lei in America.
Purtroppo due dei fratelli di mio nonno non tornarono. Zio Nando, morto nella battaglia di Tobruck, che lasciava una moglie e una figlia; e zio Rutilio morto in un campo di concentramento tedesco.
Nonna Elvira
Prima di due sorelle. Durante la guerra non era ancora fidanzata con mio nonno. Racconta che nel '44 andò più di una volta al muretto delle suore, insieme alla sorella minore, a vedere gli aerei alleati che si scorgevano in lontananza sulla Salaria e che a volte bombardavano. Un giorno, il 14 aprile, quegli aerei non si limitarono a bombardare la Salaria, ma - si narra in seguito ad una soffiata - salirono verso il mio paese per bombardare un deposito di carburante delle truppe tedesche. Mia nonna e mia zia quel giorno fortunatamente non si trovavano sul muretto, ma altre persone erano lì: ci furono diverse decine di vittime civili.

Una volta, mentre mio nonno ci raccontava per l'ennesima volta la storia della fidanzata americana che venne in Italia nel '47 a cercare di convincerlo a tornare con lei, mia nonna disse che fu soprattutto il mio bisnonno a convincere mio nonno a restare, e poi chiosò dicendo: tu per dar retta a tuo padre hai perso tante occasioni nella vita. Ma come!? Dicevo io. Invece di ringraziare il bisnonno o di arrabbiarti con mio nonno!?