giovedì, luglio 10, 2008

Bilinguismo italico - 1: introduzione

Questo è il primo post di una piccola serie.

Io mi considero un po' bilingue. L'altra lingua oltre l'italiano non è però né l'inglese tanto meno il tedesco è un dialetto. Individuabile nell'albero delle lingue nel seguente ramo:

Indoeuropee
Italiche
Romanze
Italo-orientali
Mediano
Sabino

In famiglia i miei parlavano il dialetto tra di loro, ma con me non lo parlavano. Si comunicava in una sorta di romano italianizzato e con forti contaminazioni sabine. Quando frequentavo l'asilo - stranamente i miei tre neuroni custodiscono molte memorie di quel periodo - tutti i miei coetanei si esprimevano invece in dialetto e mi facevano sentire un diverso: un "romano". Arrivato quindi alla prima elementare cominciai a parlare in dialetto anch'io con i miei compagni, ma non in famiglia. Questo mi creò non poche difficoltà di espressione quando mi trovavo in ambienti misti.

Negli anni successivi il mio interesse verso il dialetto che parlavo è andato crescendo. Ho cominciato ad interrogarmi sul suo uso e a sviscerarne le particolarità. Qualche anno fa, durante una delle mie letture frittatesche, scoprii che i dialetti italiani sono classificati in Italo-orientali ed Italo-occidentali. La linee di demarcazione sarebbe approssimativamente l'appennino tosco-emiliano.
Il toscano apparterrebbe quindi ai dialetti Italo-orientali. Per questo mi viene un po' da ridere quando qualcuno mi dice che l'italiano corretto è quello parlato a Milano: basti pensare alla pronuncia delle vocali nella lingua meneghina e alla quasi assenza del passato remoto dalla stessa.

19 commenti:

fabio r. ha detto...

bene bene.. avanti così ora! esempi e fraseologia minima saranno graditi.
dai un'ochiata al link del mio post sul dialetto. c'è un vero e proprio vocabolario, guarda un po' se qualcosa ti è noto?

ciao

Anonimo ha detto...

Ciao, che bel post! aspetto gli altri... intanto ricordo con gusto e nostalgia quando imitavi alcuni amici della tua comitiva...mi facevi morire dal ridere!
bacione

dioniso ha detto...

fabio r. ci proverò.
Come ti dicevo ci sono molte similitudini, ma mi aspettavo ce ne fossero di più.

Dovre farlo pure io un bel vocabolarietto;-)

Eva Kant grazie!
Alternerò racconti delle Dolomiti e elucubrazioni dul dialetto.

Purtroppo le imitazioni a cui ti riferisci non credo siano pubblicabil. Troppo scurrili... bè non tutte però. Magari potrei fare un bel video e pubblicarlo ;-)

Anonimo ha detto...

cumpà sete proprio murte.
Parlate io sto sitto

Anonimo ha detto...

parlate vui, io sto sitto.

:-)

dioniso ha detto...

Grande ubik!
Purtroppo sono battute che hanno bisogno di un preambolo e poi di una certa mimica e di una particolare pronuncia e musicalità quando le si recita.
Come dicevo a Eva... al limite con un video...
Scrivere le frasi fa ridere solo chi conosce già l'interpretazione in quanto evoca suoni e immagini.
Comunque per amore di documentazione riporto le frasi in modo corretto:

"certu che vui sete própriu mórti!"
Da pronunciare con espressione contrita, tono monotono, scuotendo la testa ed estremità della bocca orientate verso il basso.

"vabbè, parlate vui allora! io me sto zittu!"
Da pronunciare rapidamente, con brio, accelerando e poi ritardando, in una tonalità tendente all'acuto che prima sale e poi scende e chiosando le parole con movimenti delle mani e della parte superiore del corpo.
La pronunica della "z" di "zittu" è una via di mezzo tra la pronunica della "s" di "sale" e quella della "z" di "pizza".

Anonimo ha detto...

e vabbe'. Ma era l'unica espressione del vostro fantastico dialetto che mi veniva in mente. Poi se ci ripenso rido a crepapelle.
Mo' sto zitto, pero'.

dioniso ha detto...

E perché dovresti stare zitto?!
Mica ti volevo riprendere!
Mi fa molto piacere che tu ricordi tali interpretazioni :-)
E soprattutto che ti facciano ridere.

Anonimo ha detto...

Come sono andati i concerti?

Anonimo ha detto...

Ecco, invece a me il dialetto è proprio mancato. E spesso me ne sono dispiaciuta. Sono nata a Roma, ma mia mamma è siciliana -della provincia di Ragusa, e mio padre era napoletano. Dai parenti più anziani io sentivo parlare i due dialetti -il romanesco vero, quello di Trilussa, non lo sentivo parlare mai-, capivo tutto, ma parlavo solo l'italiano. Beh, questa mancanza di radice idiomatica mi è spesso spiaciuta...

dioniso ha detto...

Mi sono appena accorto di un imperdonabile errore. La frase non è: "vabbè, parlate vui allora! io me sto zittu!", ma:
"vabbè, parlete vui allora! io me sto zittu!"

ziomassimo, i concerti sono andati bene. Temevo per quello all'aperto di Neckarelz, ma alla fine il tempo ci ha graziato.
Visto che la Settima di Beethoven ha un organico senza tromboni, mi sono goduto ben due ascolti tra il pubblico. Nel secondo ascolto ho notato particolarità che non avevo individuato nel primo. Un aspetto dell'ascolto dal vivo, oltre alla ovvia ineguagliabilità della percezione acustica, è anche la percezione visiva.
Ad esempio sono riuscito a osservare e godermi come l'alternanza tematica del secondo movimento abbia anche un aspetto visivo. In particolare il fugato centrale, che passa dai violoncelli, alle viole, ai violini secondi e poi a primi, fino ai fiati in un crescendo strumentale, per tornare quindi indietro.
Qui ho trovato un'interessante analisi formale del movimento.

Eli, per me il dialetto è stato importante, ma mi ha anche causato qualche problema in più nell'apprendimento dell'espressione nell'italiano corretto.
C'è anche chi sostiene che i dialetti siano un fattore negativo in quanto correlati agli atteggiamenti campanilistici.
Sinceramente non credo che il collegamento sia automatico: dipende da come li si vive.

Saluti

Anonimo ha detto...

A dire il vero, io mi ero accorto dell'inesattezza, ma non mi sono permesso di riprenderti;-) Quel dialetto lo comprendo abbastanza bene, da meticcio quale sono.

Interessante la tua analisi sulla visualità delle esecuzioni musicali e congratulazioni per il buon esito dei concerti.

Anonimo ha detto...

A proposito di dialetto, se si chiama il numero della segreteria telefonica del Comune di Como(031.2521) selezionando il tasto 2, c'è la possibilità di avere info. in dialetto (chi può, provi per credere)!
Che ne pensate? Dove finisce la valorizzazione delle proprie radici e comincia invece una certa chiusura culturale?

dioniso ha detto...

Difficile dirlo. Si può però facilmente sconfinare.
Anni fa ad esempio mi capitò un tizio su un forum linguistico che sosteneva, opponendosi ad ogni analisi ed osservazione razionale, che il suo dialetto (non ricordo se veneto o friulano, che è in realtà considerata una lingua vera e propria) non avesse nulla a che fare con il latino, ma secondo la sua tesi bislacca, ovviamente "boicottata dalla liguistica ufficiale", ma derivasse dalle lingue celtiche preromane.

Anonimo ha detto...

tutta da ridere. Il mondo e' pieno di pazzi e bislacchi.
Per quanto mi riguarda sento molta nostalgia per il dialetto salentino perso in giovanissima eta' per le fregole dei miei che non volevano che parlassi dialetto, ma italiano. E' finita che parlo romano!!! Ahime'. All'epoca era considerato un segno di arretratezza, credo sia invece una ricchezza. Invidio molto i miei parenti pugliesi e li adoro ascoltare. I miei tra di loro ancora lo parlano. Comunque e in genere adoro tutti i dialetti, ho imparato ad apprezzare quello sassarese e quello cagliaritano sotto il militare. Il curioso accento ligure dell'isola di Carloforte. Adoro il genovese e il veneto (Ascolterei Paolini e Zanzotto per giorni interi). Ho imparato a divertirmi con quello abbruzzese per parentele acquisite (EvaK docet) che somiglia molto a quello della Sabina. Un mio camico frrate ha la parlata ciociara e viterbese incantevole. Qui in Toscana non ho perso l'accento romano che anzi si e' ripulito dalle inflessoni civitavecchiesi e si e' radicato ancor di piu'. non riesco proprio a parlare fiorentino, pero' so apprezzare le diverse tonalita' e inflessioni livornesi (pochino piu' volgare, ma molto gustoso se popolaresco: tipo Ovosodo), quello pisano (sialbo) e il grossetano bestemmiatore e campagnolo.
Il napoletano invece, non so perche' non mi piace tanto tranne che in bocca a Toto', De Filippo e Troisi. Il siciliano pure mi piace ed e' molto ricco di modi di dire e d e' cosi' stretto senza perdere quella musicalita'. Vabbe' adoro la varieta' italiana. Non volgio dimenticare il calabrese che lo parla il mio amico appena sposato ed e' divertentissimo e bello: quasi tutto aspirato, difficile da riprodurre. Una volta vidi Finale di Partita di Beckett fatto da una compagnia in dialetto calabrese. Che dire? Bellissimo. Forse il milanese lo escluderei volentieri: troppo inquinato dagli yuppies di ottantiana memoria.
Finiu

Marlene ha detto...

questo post è un buon inizio. se li trovo recupero i miei appunti quando torno a casa e ti aiuto nella ricerca. gran parte delle mie cose sono ancora da mamma e papà.

dioniso ha detto...

ubik, recentemente ho imparato un po' ad imitare l'aspirazione nasale calabrese, ma confermo che è molto difficile. L'avranno studiata e classificata i glottologi?
Il napoletano invece a me piace, ma anche il genovese e il veneto. A volte mi metto a canticchiare delle canzoni napoletane
(che adoro (la mia preferita è maruzzella

Stu core me faje sbattere
cchiù forte 'e ll'onna
quanno 'o cíelo è scuro))

e Zucchero mi prende quasi sempre in giro per la mia pronuncia del napoletano: non riesco a riprodurre il suono della vocale pronunciata a fine parola.

Marlene, benvenuta sul blogghetto! Grazie per l'offerta di aiuto. Fammi sapere gli esiti del recupero.

Saluti

Anonimo ha detto...

Primma me dice "sí",
po', doce doce, mme faje murí...
Maruzzella, Maruzzé'...

Ho giustappunto scoperto la versione napoletana di Wikipedia:

http://nap.wikipedia.org/wiki/Paggena_prencepale

dioniso ha detto...

...quei versi sono pura poesia...