Stamane la corsa antelucana non è andata così bene come ieri. I muscoli erano un po' indolenziti e il ginocchio sinistro mi dava un po' di fastidio. Probabilmente a causa dell'inusuale sforzo di ieri.
In compenso ho appreso che la tv giapponese trasmette una qualche trasmissione condotta dal nostro amatissimo erede dimezzato al trono inesistente: Emanuele Filiberto. Non ho ben capito di quale trasmissione si trattasse, ma come potrete immaginare il mio cuore si è riempito di gioia nel constatare come solo il meglio del nostro paese raggiunga anche l'altra faccia del globo.
Poi ho appreso che la moglie del nuovo collega edochiano ha studiato l'italiano e che prima
della partenza del marito per le Americhe ha stilato una serie di raccomandazioni per lui. Tra le quali: Mi raccomando! Non salutarlo con il "ciao"! Lui è il tuo capo, non puoi dirgli "ciao"! E forse altre raccomandazioni che non mi ha raccontato.
Ho anche appreso che la coppia nipponica ha trascorso il viaggio di nozze in Italia. Sono rimasti talmente colpiti che hanno deciso di chiamare la figlia, probabilmente concepita durante quel viaggio, con il nome di una città toscana. Al che ho fatto sfoggio della mia comprensione del sistema di scrittura giapponese osservando:
- Ma allora per scrivere il suo nome avete dovuto usare il sistema di scrittura Katakana, visto che la parola è straniera! Quindi tua figlia non ha un pittogramma tradizionale Kanji per il suo nome.
- No - mi ha risposto lui. - In Giappone è usanza che i nomi dei figli ereditino un pittogramma dal nome del padre e un pittogramma dal nome della madre. E noi nei nostri nomi avevamo i due pittogrammi che ci servivano per esprimere il nome di quella città. Quindi anche lei ha i suoi due bei pittogrammi.
Questa storia mi è piaciuta molto. Una storia che invece stento ancora a comprendere è quella in cui il collega edochiano ha ordinato il "peperoncino" (sembra che lo chiamino con il nome italiano anche in Giappone, quindi con quale sistema di scrittura lo scriveranno?) in un ristorante romano e i camerieri gli hanno chiesto se voleva il "peperoncino bianco" o quello rosso. Avete mai sentito parlare del "peperoncino bianco"?
In compenso ho appreso che la tv giapponese trasmette una qualche trasmissione condotta dal nostro amatissimo erede dimezzato al trono inesistente: Emanuele Filiberto. Non ho ben capito di quale trasmissione si trattasse, ma come potrete immaginare il mio cuore si è riempito di gioia nel constatare come solo il meglio del nostro paese raggiunga anche l'altra faccia del globo.
Poi ho appreso che la moglie del nuovo collega edochiano ha studiato l'italiano e che prima
della partenza del marito per le Americhe ha stilato una serie di raccomandazioni per lui. Tra le quali: Mi raccomando! Non salutarlo con il "ciao"! Lui è il tuo capo, non puoi dirgli "ciao"! E forse altre raccomandazioni che non mi ha raccontato.
Ho anche appreso che la coppia nipponica ha trascorso il viaggio di nozze in Italia. Sono rimasti talmente colpiti che hanno deciso di chiamare la figlia, probabilmente concepita durante quel viaggio, con il nome di una città toscana. Al che ho fatto sfoggio della mia comprensione del sistema di scrittura giapponese osservando:
- Ma allora per scrivere il suo nome avete dovuto usare il sistema di scrittura Katakana, visto che la parola è straniera! Quindi tua figlia non ha un pittogramma tradizionale Kanji per il suo nome.
- No - mi ha risposto lui. - In Giappone è usanza che i nomi dei figli ereditino un pittogramma dal nome del padre e un pittogramma dal nome della madre. E noi nei nostri nomi avevamo i due pittogrammi che ci servivano per esprimere il nome di quella città. Quindi anche lei ha i suoi due bei pittogrammi.
Questa storia mi è piaciuta molto. Una storia che invece stento ancora a comprendere è quella in cui il collega edochiano ha ordinato il "peperoncino" (sembra che lo chiamino con il nome italiano anche in Giappone, quindi con quale sistema di scrittura lo scriveranno?) in un ristorante romano e i camerieri gli hanno chiesto se voleva il "peperoncino bianco" o quello rosso. Avete mai sentito parlare del "peperoncino bianco"?
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