Ieri sera mi sono intrattenuto di nuovo con il nuovo collega edochiano. Tra le altre cose gli ho detto che attraverso brevi ricerche su Tokyo e il Giappone ho appreso anche un nuovo vocabolo italiano che non avevo mai sentito prima. E cioè proprio il termine "edochiano". Lui mi ha confermato subito quello che dice anche la Treccani: Edo era l'antico nome di Tokyo.
Tra una chiacchiera e l'altra ci siamo incamminati per recarci al vicino centro abitato per la cena. In realtà, chiamarlo centro abitato non è molto corretto. Soprattutto se il lettore non ha mai visitato una moderna città USA. Questi centri abitati sono infatti cellule urbane composte di ristoranti, distributori, qualche negozio ed, eccezionalmente in questo caso, anche da una palazzina con appartamenti. Dico eccezionalmente perché qui la maggior parte delle abitazioni sono case con giardini disposte in un altro tipo di cellule urbane composte esclusivamente da case con giardini. Tutte queste cellule urbane sono delle isole circondate dalle famose ragnatele di superstrade a 5-6 corsie ed immerse in un territorio molto boscoso. Il tutto messo insieme costituisce la città. Per chi volesse farsi un'idea sulla ecco un esempio.
Ad ogni modo, la grande sorpresa e novità è stata la presenza di qualche sporadico semaforo pedonale. Un enorme passo avanti! Ora non si rischia più di essere investiti percorrendo quei dieci minuti di cammino che separano la struttura alberghiera dalla zona ristoranti. Cominciassero a capire che per spostarsi non è sempre necessaria l'auto? A dire il vero comunque devo anche spezzare una lancia a favore dello stile di guida locale. Lo ammiro molto. Sono molto gentili quando guidano: se uno ha sbagliato corsia e vuole rientrare, loro frenano e lo lasciano rientrare; se uno fa un errore gli sorridono. Insomma applicano gli stessi principi che uno applicherebbe se sta camminando. Ed è quello che cerco di fare anch'io da un po' di anni. Non capisco perché quando uno si trova alla guida si debba disumanizzare.
Ma comunque, tornando alla conversazione di ieri, una volta raggiunta la cellula urbana dei ristoranti abbiamo deciso di scegliere uno dei migliori e forse anche il più caro. Che è poi di proprietà della moglie del nostro megacapo galattico.
Entrati nel ristorante ci siamo accorti con una certa sorpresa che il luogo era ben attrezzato per sushi e sashimi. A quel punto, visto il mio interesse, la scelta è stata quasi obbligata e ci siamo orientati sul piatto grande di sashimi.
- Ma allora - ho detto - la cena deve essere totalmente giapponese. E se voi pasteggiate con il saké, vada per il saké. Solo che io pensavo si trattasse di un superalcolico e sono rimasto molto sorpreso quando il mio collega ne ha ordinata una bottiglia da 0,75. E invece andando a leggere ho visto che aveva solo 16°. Poco più di un vino rosso quindi. Quando poi il collega mi ha spiegato che i saké vengono classificati su una scala con gradazioni dal dolce al secco e che loro scelgono gradazioni diverse a seconda del cibo ho capito che l'attenzione e l'importanza che la loro cultura attribuisce al cibo è paragonabile a quella della nostra cultura. Il che mi ha reso quella cultura ancora più interessante.
Dopo l'arrivo del saké è arrivato questo legume simile a una fava ma che fava non era e il cui sapore non le somigliava neppure. Dice che loro lo usano così, per intervallare il pasto. E penso che avrà riso molto dentro di se quando io ho infilato in bocca tutto il baccello ed ho poi passato un paio di minuti a sputare i resti.
Poi c'è stata la lezione sul sashimi. Che non si mangia così com'è ma ha un suo rituale che prevede il versamento della salsa di soia nel piattino, il distaccamento di un grumetto di wasabi con le bacchette1, il suo posizionamento sul bordo del piattino, il posizionamento del pezzo di pesce nel piattino2, il posizionamento di un mini grumetto di wasabi3 sul pesce e infine la sospirata introduzione del boccone nel cavo orale.
Oltre all'uso appropriato del wasabi il collega mi ha detto che le fettine di zenzero vengono usate quando si passa da una qualità di pesce ad un'altra come a voler far ripartire le papille gustative: un po' come il nostro sorbetto tra pesce e carne. Poi abbiamo parlato di buddismo, di geishe, di zen e della cerimonia del tè di cui sua moglie è una cultrice.
- Ma allora - ho detto - la cena deve essere totalmente giapponese. E se voi pasteggiate con il saké, vada per il saké. Solo che io pensavo si trattasse di un superalcolico e sono rimasto molto sorpreso quando il mio collega ne ha ordinata una bottiglia da 0,75. E invece andando a leggere ho visto che aveva solo 16°. Poco più di un vino rosso quindi. Quando poi il collega mi ha spiegato che i saké vengono classificati su una scala con gradazioni dal dolce al secco e che loro scelgono gradazioni diverse a seconda del cibo ho capito che l'attenzione e l'importanza che la loro cultura attribuisce al cibo è paragonabile a quella della nostra cultura. Il che mi ha reso quella cultura ancora più interessante.
Dopo l'arrivo del saké è arrivato questo legume simile a una fava ma che fava non era e il cui sapore non le somigliava neppure. Dice che loro lo usano così, per intervallare il pasto. E penso che avrà riso molto dentro di se quando io ho infilato in bocca tutto il baccello ed ho poi passato un paio di minuti a sputare i resti.
Poi c'è stata la lezione sul sashimi. Che non si mangia così com'è ma ha un suo rituale che prevede il versamento della salsa di soia nel piattino, il distaccamento di un grumetto di wasabi con le bacchette1, il suo posizionamento sul bordo del piattino, il posizionamento del pezzo di pesce nel piattino2, il posizionamento di un mini grumetto di wasabi3 sul pesce e infine la sospirata introduzione del boccone nel cavo orale.
Oltre all'uso appropriato del wasabi il collega mi ha detto che le fettine di zenzero vengono usate quando si passa da una qualità di pesce ad un'altra come a voler far ripartire le papille gustative: un po' come il nostro sorbetto tra pesce e carne. Poi abbiamo parlato di buddismo, di geishe, di zen e della cerimonia del tè di cui sua moglie è una cultrice.
Poi mi ha raccontato aneddoti sulla visita a Tokyo del megacapo galattico. Dovete sapere che qui hanno l'ossessione per l'aria condizionata. Vi dico solo che appena entrato nella mia camera d'albergo ho dovuto accendere i riscaldamenti. C'erano 18° quando fuori stavamo a 28°. Insomma questa visita a Tokyo del megacapo galattico è avvenuta poco dopo l'incidente di Fukushima4, quando il governo aveva dato indicazioni per risparmiare energia. Con 28° i condizionatori erano quindi spenti e pare che egli si sia lamentato e in particolare per il fatto che con quel caldo servissero caffè e non coca-cola.
Invece oggi per pranzo, insieme alla mia capa, siamo capitati, un po' per caso e mio malgrado, in un ristorante pseudo-italiano. Come musica c'erano canzoni italiane a ripetizione e le ricette erano ovviamente anch'esse pseudo-italiane ma con la pretenziosità di apparire genuinamente italiane. Ecco, forse è questa la differenza tra i ristoranti italiani in Germania e quelli negli USA: entrambi sono pseudo, ma quelli in Germania sono quasi sempre gestiti da italiani e non seguono quella falsa ritualità e pretenziosità. Ad ogni modo la sorpresa più grande l'ho avuta quando sono andato in bagno. Ho trovato una porta con su scritto "donne" e l'altra con su scritto "signore". Purtroppo non avevo il telefono con me e quindi non sono riuscito a fotografare l'irripetibile scena. Se voi foste stati nei miei panni quale porta avreste scelto?
1 Ma io dopo vari tentativi inutili ho usato la forchetta
2 Se si usano le bacchette tutto risulta più elegante ed efficace.
3 Attenzione alla quantità altrimenti anche di lacrime ne verserete una quantità discreta
4 Non si dice né Fukùshima e né Fukushìma. In giapponese non esistono glii accenti
1 Ma io dopo vari tentativi inutili ho usato la forchetta
2 Se si usano le bacchette tutto risulta più elegante ed efficace.
3 Attenzione alla quantità altrimenti anche di lacrime ne verserete una quantità discreta
4 Non si dice né Fukùshima e né Fukushìma. In giapponese non esistono glii accenti
12 commenti:
è proprio vero che la cucina è cultura, io lo dico da sempre...
bella la descrizione giappa della cena. iio morirei o farei come il mitico fantozzi (soprattutto per il wasabi).
sui falsi miti della cucina italiana in USA ci scrissi pure un post sul mio altro blog... (qui: http://granoesale.blogspot.it/2012/07/la-cucina-dei-sopranos-miti-e-ricette.html )e x ciò che riguarda il bagno... boh? io l'avrei fatta nel mezzo :-D
Sì, Fabio, bell'articolo me lo ricordo.
Un altra differenza tra i ristoranti italiani in Germania e quelli negli USA è che nei secondi di culturale di solito (e ci saranno sicuramente eccezioni) non c'è nulla. A lavorarci sono dipendenti che di cultura e tradizioni italiane non sanno nulla, ma a cui sono state fatte apprendere un insieme di regole e modi di fare che caratterizzerebbero la cucina e gli stili italiani. In altre parole una catenadimontaggizzazione della cucina.
Ciao Dioniso,
seguo il tuo blog da tanto ma non ho mai commentato.
Ora pero' che parli cosi' interessato della cultura giapponese non ho saputo trattenermi,
visto che io lavoro in una ditta giapponese, ho studiato la lingua, e sono stata per un po' in Giappone.
E nonostante cio', ti volevo dire che anch'io la prima volta che mi sono trovata i fantomatici legumi davanti li ho mangiati col baccello!
Alla faccia perplessa dei miei amici giapponesi ho reagito dicendo che in Italia si usa cosi'!
E ora tu non hai fatto che "rendere veritiera" questa mia piccola bugia di allora...grazie!!!
Ciao giappocrucca,
mi fa piacere che tu abbia commentato. Visto che sei esperta mi potresti dire se ho commesso qualche errore in questi ultimi scritti.
Hai visto che a qualcosa il sacrificio del mio palato e il mio quasi soffocamento da baccello a qualcosa sono serviti? :-)
Comunque, finalmente ho capito che cos'erano. In aeroporto ne ho comprata una bustina: tostati e ricoperti di wasabi. Sulla confezione c'è scritto "edamame" e wikipedia ci dice:
Edamame
Edamame è il nome di una preparazione a base di fagioli di soia acerbi diffusa in Cina e Giappone. I fagioli vengono lessati senza essere estratti dal baccello serviti raffreddati o talvolta caldi.
Durante il consumo i fagioli vengono estratti dal baccello e mangiati mentre il baccello viene scartato.
Al di fuori dell'estremo oriente l'edamame si trova talvolta nei ristoranti giapponesi e in alcuni ristoranti cinesi.
Si', esatto, sono proprio gli Edamame!
Tutto quello che hai scritto finora e' esatto.
Solo sul nome dei figli volevo fare una precisazione.
E' vero che alcune coppie decidono di fare come il tuo nuovo amico nipponico,
ma altre si affidano all'indovino per la scelta del nome,
oppure si recano al santuario scintoista e, in base alla data e all'ora di nascita, ricevono il nome piu' propizio.
Ma non ci puoi svelare come sia chiama la figlia dei tuoi amici?
Io ho pensato a una citta' toscana il cui nome e' composto da cinque lettere...mi sbaglio?
Grazie per la precisazione. È molto interessante.
Scriverlo non posso. Non sbagli. Comincia per S?
La S come iniziale era una delle possibilita’!
Ne avevo parlato con una mia collega giapponese
ed eravamo arrivate a due possibili conclusioni.
Lei pero’ sosteneva che se si tratta della citta’ che inizia con la S
forse i genitori hanno scelto gli ideogrammi non basandosi sulla pronuncia originaria.
Ti spiego.
A volte a un ideogramma (o kanji) corrisponde un significato ben preciso.
Non serve saperlo pronunciare per capire cosa c’e’ scritto.
Questo e’ importante perche’ non sempre si sa come pronunciare un kanji,
che puo’ avere piu’ pronunce a seconda della posizione che ha all’interno della frase o della parola,
Per i nomi propri esistono genitori che scelgono kanji con pronuncia standard, quindi i nomi sono leggibili a tutti.
Altri invece scelgono kanji con un bel significato e poi gli attribuiscono una pronuncia a caso, scelta da loro, che suoni bene.
In questo caso nessun giapponese e’ in grado di leggere il nome correttamente!
Ero curiosa quindi di capire che scelta avesse adottato il tuo amico,
Scusa lo sproloquio…
No, che sproloquio! È molto interessante!
Infatti mi è parso che la sua pronuncia fosse più “sci” che “si”. Ma ora sono curioso! Qual era l’altra opzione?
Sì, questo fatto che lingue così diverse come Cinese e Giapponese possano avere molti ideogrammi comuni con stesso significato ma con pronunce totalmente diverse è molto affascinante. Che poi, vabbè, è la definizione di ideogramma. Ma vederla applicata in tal modo è interessante.
L'altra opzione era la citta' che comincia con la L.
In italiano suona come un nome maschile ma in giapponese no.
Un ragazzo che conosco mi ha detto che la sua ragazza giapponese si chiama proprio cosi'!
fossi uomo sarei entrata nella porta con su scritto signore.
valescrive
Vabbe', ma non vale. Tu sei reatinamericana :-)
:))
valescrive
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