lunedì, maggio 26, 2014

Mumbai - Globalizzazione? Forse, ma come diciamo noi (vada pav, alberghi, stazioni, mercati e musei)

24/5/20014
L'appuntamento con il cambia valute è organizzato per le 10:30. Ma alle 10:20 mi chiamano per scendere. L'appuntamento con Mutu, l'autista, era invece per le 11:00. Ma alle 10:45 Mutu è già lì. Mah! Poi si dice che gli indiani non sono puntuali.
I colleghi e persino la giovane conosciuta in aereo mi avevano decantato le lodi delle vada pav. - Chiedi a Mutu - mi avevano suggerito - sicuramente conoscerà un buon posto dove comprarle.
E infatti lui mi ci porta.
Ma poi, considerando il posto, la concentrazione di mosche e la confezione cartacea del panino, non ce l'ho fatta proprio a mangiarlo come un normale panino. Più che altro per considerazioni legate a questa storia qui. Altrimenti non avrei avuto grossi problemi. Tolta però la pastella fritta, un pizzico di ripieno l'ho assaggiato. Ed era davvero buono. Piccante, gustoso, speziato e profumato. Come solo i cibi indiani riescono a essere. Pare che le vada pav siano la risposta mumbaiana agli hamburger. E che risposta! Qui, secondo me, la globalizzazione faticherà molto a globalizzare. Anzi, l'impressione che mi sono fatta è che questi grandi paesi asiatici, se continueranno a crescere ai ritmi attuali, spazzeranno via l'occidente. Europa e USA compresi. Sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista demografico.

La seconda tappa è il Taj Mahal Palace Hotel.
La leggenda vuole che il ricco industriale Jamsetji Nusserwanji Tata decise di far costruire questo albergo di lusso in stile indo-saraceno (1903) dopo essere stato rifiutato, in quanto non bianco,come ospite di un albergo di lusso dei tempi.
Terza tappa: stazione ferroviaria Chhatrapati Shivaji (UNESCO) e Municipio di Mumbai. Si trovano sulla stessa piazza. La prima è in "stile neogotico-vittoriano, con una fusione di elementi veneziani e indiani" e il secondo è semplicemente neogotico. Video girato sulla piazza.
Raggi del sole quasi perpendicolari. La seconda foto l'ho scattata alle 13:30. A mezzogiorno l'ombra sarebbe stata quasi inesistente. Tra meni di un mese quindi Mumbai potrebbe essere usata come uno dei due luoghi per ripetere l'esperimento di Eratostene.
Costeggiando il mare raggiungiamo la quarta tappa: la moschea di Haji Ali. La prima impressione che ho avuto del mare di Mumbai è che non odorasse di mare. Quello che si respira è un odore sulfureo. Immagino la ragione possa essere dovuta agli scarichi di una città di quindici milioni di abitanti.
Costruita nel 1431 la moschea è situata su un'isoletta dell'omonima baia. Da notare che le basse maree trasformano l'isola in penisola. Ospita la tomba del santo musulmano Haji Ali, a cui la moschea deve il nome. Qui vedo un lato ancora più estremo di Mumbai. Forse guardando questo video potrete farvene una vaga idea. E diverse considerazioni mi inducono a rinunciare alla visita. Penso che neppure Mutu si sarebbe spinto a tanto.

Ci dirigiamo poi verso un mercato un po' più periferico.

Dove vedo diverse cose per me inedite.

Frutti e verdure mai visti prima.
E persino olive. Non mi sarei aspettato che in un clima del genere potessero proliferare gli ulivi. Sempre che quelle siano olive e che non siano state importate.
Da notare anche quegli oggetti quasi della dimensione di un cocomero. Ho chiesto, ma oltre a sapere che si trattava di una verdura non sono andato. E guardate anche l'altro frutto della foto di destra. A prima vista mi sembrava somigliasse a una melanzana. Solo che le melanzane non crescono a grappolo.

E come potevano mancare le vacche? Che poi mi chiedo che cosa venda la signora. Se la vacca stessa, solo il suo latte o qualcos'altro.






Poi Mutu, di sua iniziativa si ferma davanti alla casa di Gandhi. E gliene sono grato.


Il riposo del tassista. Posizione di riposo molto popolare qui.
Intorno alle 15, dopo aver scartato diversi ristoranti indiani, di nuovo per considerazioni legate a questa storia qui, e visto che Mutu sta avendo problemi a trovare quello che gli avevo segnalato io (addirittura fa salire un passante che ci ha portato nel posto sbagliato), decido di congedare l'autista facendomi lasciare nella zona del gateway of India.
Riesco a trovare due ristoranti che mi paiono più decenti. Ma scopro che sono sedicenti "europei". Rimango perplesso. Il concetto di "cucina europea" mi mancava . Credo che nessuno in Europa considererebbe la "cucina europea" come un'entità unica. E forse neppure alcun americano si spingerebbe a tanto. Do una sbirciata al menu e mi pare propongano un miscuglio di idee italiane, francesi e forse spagnole un po' rimescolate e reinterpretate. D'altra parte, potrete obiettare, ma da noi non viene proposta la "cucina indiana" o la "cucina cinese", quando quei posti hanno le dimensioni di continenti? È vero. Anche da noi, nei rispettivi ristoranti etnici, ci proporranno probabilmente un calderone rimescolato e reinterpretato. Però, l'idea che mi sono fatta è che, pur con tutte le sue diversità interne, la "cucina indiana" presenta maggiore omogeneità di ingredienti e di piatti. Vero è che al centro-nord si usa il gi e al sud non si usa. Così come da noi al nord c'è prevalenza di burro e al sud si usa l'olio d'oliva. È vero che al centro-nord, oltre al riso, si usano anche i cereali per il roti (pane azzimo) mentre al sud si usa solo il riso. Ma, complessivamente, ingredienti e idee su come interpretare la cucina sono molto più omogenei se li si confronta a quelli anche della sola europa occidentale. Tra cucina italiana e cucina tedesca (tanto per citarne due a caso) c'è un abisso. Credo che gli ingredienti della cucina tradizionale tedesca si possano riassumere molto brevemente: maiale, patate, crauti, pane, burro, cipolle, aneto, prezzemolo e forse pochi altri. Niente di più lontano dalla cucina italiana, ma anche da quella francese e da quella spagnola.
Ma, terminando il pippone le elucubrazioni sui parallelismi culinari e tornando alla storia, deciso di scartare pure quei ristoranti principalmente perché non voglio accettare l'idea di mangiare "europeo" a Mumbai. Ma, dopo aver girovagato ancora nella canicola di Mumbai, alla fine devo rassegnarmi, molto a malincuore, a entrare in un caffè "belga".Pranzo con un mega-cappuccino belga e un muffin: belga pure lui; e riprendo quindi il giro in un orario un po' meno canicoleggiante.

L'obiettivo è il Chhatrapati Shivaji Maharaj Vastu Sangrahalaya (ex Museo del Principe di Galles dell'India Occidentale). Che si trova tra il Gateway e il mio albergo. 
Brahma - lastra del soffitto del tempio Huchchhappaiyya Gudi di Karnataka - VII sec. d.C.
Vishnu - Basalto - Maharashtra XI sec. d.C.
Mentre fotografavo questa statua è arrivata una famiglia e i due bambini, appena si sono accorti che si trattava di Vishnu, si sono messi a pregare. Per un attimo mi è venuto in mente un parallelo. Una famiglia che entra in una sala dei musei vaticani e i due bambini, incoraggiati dal padre, si mettono a pregare davanti alla statua di Giove... Magari potrebbe essere l'inizio di un racconto di storia controfattuale.



Nessun commento: