Ho appena sentito la telefonata di un ascoltatore di Prima Pagina. Il signore, con razionalità e con un po' di atteggiamento di quello che fa il terremotato con le case degli altri, poneva una domanda che più o meno suonava così: ma perché 'sti terremotati non fanno i bravi, si spostano negli alberghi per il tempo che serve a sistemare le cose e poi tornano?
Mi è piaciuta la risposta di Andrea Cangini. È facile per chi non ha vissuto quell'esperienza fare considerazioni razionali ma, in quelle situazioni la razionalità, va a farsi benedire. Subentrano una serie di pulsioni emotive che superano di gran lunga la razionalità. Il desiderio di rimanere vicini alla propria comunità colpita da una tragedia, la pulsione verso il contributo per la ricostruzione, la voglia di non lasciare i luoghi delle proprie radici, la volontà di onorare chi ha avuto meno fortuna.
In misura minima penso di aver vissuto anch'io una piccola parte di quei sentimenti, sia durante il terremoto di Amatrice sia durante quest'ultimo del 30 ottobre.
Il 24 agosto mi trovavo in Sabina, a circa 60 Km in linea d'aria, quando Amatrice e Accumoli crollarono. La mattina successiva, nonostante la notte insonne, provavo un forte impulso di recarmi ad Amatrice per aiutare a scavare. Alla fine la razionalità ha prevalso: ero cosciente che c'erano persone molto più competenti di me in materia e che la mia presenza sarebbe stata più d'intralcio che d'aiuto.
Mi è piaciuta la risposta di Andrea Cangini. È facile per chi non ha vissuto quell'esperienza fare considerazioni razionali ma, in quelle situazioni la razionalità, va a farsi benedire. Subentrano una serie di pulsioni emotive che superano di gran lunga la razionalità. Il desiderio di rimanere vicini alla propria comunità colpita da una tragedia, la pulsione verso il contributo per la ricostruzione, la voglia di non lasciare i luoghi delle proprie radici, la volontà di onorare chi ha avuto meno fortuna.
In misura minima penso di aver vissuto anch'io una piccola parte di quei sentimenti, sia durante il terremoto di Amatrice sia durante quest'ultimo del 30 ottobre.
Il 24 agosto mi trovavo in Sabina, a circa 60 Km in linea d'aria, quando Amatrice e Accumoli crollarono. La mattina successiva, nonostante la notte insonne, provavo un forte impulso di recarmi ad Amatrice per aiutare a scavare. Alla fine la razionalità ha prevalso: ero cosciente che c'erano persone molto più competenti di me in materia e che la mia presenza sarebbe stata più d'intralcio che d'aiuto.
Anche il 26 ottobre, quando sono state registrate le due scosse di magnitudo 5,4 e 5,9, mi trovavo lì. Poi il 27 sono partito per Torino. Ma quando i miei mi hanno chiamato la mattina del 30 ottobre, terrorizzati dalla nuova scossa di magnitudo 6,5, mi sono sentito un po' in colpa per il fatto di non essermi trovato lì. Nonostante io non viva lì da più di 20 anni ormai. Ma continuo a sentire ancora quello come il luogo delle mie radici. Ecco, non oso immaginare quali siano i sentimenti per chi è sempre vissuto in quei paesi, sia passato per i vari terremoti e abbia tutti gli affetti e i ricordi più importanti lì.
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