giovedì, febbraio 07, 2008

La memoria e la storia - nonni paterni

Nonna Luisetta (che io chiamavo nonna Tetta)

Ultima di 6 fratelli e sorelle (Rosaria, Angelino, Teta, Antonia e Elvira). Fu allattata dalla sorella più grande Rosaria. La famiglia allevava capre e pecore.
Dopo la partenza di mio nonno per la guerra rimase sola con due figli: mio zio di due anni e mio padre di pochi mesi. Ricordava sempre con grande affetto e rispetto le famiglia degli zii che in quel periodo l'aiutò molto.
Una volta mi raccontò che a luglio del '44 andò a trovare la sorella che viveva nel quartiere romano di S. Lorenzo e scelse la data in modo molto oculato: il 19 luglio, il giorno del bombardamento. Fortunatamente riuscì a salvarsi e percorse a piedi i 60 Km che la separavano da casa.
Mi raccontava anche che il 3 maggio 1938, giorno della visita ufficiale Hitler a Roma, lei e mio nonno si trovavano tra la folla. In quel periodo mio nonno lavorava a Roma alla Peroni.

Una delle sorelle di mia nonna, Teta, viveva a Novara. Aveva un unico figlio, Mario che tornò nel '43 dalla Russia. Mia nonna lo aiutò a recuperare la sensibilità ai piedi danneggiatisi grazie alle famose scarpe di cartone con cui erano equipaggiati i nostri soldati spediti a combattere a fianco dei tedeschi nella campagna di Russia. Dopo esser guarito Mario tornò a Novara, entrò nella resistenza, combatté e fu catturato. Subì delle atroci torture e fu infine ucciso dai nazifascisti repubblichini.

Un'altra sua storia era quella che riguardava il padre di mio nonno: Riccardo. Essendo stato a lavorare in America, il mio bisnonno si era spacciato per profondo conoscitore della lingua del Bardo. Nel '43, durante l'occupazione tedesca, quasi tutte le famiglie del mio paese, tra cui anche quella dei miei nonni, nascondevano, proteggevano e sfamavano prigionieri alleati evasi o liberati. Nel momento in cui ci fu il primo approccio tra i due ex-prigionieri americani e la famiglia di mia nonna, il bisnonno venne interpellato per fare da interprete. Mia nonna mi diceva: "rispondeva ad ogni domanda con 'caddemm', che è una bestemmia". Arrivati all'ennesima domanda gli americani cominciarono a capire e si sbellicarono. Dopo qualche anno capii di quale esclamazione si trattasse: era probabilmente 'god damn'.

Nonna Tetta era il mio rifugio infantile la mia consolazione quando il mondo ce l'aveva con me. Mi proteggeva e mi coccolava.... e a fine pranzo tirava sempre fuori la ciotola piena di "frittillitti": broccoletti, carciofi, zucchine, fiori e ravioli di ricotta: tutto fritto.

Nonno Alfredo
Carattere burbero ma buono, aveva un'approccio alla vita quasi buddista: gli scivolava quasi tutto addosso, sopportava i dolori stoicamente, senza lamentarsi ed era molto pratico. Nato in una famiglia di contadini. Aveva una sorella più grande che morì a nove anni ed un fratello più piccolo che morì a tre anni per un incidente domestico. Suo padre ricevette in concessione un piccolo pezzo di bosco in qualità di ex combattente della I Guerra Mondiale. Mio nonno lo disboscò e lo trasformò in un piccolo uliveto che appartiene ancora alla mia famiglia. Sposo mia nonna Luisetta nel '36 e partì per la guerra come artigliere ai primi di gennaio del '41. Nel 43' fu preso prigioniero dai francesi nell'Africa del nord. Lavorò per qualche anno in una tenuta di un colono francese in Algeria. Amava ricordare la bontà del pesce di quelle acque e del vino di quelle terre. Tornò in patria nel '46. Mio padre, nato nel '40, ricorda questa attesa di un padre a lui sconosciuto e cita spesso la storia dei datteri che mio nonno avrebbe riportato al suo ritorno dal nord Africa, con cui mia nonna avrebbe fatto una pizza, dalla quale una vicina, invitata a farlo per buona educazione, avrebbe staccato un grosso pezzo sotto gli occhi avidi e increduli di mio padre.

Un'altra storia di mio nonno che mi piaceva era quella del pane e del grano tramandatagli da sua nonna. Deve essere avvenuta negli ultimi decenni del XIX secolo. La famiglia della mia antenata era rimasta senza farina e quindi senza pane. Anticiparono la mietitura, partirono all'alba e non appena ebbero racimolato una quantità sufficiente di grano, spedirono la mia antenata al mulino. Ella trasportò il grano per i 4 Km che li separavano dal paese, ma per sua sfortuna trovò il mulino chiuso. S'incamminò quindi verso quello più vicino: trovò chiuso anche quello. Finalmente ne trovò uno aperto a circa 10 Km dal paese. Tornò a casa con la farina, ammassò, fece lievitare e infornò il pane. All'alba successiva tornò dagli uomini con il pane ancora caldo.

15 commenti:

Anonimo ha detto...

Belle storie, sembrano sceneggiature di film.
Come già ho avuto modo di dire, ho avuto la fortuna di conoscere i tuoi nonni paterni: Alfredo e Luisetta. In effetti ho dei ricordi un po’ vaghi, ma mi torna in mente un Alfredo saggio e gioviale, affatto burbero. Mentre di Luisetta mi rimangono impressi la vitalità ed il particolare timbro di voce. Inoltre, dalla foto con la quale hai corredato il post, mi pare di riconoscere anche una tua spiccata somiglianza con la nonna, che non avevo mai notato prima.

dioniso ha detto...

Un pochetto lo era, con me era tenero però :-)
Una cosa interessante è che il suo vero nome era Giulio ed io lo seppi solo durante la mia adolescenza, quando vidi una lettera indirizzata ad un certo Giulio e pensavo avessero sbagliato a consegnarla.

Nonna aveva un'estrema vitalità e spirito combattivo. Una volta mi raccontò la storia di un suo diverbio con una vicina.... rimasi esterrefatto.
Il suo timbro di voce era estremamente basso per una donna: quasi maschile. Credo che lo abbiano ereditato mio padre e mio zio.

Di solito mi si diceva che somigliavo di più a nonno Peppino.

Anonimo ha detto...

Adoro le storie così!

Baci & baci

Eli

dioniso ha detto...

Ciao Eli, anch'io le adoro :-)

Saluti

Anonimo ha detto...

Penso che ognuno di noi abbia tante storie del genere che varrebbe la pena ascoltare. Chiedo scusa se approfitto dell’ospitalità di questo blog per raccontarne solo un paio, tra le più emozionanti.
Credo e spero di non annoiare gli habitué del Blogghetto.

Mia nonna e mia zia un giorno a Casal Bertone, dove vivevano, si trovavano in strada e furono sorprese da un improvviso bombardamento, tanto che l’unica cosa che gli rimaneva da fare era fermarsi dove ci si trovava e buttarsi a terra. Mia nonna scaraventò per terra mia zia, che all’epoca era una ragazzina, e le si buttò sopra per proteggerla, con le mani sulla testa, chiudendo gli occhi, pregando e sperando che il tutto passasse il più presto possibile. Quando, dopo l’inferno, sembrò tutto passato, la piccola Giuliana alzò gli occhi e vide che appena davanti a loro, la strada dove qualche attimo prima stavano camminando, non c’era più! Probabilmente una bomba, aveva aperto una enorme voragine che aveva inghiottito di tutto, a non più di cinque sei metri da loro, ma lasciandole miracolosamente illese.

Mio zio, appena bambino, tornava a casa con la mamma. Arrivato nei pressi dell’enorme palazzo dei ferrovieri a Casal Bertone dove abitavano, si accorsero che degli aerei caccia nemici, stavano volando a bassa quota mitragliando la popolazione civile che si trovava in strada (credo che questa pratica si chiamasse “spezzonamento”). Dato che malgrado i tempi magri, mio zio Ettore magro non lo era affatto, la madre gli gridò affettuosamente: “corri cicciò!” e si misero a correre tutti e due verso l’entrata del palazzone. Arrivati davanti al portone aperto, la donna dette una spinta al figlio che indugiava facendolo cadere all’interno, al sicuro. Fu l’ultimo atto d’amore della sua vita e l’ultima immagine che Ettore conserva della propria valorosa mamma. Una raffica la raggiunse proprio davanti allo stabile, ad un passo dalla salvezza.

dioniso ha detto...

ziomassimo, bellissima iniziativa!! Serviti pure! Anzi, invito tutti a farlo: servitevi dei post-memoria per le vostre memorie.

Credo di avere un vago ricordo delle storie che hai scritto. Forse le avrò sentite durante una delle mie visite infantili a Centocelle.

Invece mi ricordo bene alcuni racconti di tuo padre di una decina d'anni fa. Mi raccontò di quando furono arruolati a forza (lui sedicenne credo) per rifornire di cibarie le truppe tedesche che combattevano verso Cassino. Mi disse anche che lavorava alla pasticceria Enna, vicino alla quale ho abitato alcuni anni.

Anonimo ha detto...

Dionì, sai che voglio sapere? Com'erano fisicamente queste persone? Che espressione del viso era più frequente (sempre sorridente, sempre accigliato, cose così), insomma, non riesco a "figurarmele".
Aiutami.
Eli

Anonimo ha detto...

Emozionanti e molto ben raccontati, i tuoi ricordi. Mi è dispiaciuto finire di leggerli. Ho trovato anche un paio di curiose similitudini con i ricordi della mia famiglia, magari un giorno li racconterò. Buon fine settimana! :)

dioniso ha detto...

Eli, credo che nonno Alfredo, come si vede anche dalla foto in vui aveva 3 anni, abbia sempre avuto una certa tendenza alla pinguedine. Tendenza accentuatasi con il passare degli anni. Lavorava come "stradino" per il comune ed andò in pensione quando io avevo 5 o 6 anni. La sua statura si aggirava intorno al metro e sessanta (amava ricordare che suo nonno era stato riformato per l'altezza, suo padre era appena sopra ai limiti e lui li aveva superati di gran lunga) e il suo peso stava forse poco sotto il quintale. Però al lavoro nei campi era infaticabile. Era capace di lavorare per più di dieci ore senza pause neppure per il pranzo, ma quando poi tornava a casa voleva trovare il piatto pronto sul tavolo e consumava voracemente pasti pantagruelici annaffiati da diversi bicchieri di vino. Mia nonna, carattere molto,molto ansioso, si ingegnava suddividendo l'acqua per la pasta in diversi tegamini per farla bollire prima. Ansiosa ma combattiva, teneva testa tenacemente nelle discussioni con mio nonno. Citando un famoso aforisma lui era la testa, ma lei era il collo.

Di solito nonn'Alfredo aveva un'espressione che trasmetteva calma e serenità: sembrava che niente avrebbe potuto tangerlo. Al contrario nonna Tetta era sempre all'erta. Ogni volta che squillava il telefono (non riusciva mai a fare più di uno squillo), mia nonna rispondeva con un tono che pareva dire: presto! dammi subito la notizia della tragedia! non farmi attendere!
Anche nonna Tetta era di bassa statura e piuttosto rotondetta.
Mitiche erano le scuse che inventava: bizantine e arzigogolate. La cosa bella è che una volta che se le era preparate le utilizzava comunque, anche se la controparte non le aveva neppure lontanamente richieste. Era la personificazione della locuzione:"Excusatio non petita, accusatio manifesta".

Credo di essere stato un po' prolisso... diciamo che l'ho fatto soprattutto per far piacere ad eulinx, che si era dispiaciuta che le storie fossero brevi ;-)
eulinx, mi piacerebbe molto leggere le similitudini di cui parli. Se vuoi serviti pure del post.

Buona fine di settimana

Anonimo ha detto...

WoW!
Grandioso!!!
Baci
Eli

Anonimo ha detto...

ciao, leggo con molto interesse questi post perchè io i nonni praticamente non li ho conosciuti, mi manca una bella fetta, i racconti, le storie, di cui tu mi stai rendendo partecipe!
abbracci a te e a Zucchero

Anonimo ha detto...

Ciao. Bellissime storie, tragiche, ma belle. Sono un patrimonio che messo insieme a tutti gli altri patrimoni delle storie di altre famiglie (la mia famiglia non ha una storia così ricca) fanno questa nazione...bistrattata ingiustamente.
PS: il fatto che la mia famiglia non abbia grandi tradizioni alle spalle credo sia da legare al fatto che il sud è stato ostinato e rassegnato ai cambiamenti: il fascismo lo subì senza farsi turbare più di tanto ad esempio. Comunque una ricchezza invidiabile. Buona Domenica

dioniso ha detto...

Mi fa piacere che queste storie vi piacciano.
Esiste sicuramente un'infinità di storie molto più interessanti e significative di queste. Però quete sono quelle da me ascoltate durante la mia infanzie ed adolescenza. Volevo quindi salvarne qualche pezzetto.

Oggi Zucchero ed io abbiamo fatto una camminata di 15 Km circa con due amici. Il tempo era molto bello.
Zucchero stamane aveva impastato le pizze. Quando siamo tornati ha completato la preparazione. Poi purtroppo le si è accentuato il fastidioso mal di testa che aveva e si è dovuta mettere a letto. Ora io sto gustando le sue deliziose pizze (ce n'è anche una nuova, rosiforme, con scarola) mentre lei purtroppo sta soffrendo a letto.

Anonimo ha detto...

Zucchero, auguri di pronta guarigione!!

Sugar Cane ha detto...

Grazie Eva Kant! Oggi va mooooolto meglio :-)