Tra le città americane che ho visitato Filadelfia è di certo tra quelle che possiedono un tocco più europeo. Questa è almeno l'impressione che ho avuto girovagando per le strade intorno al mio albergo. Erano le strade di un quartiere qualsiasi e c'era gente che andava a piedi e persino in bicicletta. E in una strada ho visto anche una bella pista ciclabile parallela alla corsia di parcheggio, con macchine parcheggiate in perfetto ordine. Ho intuito che si tratta di un quartiere di studenti universitari. E questo potrebbe spiegare alcune delle mie impressioni. Oltre l'incrocio ho trovato due chiese neogotiche. Una dopo l'altra. E la seconda era addirittura una Cathedral.
Ma in questa notte di metà settembre la sua americanità questo quartiere la esprime nei supermercati aperti 24 ore al giorno; nelle enormi buste di cubetti di ghiaccio in vendita; negli autisti di navette che se dimentichi la mancia rimangono a fissarti; nelle nubi di vapore sprigionate dai tombini, e non ho mai compreso appieno il perché di questo fenomeno tutto americano; nel pollo di questo ristorante, che al primo boccone ho pensato: "buono! gustoso e tenero", ma poi mi sono accorto che per metà era costituito da grasso; nei camerieri estremamente gentili per guadagnarsi quel 20% di mancia quasi obbligatoria e spesso unica fonte di guadagno; nell'iPad messomi a disposizione dall'albergo; nella saponetta a forma di spazzola. In tutto questo, ma non di certo nella coppia di probabili studenti tedeschi che siedono alla mia destra, mangiano i noodles con i bastoncini e convertono i conti in euro.
E ora mi ritrovo alle 3:40 di mattina del mio orologio biologico a riattraversare il grazioso quartiere per poi cercare di sprofondare in un lungo sonno che possa proteggermi dalla maledizione dei troppo velocemente attraversati meridiani terrestri.
Ma in questa notte di metà settembre la sua americanità questo quartiere la esprime nei supermercati aperti 24 ore al giorno; nelle enormi buste di cubetti di ghiaccio in vendita; negli autisti di navette che se dimentichi la mancia rimangono a fissarti; nelle nubi di vapore sprigionate dai tombini, e non ho mai compreso appieno il perché di questo fenomeno tutto americano; nel pollo di questo ristorante, che al primo boccone ho pensato: "buono! gustoso e tenero", ma poi mi sono accorto che per metà era costituito da grasso; nei camerieri estremamente gentili per guadagnarsi quel 20% di mancia quasi obbligatoria e spesso unica fonte di guadagno; nell'iPad messomi a disposizione dall'albergo; nella saponetta a forma di spazzola. In tutto questo, ma non di certo nella coppia di probabili studenti tedeschi che siedono alla mia destra, mangiano i noodles con i bastoncini e convertono i conti in euro.
E ora mi ritrovo alle 3:40 di mattina del mio orologio biologico a riattraversare il grazioso quartiere per poi cercare di sprofondare in un lungo sonno che possa proteggermi dalla maledizione dei troppo velocemente attraversati meridiani terrestri.
4 commenti:
Hai descritto alla perfezione e centrando appieno l'american way of life. Il bello e il brutto.
Attenzione a mangiare carne in USA. Dovresti leggere il libro di J. Safran Foer "Se niente importa".
Mi sembri Kerouac!
Grazie Titti, perché è peggio che in Europa?
Er Kerouac de noantri
Gli allevamenti intensivi USA (posto che tutti gli allevamenti intensivi producono carni di scarsa qualità per tenere i prezzi bassi e sempre più bassi) hanno standard diversi da quelli europei.
Gli animali sono nutriti con prodotti a basso costo, riempiti di medicinali, la moria è elevatissima (gli animali morti non vengono rimossi e restano accanto agli altri finchè questi ultimi non sono portati al macello). Insomma si tratta di prodotti non benefici per la salute. Molte malattie, anche molto gravi, hanno origine da lì. Non sono io che lo dico per suggestionare gli onnivori. Anche in Europa succede così ma ci sono maggiori controlli.
Ho sintetizzato, per motivi di spazio, naturalmente.
Ti rimando alla lettura del libro di Foer. Credimi.
Ho rimosso, mentre scrivevo, la questione etica che mi anima. A me basta quella per non mangiare prodotti di origine animale. Non sopporto l'idea che per il mio nutrimento (o la cura del corpo o per i miei abiti) che ha numerosissime ottime alternative rispetto ai prodotti animali,
si presupponga la sofferenza, l'uccisione e lo sfruttamento di creature indifese. So che farò sorridere molti, ormai sono abituata, ma credimi, la mia coscienza mi guida verso questa direzione. E sono felice di seguirla. Per il resto sono cattivissima...sono un'anima dannata!! ;-)
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