Penso che oggi, con questo sole di una domenica di fine estate, questa temperatura intorno ai 20 gradi e questo vento fresco che fa correre le poche nuvole, Filadelfia desse il meglio di sé.
La maledizione dei meridiani terrestri non mi ha colpito: mi sono svegliato alle 7:30 e alle 9:30 sono uscito. Questo girovagare solitario per le città del Nordamerica mi conferisce sempre un'inebriante sensazione di libertà. Ed il quartiere studentesco mi ha invece instillato una vena di nostalgia per gli anni universitari.
L'impressione di ieri sui tratti più europei di Filadelfia è confermata. Qui un europeo si adatterebbe molto più facilmente rispetto ad altre città nordamericane che ho visto. Oggi ho camminato per circa sei chilometri e non ho mai trovato tratti in cui il pedone non fosse considerato dall'architettura urbana. Ed ero contornato da gente che camminava. Una cosa che ho notato è che ormai qui i caffè hanno talmente acquisito il listino italiano come una cosa di tendenza, un marchio di qualità. Nel caffè dove ho fatto colazione, oltre alle miriadi di variazioni di "latte" (che non è solo latte), "macchiato", "cappuccino", "espresso" ed altro, ho anche letto: "caffè americano". Così! Tutto in italiano. Ho trovato il fatto molto interessante. Non so però agli studiosi di quale materia spetterebbe l'interpretazione: antropologi? sociologi? studiosi del consumismo? della globalizzazione? Comunque l'espresso non era male, il latte macchiato invece lasciava a desiderare.
Se domani troverò un buco tra la terrificante mole d'impegni lavorativi cercherò di pubblicare un fotoraccontino dei 6 Km di vagabondaggio.
L'impressione di ieri sui tratti più europei di Filadelfia è confermata. Qui un europeo si adatterebbe molto più facilmente rispetto ad altre città nordamericane che ho visto. Oggi ho camminato per circa sei chilometri e non ho mai trovato tratti in cui il pedone non fosse considerato dall'architettura urbana. Ed ero contornato da gente che camminava. Una cosa che ho notato è che ormai qui i caffè hanno talmente acquisito il listino italiano come una cosa di tendenza, un marchio di qualità. Nel caffè dove ho fatto colazione, oltre alle miriadi di variazioni di "latte" (che non è solo latte), "macchiato", "cappuccino", "espresso" ed altro, ho anche letto: "caffè americano". Così! Tutto in italiano. Ho trovato il fatto molto interessante. Non so però agli studiosi di quale materia spetterebbe l'interpretazione: antropologi? sociologi? studiosi del consumismo? della globalizzazione? Comunque l'espresso non era male, il latte macchiato invece lasciava a desiderare.
Se domani troverò un buco tra la terrificante mole d'impegni lavorativi cercherò di pubblicare un fotoraccontino dei 6 Km di vagabondaggio.
3 commenti:
Piu' le citta' sono "vecchie (e Philadelphia e' la patria della costituzione), piu' "odorano" d'Europa.
Per quanto riguarda la caffetteria all'italiana, bisogna ringraziare Starbucks che negli anni '90 ha introdotto al popolo americano bevande d'origine italiana (espresso, cappuccino) aggiungendone altre che si e' inventato o diciamo meglio, ad ispirazione italiana, e la nomenclatura che ci va di pari in passo (tipo la misura del bicchierone "grande" o "venti", per 20 fl.ozs.)... da allora, i "coffee shops" che offrone libri, board games (come cavolo si chiamano in italiano? Help!!), musica new age o jazz sono spuntati ovunque e ripetono la magica formula che ha lanciato questo piccolo baretto di Seattle nel firmamento delle grandi corporation multinazionali!!
p.s.: se abitavo ancora a Point Pleasant NJ ci si sarebbe potuti incontrare... :(
Board games = giochi da tavolo, credo.
Quindi sarebbe stata Starbucks a creare questa tendenza. Non sapevo neppure che avessero cominciato con un baretto. Pensavo fossero partiti come catena.
Da wiki:
La sede del gruppo è a Seattle, dove fu anche aperto il primo negozio Starbucks nel 1971, a Pike Market Place, da tre amici: Jerry Baldwin, un insegnante di inglese, Zev Siegel, un insegnante di storia, e Gordon Bowker, uno scrittore. La svolta arrivò da un'idea di Howard Schultz, storico amministratore delegato, riconosciuto ormai come il vero fondatore della famosa catena. In occasione di un viaggio a Milano nel 1983 sviluppò il suo progetto di portare in America l'autenticità della caffetteria italiana.
Grazei, giochi da tavolo.. pff, che pena che faccio!!
Si' si', Dioniso: quando ero arrivata negli US da poco, Starbucks erano ancora una novita', non una presenza ad ogni angolo come adesso!!
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