venerdì, agosto 10, 2012

Campi di battaglia

Frau Doktor Licht era stata molto brava a comunicargli quella terribile notizia. Gli aveva spiegato che esistono quattro tipi principali di leucemia. C'è la linfatica, la mieloide e per entrambe esistono la forma cronica e quella acuta. Solitamente le leucemie croniche sono meno aggressive ma è più difficile guarirle in modo definitivo, mentre quelle acute sono aggressive e rapide. Vanno affrontate immediatamente, ma molto spesso si riesce a guarirle completamente.
- Ho già parlato con i medici della clinica ematologica - gli aveva detto la dottoressa. - È una delle migliori del paese. Se vuole può andare oggi stesso.
- È strano - disse Fosco uscendo dall’ambulatorio - adesso mi sento molto meglio rispetto a qualche ora fa. Mi sento sollevato. Nonostante la diagnosi.
- Be', almeno adesso sappiamo che c'è una cura che funziona. Ma io forse mi sono persa qualche pezzo di quello che ha detto la dottoressa.
- Da quello che ho capito la terapia sarà un po' lunga. Mi ha pure detto che perderò i capelli - disse Fosco passandosi una mano tra la folta capigliatura riccioluta.
Tornati a casa Fosco aveva voluto farsi scattare una fotografia.
- Voglio lasciare un'ultima immagine di me: com'ero immediatamente prima dell'inizio della giostra. - E poi si era messo in posa accanto a quel mazzo di fiori che aveva comprato qualche giorno prima. Con la consapevolezza che non sarebbe stato mai più l'uomo di quel momento.
Varcando la porta d'ingresso della clinica Fosco pensò che quella era la prima volta che entrava in un ospedale come paziente. Quel fastidioso odore di disinfettante gli riempì immediatamente le narici, e come sempre nel passato gli provocò una sensazione di disagio. Ma oggi quel disagio era molto più forte. Sconfinava nella paura.
Chissà quanto tempo dovrò rimanere qui - si chiese.
- Nel reparto non ci sono letti liberi - gli dissero all'accettazione. - Per una notte dovrà pernottare nel reparto trapianti.
Un'infermiera li ricevette davanti alla porta chiusa del reparto. Mostrò loro l'interruttore per aprire la prima porta, i camici e le mascherine da indossare, il dosatore di disinfettante per le mani e l'interruttore per aprire la seconda porta.
 - Buongiorno Herr Chiellini. Io sono Doktor Strauß - gli disse un gigante stringendogli energicamente la mano. Poi li condusse alla camera assegnata a Fosco. Il grande spazio vuoto di quella camera con un solo letto accrebbe il livello d'inquietudine di Fosco. Quando il dottore tornò Sara stava carezzando la testa di Fosco: un castano cespuglio di capelli che copriva quel cuscino troppo sottile. Il gigante teneva in mano diversi fogli.
- Per curare il suo tipo di leucemia sarà necessario un trapianto - disse Doktor Strauß.
Quella parola riecheggiò nella testa di Fosco - trapianto, trapianto - perdendo un pezzo di significato ad ogni rimbalzo - trapianto, trapianto. Un senso d'irrealtà lo pervase. Poi di colpo la parola riemerse dagli abissi dell'inconscio proiettando intorno a se un caleidoscopio d'immagini. Sale operatorie, camici verdi e mascherine, bisturi, scrigni contenenti organi, trasporti in elicottero. E infine essa si materializzò in un suono vacillante sostenuto da un respiro spezzettato: - Un trapianto... - Mentre il pensiero di Fosco accompagnava quel suono con un contrappunto veloce ed ossessivo: sta succedendo a me, sta succedendo a me, sta succedendo a me.
- Ma la dottoressa aveva parlato solo di chemioterapia - riuscì a dire infine.
- Sì, quello è il protocollo per le leucemie a basso rischio, ma nel suo caso non funzionerebbe. La sua è una leucemia ad alto rischio in quanto i globuli bianchi della prima analisi erano più di quarantamila.
Alto rischio! L'espressione gli provoco una nuova tempesta interiore seguita da sforzo subconscio di dissimulazione.
- E quando dovrò essere operato?
- Il trapianto di midollo osseo non prevede operazioni. Fosco guardò Sara smarrito. Poi si voltò di nuovo verso Doktor Strauß.
- Il trapianto di midollo osseo - riprese il dottore - si effettua attraverso un'infusione di cellule staminali midollari prelevate dal sangue di un donatore.
- Quindi mi inietterete queste cellule staminali nella spina dorsale?
- No, quello è il midollo spinale. È un'altra cosa. Non c'entra nulla con il midollo osseo. Diciamo che dal suo punto di vista sarà come ricevere una trasfusione sanguigna. Ma prima dovrà subire alcuni cicli di chemioterapie e radioterapie per eliminare le cellule maligne e poi un ciclo finale per eliminare tutto il suo midollo. Solo allora le inietteremo in vena una sacca di cellule staminali che, se tutto andrà bene, troveranno da sole la strada per andare a posizionarsi nel luogo giusto e poter così ricostruire il suo midollo. Ma qui troverà tutte le spiegazioni e anche i moduli da firmare per il consenso - concluse il dottore porgendogli il pacco di carte che aveva in mano.
In quel momento entrò un'infermiera con una flebo e il dottore li lasciò. A Fosco non era mai stata applicata una flebo prima di allora. La sola vista di aghi e cannule gli aveva sempre provocato un certo disagio. Di colpo gli tornò in mente il suo primo prelievo di sangue. Aveva quattordici anni e il prelievo serviva per una questione burocratica: un certificato di "sana e robusta costituzione" necessario per l'ammissione alla scuola superiore. Uscendo dal laboratorio Fosco era quasi svenuto. Poche altre volte nei suoi 35 anni di vita si era sottoposto a prelievi. Li aveva sempre evitati volentieri ma poi, con un po' di sforzo, si era andato man mano abituando. E da quando, a 30 anni, si era trasferito a nord delle Alpi Fosco si era convinto a fare un prelievo di controllo ogni anno. Tutti i valori erano sempre a posto. L'ultimo prelievo lo aveva fatto un mese prima e non risultava alcuna anomalia. L'anno precedente invece di prelievi ne aveva fatti due. Oltre a quello solito di controllo infatti ne aveva voluto fare anche un altro per farsi tipizzare. C'era stato un caso tra i suoi conoscenti. Si era scoperto che quattro fratelli erano affetti da un rara malattia genetica. E Fosco fu tra quelli che risposero all'appello del padre dei bambini: "I miei bambini potranno sopravvivere solo grazie a un trapianto di midollo. Per favore, fatevi tipizzare." E ora era lui che sarebbe potuto sopravvivere solo grazie a un trapianto di midollo. A questo pensava Fosco quando l'infermiera gli disse: "Nicht erschrecken", non si spaventi, mentre gli spruzzava il disinfettante sulla parte centrale dell'avambraccio. E poi "Es kommt ein Pieks", arriva una puntura, mentre gli perforava pelle e vena con la cannula. Fu meno doloroso di quello che pensava. Ma Fosco era abbastanza sicuro che quelle parole avrebbe dovute ascoltarle molte volte ancora e che nei giorni successivi sarebbe andato ben oltre una semplice flebo.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Scrivi molto bene!
Manuel

dioniso ha detto...

Grazie vecchio amico

francesca ha detto...

Catartico questo racconto!
francesca

dioniso ha detto...

Eh sì. E il lavoro più difficile consiste nell'eliminazione del superfluo.

Moky in AZ ha detto...

cazzo. scusa se e' poco, mo non mi viene altro da scrivere...

dioniso ha detto...

Si accomodi pure contessa :-)

Moky in AZ ha detto...

:^D