sabato, maggio 30, 2015

Romeo a Roma

La fighettitudine del locale unita alla baroccaggine della descrizione delle portate, che a tratti scadeva nel ridicolo, mi aveva fatto temere una nuova esperienza tantofumoepocoarrostesca.
E invece oltre al fumo c'era anche molto arrosto. E anche di ottima qualità. Come la burrata e il calamaro ripieno. Ma anche il tiramisù. Perso tra le piacevoli chiacchiere ho dimenticato di fotografare qualche portata. Mi sono ricordato solo alla fine, quando abbiamo ricevuto l'omaggio della casa. Dovrò tornarci.

domenica, maggio 17, 2015

La mia "Musica dei Numeri" letta in classe

Non posso negare di aver gioito quando la professoressa Giovanna Arcadu mi ha fatto sapere dell'interesse suscitato dalla lettura del mio La Musica dei Numeri tra i suoi alunni della II media e di quanto il librino fosse stato utile per la spiegazione e la dimostrazione del Teorema di Pitagora.
"Tadaaa ... :-) Attentissimi, interessati, han colto perfino un refuso che a me era sfuggito", mi ha scritto la professoressa Arcadu su facebook. E, dopo essermi detto lusingato, sono subito partito alla ricerca del refuso. Ma è stata necessaria una nuova consultazione dell'insegnante con la classe per ritrovare la svista: uno scambio di nomi in un passaggio: Cilone al posto di Corebo. Ho prontamente corretto, aggiunto la classe nei ringraziamenti e chiesto a Bookrepublic di ridistribuire il librino nelle librerie digitali (i vantaggi dell'editoria elettronica). Quindi, chi ha acquistato il librino dopo il 3 maggio, grazie agli alunni della seconda media di Pattada (SS), potrà leggere la copia priva del bisticcio di nomi.

La professoressa Arcadu mi ha quindi raccontato per sommi capi l'esperienza di lettura con la classe.
Il tutto è partito dalla decisione di trattare Il Teorema di Pitagora in modalità "WebQuest" con l'obiettivo di far scoprire il teorema agli alunni stessi, sfruttando e rielaborando risorse in rete fornite dall'insegnante tra le quali c'era anche il mio percorso storico-matematico. Faccio sempre i riferimenti storici - dice l'insegnante - perché i ragazzi sono sempre curiosi.
Nell'ambito di questo progetto la professoressa Arcadu ha deciso di leggere in classe La Musica dei Numeri e, per non rovinare il piacere della scoperta del teorema ai suoi ragazzi, ha interrotto la lettura non appena Eratocle chiede a Eurito di disporre i triangoli "in modo tale che le ipotenuse vadano a formare i lati di un quadrato".
- Ora provate a proseguire voi - ha detto la professoressa e i ragazzi hanno costruito su carta i quattro triangoli congruenti.
Poi, diversi alunni sono riusciti a disporli correttamente. E allora l'insegnante ha dato il compito di concludere la dimostrazione a casa. Qualcuno è riuscito ad arrivare alla conclusione che il quadratino centrale ha per lato la differenza delle misure dei cateti.
E due alunni sono persino riusciti a trovare la dimostrazione completa! Quello che vedete qui sotto è il lavoro svolto dall'alunna Alessia per la dimostrazione. Bravissima Alessia!

Altri hanno tentato ma hanno avuto bisogno di una guida per superare le insicurezze.
Ad ogni modo - dice la professoressa Arcadu - quasi tutti ora conoscono bene il teorema di Pitagora e sanno applicarlo alle varie figure piane.1

Giovanna Arcadu mi ha poi raccontato anche del giorno scolastico successivo. Quando ha detto agli alunni della sua decisione di condividere il loro lavoro con me; e gli ha raccontato dei miei complimenti, di quanto fossi stato contento del loro lavoro, e del mio interesse nel cercare di capire quale fosse il refuso.
Poi si è anche parlato di una possibile lettura de La Musica dell'Irrazionale, per la spiegazione di quei numeri il prossimo anno, e di una mia possibile futura visita lì. Spero di riuscire nell'intento!

Per ora mi ha fatto comunque molto piacere sapere che il mio lavoro sia stato usato per facilitare l'apprendimento della matematica per dei giovani alunni. Sarebbe bello se l’esperienza si ripetesse.





1. In questo caso, anche se si sono saltati dei passaggi di verifica, la dimostrazione con il disegno funziona. Ma, come ci ricorda .mau. in "Quando una “dimostrazione” è una dimostrazione?", ci sono casi in cui le cose non funzionano: "La matematica, almeno quella di base, non è poi così difficile se la si sa vedere nel modo giusto: ma bisogna sempre ricordarsi di fare molta attenzione e non prendere per buono un disegno solo perché sembra ben fatto".

giovedì, maggio 14, 2015

Carnevale della Matematica #85

Stavolta è .mau. a ospitare l'edizione di maggio del Carnevale della Matematica.
Io ho contribuito con la Cellula Melodica



e con il mio articoletto così introdotto:

Iniziamo subito con Dioniso! Anzi no, abbiamo davvero iniziato con lui perché la cellula melodica che vedete in alto è opera sua. Ma per chi non ama la musica e preferisce la buona tavola, su Pitagora e dintorni Dioniso ci presenta un Dialogo su una bottiglia di Klein. Cito: «…E così è nata l’idea del Ristorante Superficiale con ricette euclidee e non, camerieri vestiti da gesuiti, tavoli di Möbius e musica di Battiato…»

Il mese prossimo l'edizione numero 86 del 14 giugno 2015 (“canta intrepido") verrà ospitata da Spartaco Mencaroni su Il Coniglio Mannaro e avrà come tema "matematica, amore e fantasia".

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mercoledì, maggio 06, 2015

Due considerazioni sulla sparatoria di Garland

1. Trovo alcuni paralleli tra l'iniziativa del concorso texano e quella di Calderoli del "maiale-Day" contro le moschee.

2. Impedire a qualcuno di andare a gridare "Napoli m....." sotto la curva di Genny 'a Carogna sarebbe una limitazione della libertà? Sì! Una tale limitazione di libertà potrebbe essere opportuna?

domenica, maggio 03, 2015

Dialogo su una bottiglia di Klein

- Fläche! Fläche! Das habe ich tausendmal gesagt! Eine Fläche ist keine Flasche!
- Bè, sicuramente una superficie non è una bottiglia, professor Klein. Ma... una bottiglia ha una superficie. E una superficie... può anche avere la forma di una bottiglia.
- Nein! Nein! Io l'ho chiamata Fläche, superficie. E ora tutti la chiamano Flasche, bottiglia. Warum!? Perché!? Wir müssen wissen! Wir werden wissen!
- Uhm, mi pare di aver già sentito quelle parole... Comunque deve ammettere, professor Klein, che c'è un po' di somiglianza tra "Fläche" e "Flasche". Se avesse usato il latino, come si faceva un centinaio di anni prima della sua pubblicazione, nessuno avrebbe confuso "superficies" con "ampulla".
- Voi Italiener! Sempre a tirare acqua al vostro mulino linguistico!
- Ma se siamo uno dei popoli più anglofili al mondo. Ad ogni modo, veda anche l'aspetto positivo, professor Klein. Senza quel malinteso non ci sarebbero stati tanti bei giochini.
- Che giochini!?
- Bè, ad esempio in California c'è qualcuno che produce delle bottiglie di Klein. Forse senza quell'equivoco tra "bottiglia" e "superficie" a nessuno sarebbe venuta in mente un'idea del genere.
- Ma quelle non sono delle vere superfici mie! Cioè di Klein! Insomma quelle. La mia superficie ha bisogno di quattro dimensioni! E, non avendo un interno e un esterno, non potrebbe contenere liquidi.
- Infatti quelle sono delle immersioni nello spazio tridimensionale. E pensi che quelle bottiglie arrivano dotate di istruzioni in cui è scritto che, siccome la bottiglia ha volume zero, la scatola sarebbe stata superflua, ma che al cliente viene comunque fornita gratuitamente una scatola tridimensionale in cui la bottiglia è stata inserita. Non lo trova divertente?
- Divertente! Sempre a pensare al divertimento voi. Chi vuole che compri una bottiglia difficile da riempire e ancora più difficile da svuotare?!
- Ehm... Io una l'ho comprata.
- Oh Gott!
- E le dirò di più. L'idea è nata chiacchierando con altri matematico-carnascialisti che si erano divertiti a preparare antipasti in stile Möbius. E in quella discussione io ho proposto l'involtino di Klein.
- Die Kleinsche Rouladen! Ach du meine Güte!
- Sì! E Popinga ha proposto l'oliera di Klein, seppur con qualche problemino di fluidodinamica.
E così è nata l'idea del Ristorante Superficiale con ricette euclidee e non, camerieri vestiti da gesuiti, tavoli di Möbius (proposti da Annalisa Santi) e musica di Battiato.
- Wahnsinn!
- Professor Klein, ma non pensa che in questo modo lei e la sua bottiglia... pardon, superficie ne guadagniate in popolarità?
- Me ne infischio io della sua popolarità. Anzi, per non sentire altre corbellerie simili me ne vado!
- Ma Professor Klein... Rimanga... Bè, dato che il professore se n'è andato e che non possiamo completare l'intervista non ci resta che ricordare qualche proprietà della bottiglia del professore... E forse come premessa potremmo cominciare dal Nastro di Möbius. Allora, il cosiddetto nastro di...
- Ma come si permette!? Partire dalla superficie di Möbius per introdurre la mia! Il nastro di Möbius è roba da dilettanti.
- Professor Klein! Ma non era andato via?
- Sì, ma ho sentito quello che diceva e sono tornato indietro! Il nastro di Möbius è una superficie semplicissima. Basta prendere una striscia rettangolare e unire i lati corti dopo una torsione di 180°! Non può usarla per introdurre la mia!
- Però credo che il nastro sia stata la prima superficie tra quelle studiate ad avere una sola faccia e a non avere interno ed esterno. La sfera, il toro, il cilindro hanno tutti due facce non comunicanti e un interno e un esterno. Se una formica cammina su una sfera rimarrà sempre fuori o sempre dentro. Nel nastro di Möbius, invece, la formica, dopo aver percorso un giro, si ritroverà dalla parte opposta. E dopo due giri si ritroverà nel punto iniziale. Questo significa che il nastro è anche una superficie non orientabile.
- E allora? Non succede la stessa cosa pure per la mia superficie? E inoltre la mia superficie ha qualcosa che manca al nastro.
- E cioè?
- La chiusura! Provi a versare dell'olio dentro a una superficie di Möbius e vedrà che succede!
- Beh, sì, ma...
- E vogliamo parlare della costruzione?! Guardi qua sotto...


...non è così banale come quella trovata da Möbius per il suo nastro, no?
- Ammetto che è un po' più complicata, ma ribaltando un po' l'ordine delle sue immagini si potrebbe partire da una sorta di bottiglia bucata sul fondo, estenderne poi il collo, curvarlo su se stesso fino a inserirlo lateralmente all'interno della bottiglia e saldare infine il collo al buco sul fondo.
- E le sembra banale!? In ogni caso quella descritta da lei è solo una riduzione nello spazio tridimensionale. Il vero spazio della mia superficie è quello euclideo quadridimensionale, \R^4. Lì non è necessario che il collo perfori la parete della bottiglia.
Lo so che è difficile immaginarlo ma si può usare l'analogia di una lemniscata che, in due dimensioni, deve necessariamente auto-intersecarsi ma una volta proiettata nella terza dimensione l'auto-intersezione può essere eliminata.
Poi, diversamente dalla superficie di Möbius, la mia superficie non ha bordi dove la superficie termina bruscamente. E, diversamente da una sfera, una mosca può andare dall'interno all'esterno senza dover attraversare la superficie. Quindi per la mia superficie non esiste realmente un "dentro" e un "fuori".
- Vero! E se paragoniamo la bottiglia di Klein a una ciambella fritta potremo dire che, dal fatto di avere un'unica faccia si avrà, bisogno del doppio di zucchero rispetto a una ciambella mentre, dal fatto di non avere volume, la ciambella di Klein non avrà impasto all'interno... Visto che non ha neppure un interno...
- Ma che fa!? Stavo appena dicendo che trovo molto fastidiosa la comparazione della mia superficie a una bottiglia e lei adesso me la paragona a una ciambella!?
- Professor Klein, ma mi tolga una curiosità. Da qualche parte ho letto che lei per costruire la sua superficie sia partito dal nastro di Möbius con l'idea di rendere chiusa quella superficie.
- Guardi, queste sue affermazioni insolenti mi hanno proprio stancato. Direi che possiamo proprio chiudere qui l'intervista. E stavolta definitivamente!

Letture consigliate:
Imaging maths - Inside the Klein bottle - da cui ho preso diverse immagini
http://it.wikipedia.org/wiki/Bottiglia_di_Klein

mercoledì, aprile 29, 2015

Antropologia quantistica

Ma allora anche nei sistemi antropologici così come nella meccanica quantistica non si possono fare rilevazioni senza alterare il sistema stesso!?
È la domanda che mi è venuta in mente durante l'ascolto di due interessanti puntate di Patrizia Giancotti intitolate "A MEMORIA D'UOMO".
Nella seconda di queste puntate si parla del video sul tarantismo degli anni '60 di Carpitella. Il video fu girato per documentare la pratica della meloterapia del tarantismo. L'intenzione era quindi che il video dovesse essere solo uno strumento di rilevazione. E invece quale è stato uno dei risultati finali sviluppatisi nel tempo? 
Parafrasando le conclusioni della seconda puntata.
Il film vuole prelevare la vita vera ed incamerarla. E la danza entra nel film. Ma le riprese vennero effettuate con una cinepresa con carica a molle degli anni '60. E la velocità di quella cinepresa è poi diventata la velocità del tarantismo che, nonostante la sua frenesia, è una danza leggermente più lenta rispetto ai ritmi di quelle immagini. Il fascino di quel documento è che ci mostra il tarantismo com'era ma anche come non era.
Cioè quel video ha influenzato le future interpretazioni di quella danza producendo un'imitazione di se stessa diversa dall'originale. Quindi anche nei sistemi antropologici, così come nella meccanica quantistica, può succedere che le rilevazioni alterino il sistema stesso?
Nelle puntate viene anche citato l'esempio del pastore che ha sempre suonato e cantato nelle feste, ma soprattutto per se stesso, e che ha introiettato quel codice e quei ritmi tramandati nei secoli, ma che, nel momento in cui, anche a causa degli studi antropologici, percepisce di essere il depositario di un sapere arcaico, guardandosi allo specchio altera la percezione della sua musica, del suo codice e di se stesso. E di conseguenza la sua musica cambia.
Mi sono anche tornati in mente i casi dei gangster che imitano la loro immagine proiettata sul grande schermo. La realtà viene registrata nelle immagini, ma nel momento in cui gli oggetti (o aspiranti tali) della registrazione si rivedono alterano la propria auto-percezione e imitano quella loro immagine.

Ma allora forse aveva ragione Hofstadter: l'autoreferenza genera sempre cortocircuiti?

Ad ogni modo le puntate sono quelle del 25 e 26 aprile e si trovano qui.
Questi sono i link diretti:

sabato, aprile 18, 2015

Nuova bicicletta: Dulcinea II

Due settimane fa siamo andati nel paradiso delle biciclette. E dopo un giro veloce di considerazioni, di consigli e di guida sulla pista ho deciso quale sarebbe stata l'erede di Dulcinea.
 Ed ecco a voi Dulcinea II! In tutta la sua scura bellezza.
Come catena scoraggia-ladri mi hanno consigliato questa a metro di muratore. Dice che è una delle più resistenti. Ma ho già trovato un video in cui viene spezzata con un frullino. In quest'altro video però sembra essere davvero una delle migliori. Vedremo.
Ora devo dotare Dulcinea II di un cestello posteriore altrimenti non potrò usarla per andare alle prove con trombone, iPad e leggio.

giovedì, aprile 16, 2015

Dodecafonia

Dopo aver considerato la teoria e aver ascoltato Schönberg, Webern e Berg arrivò a una conclusione:
la dodecafonia è una cacata pazzesca!
Seguirono 92 minuti di applausi.






mercoledì, aprile 15, 2015

Carnevale della Matematica #84 - I mestieri dei matematici

L'edizione di aprile del Carnevale della Matematica è ospitato da maddmaths. Il tema è "I mestieri dei matematici".
Io ho contribuito con la Cellula Melodica



e con il mio articoletto così introdotto:

Dioniso Dionisi per Pitagora e dintornici domanda: "Se vi chiedessi qual è il vostro numero preferito che rispondereste? E se vi chiedessi se i numeri hanno un sesso? E lo sapete che esiste una legge matematica per capire se qualcuno vi sta frodando? Ma allora come non dire che quello dello “scovatore di frodi” non sia un lavoro da matematici? Qual è il sesso dei numeri? E il numero preferito? E il numero più comune?

Il mese prossimo l'edizione numero 85 del 14 maggio 2015 (“tra i cespugli zampettando") verrà ospitata da Notiziole di .mau.

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Ma allora le razze esistono davvero?

L'affermazione che il concetto di razza avrebbe una base scientifica mi ha fatto sobbalzare. Lo stavano dicendo durante una puntata di Radio3 Scienza mica a un comizio di Salvini!
Ma come!? - ho pensato. - Non è uno di quelle cose che ci ripetono e ci ripetiamo da anni? Non era già stato archiviato tutto anche grazie al lavoro di Luigi Luca Cavalli-Sforza esposto in parte in Geni, popoli e lingue che ci ha spiegato come il concetto di razza umana sia totalmente arbitrario?
Presto capisco che il responsabile dell'affermazione è Nicholas Wade, un noto giornalista e divulgatore scientifico anglo-americano, che ha esposto la sua tesi nel libro A Troublesome Inheritance: Genes, Race and Human History.


La tesi di Wade è che le differenze nei successi e negli insuccessi in diversi campi di diverse "razze" sarebbero riconducibili a differenze genetiche amplificate da differenze culturali.
A controbattere la tesi di Wade a Radio3 Scienza c'era Giovanni Destro Bisol, un antropologo molecolare.
Nell'intervista Wade sostiene che gli studi degli ultimi quindici anni, post-mappatura del DNA, sul genoma umano dimostrerebbero che la nozione di razza avrebbe una base biologica. Ma questo fatto non deve dare una base scientifica al razzismo - dice Wade.
Poi prosegue dicendo che Sforza, così come molti altri scienziati, non usava il termine "razza" ma ne usava il concetto. E che gli scienziati continuano a usare il concetto di razza tra loro perché è indispensabile ma poi pubblicamente usano la convenzione di non citare il termine "razza" e usano degli eufemismi, come "struttura di popolazione". E negli ultimi anni Wade si è accorto che stavano affiorando sempre più informazioni per poter descrivere le razze su basi scientifiche ma gli scienziati non ne parlavano. - Con questo libro è come se avessi esclamato: il re è nudo - conclude Wade.
Giovanni Destro Bisol dice, invece che la diversità tra i vari gruppi non può essere descritta da schemi rigidi come quello di razza. Sia perché non ci sono chiari confini genetici tra i vari gruppi, ma la diversità segue un andamento graduale; sia perché gran parte della diversità genetica è già presente all'interno di quegli insiemi di individui che condividono un luogo geografico e una cultura che sono le popolazioni. Paradossalmente, potrebbero esserci un nigeriano e un italiano con meno diversità genetica di quella riscontrabile tra due italiani.
Sembra che il libro abbia ricevuto critiche dalla maggior parte della comunità scientifica, inclusi molti degli scienziati sui cui risultati Wade basa le sue conclusioni. Ad agosto del 2014 il New York Times Book Review ha pubblicato una lettera firmata da 144 docenti in materia di genetica delle popolazioni e biologia evolutiva. Nella lettera si legge (liberamente tradotta):

...Wade giustappone un resoconto incompleto e inaccurato delle nostre ricerche sulle diversità genetiche umane a sue speculazioni secondo cui la recente (degli ultimi 50.000 anni) selezione naturale avrebbe generato differenze nei risultati del test I.Q. e nello sviluppo delle istituzioni politiche ed economiche. Noi non accettiamo l'implicazione di Wade che i risultati delle nostre ricerche convalidino le sue congetture. Perché non le convalidano.
In risposta alla lettera, Wade ha scritto: "Questa lettera è il risultato di considerazioni politiche e non scientifiche. Sono sicuro che la maggior parte dei firmatari non abbia letto il mio libro [...]".

Non posso trarre conclusioni basate sulla lettura del libro di Wade perché non l'ho letto e perché non sono un esperto in materia. Però i fatti che ho riportato mi spingono a dare sicuramente più credito ai firmatari della lettera.

mercoledì, aprile 01, 2015

The Hoods o C'era una volta in America

La lettura di The Hoods sta dando una nuova vita e aggiungendo nuovi dettagli a una delle storie cinematografiche che ho più amato: quella di C'era una volta in America. Il libro, a differenza del film che ha ispirato, viene narrato in ordine cronologico. Si apre con una scena in cui Noodles è seduto sui banchi di scuola. Seguita da una scena in cui il direttore della scuola cerca di convincere l'adolescente, fornendogli le opportunità, a continuare gli studi. Ma, nonostante l'intelligenza e l'umanità del direttore, Noodles respinge la proposta recitando bene la sua parte di duro e reprimendo invece le spinte provenienti dalla sua passione. Eh sì, Noodles ha una passione che non affiora per niente nel film di Sergio Leone: quella per i libri. Ebbene sì! Il ragazzino cresciuto nei bassifondi della Lower East Side sviluppa un interesse morboso per la lettura, tra le varie peripezie causate dall'assenza di luce per mancanza di gas e per la mancanza di soldi. Passione che alla fine lo porterà a scrivere la sua storia di malavitoso.
Ma sono circa alla metà del libro e sto lentamente pre- e post-gustando tutte le nuove e le ri-scoperte.

Correlato a Il conte di Montecristo e C'era una volta in America

lunedì, marzo 30, 2015

Epitaffio a Dulcinea

Dopo quasi sette anni e qualche migliaio di chilometri di viaggi insieme la mia cara Dulcinea mi ha lasciato.
O meglio, se la sono portata via. Al suo posto ho trovato i resti metaforici di una catena spezzata.
Nei prossimi giorni, o forse dopo Pasqua, dovrò procurarmi una degna erede. E, visto che  non ho cambiato idea dal 2008, l'erede sarà rigorosamente da donna.
Il misfatto è avvenuto nottetempo difronte alla biblioteca universitaria. Avevamo lasciato le bici lì perché, dopo una cena, a tarda ora, e viste le temperature, abbiamo preferito approfittare del passaggio di un'amica. La bici di Zucchero fortunatamente non è stata toccata.

mercoledì, marzo 25, 2015

Qual è il sesso dei numeri? E il numero preferito? E il numero più comune?

Se vi chiedessi qual è il vostro numero preferito che rispondereste? E se vi chiedessi se i numeri hanno un sesso?
Nel mio caso le mie risposte hanno coinciso in ambo i casi con le risposte della maggioranza degli intervistati.
Mi direte: ma che senso ha la domanda se i numeri abbiano un sesso? Bene, allora restringiamo il campo. I dispari sono maschili o femminili? Restringiamo ancora. Il numero 1 è maschile o femminile? E il 2?
Se volete rispondere senza essere influenzati fatelo ora, nei commenti, prima di leggere la fine di questo post.
Le risposte che troverete alla fine provengono dal libro di Alex Bellos pubblicato in italiano con il titolo I numeri ci somigliano. Libro che non ho letto. Ho ascoltato però l'intervista a Bellos di Radio3 Scienza del 17 marzo. Oltre alla domanda sul sesso dei numeri e sul numero preferito, durante l'intervista si parla di una legge matematica che ha dell'incredibile. La legge di Benford. Se uno vi dicesse prendiamo una tabella contenente tutti i numeri di abitanti di tutti i comuni italiani. Avreste una tabella con più di ottomila numeri. Dal 36 (il numero di abitanti di Pedesina) al 2.872.086 (il numero di abitanti di Roma). Se qualcuno vi chiedesse: preso un numero a caso da quell'insieme, qual è la probabilità che quel numero cominci con la cifra 1? (Come, ad esempio, il numero di abitanti del mio paese che, nell'anno in cui sono nato, era poco sopra ai 1900)

A intuito penso che tutti considereremmo il problema come equivalente al lancio di un ipotetico dado a nove facce con una possibilità (quella di avere 1 come prima cifra) su nove cifre, quindi 1/9. Cioè circa l'11,11% di probabilità che un numero scelto a caso cominci con la cifra 1. Allo stesso modo, circa l'11,11% di probabilità che quel numero cominci con la cifra 2, e così via.
E invece guardate qua! Il 31% di quei numeri cominciano con la cifra 1, il 16,9% con la cifra 2, il 12,9% con la cifra 3, e così a scendere.

E la cosa interessante è che questa non è una caratteristica dei comuni italiani. Qualsiasi altro insieme di dati reali "sufficientemente grande" e "sufficientemente distribuito su diversi ordini di grandezza" dovrebbe seguire la distribuzione stabilita da questa legge.
Ad esempio, se considero le cifre dei conti in banca di tutti i conti correnti italiani dovrei ottenere quella distribuzione. Ma, sorprendentemente, anche se converto quei numeri in dollari, o in yen, o in sterline dovrei ottenere sempre quella distribuzione!

E allora qualcuno ha pensato: perché non usare questa legge per scovare le frodi? Con l'idea che, di solito, chi froda non conosce questa legge e tende a inserire numeri con cifre equamente distribuite. Ed effettivamente negli Stati Uniti la legge di Benford è stata accettata come prova nella contabilità forense.
Ma allora come non dire che quello dello scovatore di frodi non sia un lavoro da matematici?
E quindi anch'io mi sono messo al lavoro e ho creato una tabella con i dati relativi al mio conto corrente. Ho preso i dati degli ultimi mesi, poco più di cento numeri, e li ho riassunti nella tabella sottostante. Nella prima colonna c'è la cifra, nella seconda il numero di volte che occorre come prima cifra dei vari numeri presenti nel mio conto corrente, poi la percentuale sul totale e infine la percentuale secondo la legge di Benford.

Conto Legge
1 45 42,06%   30.1%
2 19 17,76%  17.6%
3 11 10,28%   12.5%
4 10 9,35%   9.7%
5 10 9,35%   7.9%
6 2 1,87%   6.7%
7 3 2,80%   5.8%
8 4 3,74%   5.1%
9 3 2,80%   4.6%

Come vedete, le cifre che si discostano di più dalla legge sono l'1, con una differenza del 12,5% in più, il 6, con poco meno del 5% in meno, e il 7, l'8 e il 9, che hanno tutti meno occorrenze rispetto ai valori previsti dalla legge.
Ora sono un po' incerto se giudicare questo andamento come accettabilmente aderente alle previsioni della legge di Benford o se avviare una battaglia legale per frode nei confronti della mia banca. Posso considerare un insieme di 107 numeri "sufficientemente grande"? E soprattutto, posso considerare l'insieme dei numeri del mio conto "sufficientemente distribuito su diversi ordini di grandezza? Direi di no. Di certo gli ordini di grandezza non sono così ampi come quelli dei comuni italiani. E allora per stavolta la banca si è salvata.

Ah, quasi dimenticavo i risultati del sondaggio. Allora, la stragrande maggioranza degli intervistati considera i dispari maschili e i pari femminili.
E il numero preferito è il numero 7.
Comunque, se volete conoscere dei tentativi d'interpretazione delle ragioni di tali risultati ascoltate l'intervista a Bellos di Radio3 Scienza del 17 marzo. Vi dico solo che «già nelle prime rappresentazioni numeriche, in Mesopotamia, la parola per il numero uno, ges, significava uomo, mentre min, due, voleva dire anche donna. Poi, nel VI secolo a.C., Pitagora rafforzò il concetto definendo "maschili" i numeri dispari e "femminili" i numeri pari».
Ebbene sì. Si torna sempre lì.

domenica, marzo 15, 2015

Carnevale della Matematica #83 - una speciale giornata del pi greco

È ormai il quarto anno consecutivo che DropSea ospita il Carnevale della matematica nella giornata del pi greco. E che giornata del pi greco quella di quest'anno! Nella data del 14 marzo espressa nel formato americano non troverete infatti solo le solite tre cifre del pi greco 314 ma troverete anche le altre due: 15. E se farete cominciare il carnevale alle 9:26, come ha fatto Gianluigi, riuscirete ad avere un'approssimazione a otto cifre. Peccato che blogger non consente di inserire i secondi nella data di pubblicazione, dice Gianluigi, altrimenti avremmo avuto altre due cifre.

Così Gianluigi introduce i miei contribuiti:

Dopo la letteratura, passiamo alla letteratura e alla musica con Flavio Ubaldini:
È noto che i pittori medioevali, soprattutto fino al XIII sec., non riuscivano a rappresentare molto bene la dimensione della profondità spaziale. Ma, a partire dal XIV secolo, la Prospettiva cominciò a imporsi. E il primo a ideare un metodo per rappresentare gli edifici in prospettiva fu...
Lo so che siete lì, che volete sapere "chi fu! chi fu!" E allora un solo consiglio, andate a leggere La nascita della prospettiva e i suoi aspetti geometrici.
Il buon Flavio manda anche un secondo contributo, il cui titolo dice (più o meno) tutto: Come è stato scelto il genere dei nomi tedeschi?. Ovviamente... "mathematics rules"!
L'ultimo contributo di Flavio è, infine, di genere musicale: in luogo dell'usuale (da qualche edizione) cellula melodica dedicata all'ordinale del carnevale, ecco invece la cellula melodica dedicata al 14 marzo 2015 senza versi. Solo con 3, 2 × 7 3 × 5
83 è un numero primo troppo grande per essere incluso nella cellula melodica gaussiana. Purtroppo la melodia gaussiana non è come la poesia: ha dei buchi. Pure se inserissimo i quarti di tono indiani prima o poi arriveremmo a un limite. L'unica soluzione sarebbe poter avere una variazione continua delle frequenze ma poi dovrei anche creare un nuovo modo per rappresentare le note

Il mese prossimo l'edizione numero 84 del 14 aprile 2015 (“il merlo melodioso canta, canta”) verrà ospitata da MaddMaths!

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domenica, marzo 08, 2015

Come è stato scelto il genere dei nomi tedeschi?

La condivisione di questa foto da parte di Fabio Ronci mi ha ispirato alcune considerazioni grammaticali/probabilistiche sul genere dei nomi tedeschi.
Commentando la simpatica immagine dicevo a Fabio che, volendo essere pignoli e dando per buoni questi dati: maschile 47%, femminile 40%, neutro 13% , per avvicinarsi un po' di più alla realtà delle percentuali del genere dei nomi tedeschi si sarebbero dovute assegnare tre delle facce dei dadi al der (50%), due al die (33% approssimando) e una al das (17%).
Poi ho pensato che ancor meglio sarebbe stato passare dal cubo del dado a sei facce all'ottaedro del dado a otto facce. Assegnando quattro facce al der (50%), tre al die (37,5%) e una al das (12,5%). E la domanda successiva non poteva che essere: con i tipi di dadi generalmente in uso qual è il numero di facce che meglio approssima quelle percentuali?
Sicuramente ci sarà un modo matematicamente rigoroso per affrontare il problema. Se qualcuno dovesse conoscerlo si faccia pure avanti. Io, pigramente, l'ho affrontato in modo euristico.
Uno potrebbe pensare che aumentando il numero di facce l'approssimazione migliori uniformemente. La tendenza dovrebbe essere quella ma, se passiamo dall'ottaedro del dado a otto facce al trapezoedro pentagonale del dado a dieci facce otteniamo un'approssimazione di: cinque facce al der (50%), quattro al die (40%) e una al das (10%). E questa approssimazione è migliore di quella del dado a otto facce? Forse dovremmo definire una metrica per decidere come si misura un'approssimazione. Un modo semplice potrebbe essere quello di considerare la somma delle differenze dalle percentuali precise. In questo modo zero sarebbe la misura dell'approssimazione migliore e, con il crescere della misura, peggiorerebbe l'approssimazione. Con questa misura, per l'ottaedro otterremmo 6 e anche per il dado a dieci facce otteniamo 6. Mentre per il dado tradizionale avevamo 14.
E se proviamo con il dodecaedro del dado a 12 facce otteniamo: sei facce (50%) al der, 4 (33%) al die e 2 (17%) al das. E cioè 14. La stessa approssimazione delle sei facce ma nettamente peggiore rispetto alle otto e alle dieci facce.
Certo se poi ci spingiamo verso le varianti più rare fino ad arrivare allo zocchihedron del dado a cento facce, in quel caso riusciamo a ottenere un'approssimazione perfetta con 47 facce al der, 40 al die e 13 al das.

mercoledì, marzo 04, 2015

La Terra dei fuochi e il masochismo degli Italiani

Se volete avere un'idea dei controlli effettuati per accertare l'effettiva tossicità dei prodotti della Terra dei fuochi vi invito ad ascoltare questa puntata di Radio3 Scienza.
"Mappature, sopralluoghi, campionamenti. E poi rilievi chimici, analisi della radioattività e della tossicità: tutto per distinguere i terreni coltivabili da quelli off-limits. La Terra dei fuochi torna ad essere argomento di cronaca ora che, dopo mesi di lavoro, vengono pubblicati i primi dati. Con quali esiti? I prodotti agricoli della zona sono davvero a rischio? Lo chiediamo a Marinella Vito, direttore tecnico dell'Arpa Campania."
Da quello che ne so l'Italia possiede uno dei sistemi migliori in Europa per il controllo delle contraffazioni e della non tossicità dei cibi. Diciamocelo qualche volta mettendo da parte il nostro innato masochismo che ci porta ad autoscreditarci in continuazione autogettandoci addosso palate di fango.

E relativamente al masochismo nazionale, che spesso osservo e di cui a volte sono vittima anch'io, molto istruttiva è questa puntata di Pane quotidiano con Vittorino Andreoli.
"Masochismo mascherato. Fede assoluta. Individualismo spietato. Sono alcuni dei sintomi che nel suo nuovo libro “Ma siamo tutti matti” Andreoli riscontra nel popolo italiano. Non una media dei vizi nazionali, ma un vero e proprio quadro clinico che rivela, con una “pietas” che è quasi un atto d’amore per l’Italia, le influenze del contesto storico e sociale sulla nostra psiche collettiva, perennemente in bilico tra normalità e follia."
Qui c'è pure una sua intervista.

E anche questa puntata di Fahrenheit: Italiani, vil razza dannata.
"Secondo i dati forniti dal Reputation Institute, gli italiani non si piacciono, non si vogliono bene: il nostro Paese è all'ultimo posto nella graduatoria della fiducia in sé stessi, nell'autostima. A cosa è dovuto tutto questo pessimismo? Lo chiediamo a Ilvo Diamanti, docente Scienza Politica e Comunicazione politica Università Urbino-Carlo Bo, ultimo libro Democrazia ibrida, Laterza 2014 e con Vittorino Andreoli, psichiatra e autore di Ma siamo matti. Un paese sospeso tra normalità e follia, Rizzoli 2015 e Elena Pulcini, docente di Filosofia politica nell’Università di Firenze, ultimo libro Invidia. La passione triste. I 7 vizi capitali, Il Mulino 2011."

domenica, marzo 01, 2015

Il rinascimento: la nascita della prospettiva e i suoi aspetti geometrici - Numeri e Geometria attraverso la storia

Nella puntata precedente abbiamo parlato dei progressi che  Niccolò Copernico e Georg Joachim Rheticus apportarono alla trigonometria. In particolare, Rheticus, con l'Opus palatinum de triangulis, pubblicato dopo la sua morte, fece raggiungere alla trigonometria un livello di maturità molto avanzato.
Ma, tornando indietro di qualche anno e cambiando settore della matematica, possiamo osservare che in Italia cominciarono a svilupparsi nuovi rapporti tra la geometria e le arti figurative. È noto che i pittori medioevali, soprattutto fino al XIII sec., non riuscivano a rappresentare molto bene la dimensione della profondità spaziale. Ma, a partire dal XIV secolo, la Prospettiva cominciò a imporsi. Dapprima, con Giotto (1267 – 1337) e Ambrogio Lorenzetti  (1290 – 1348) (Annunciazione - 1344), in modo piuttosto intuitivo, e in seguito, durante il Rinascimento, attraverso approcci più scientifici.




http://carnevalenrico.altervista.org/
Il primo a ideare un metodo per rappresentare gli edifici in prospettiva fu l'architetto fiorentino Filippo Brunelleschi (1377 - 1446)1. A lui si deve l'invenzione della prospettiva a punto unico di fuga. Attraverso studi ed esperienze condotte con l'aiuto di strumenti ottici, Brunelleschi elaborò un procedimento per rappresentare gli edifici in prospettiva. Grazie a Leon Battista Alberti (1404 - 1472) sappiamo che due tavolette di Brunelleschi andate perdute raffiguravano il battistero visto dalla porta di Santa Maria del fiore, la piazza della Signoria e palazzo Vecchio. Alberti, inoltre, produsse la prima trattazione scritta sulla prospettiva a noi pervenuta: il De Pictura (1434-1436).
http://www.istitutomaserati.it/ 
Tra le altre cose il trattato descrive un metodo ideato dallo stesso Alberti per rappresentare, nel piano del dipinto verticale, una serie di quadrati disposti nel piano del pavimento orizzontale.
Sia V il punto della veduta in cui è situato l'occhio, h la distanza dal pavimento e k la distanza dal piano del dipinto. L'intersezione del piano del pavimento con il piano del dipinto viene chiamato "la linea giacente", il piede C della perpendicolare tirata da V al piano del dipinto viene chiamato "centro della visione" o punto di fuga principale, la linea passante per C e parallela alla line giacente è nota come "linea di fuga", e i punti situati su questa linea alla distanza k da C sono chiamati "punti di distanza". Se prendiamo dei punti equidistanti tra loro lungo la linea giacente, e se tracciamo delle linee che uniscano questi punti con C, allora la proiezione di queste linee sul piano del pavimento formerà un insieme di linee parallele ed equidistanti. Se da V tracciamo linee di connessione con tali punti, in modo da formare un altro insieme di linee che intersecano il piano del dipinto in altri punti, e se per questi ultimi punti tracciamo delle parallele alla linea giacente, allora l'insieme di trapezi nel piano del dipinto corrisponderà a un insieme di quadrati nel piano del pavimento.
Un ulteriore progresso nello sviluppo della prospettiva venne effettuato da Piero della Francesca (1416/1417 circa - 1492) nel suo secondo trattato De prospectiva pingendiPiero della Francesca affrontò un problema più complesso rispetto a quello affrontato dall'Alberti. E cioè quello di dipingere nel piano del dipinto oggetti tridimensionali così come essi vengono visti da un dato punto di veduta. Il suo primo trattato, Trattato d'abaco, scritto trent'anni prima, era invece dedicato alla matematica applicata al calcolo commerciale. E il suo terzo e ultimo trattato, Libellus de quinque corporibus regularibus, è dedicato alla geometria e riprende temi antichi di tradizione platonico-pitagorica, come, ad esempio, il riferimento alla "divina proporzione" secondo la quale si intersecano le diagonali di un pentagono regolare. Nel trattato Piero della Francesca trova inoltre il volume comune a due cilindri circolari uguali i cui assi si intersecano ad angoli retti. E arriva a questo risultato senza conoscere il lavoro di Archimede Della sfera e del cilindro, ancora da riscoprire a quei tempi. Quindi, il Piero della Francesca che si studia solitamente nella storia dell'arte può essere considerato a tutti gli effetti anche un matematico.

Nella prossima puntata parleremo dei progressi della geometria dopo la riscoperta di alcuni degli antichi trattati geometrici che avvenne intorno alla metà del XVI secolo e dell'introduzione di nuovi simboli.

Puntate precedenti...

Indice della serie

1 Carl B. BoyerStoria della matematica, Oscar Saggi Mondadori