mercoledì, marzo 06, 2013

M5S e microchip: come distinguere la realtà dalle leggende metropolitane?

Oggi ho letto la seguente citazione di Simone Angioni:

"E intanto a Ballarò Paolo Bernini, deputato del M5S, dà credito a scie chimiche, microchip nel cervello e complotti globali. Questa era la mia vera paura. Che i grillini potessero portare novità e cambiamento mi poteva andare anche bene, ma ora abbiamo in parlamento un buon numero di persone convinte della concretezza delle principali teorie complottiste. Per dirla fuori dai denti: persone che non distinguono la realtà dalle leggende metropolitane che girano in rete. Ok, bene, forse si farà la legge sul conflitto di interessi, nel frattempo proporranno leggi sul divieto dei codici a barre, metteranno al bando le scie di condensazione degli aerei e già che ci siamo vietiamo anche l'incontrollato e molesto pascolo abusivo degli gnomi."

Questa frase mi ha colpito: "Non distinguere la realtà dalle leggende metropolitane che girano in rete". Credo proprio che sia uno dei mali della nostra era - ho pensato immediatamente. Ne vedo  così tante di queste leggende metropolitane condivise quotidianamente come fossero rivelazioni epocali. Se questo è il risultato della tanto sbandierata democrazia digitale forse a quel punto non sarebbe lecito auspicare un sano ed ingenuo analfabetismo informatico?
Ma poi mi sono chiesto: se eliminiamo "che girano in rete" dalla frase citata, che cosa cambia? Quali sono le implicazioni? 
"Perché, tu ancora credi che la cura per il cancro non esiste!? Sta nei cassetti delle case farmaceutiche che ce la nascondono per continuare a far soldi!" È a quando sono bambino che sento ripetere frasi simili. E a quei tempi la rete non esisteva neppure nei film di fantascienza.

Quindi quello che ci dovremmo chiedere forse è come distinguere la realtà dalle leggende metropolitane? E soprattutto, come insegnarlo nelle scuole in modo da evitare che futuri deputati siano così (per mantenermi sul tono eufemistico) sprovveduti? 

Ovviamente non conosco le risposte. Un piccolo passo per cominciare però potrebbe essere quello di leggersi queste 10 domande per distinguere la scienza reale da quella fasulla e cercare di usarle come filtro prima di condividere qualsiasi rivelazione. Generalizzandole un po' penso che si possano applicare anche a contesti più generali. 


Consiglio anche la lettura di "Il deputato grillino Bernini e gli inesistenti microchip impiantati sotto la pelle". Articolo in cui Paolo Pascucci approfondisce e sviluppa molto bene il tema fornendo anche altri suggerimenti per distinguere realtà e leggende metropolitane.

2 commenti:

Paolo Pascucci ha detto...

Dici giusto Dioniso, le leggende c'erano anche prima di internet, solo che erano molto meno diffuse. Una volta ho riflettuto sul fatto che mancanza ed eccesso di informazioni pari sono, perchè da entrambe è difficile trarre l'informazione corretta. Ma non è solo questione di quantità, ovviamente. Ancora oggi, sul post che graziosamente citi, un anonimo commentatore linka un post che dà per scontato l'imminente inserimento sotto cute dei famosi microchip, basata sul niente, perchè nella legge citata microchip non compare mai. Si ha paura del registro, come se non ce ne fossero già centinaia, di registri. Qualche giorno fa mi sono ritrovato a discutere con un commentatore su G+ che pubblicava la solita infografica sulle auto blu, che sarebbero oltre 600 mila. Gli facevo notare il documento del ministero dal quale risulta che sono 60 mila circa, ma non c'è stato modo di convincerlo perchè alla fine ha detto: è la riprova che sia le fonti ufficiali che quelle non ufficiali sono ugualmente inaffidabili. Come scardini questa mentalità, che è colpa anche della vera inaffidabilità della cosa pubblica? Su ogni notizia, su ogni fatto, e lo verificherai anche tu sui social, anche quello più provato, c'è sempre chi penserà al complotto, diffonderà la cosa, e moltissimi ci crederanno. Non è stata sufficiente neanche la bufala del 21 dicembre 2012; adesso c'è quella del 23 marzo 2013 e chissà quante altre ancora. Una delle ipotesi che faccio, ma mi riservo di approfondirla, è che ciò che "vogliamo credere" a forza fa ormai parte di noi stessi, come il modo di essere, di comportarsi, e rinunciarvi significherebbe rinunciare a una parte di sè, per poi ricostruirla.

dioniso ha detto...

Sì, quello che dici è vero. Alla fine un po' di questa resistenza ad accettare fatti diversi da quelli che credevamo veri forse ce l'abbiamo un po' tutti, ma ci sono gradi molto diversi di questo tipo di riluttanza che, ne peggiore dei casi, si manifesta come approccio dogmatico o peggio ancora come pensiero magico. Approcci che rendono ogni discussione totalmente inutile.
Anch'io ho avuto casi di discussioni del genere. Nonostante ciò continuo a caderci ogni tanto. Forse perché sono fondamentalmente ottimista e a volte mi dico: magari uno dei semi gettati potrebbe trovare un venatura di terra nel blocco di granito.