Il personaggio che mi ha affascinato di più è stato senz'altro Cesare. Romano del Ghetto. Parla solo il romanesco della comunità ebraico-romana e si stupisce che nell'Europa orientale non lo capiscano, ma ha grandissime capacità nel commercio, affinate da una vita trascorsa a commerciare nei mercati della capitale.
Durante la tappa a Katowice, Cesare apprende qualche parola di polacco e comincia a girare il mercato della città sfamandosi di fragole con il trucco di passare da bancarella a bancarella, scegliendo la fragola più grossa, masticandola con aria da intenditore e ripetendo ogni volta: "nié ddobre", "non buona". Cesare però non si accontenta di questi semplice trucchetti ed avvia una serie di traffici di capi ottenuti attraverso baratti con i militari russi e rivenduti al mercato di Katowice. Bellissima è la scena in cui Cesare cerca di piazzare una camicia bucata e ne decanta le lodi con una "mimica di gran classe" ed un "eloquenza torrenziale", "apostrofando a tratti questo o quello del pubblico con nomignoli osceni che si inventava al momento". Il tutto sempre rigorosamente nel gergo del Ghetto. "Sventolava la camicia al sole tenendola ben stretta proprio nel punto in cui c'era il buco". "Si interruppe bruscamente, baciò la camicia con affetto, e poi, con voce risoluta e insieme commossa, come se gli piangesse il cuore a separarsene, - Tu panzone! - disse - quanto mi daresti pe 'sta cosciuletta?!". La scelta denotava anche le capacità psicologico-mercantili di Cesare. Dopo una teatrale e appassionante trattativa che suscita l'ilarità della folla dei polacchi, Cesare riesce infatti a rifilare la "cosciuletta" al "panzone" per 150 Zloty: 50 in più rispetto all'offerta iniziale.
In Russia invece il traffico di Cesare consiste nel baratto - sempre con soldati russi - di sigarette per carpe al limite della putrefazione. Cesare quindi ravviva e gonfia le carpe con un'iniezione di acqua e le baratta di nuovo con i contadini russi avendo la cura di cambiare zona ogni volta.
La tecnica delle iniezioni era stata affinata da una serie di esperimenti condotti con le vecchie siringhe dell'infermeria dove lavorava Levi.
Ho trovato però di un'umanità commovente il momento in cui Cesare, durante una delle sue spedizioni tra le case dei villaggi contadini russi, alla ricerca della vittima di turno, si imbatte invece in una vedova con diversi figli in condizioni disperate e comincia ad aiutarla in modo totalmente disinteressato, non parlandone però con nessuno per timore di mostrare questa sua debolezza.
"Giunsi a Torino il 19 di ottobre, dopo trentacinque giorni di viaggio" e dopo quasi dieci mesi dalla liberazione per mano dei Sovietici. "La casa era in piedi, i familiari vivi, nessuno mi aspettava. Ero gonfio, barbuto e lacero, e stentai a farmi riconoscere. Ritrovai gli amici pieni di vita, il calore della mensa sicura, la concretezza del lavoro quotidiano, la gioia liberatrice del raccontare."
"Ma solo dopo mesi svanì in me l'abitudine di camminare con lo sguardo fisso al suolo, come per cercarvi qualcosa da mangiare o da intascare presto e vendere per pane; e non ha cessato di visitarmi" ... "un sogno pieno di spavento.
È un sogno dentro un altro sogno, vario nei particolari, unico nella sostanza. Sono a tavola con la famiglia" ... o "in un ambiente placido e disteso; eppure provo un'angoscia sottile e profonda, la sensazione definitiva di una minaccia che incombe. E infatti al procedere del sogno" ... "tutto cade e si disfa intorno a me" ... "e l'angoscia si fa più intensa e precisa." ... Sono solo ora "al centro di un nulla grigio e torbido, ed ecco, io so che cosa questo significa, ed anche so di averlo sempre saputo: sono di nuovo in Lager, e nulla era vero all'infuori del Lager. Il resto era" ... "sogno."
1 commento:
See you later ;-)
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