lunedì, maggio 18, 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 10: riepilogo, monoteismo Egizio e matematici arabi

Breve riepilogo delle puntate precedenti:

Abbiamo visto che nel V sec. a.C. il fulcro del sapere matematico era in Calabria, a Crotone: la sede della scuola pitagorica; e che i pitagorici avevano basato il loro modello del cosmo sull'Aritmetica.

Pitagora però, prima di approdare definitivamente a Crotone e spendere lì i suoi ultimi 4 decenni di vita, aveva lasciato la sua isola natìa di Samo per viaggiare in cerca di sapere e conoscenza. Era approdato in Egitto e aveva trascorso lì qualche anno ed in seguito si era spostato a Babilonia. Nei suoi prima 40 anni di vita era quindi riuscito ad entrare in contatto diretto con le tre grandi colonne portanti del sapere di allora: il mondo ellenico, l'Egitto e Babilonia.
Questo almeno secondo quello che Giamblico scriveva circa otto secoli dopo la morte di di Pitagora. Come si può facilmente immaginare non è dato sapere dove finisca la realtà e dove cominci la leggenda.

Durante il viaggio in Egitto Pitagora dovette sicuramente entrare in contatto con la teologia del monoteismo Egizio.
Se ne rivelano infatti varie tracce nella "teologia" pitagorica che asseriva che il mondo era stato creato per mezzo dei Numeri.

Il concetto proveniva appunto dalla teologia del monoteismo Egizio: il creatore crea il mondo per mezzo della Parola, del Logos, della Logica. Nella teologia pitagorica la Parola egizia si trasforma in Numero: il creatore ha bisogno di un mezzo per creare l'universo e tale mezzo è il Numero.

In principio erat Verbum - Εν αρχη ην ο Λογος

Mentre nella teologia cristiana la Parola egizia si trasformerà in Cristo: il creatore ha bisogno di un mezzo per creare l'universo e tale mezzo è Cristo.
Quindi l'incipit del Vangelo di Giovanni, scritto 6-7 secoli dopo Pitagora, tradotto in Termini Pitagorici sarebbe stato:

In principio era il Numero
E il Numero era presso Dio
E il Numero era Dio


Sul tema della "teologia" pitagorica, mutuata da quella del monoteismo Egizio, vorrei fare una breve digressione.

Comunemente si tende probabilmente a pensare che il concetto di monoteismo sia nato in Israele con la religione ebraica.
La realtà potrebbe essere diversa: sembrerebbe che il monoteismo Egizio sia ben più antico del monoteismo ebraico. Anzi secondo alcuni il monoteismo ebraico sarebbe nato proprio durante la "cattività egiziana" del popolo ebraico e non sarebbe altro quindi che uno sviluppo del monoteismo Egizio.

Addirittura, secondo l'ipotesi di Freud esposta nel suo ultimo lavoro: "L'uomo Mosè e la religione monoteistica", Mosè avrebbe fatto parte della classe dirigente egizia ed egli stesso sarebbe stato un egizio.
La vicenda di Mosè si sarebbe svolta intorno all'anno 1350 a.C. durante il regno di Amenofi IV che condusse la rivoluzione monoteista nell'antico Egitto abolendo il politeismo. Egli stesso cambiò il suo nome in Akhenaton essendo Aton il dio unico.

Sarebbe stato a causa di una reazione che volle imporre in Egitto una controriforma di segno politeistico che avrebbe avuto inizio la storia del nuovo popolo di Mosè, fondato da chi non volle sottomettersi alla restaurazione del politeismo e che fu quindi costretto a fuggire dall'Egitto in cerca di una nuova terra per poter professare liberamente il nuovo credo monoteista. Terra promessa che dopo l'attraversamento del deserto fu trovata in Palestina.

Ma torniamo al riassunto delle puntate precedenti.
Abbiamo visto che in seguito ad un crollo logico-mistico-filosofico della scuola pitagorica - ma anche in seguito fisico, visto che la scuola venne bruciata - il modello pitagorico del cosmo basato sull'Aritmetica venne abbandonato e rimpiazzato con il modello di cosmo di Platone, basato sulla geometria.

Abbiamo anche visto che dopo la distruzione definitiva della Biblioteca di Alessandria in seguito alla conquista islamica dell'Egitto del 639 d.C. da parte del secondo califfo dell'Islam Omar ibn al-Khattāb, alcuni volumi custoditi nella Biblioteca sopravvissero: sia rimanendo in loco che venendo trasportati a Bisanzio; e che i primi vennero tradotti un paio di secoli dopo dagli Arabi, che nel frattempo si erano oramai evoluti e acculturati; e che fu proprio grazie a loro che molte di quelle opere, tradotte in seguito in latino, sono pervenute fino ai nostri giorni.

Circa un secolo e mezzo prima della distruzione della Biblioteca, inoltre, con la caduta dell'Impero romano d'Occidente era cominciato quel declino culturale che sarebbe durato diversi secoli; e la distruzione della Biblioteca di Alessandria fu un altro duro colpo che inflisse un'accelerazione a tale declino.
Un nuovo polo del sapere matematico (e non solo) venne però a ricostituirsi più di un secolo dopo la caduta della Biblioteca presso la cultura araba.

I matematici arabi ebbero il vantaggio di trovarsi in una posizione geografica che gli permetteva di accedere a tre grandi fonti di cultura: quella greca, quella babilonese e quella indiana.
Essi contribuirono alla disciplina con notevoli risultati, funzionando a volte come ponte culturale tra l'India e l'Europa e a volte come anello di congiunzione sintetica.

Nella prossime puntate parleremo dei matematici arabi ed in particolare del più celebre tra essi.

Indice della serie

12 commenti:

Sebastiano ha detto...

Bravo Dioniso, sei stato di parola!!

Ciao!!

dioniso ha detto...

Grazie!

Stavolta poca matematica e tanta teologia eh!

Abbracci

Unknown ha detto...

Bravo, mi è piaciuta molto questa digressione teologica. Dà da riflettere soprattutto la faccenda di Mosè l'egizio, cosa che più o meno è sempre stata accettata, nel senso che comunque se ne parla come di un uomo cresciuto nel cuore della cultura egizia.
I tre versetti che parlano della fuga dall'Egitto (il 19, 20 e 21 del libro dell'Esodo, o libro dei Nomi) sono composti ciascuno da 72 lettere e 72 sono i nomi di Dio, come 72 sono gli angeli che discendono direttamente dai 360 'tipi' che gli egizi avevano immaginato per descrivere (e catalogare) il genere umano. 360, cioè lo sguardo a tutto tondo, come 360 sono i gradi. Ovvero il mondo, o Dio stesso. E 72 risulta da quel 360 diviso 5, che per la cultura ebraica rappresenta l'uomo. E quindi, sostengono i qabbalisti, il 72 mostra Dio in contatto con l'uomo.
Scusate questa digressione (esposta da salumaio) ma Dioniso si è infilato in una materia così ampia che è difficile non partecipare. E poi mi piaceva mostrare un'altra forte parentela tra la cultura teologica egizia e quella ebraica.
Luca

Sebastiano ha detto...

E 72 sono i gradi del bicilindrico a V del Morini 3 1/2, che giace nel mio garage in attesa di risorgere...

dioniso ha detto...

Ciao Luca,

grazie per il commento!

Molto interessante!
Sia 72 che 360 portano a 9, che è 3 al quadrato. Che cosa rappresentano 3 e 2 nella Qabalah?

A proposito! Le forti parentele tra la cultura teologica egizia e quella ebraica non finiscono qui.

Pare che il Libro dei morti egiziano raccogliesse una serie di istruzioni alle anime dei defunti affinché potessero superare il giudizio.

Ho trovato questa dichiarazione d'innocenza, rivolta ai 42 dèi che compongono la corte di Osiride.
Pare che risalga almeno al 1800 a.C. e mostra un'evidente somiglianza con il successivo decalogo biblico riportato nell'Esodo (XX,2-17) versetto che come tu dici parla della fuga dall'Egitto :

O corridore, che vieni da Eliopoli,
non ho commesso iniquità.

O splendente, che vieni dalle sorgenti del Nilo,
non ho rubato.

O faccia tremenda, che vieni da Rosetau,
non ho ucciso.

O spezzatore di ossa, che vieni da Eracleopoli,
non ho detto falsa testimonianza.

O malvagio, che vieni da Busiri,
non ho desiderato la roba d'altri.

O vedente, che vieni dal macello,
non ho fornicato con la donna d'altri.

O comandante, che vieni da Nu,
non ho bestemmiato.

Ma ho dato pane agli affamati, acqua agli assetati, vestiti agli ignudi.


Sebastiano, quindi il tuo Morini 3 1/2 ha inscritto in se il contatto di Dio con l'uomo! ;-)

Unknown ha detto...

Sempre sbrigativamente da salumaio, il 2 si potrebbe definire il numero del libero arbitrio (ed è arbitrario da parte mia esordire così). E' la possibilità del sì o del no, comunque. Della scelta. La dualità, appunto, che interrompe la perfetta unicità divina. Che si ricompone nella sua superiore perfezione nella trinità. Il 3, certo. Del quale direi tutte le banalità che già sapete perché forse è il numero più 'famoso'. In qualche modo si potrebbe dire che è l'Uno nel Tutto.

Bellissima la dichiarazione d'innocenza. Non la conoscevo. Be', qualcosa di più che somiglianza. Sono i comandamenti, forza. E forse aveva ragione il mio papà che m'ha allevato a pane e socialismo che mi diceva: "Se hai bisogno di Dio per ubbidire a delle regole elementari di civiltà e hai bisogno di chiamarle comandamenti allora sei veramente un povero cristo".

Morini: ho avuto il Corsarino (50 4 tempi, cambio a bilancere) e il Corsaro (125). Il mitico 3e1/2 l'ho soltanto sognato. Fallo risorgere, Sebastiano.

dioniso ha detto...

Luca,

l'idea della trinità è presente anche nella Qabalah? Non lo sapevo.

A proposito ci siamo dimenticati del 9: sia 72 che 360 portano a 9. Che cosa rappresenta il 9?

Sì, aveva proprio ragione tuo padre. Pare però che di poveri cristi ce ne siano molti.

Oggi qui ci godiamo un giorno di festa: Himmelfahrt (Ascensione) letteralmente trasferimento verso il cielo (isomorfismi semantici italo-germanici).


Saluti

Unknown ha detto...

Caro Dioniso,
sì, la tri-unità è un concetto molto più antico di quello del Nuovo Testamento. E non solo ebraico. Pitagora dice: "La Triade, arcano ternario, è l'esistenza in cui l'Immutevole e il mutevole sono congiunti". Nella cultura ebraica tre sono i mondi divini (Emanazione, Creazione, Formazione). Tre gli Elementi divini (Aria, Acqua, Fuoco). E così i Regni della Terra (Animale, Vegetale, Minerale). Più specificamente, poi: tre sono i rami della famiglia di Noè (Sem, Jafet, Cam). E non è a caso se i Re Magi (coi loro tre doni) sono proprio tre e discendono ciascuno da uno dei tre rami. Poi, tre volte Elia si stese sopra il corpo del fanciullo morto per farlo risorgere. Ed ecco che nel Nuovo Testamento la Resurrezione del Cristo avviene dopo tre giorni.
E si potrebbe andare avanti per ore.

E il nove (farà piacere a un matematico sapere che anche gli antichi consideravano le potenze) è il Numero tre volte sacro, il Numero tre volte trino. Nove sono le Sephiroth divine dell'Albero della Vita (la decima sephirah, Malkuth, rappresenta la terra, l'uomo, l'incarnazione) che formano tre triangoli. E la nona sephirah, Yesod, simboleggia il Fondamento e la Base. Costituisce il Centro della segreta Vita del Mondo, detta anche Pietra Cubica.

dioniso ha detto...

Caro Luca,

>Nella cultura ebraica tre sono i mondi divini (Emanazione, Creazione, Formazione).

Questa classificazione forse l'avevo letta sul Pendolo di Foucault circa 15 anni fa, ma se l'ho letta l'avevo anche completamente dimenticata.
Immagino che se esiste una corrispondenza con la trinità cattolica l'Emanazione dovrebbe corrispondere allo spirito santo, la Creazione al padre e la Formazione al logos, al figlio.
Oppure non sussiste alcuna corrispondenza?

>Tre gli Elementi divini (Aria, Acqua, Fuoco).

Quindi rispetto ai filosofi greci mancherebbe la Terra. Chissà se è nata prima questa di classificazione o quella greca?

>E così i Regni della Terra (Animale, Vegetale, Minerale).

Questa di classificazione invece è rimasta immutata fino ad oggi.

>E il nove (farà piacere a un matematico sapere che anche gli antichi consideravano le potenze) è il Numero tre volte sacro, il Numero tre volte trino. Nove sono le Sephiroth divine dell'Albero della Vita (la decima sephirah, Malkuth, rappresenta la terra, l'uomo, l'incarnazione) che formano tre triangoli. E la nona sephirah, Yesod, simboleggia il Fondamento e la Base. Costituisce il Centro della segreta Vita del Mondo, detta anche Pietra Cubica.

Anche questo mi riporta alla mente Il Pendolo di Foucault. Forse dovrei rileggerlo...

Saluti

Unknown ha detto...

>Tre gli Elementi divini (Aria, Acqua, Fuoco).

>Quindi rispetto ai filosofi greci mancherebbe la Terra. Chissà se è nata prima questa di classificazione o quella greca?

La Terra è, nell'Albero della Vita (quello che cresceva accanto all'Albero del Bene e del Male - o della Conoscenza - e che Dio - dopo la cacciata di Adamo ed Eva - protesse proprio da loro mettendo a guardia i Cherubini), la decima sephirah. E' l'incarnazione, la manifestazione tangibile del processo di Creazione, l'ultima nel verso discendente della Creazione e la prima nel verso dell'Ascesi, ovvero del cammino che dobbiamo fare noi uomini per risalire alla divinità della quale siamo impastati.

Unknown ha detto...

Dimenticavo: mi sta che stiamo spappolando le palle a tutti

dioniso ha detto...

:-)

Mi hai fatto fare una bella risata.

Non ti preoccupare, tanto tra i quattro lettori di questo blog solo Sebastiano e occasionalmente ubik leggono questa serie sui Numeri.
Gli altri la evitano come l'influenza suina.
Dopo tutte queste disquisizioni teologico-cabalistiche penso che abbia abbandonato il campo pure Sebastiano :-)
Ha di meglio da fare con il Morini 3 1/2 :-)

Sto preparando la prossima puntata.
Riguardando la storia dei matematici arabi mi sono reso conto che i loro risultati sono proprio tanti e importanti.
Pensavo di liquidarli in una puntata, ma forse dovrò scriverne almeno due.

Un saluto