Settembre 2001
Mercoledì 19 era stato il giorno peggiore della sua vita.
L'incertezza lo dilaniava. Le letture lo sprofondavano nel baratro. Il dubbio lo lacerava e lo condannava alla sofferenza solitaria imprigionandogli i sentimenti nel silenzio.
Per un po' si era voluto illudere che la seconda ipotesi potesse essere quella giusta. Ma durante una delle decine di letture compulsive vide un indizio. Immediatamente una voragine gli si aprì nel petto. E il cuore cominciò a combattere per non sprofondarci. I movimenti del torace erano i segni esteriori di quella battaglia.
Non può essere!
Lesse di nuovo.
No! Come nei peggiori incubi!
Aveva scritto, aveva pianto incredulo, si era inginocchiato, aveva imprecato, aveva pregato da agonistico sopraffatto dalla disperazione.
Che ne sarà di me? Sarà una condanna definitiva? O avrò una possibilità d'appello? E se ci sarà un appello quanta sofferenza porterà con se. Come faranno i miei? E Sara? Come farà Sara?
Le immagini di un film gli attraversarono la mente.
Sì, se muoio vorrei tornare a trovarla. Di tanto in tanto. Per darle una carezza. Per farle forza.
Quando lei era tornata in casa non aveva voluto dirle nulla di quell'indizio. Chissà forse pure lei era giunta alle stesse conclusioni.
La notte insonne fu l'inevitabile preludio all'appuntamento con Frau Doktor Licht.
Giovedì mattina l'assistente della dottoressa lo chiamò:
- Herr Chiellini, la dottoressa vorrebbe vederla a mezzogiorno.
- Va bene, grazie. Lei sa già quali sono i risultati?
- No, dovrà parlare con la dottoressa.
- Ho capito. Grazie.
- Se la notizia fosse stata buona me l'avrebbe data subito no? - disse dopo aver riagganciato.
- Non lo so - rispose Sara con dolcezza. - Lo sapremo tra poco.
Raggiunsero l'ambulatorio camminando sotto il sole. - Si accomodino, prego.
Nella sala d'attesa c'erano tre pazienti. Dopo pochi minuti una signora uscì dalla sala visite seguita dalla dottoressa. I muscoli di Fosco si contrassero.
Ora chiama me. Si tratta di una comunicazione importante. Gli altri possono aspettare.
La dottoressa chiamò il signore col bastone mentre l'orologio della chiesa scoccava dodici rintocchi. Sara lo consolò con un sorriso.
Dopo un'eternità il signore col bastone uscì e fu la volta del secondo paziente: una signora dai capelli violacei. Durante l'interminabile visita della signora il citofono suonò. Entrò un quarantenne in giacca, cravatta e ventiquattrore di pelle. Pingue e sudaticcio attraversò il corridoio e si presentò all'assistente della dottoressa. Era il rappresentante di una casa farmaceutica. Il terzo paziente fu chiamato nella sala visite. Fosco guardò l'orologio. Ancora venti o trenta minuti al massimo e sarebbe stato chiamato. Ma se la notizia fosse stata buona mi avrebbe fatto aspettare così tanto? Sara gli sfiorò una mano. Sembrava avergli letto nel pensiero. Il rappresentante aveva aperto la ventiquattrore e scartabellava tra i suoi fogli. Fosco lo guardò ed ebbe un sussulto. Fa che non chiami lui prima di me. Quando anche l'era del terzo paziente fu terminata la dottoressa uscì con lo sguardo inequivocabilmente rivolto verso il rappresentante di medicinali.
- Porca puttana! - sibilò Fosco.
- Lo so, è difficile, ma cerca di stare calmo - sussurrò Sara carezzandogli il viso.
Erano rimasti solo loro in quella giornata di fine estate stranamente calda e soleggiata per quelle latitudini. Loro e l'assistente che apriva le finestre per arieggiare l'ambulatorio. Fosco si alzò e si portò di fronte alla finestra. Dalla vicina porta della sala visite filtravano le voci indistinte della dottoressa e del rappresentante. L'orologio della chiesa scoccò un unico rintocco: quello piccolo. Due merli si rincorrevano svolazzando su e giù, azzuffandosi e distanziandosi tra i rami degli alberi e l'erba del giardino. Le braccia di Sara lo cinsero da dietro.
- Vorrei essere come loro - sussurrò Fosco posando le sue mani su quelle di Sara.
- Herr Chiellini, si accomodi prego.
La dottoressa sedeva di fronte a loro oltre la scrivania. Li salutò, guardò lo schermo e poi si volto verso Fosco con volto sereno.
- Con i dati che abbiamo adesso è possibile formulare la diagnosi definitiva. Non si tratta di una mononucleosi. Lei ha una leucemia linfatica acuta.
Una vertigine pietrificò il corpo di Fosco per un istante. Era l'ultimo anelito di speranza inconscia che lo abbandonava. Poi andò a cercare la mano di Sara. Le dita dei due si serrarono in una stretta indissolubile.
Sono entrato in una zona di guerra, pensò Fosco fissando la dottoressa.
Mercoledì 19 era stato il giorno peggiore della sua vita.
L'incertezza lo dilaniava. Le letture lo sprofondavano nel baratro. Il dubbio lo lacerava e lo condannava alla sofferenza solitaria imprigionandogli i sentimenti nel silenzio.
Per un po' si era voluto illudere che la seconda ipotesi potesse essere quella giusta. Ma durante una delle decine di letture compulsive vide un indizio. Immediatamente una voragine gli si aprì nel petto. E il cuore cominciò a combattere per non sprofondarci. I movimenti del torace erano i segni esteriori di quella battaglia.
Non può essere!
Lesse di nuovo.
No! Come nei peggiori incubi!
Aveva scritto, aveva pianto incredulo, si era inginocchiato, aveva imprecato, aveva pregato da agonistico sopraffatto dalla disperazione.
Che ne sarà di me? Sarà una condanna definitiva? O avrò una possibilità d'appello? E se ci sarà un appello quanta sofferenza porterà con se. Come faranno i miei? E Sara? Come farà Sara?
Le immagini di un film gli attraversarono la mente.
Sì, se muoio vorrei tornare a trovarla. Di tanto in tanto. Per darle una carezza. Per farle forza.
Quando lei era tornata in casa non aveva voluto dirle nulla di quell'indizio. Chissà forse pure lei era giunta alle stesse conclusioni.
La notte insonne fu l'inevitabile preludio all'appuntamento con Frau Doktor Licht.
Giovedì mattina l'assistente della dottoressa lo chiamò:
- Herr Chiellini, la dottoressa vorrebbe vederla a mezzogiorno.
- Va bene, grazie. Lei sa già quali sono i risultati?
- No, dovrà parlare con la dottoressa.
- Ho capito. Grazie.
- Se la notizia fosse stata buona me l'avrebbe data subito no? - disse dopo aver riagganciato.
- Non lo so - rispose Sara con dolcezza. - Lo sapremo tra poco.
Raggiunsero l'ambulatorio camminando sotto il sole. - Si accomodino, prego.
Nella sala d'attesa c'erano tre pazienti. Dopo pochi minuti una signora uscì dalla sala visite seguita dalla dottoressa. I muscoli di Fosco si contrassero.
Ora chiama me. Si tratta di una comunicazione importante. Gli altri possono aspettare.
La dottoressa chiamò il signore col bastone mentre l'orologio della chiesa scoccava dodici rintocchi. Sara lo consolò con un sorriso.
Dopo un'eternità il signore col bastone uscì e fu la volta del secondo paziente: una signora dai capelli violacei. Durante l'interminabile visita della signora il citofono suonò. Entrò un quarantenne in giacca, cravatta e ventiquattrore di pelle. Pingue e sudaticcio attraversò il corridoio e si presentò all'assistente della dottoressa. Era il rappresentante di una casa farmaceutica. Il terzo paziente fu chiamato nella sala visite. Fosco guardò l'orologio. Ancora venti o trenta minuti al massimo e sarebbe stato chiamato. Ma se la notizia fosse stata buona mi avrebbe fatto aspettare così tanto? Sara gli sfiorò una mano. Sembrava avergli letto nel pensiero. Il rappresentante aveva aperto la ventiquattrore e scartabellava tra i suoi fogli. Fosco lo guardò ed ebbe un sussulto. Fa che non chiami lui prima di me. Quando anche l'era del terzo paziente fu terminata la dottoressa uscì con lo sguardo inequivocabilmente rivolto verso il rappresentante di medicinali.
- Porca puttana! - sibilò Fosco.
- Lo so, è difficile, ma cerca di stare calmo - sussurrò Sara carezzandogli il viso.
Erano rimasti solo loro in quella giornata di fine estate stranamente calda e soleggiata per quelle latitudini. Loro e l'assistente che apriva le finestre per arieggiare l'ambulatorio. Fosco si alzò e si portò di fronte alla finestra. Dalla vicina porta della sala visite filtravano le voci indistinte della dottoressa e del rappresentante. L'orologio della chiesa scoccò un unico rintocco: quello piccolo. Due merli si rincorrevano svolazzando su e giù, azzuffandosi e distanziandosi tra i rami degli alberi e l'erba del giardino. Le braccia di Sara lo cinsero da dietro.
- Vorrei essere come loro - sussurrò Fosco posando le sue mani su quelle di Sara.
- Herr Chiellini, si accomodi prego.
La dottoressa sedeva di fronte a loro oltre la scrivania. Li salutò, guardò lo schermo e poi si volto verso Fosco con volto sereno.
- Con i dati che abbiamo adesso è possibile formulare la diagnosi definitiva. Non si tratta di una mononucleosi. Lei ha una leucemia linfatica acuta.
Una vertigine pietrificò il corpo di Fosco per un istante. Era l'ultimo anelito di speranza inconscia che lo abbandonava. Poi andò a cercare la mano di Sara. Le dita dei due si serrarono in una stretta indissolubile.
Sono entrato in una zona di guerra, pensò Fosco fissando la dottoressa.
3 commenti:
In un certo senso siamo un po` tutti in guerra....aspettando il racconto delle prossime battaglie!
francesca
Eh sì! Grazie Francesca.
Ho deciso di raccontare questa storia. E l'idea mi è venuta in seguito ad una discussione con l'amica citata qui.
Ancora non so bene quanti pezzi di questa storia pubblicherò sul blog. Di sicuro ce ne saranno altri.
Riporto di seguito altri commenti che mi sono stati fatti altrove:
Selene Sottile Ho letto questo inizio, e spero di leggere presto il resto!
Scrivi davvero molto bene, complimenti!
Ho appena letto il racconto e vorrei proprio che continuassi. Non dev'essere stato facile ripercorrere quei momenti e renderli in parole... Mi piace la scorrevolezza del testo e anche la descrizione di particolari che arricchiscono la sfera delle emozioni del protagonista, come ad esempio la danza degli uccelletti fuori dalla finestra. Aspetto di leggere presto il seguito!
Ognuno di noi ha quel momento, a volte piu' di uno, dove la sensazione e' che il mondo si sia fermato e tu stia precipitando in un abisso. Capisco perfettamente quello che debba aver provato tua moglie, essendo stata in una situazione simile.
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