La relazione tedeschi-italiani è una lunghissima relazione di amore-odio. A partireda quando noi eravamo caput mundi e loro erano i barbari e alcuni combattevano per l'impero altri contro, attraversando la fase in cui l'impero erano loro e ci dominavano ma eravamo quasi un'unica nazione, fino alle vicende più recenti.
Nel '700, come Goethe, molti intellettuali tedeschi, innamorati dell'Italia, intrapresero viaggi nella nostra penisola e influenzarono il loro popolo con diari e libri.
Nel Novecento i tedeschi sono stati nemici nella prima guerra mondiale. Hanno perso la guerra, e sono stati umiliati dalle sanzioni. Non sono riusciti a riprendersi, e hanno cercato un'altra forma di volontà di potenza, che ci ha riguardato da vicino con quel perverso rapporto che legherà Hitler a Mussolini per troppi anni. Perverso rapporto perché noi italiani, che abbiamo tristemente inventato il modello totalitario, con l'invenzione del fascismo, siamo stati capaci di regalarlo, almeno come modello di base, sia a Hitler che a Franco in Spagna. La Germania e l'Italia pensavano di avviarsi a un futuro radioso. I tedeschi ci erano vicini. Solo che poi le cose si capovolsero.
Vicini anche nel secolo precedente ci erano davvero stati. L'Italia era il paese del sogno culturale di ogni tedesco, il sogno della classicità. I tedeschi hanno passato anni a conoscere l'Italia attraverso i loro autori prediletti. Cominciando da Goethe. Poi sarà la volta dell'Italia co-belligerante delle truppe americane dopo l'8 settembre (cosa che a volte ci rinfacciano), e l'arrivo dei tedeschi in territorio italiano. La liberazione dai nazifascisti diventa la priorità per tornare un paese libero.
Se si scrivesse una storia della percezione popolare della Germania per gli italiani si dovrebbe partire da qui. L'occupazione tedesca in quei due anni ha fatto dimenticare agli italiani che i tedeschi hanno tutti la poesia europea. Ci hanno fatto dimenticare che loro ci hanno spiegato l'arte classica in un modo geniale. E anche la nostra di arte, e la nostra di poesia. Hanno provvidenzialmente perso anche la seconda di guerra. Generando danni immensi nella coscienza dell'umanità e nella loro di coscienza. Danni che ancora oggi non sanno quantificare del tutto. Poi è servito quel che è servito, negli anni del dopoguerra, il metodico lavoro per convincere i diffidenti italiani che la Germania era paese accogliente.
C'è un dopoguerra italiano-tedesco dell'emigrazione che meriterebbe un capitolo a parte, e che ha rappresentato un capitolo dolente nei rapporti conflitttuali tra noi e loro. Il rapporto con la Germania poteva essere solo di due tipi, o elitario oppure conflittuale e banale. O si leggeva con passione snob Holderlin a Tubinga e si celebrava Heidegger a Friburgo, oppure si pensava che i tedeschi erano quelli là. Tutti ordine e distintivo. Non è così, ma sotto sotto ne sono convinti anche loro di questa cosa. Ridono dei nostri spaghetti, delle nostre mamme italiane, ma poi si buttano a capofitto su qualsiasi cosa di italiano che circoli per il mondo: ristoranti, arte, letteratura. La cultura tedesca guarda a quella italiana con una ammirazione e un'attenzione che non trovi da nessun'altra parte del mondo. Sapere l'italiano, tra gli intellettuali tedeschi, è un modo per distinguersi, un valore aggiunto, e ne vanno fieri. Per i tedeschi la storia è un macigno che nessuno si è industriato a spostare. Anche quando nella modernità del nuovo millennio cercano la leggerezza, finisce che ripiombano in quel lontano sogno, in quella volontà di potenza.
Articolo completo.
Nel '700, come Goethe, molti intellettuali tedeschi, innamorati dell'Italia, intrapresero viaggi nella nostra penisola e influenzarono il loro popolo con diari e libri.
Nel Novecento i tedeschi sono stati nemici nella prima guerra mondiale. Hanno perso la guerra, e sono stati umiliati dalle sanzioni. Non sono riusciti a riprendersi, e hanno cercato un'altra forma di volontà di potenza, che ci ha riguardato da vicino con quel perverso rapporto che legherà Hitler a Mussolini per troppi anni. Perverso rapporto perché noi italiani, che abbiamo tristemente inventato il modello totalitario, con l'invenzione del fascismo, siamo stati capaci di regalarlo, almeno come modello di base, sia a Hitler che a Franco in Spagna. La Germania e l'Italia pensavano di avviarsi a un futuro radioso. I tedeschi ci erano vicini. Solo che poi le cose si capovolsero.
Vicini anche nel secolo precedente ci erano davvero stati. L'Italia era il paese del sogno culturale di ogni tedesco, il sogno della classicità. I tedeschi hanno passato anni a conoscere l'Italia attraverso i loro autori prediletti. Cominciando da Goethe. Poi sarà la volta dell'Italia co-belligerante delle truppe americane dopo l'8 settembre (cosa che a volte ci rinfacciano), e l'arrivo dei tedeschi in territorio italiano. La liberazione dai nazifascisti diventa la priorità per tornare un paese libero.
Se si scrivesse una storia della percezione popolare della Germania per gli italiani si dovrebbe partire da qui. L'occupazione tedesca in quei due anni ha fatto dimenticare agli italiani che i tedeschi hanno tutti la poesia europea. Ci hanno fatto dimenticare che loro ci hanno spiegato l'arte classica in un modo geniale. E anche la nostra di arte, e la nostra di poesia. Hanno provvidenzialmente perso anche la seconda di guerra. Generando danni immensi nella coscienza dell'umanità e nella loro di coscienza. Danni che ancora oggi non sanno quantificare del tutto. Poi è servito quel che è servito, negli anni del dopoguerra, il metodico lavoro per convincere i diffidenti italiani che la Germania era paese accogliente.
C'è un dopoguerra italiano-tedesco dell'emigrazione che meriterebbe un capitolo a parte, e che ha rappresentato un capitolo dolente nei rapporti conflitttuali tra noi e loro. Il rapporto con la Germania poteva essere solo di due tipi, o elitario oppure conflittuale e banale. O si leggeva con passione snob Holderlin a Tubinga e si celebrava Heidegger a Friburgo, oppure si pensava che i tedeschi erano quelli là. Tutti ordine e distintivo. Non è così, ma sotto sotto ne sono convinti anche loro di questa cosa. Ridono dei nostri spaghetti, delle nostre mamme italiane, ma poi si buttano a capofitto su qualsiasi cosa di italiano che circoli per il mondo: ristoranti, arte, letteratura. La cultura tedesca guarda a quella italiana con una ammirazione e un'attenzione che non trovi da nessun'altra parte del mondo. Sapere l'italiano, tra gli intellettuali tedeschi, è un modo per distinguersi, un valore aggiunto, e ne vanno fieri. Per i tedeschi la storia è un macigno che nessuno si è industriato a spostare. Anche quando nella modernità del nuovo millennio cercano la leggerezza, finisce che ripiombano in quel lontano sogno, in quella volontà di potenza.
Articolo completo.
2 commenti:
Che bello questo post! Hai espresso in modo chiaro e conciso un sacco di pensieri che ho anch'io, ma che finora non ero riuscita a districare...
In realtà non è tutta farina del mio sacco. Magari fossi così bravo! Come volevo suggerire con il titolo, sono in realtà pezzi di un articolo di Cotroneo con alcuni miei commenti inseriti qua e là. L'articolo mi era piaciuto molto, perché come dici tu esprime bene molte cose che avevo già osservato. Qualche giorno fa una mia amica che vive in Italia mi ha chiesto informazioni sul rapporto italo-tedesco, ho quindi usato quell'articolo personalizzandolo con osservazioni mie ed eliminando pezzi che mi sembravano superflui. Poi l'ho copiato sul bolg.
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