Breve riepilogo delle puntate precedenti:
Abbiamo visto che nel V sec. a.C. il fulcro del sapere matematico era in Calabria, a Crotone: la sede della
scuola pitagorica; e che i pitagorici avevano basato il loro modello del cosmo sull'Aritmetica.
Pitagora però, prima di approdare definitivamente a Crotone e spendere lì i suoi ultimi 4 decenni di vita, aveva lasciato la sua isola natìa di Samo per viaggiare in cerca di sapere e conoscenza. Era approdato in Egitto e aveva trascorso lì qualche anno ed in seguito si era spostato a Babilonia. Nei suoi prima 40 anni di vita era quindi riuscito ad entrare in contatto diretto con le tre grandi colonne portanti del sapere di allora: il mondo ellenico, l'Egitto e Babilonia.
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Questo almeno secondo quello che
Giamblico scriveva circa otto secoli dopo la morte di di Pitagora. Come si può facilmente immaginare non è dato sapere dove finisca la realtà e dove cominci la leggenda.
Durante il viaggio in Egitto Pitagora dovette sicuramente entrare in contatto con la teologia del monoteismo Egizio.
Se ne rivelano infatti varie tracce nella "teologia" pitagorica che asseriva che il mondo era stato creato per mezzo dei Numeri.
Il concetto proveniva appunto dalla teologia del monoteismo Egizio: il creatore crea il mondo per mezzo della Parola, del Logos, della Logica. Nella teologia pitagorica la
Parola egizia si trasforma in
Numero:
il creatore ha bisogno di un mezzo per creare l'universo e tale mezzo è il Numero.
In principio erat Verbum - Εν αρχη ην ο Λογος
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Mentre nella teologia cristiana la
Parola egizia si trasformerà in
Cristo:
il creatore ha bisogno di un mezzo per creare l'universo e tale mezzo è Cristo.
Quindi l'incipit del Vangelo di Giovanni, scritto 6-7 secoli dopo Pitagora, tradotto in Termini Pitagorici sarebbe stato:
In principio era il Numero
E il Numero era presso Dio
E il Numero era Dio
Sul tema della "teologia" pitagorica, mutuata da quella del monoteismo Egizio, vorrei fare una breve digressione.
Comunemente si tende probabilmente a pensare che il concetto di monoteismo sia nato in Israele con la religione ebraica.
La realtà potrebbe essere diversa: sembrerebbe che
il monoteismo Egizio sia ben più antico del monoteismo ebraico. Anzi secondo alcuni il monoteismo ebraico sarebbe nato proprio durante la "cattività egiziana" del popolo ebraico e non sarebbe altro quindi che uno sviluppo del monoteismo Egizio.
Addirittura, secondo l'ipotesi di
Freud esposta nel suo ultimo lavoro: "
L'uomo Mosè e la religione monoteistica",
Mosè avrebbe fatto parte della classe dirigente egizia ed egli stesso sarebbe stato un egizio.
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La vicenda di Mosè si sarebbe svolta intorno all'anno 1350 a.C. durante il regno di
Amenofi IV che condusse la rivoluzione monoteista nell'antico Egitto abolendo il politeismo. Egli stesso cambiò il suo nome in
Akhenaton essendo
Aton il dio unico.
Sarebbe stato a causa di una reazione che volle imporre in Egitto una controriforma di segno politeistico che avrebbe avuto inizio la storia del nuovo popolo di Mosè, fondato da chi non volle sottomettersi alla restaurazione del politeismo e che fu quindi costretto a fuggire dall'Egitto in cerca di una nuova terra per poter professare liberamente il nuovo credo monoteista. Terra promessa che dopo l'attraversamento del deserto fu trovata in Palestina.
Ma torniamo al riassunto delle puntate precedenti.
Abbiamo visto che in seguito ad un
crollo logico-mistico-filosofico della scuola pitagorica - ma anche in seguito fisico, visto che la scuola venne bruciata - il modello pitagorico del cosmo basato sull'Aritmetica venne abbandonato e rimpiazzato con il
modello di cosmo di Platone, basato sulla geometria.
Abbiamo anche visto che dopo la distruzione definitiva della
Biblioteca di Alessandria in seguito alla conquista islamica dell'Egitto del 639 d.C. da parte del secondo califfo dell'Islam
Omar ibn al-Khattāb, alcuni volumi custoditi nella Biblioteca sopravvissero: sia rimanendo in loco che venendo trasportati a Bisanzio; e che i primi vennero tradotti un paio di secoli dopo dagli Arabi, che nel frattempo si erano oramai evoluti e acculturati; e che fu proprio grazie a loro che molte di quelle opere, tradotte in seguito in latino, sono pervenute fino ai nostri giorni.
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Circa un secolo e mezzo prima della distruzione della Biblioteca, inoltre, con la caduta dell'
Impero romano d'Occidente era cominciato quel declino culturale che sarebbe durato diversi secoli; e la distruzione della Biblioteca di Alessandria fu un altro duro colpo che inflisse un'accelerazione a tale declino.
Un nuovo polo del sapere matematico (e non solo) venne però a ricostituirsi più di un secolo dopo la caduta della Biblioteca presso la cultura araba.
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I
matematici arabi ebbero il vantaggio di trovarsi in una posizione geografica che gli permetteva di accedere a tre grandi fonti di cultura: quella greca, quella babilonese e quella indiana.
Essi contribuirono alla disciplina con notevoli risultati, funzionando a volte come ponte culturale tra l'India e l'Europa e a volte come anello di congiunzione sintetica.
Nella prossime puntate parleremo dei matematici arabi ed in particolare del più celebre tra essi.
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