martedì, marzo 31, 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 7: la Biblioteca di Alessandria: Archimede

Abbiamo già visto che nel V sec. a.C. il fulcro del sapere matematico era in Calabria, a Crotone: la sede della scuola pitagorica; e che i pitagorici avevano basato il loro modello del cosmo sull'Aritmetica; e che in seguito ad un crollo logico-mistico-filosofico - ma in anche seguito fisico, visto che la scuola venne bruciata - tale modello venne abbandonato e rimpiazzato con il modello di cosmo di Platone, basato sulla geometria.

Per la precisione la scuola venne bruciata nel 450 a.C. e i pitagorici furono costretti a cercare rifugio in altre città come Fleio, Taranto, Siracusa e Locri. Fu così che il sapere matematico si diffuse per tutta l'area ellenica.

Un nuovo polo del sapere matematico si ricostituì però solo circa un secolo e mezzo più tardi, nella città di Alessandro ed in particolare nella Biblioteca di Alessandria. Luogo in cui Euclide consolidò e sviluppò l'idea di Platone rendendola quasi immortale (o almeno ancora viva e vegeta dopo più di duemila anni).

Nella puntata precedente abbiamo anche detto che dopo Euclide altri grandi matematici continuarono a popolare la Biblioteca: i cosiddetti matematici alessandrini.
I matematici (o geometri) alessandrini produssero importanti contributi al sapere matematico. Relativamente ai Fondamenti della Matematica non andarono però molto avanti rispetto all'evoluzione pitagorico-platonica-euclidea. I Fondamenti rimasero più o meno inalterati fino al XVII sec. quando Fermat e Cartesio introdussero la geometria cartesiana (o analitica) tornando un po' all'approccio pitagorico-numerico.... ma questo lo vedremo forse tra diverse puntate.

Tra i vari nomi di spicco che figurano tra i matematici alessandrini vorrei ricordare Archimede, Eratostene, Diofanto e Pappo.

Archimede (287 a.C. – 212 a.C.) era siciliano (a quei tempi meglio noti come greci della Magna Grecia). Oltre a molte altre cose interessanti che produsse e scoprì, egli va sicuramente ricordato perché fu il primo che cercò di calcolare il rapporto tra la circonferenza e il diametro di un cerchio - attualmente noto come Pi greco (π) - in modo un po' più preciso. In precedenza si utilizzavano delle approssimazioni piuttosto grossolane.
Nel breve trattato La misura del cerchio Archimede espone un metodo con il quale si può approssimare arbitrariamente il rapporto tra circonferenza e diametro di un cerchio dato, π per l'appunto.
Il metodo prevedeva l'approssimazione del cerchio, dall'interno e dall'esterno, con poligoni regolari inscritti e circoscritti.
Archimede ottenne le sue stime disegnando tali poligoni sulla sabbia: Parrebbe che arrivò fino a poligoni di 96 lati. In tal modo ottenne un valore compreso tra 223/71 e 22/7.

Fu solo nel 1761, grazie a Johann Heinrich Lambert, che si scoprì che π non può essere scritto come quoziente di due interi e che quindi, così come 2, è un numero irrazionale.

Nel 1882 si andò anche oltre. Allora infatti Ferdinand von Lindemann dimostrò che non solo π è un numero irrazionale, ma che è anche un numero trascendente; è cioè impossibile esprimere π usando un numero finito di interi, di frazioni e di loro radici.
La conseguenza immediata di questa scoperta fu che la quadratura del cerchio, cioè la costruzione, con soli riga e compasso, di un quadrato della stessa area di un dato cerchio, risulta impossibile.

La quadratura del cerchio, assieme al problema della trisezione dell'angolo e a quello della duplicazione del cubo, costituiva uno dei tre problemi classici della geometria greca.

La quadratura del cerchio fu l'ultimo dei tre problemi ad essere risolto; dove per risoluzione si intende appunto la dimostrazione dell'impossibilità della costruzione usando solo riga e compasso.

Nella prossima puntata parleremo degli altri tre matematici alessandrini citati: Eratostene, Diofanto e Pappo.

Indice della serie

6 commenti:

ubik ha detto...

allora: visti i commenti scarsi ti omaggio di una sciccheria...guarda un po' qui. Lo trovo molto bello:
http://www.youtube.com/watch?v=TAqTfBaqxGM

dioniso ha detto...

Grazie Ubik!
L'ho trovato molto bello anch'io. L'unica cosa su cui non mi trovo d'accordo è la conclusione :-)

Oggi mentre ero in una sala d'attesa di una clinica, ho letto un'articolo interessante sugli Elementi di Euclide. Ne riporto uno stralcio nel prossimo commento.

dioniso ha detto...

Risalente al 300 a.C., gli Elementi non erano, come talvolta si è pensato, un compendio di tutte le conoscenze matematiche del tempo; era, invece, un manuale introduttivo che abbracciava tutta la matematica elementare del tempo.

Per questo motivo è complicato stabilire quali siano stati effettivamente i risultati scritti da Euclide.Tale difficoltà aumenta se si pensa che la versione attuale è il risultato di trascrizioni e rivisitazioni.

Per l'importanza che subito acquistò, il testo fu molto richiesto, così molte copie furono trascritte a mano e quindi già diverse da altre fedeli al libro. Probabilmente si aggiunsero ulteriori modifiche quando la distribuzione delle copie (copie di copie di copie...), riguardò tutta l'area del Mediterraneo, e così nel corso dei secoli, il testo subì molti cambiamenti.


Questo fenomeno non era sempre casuale, in altre parole, poteva capitare che fossero deliberatamente apportate delle "migliorie", come quando Teone di Alessandria, vissuto nella seconda metà del IV secolo d.C. circa 700 anni dopo Euclide, ne semplificò il linguaggio, aggiunse dei passaggi alle dimostrazioni e inserì alcuni teoremi secondari.


Circa 400 anni dopo Teone, una copia del suo manoscritto (o una copia di una copia...), fu tradotta in arabo. Intorno al 1120 una copia del testo arabo (o una copia di una copia...), fu tradotta in latino dal filosofo inglese Adelardo di Bath.


Nel 1270 la traduzione di Adelardo fu rivista alla luce di altre fonti arabe (derivate da altre versioni greche del manoscritto di Teone), dallo scienziato Campano di Novara; questa versione fu stampata a Venezia nel 1482, quindi dalla versione di Euclide passarono circa 1800 anni.


Successivamente furono ritrovate altre versioni greche del manoscritto di Teone e una copia greca probabilmente precedente a questo. Basandosi su queste fonti, il filologo danese Johan L. Heiberg nel 1880 scrisse una versione in Greco e nel 1908 lo storico Sir Thomas L. Heat la tradusse in Inglese. La prima versione italiana è dovuta al matematico Federigo Enriques e risale al 1935.

ubik ha detto...

anche io sulla conclusione però era un pò suggestivo

dioniso ha detto...

Sì, sicuramente.

Pure la storia degli Elementi è suggestiva però, o no?! :-)

ziomassimo ha detto...

ubik, approfitto dell'ospitalità di dioniso per comunicare con te.
Ma sei diventato un pericoloso sovversivo o un accanito erotomane?
;-)
Da ieri mattina, tentando l’accesso al tuo blog dall’ufficio, mi appare il seguente messaggio:

"Poste Italiane Accesso Negato

L'Accesso alla pagina richiesta è stato bloccato dai sistemi di protezione aziendali"

Ne sai qualcosa???????????????????