domenica, ottobre 21, 2007

Alcantara e Naxos

Giovedì 6 settembre

Partiamo la mattina alla volta di Taormina. Decidiamo di non percorrere l'autostrada avventurandoci per la litoranea. La scelta si rivela felice; non troppo traffico e possibilità di ammirare bei panorami. Attraversiamo Giarre, ancora parzialmente ricoperta di ceneri etnee.
Poco prima di Giardini Naxos deviamo verso l'interno dirigendoci verso le gole dell'Alcantara. Il paesaggio qui è arido e si rivedono i fichi d'India. Si vede l'Etna con la cima fumante e isolate rocce verticali rendono ancora più interessante il quadro.
Come molti nomi di località siciliane, il nome Alcantara deriva dall'arabo القنطرة al-qantara, "il ponte".
Giunti sul posto scendiamo nella gola, ci togliamo le scarpe e cominciamo a risalire il fiume: l'acqua è freddissima, ma dopo un po' ci si abitua. Non mi abituo invece ai sassolini che torturano i miei piedi.
La gola è spettacolare: pareti alte 20-30 metri di basalti neri e lucidi; parti lisce si alternano a formazioni a canne d'organo e a cataste di legna.
In alcuni punti l'acqua arriva al ginocchio. Risaliamo per un centinaio di metri fino al punto in cui sarebbero stati necessari gli stivaloni. Avanzando ulteriormente si arriva al punto in cui servirebbe la muta.
Ripartiamo e arriviamo a Giardini Naxos per pranzo: pasta alla Norma e pesce spada. Visitiamo gli scavi che non risultano particolarmente interessanti, anche se da un punto di vista archeologico probabilmente lo sono.
Tra gli scavi fotografo un insetto che avrò visto tre o quattro volte nella mia vita e il cui nome non sono mai riuscito a scoprire, ma che mi ha sempre affascinato per le sue capacità mimetiche.
Nel museo ci sono reperti che vanno dal IV millennio a.C. al periodo romano, tra i quali l'arula Heidelberg Naxos con sfingi, del VI secolo a.C.. L'arula è così denominata in quanto il frammento minore fu acquistato nel 1904 da un famoso archeologo tedesco, Friederich Von Duhn, ed era custodito presso il Museo dell'Università di Heidelberg. Nel 1985, si scopre che i due frammenti appartengono ad una stessa àrula, ma solo nel 1997, il frammento di Heidelberg viene ceduto al Museo di Naxos, permettendo la ricomposizione dell'àrula.
Apprendiamo inoltre che Naxos fu la prima colonia greca in Sicilia. Fu fondata verso la metà dell'VIII sec. a.C.

venerdì, ottobre 19, 2007

Paccheri con mozzarella di bufala

Questa è la ricetta di un piatto che ho mangiato per la prima volta qualche anno fa a casa di un amico di Roma. Zucchero invece conosceva già il piatto, ma non ero riuscito a capire dove lo avesse assaggiato. In seguito Zucchero ha cominciato a cucinarlo anche per me ed è quindi entrato a pieno titolo nel ricettario famigliare. La ricetta è molto semplice e gustosa.

Ingredienti: (per 4 persone)
340 g di paccheri (nella foto ci sono i pennoni che hanno un formato simile ai paccheri), 375 g di mozzarella, 800 g di pelati (MUTTI se riuscite a trovarli), 1 cipolla, pepe, 2-3 cucchiai d'olio.

Preparazione:
Soffriggete la cipolla in una padella a fuoco molto basso.
Quando la cipolla si sarà appassita aggiungete i pelati e lasciate cuocere fin quando la salsa non si sarà addensata.
Tagliate la mozzarella a dadini e un minuto prima di scolare la pasta scolate la mozzarella, aggiungetela al sugo, riaccendete il fornello del sugo, scolate la pasta, aggiungetela al sugo e mescolate bene cercando di evitare che si crei un unico malloppo di mozzarella.
Mi sembra di aver già detto che la mozzarella migliore che riusciamo a trovare nei supermercati di qui è questa.

mercoledì, ottobre 17, 2007

Fantomas

Ieri mattina mi sono svegliato con le immagini di Fantomas che girovagavano tra i miei neuroni.
Da bambino queste pellicole mi facevano impazzire.
Chi se le ricorda?

lunedì, ottobre 15, 2007

Etna e Zafferana

Mercoledì 5 settembre

La salita si fa più ripida e il terreno molto più sabbioso. Il suolo si ricopre di un'erba secca con lunghi aculei. Dopo un po' di questa strada arriviamo sulla Schiena dell'asino che si affaccia sulla Valle del Bove regalando una stupenda veduta di questa enorme, fumante, cupa, arida e desolata vallata.
Il cratere di sud-est chiude la vallata. Si scorgono ancora i fumi che fuoriescono dalla lava eruttata il giorno prima. In lontananza si intravede, avvolta tra le nubi, quella che forse è la vetta. Le uniche forme di vita visibili nella vallata sono delle rondini che descrivono bizzarre curve nello spazio.
Il clima varia enormemente di minuto in minuto. È un alternarsi di nubi nere e cielo sereno, fortissime raffiche di vento e momenti di completa calma. Le nuvole corrono velocissime. La conseguenza è che a momenti si vorrebbe avere un cappotto e a momenti si vorrebbe stare in costume.
La discesa risulta agevole: si riesca facilmente a scivolare sul nero sabbione.
Ci rimettiamo in auto e scendiamo fino a Zafferana Etnea, dove arriviamo verso le 15. Non avendo pranzato siamo un po' affamati.
Parcheggiamo di fronte a un bel palazzo e ci accorgiamo che il suddetto ospita una gelateria: l'Antica Gelateria dell'Etna. Decidiamo di consumare uno spuntino lì. Dividiamo un fagottino con pomodoro, mozzarella e melanzane e poi ci dedichiamo al gelato: pistacchio (visto che siamo vicino a Bronte), creme caramel e panna per me, pistacchio, gelsomino e panna per Zucchero. I gusti sono tutti buoni, ma il gelsomino è divino! Ci concediamo infatti un bis monogusto.
Ci godiamo poi il bel panorama. Il cielo non è terso, ma si riesce comunque a scorgere la costa calabrese.
Ci rimettiamo in macchina e risaliamo fino al vicino Milo. Il paese etneo che ha il primato dell'altitudine: 750 m. Preparano la festa del vino per il fine settimana. Il suolo è totalmente ricoperto di ceneri nere. Mezzi del comune e privati sono impegnati nella pulizia delle strade.
Torniamo infine sulla costa scendendo fino ad Acireale, dove ceniamo alla Trattoria le Terrazze segnalata sulla nostra guida. L'esperienza umano/gastronomica è pessima. Se avessi dato ascolto all'intuito di Zucchero l'avremmo evitata. L'unico fatto vero tra quelli riportati nella guida erano i prezzi alti. Se doveste capitare ad Acireale ricordate questo nome: Trattoria le Terrazze ed evitatela come la peste bubbonica, checché ne dicano le guide.
Per completare la serata in bellezza, in albergo troviamo una comitiva di tedeschi che sotto le nostre finestre balla al rito di canzoni tipo alligalli cantate a centinaia di db dal gruppetto balneare di turno.

venerdì, ottobre 12, 2007

Scarola con olive, acciughe e capperi

Questo piatto ha origini ciociare, come Zucchero. È stato infatti introdotto da lei nel ricettario famigliare. Lo cucinava la nonna di zucchero, ma noi, come al solito lo abbiamo reinterpretato aggiungendo qualche ingrediente.

Ingredienti: (per 4 persone)
Un cespo di scarola, 2 filetti di alici sotto sale, una manciata di capperi sotto sale, una decina tra olive nere e verdi, uno spicchio d'aglio, peperoncino fresco, 2 cucchiai d'olio.

Preparazione:
Diliscate la alici, lavatele bene e asciugatele. Fatele scaldare in una padella a fuoco bassissimo (se il fuoco non è bassissimo non si scioglieranno) e stemperatele con una forchetta. Quando si saranno sciolte aggiungete uno spicchio d'aglio schiacciato e il peperoncino.
Unitevi le olive denocciolate e spezzettate e i capperi precedentemente lavati e sgocciolati. Lasciate soffriggere a fuoco lento per qualche minuto. Unite quindi la scarola mondata alzando un po' la fiamma e salate. Lasciate cuocere fin quando tutto il liquido non sarà evaporato.

martedì, ottobre 09, 2007

Etna 1

Martedì 4 settembre (sera)

Sulla via Etnea c'è molto traffico. Cominciamo a vedere in lontananza l'eruzione: un'enorme pioggia di lapilli infuocati. Zucchero si impegna a scattare delle foto. Io le dico di non scattarne in quanto sicuramente avremmo potuto scattarne di migliori l'indomani durante l'escursione che ci avrebbe portato sopra il cratere a quota 3000.
Troviamo il rifugio (1900 m) dopo varie peripezie. Io sono in maniche corte e calzoncini. A Catania c'erano 30° qui ce ne saranno 10.
Mercoledì 5 settembre
Solita sveglia antelucana. Scendo alle 7:30 mentre Zucchero dorme ancora. Sia dentro il rifugio che fuori c'è il deserto. Solo dalla finestra riesco a scorgere un gruppetto di uomini che poi scoprirò essere una troupe della RAI e una guida: hanno trascorso la notte a filmare l'eruzione. Nell'attesa che la sala colazione venga allestita torno in camera e mentre Zucchero dorme ancora mangio dei pezzi di arancine e di pasticcini. Più tardi consumiamo una ricca colazione: ci prepariamo alla lunga camminata verso la vetta. Io mangio due cornetti, due cappuccini e pane, burro e miele.
Scendo a prenotarmi per l'escursione e scopro con enorme delusione che l'eruzione è cessata alle 4. La delusione aumenta quando apprendo che le escursioni sono annullate a causa del tempo.
Ci incamminiamo sconsolati verso i vicini Crateri Silvestri. Decidiamo di continuare verso Acqua Rocca e Schiena d'asino. Partiamo da quota 1500. Il terreno è completamente nero, ma ricoperto di vegetazione: inizialmente da grosse ginestre, con il loro perenne aspetto di morente aridità. Continuando a salire il bosco s'infittisce, prima di castagni, dai frutti ormai quasi maturi, poi di grandi faggete. Infine i castagni cessano e nel bosco si alternano querce, olmi, aceri e faggi. Troviamo anche delle more di forma un po' strana: piccole con i granelli di forma allungata, che nascono da rovi molto piccoli. Sono buone.
Raggiungiamo agevolmente la cascata di Acqua Rocca: un'alta parete di basalto in quel momento asciutta. Aggiriamo e risaliamo la cascata portandoci alla sorgente, anch'essa quasi asciutta. Lì fotografo un bellissimo faggio che mi suscita una riflessione sul diversissimo valore semantico-evocativo di parole che dovrebbero avere lo stesso significato: faggeta e Buchenwald.

venerdì, ottobre 05, 2007

Frascarelli

I frascarélli sono un piatto molto tipico del mio paese natio. Da una breve ricerca su Internet ho visto che sono usati nel Lazio e nelle Marche. Una mia amica abruzzese mi disse che si usano anche nel suo paese: Collelongo; ma credo che abbiano un nome diverso. Ho notato che la versione laziale e quella marchigiana differiscono un po'. Quella che propongo è la versione di mia madre tramandata oralmente da mia nonna. Io non mi sono ancora cimentato, ma prima o poi lo farò.
Si mangiano di solito come piatto unico. È una sorta di polenta fatta con farina di grano impastata in un modo un po' atipico. Molto adatto per le fredde giornate invernali, si può comunque mangiare tutto l'anno scegliendo magari un sugo un po' più leggero, come aglio, olio e pomodoro fresco.
Nel mio paese esiste un detto: i frascarélli só a cena di poverélli. Di base è infatti un piatto molto povero, anche se si è arricchito nel tempo. Si dice anche che faccia bene alle donne che allattano.
Si può cominciare con la preparazione del sugo - mia madre ha optato per la versione leggera: costatini di maiale, salsiccia sbriciolata, salsicce intere e passata di pomodoro - che dovrà bollire a lungo a fuoco lento fino a raggiungere la consistenza giusta.
Mentre il sugo si addensa si può cominciare con l'impasto. Le quantità che vedete sono state usate per tre porzioni. Si inizia ad impastare la farina e l'uovo con una forchetta aggiungendo poca acqua.
Poi si passa alla lavorazione con le mani con cui si dovranno ottenere i grumi. Quando la lavorazione sarà terminata si verserà il tutto in un litro e mezzo circa di acqua salata in ebollizione mescolando energicamente. Si dovrà continuare a mescolare fino a quando la consistenza non risulterà cremosa. Si verserà quindi il contenuto della pentola in grossi piatti piani - o in vassoi come in questo caso - e si condiranno i frascarélli con il sugo e con il pecorino.
C'è poi chi preferisce mangiare la carne separatamente. Io la preferisco sui frascarélli.

lunedì, ottobre 01, 2007

Catania 2

Martedì 4 settembre Stamane decidiamo di cominciare con la visita al mercato del pesce. Lungo il percorso ammiriamo la facciata del bellissimo Palazzo Biscari e scattiamo qualche fotografia. Raggiunto il mercato del pesce ci immergiamo in un orgia inebriante di colori, odori, suoni, ritmi, voci e persone. Gamberi, cozze, vongole che spruzzano acqua, occhi di bue (mai visti né sentiti nominare prima), tranci di tonno e pesce spada, teste insanguinate. Tinche (d'acqua dolce), alici, sarde, scampi, spatole enormi, code di rospo.
Uomini che tranciano tonno e spada con la mannaia. Uomini che aprono ricci di mare. Quello che vedete nel video voleva offrirmi un riccio, ho rifiutato dicendo che non potevo a causa di alcuni problemini. Che tipo di problemi? Glielo dico e mi risponde che anche suo fratello ha avuto lo stesso problema. Capisce quindi perfettamente il mio rifiuto.
Visitiamo quindi il castello Ursino di architettura sveva-normanna. Tra l'architrave e l'arco di una delle finestre noto e fotografo un pentagramma pitagorico
Nel cortile del castello si vedono ancora i graffiti dei carcerati qui trascritti. Per pranzo proviamo Don Turiddu: prezzi contenuti, pesce fresco ma non di prima scelta: stile trattoria sia nei pregi che nei difetti. Per il dolce ci rechiamo da Spinella che si contende il primato con l'adiacente Savia. Lungo il percorso ammiriamo questo palazzo. Io prendo una cassatina, Zucchero una granita e poi dividiamo un cono con panna.
Dopo un riposino su una panchina della bella Villa Bellini ci dirigiamo verso il teatro romano. Questo sito è inglobato nel vecchio tessuto urbano. Abitazioni e cantine sono state costruite usando porzioni del teatro. Lo circumnavighiamo cercando l'ingresso che troviamo infine nel portone di un palazzo di via Vittorio Emanuele.

giovedì, settembre 27, 2007

I sette libri

Come intermezzo propongo questo meme che mi ha passato pati. Consiste nel presentare i sette libri preferiti. Io l'ho un po' trasformato presentando sette libri importanti.

Il capitano Nemo e l'isola misteriosa: il primo libro che ho letto.

Il nome della rosa: il libro che mi ha acceso la passione per la lettura.

Il pendolo di Foucault: ha innescato la riflessione che ha sradicato la mia fede religiosa.

Gödel, Escher, Bach: ha accompagnato gli anni romani e i primi anni di emigrazione.
“Una fuga metaforica su menti e macchine nello spirito di Lewis Carroll”
È un inno, un godimento dell’intelletto che si dipana in un labirinto di percorsi artistico-scientifici apparentemente distanti, ma che conducono tutti a concezioni molto simili.

Il più grande uomo scimmia del Pleistocene: il libro dell'amore.

La scala di Dioniso: ha accompagnato diverse notti in ospedale.

Romanzo Criminale.

lunedì, settembre 24, 2007

Catania 1

Come previsto da Stregazelda vi propino i racconti fotografici di viaggio.

Lunedì 3 settembre.

La nostra quarta vacanze in Sicilia (terza insieme) comincia con una visita all'ospedale Garibaldi di Catania: non proprio il modo migliore per iniziare.
I vari spostamenti del pesantissimo borsone mi avevano causato un'infiammazione ai tendini che è dolorosamente esplosa all'aeroporto la sera della partenza per Catania. Al pronto soccorso mi dicono che devo osservare almeno 20 giorni di riposo per la spalla, così la povera Zucchero è costretta a farsi carico del fardello della parte pesante del bagaglio per tutta la vacanza, che, visto il nostro peregrinare di città in città, non è proprio una passeggiata.
Dopo la parentesi ortopedica riprendiamo a visitare la città. I Catanesi ci hanno fatto subito una buona impressione; a partire dal gentilissimo albergatore che si era offerto di accompagnarci al pronto soccorso al nostro arrivo all'una di notte.
Scendiamo verso il centro costeggiando la bella Villa Bellini e ammirando diversi palazzi barocchi giungiamo all'anfiteatro romano che è secondo per dimensioni solo al Colosseo. Purtroppo fu quasi totalmente interrato in seguito all'eruzione del XII sec. - in cui la lava sgorgò da un cratere apertosi in città - e al terremoto del 1693 che distrusse totalmente Catania.
Continuiamo la passeggiata raggiungendo il monastero di S. Nicola, oggi sede dell'università. La chiesa è enorme. Da citare l'organo, la meridiana e il bel panorama che si gode dal tetto.
Percorriamo quindi via Crociferi con i suoi palazzi dalle belle facciate, le sue chiese barocche e l'arco di congiunzione tra la badia grande e piccola costruito (abusivamente?;-) in una notte. A pranzo mangiamo al ristorante Slow Food Metró: niente male.
Nel pomeriggio visitiamo il Teatro Bellini. Sulla stessa piazza si può ammirare la Casa del Mutilato. In seguito abbiamo ammirato la cattedrale barocca con transetto e absidi normanne intitolata a S. Agata patrona di Catania. Nella navata destra si può visitare la tomba di Bellini.
Al centro della piazza della cattedrale c'è il bizantino elefantino Liotru, simbolo della città.
Al lato nord si trova il municipio e una fontana alimentata da un fiume sotterraneo di acuqe etnee; oltre la fontana il mercato del pesce.
La zona di Catania, a differeza del resto della Sicilia, è molto ricca d'acqua. Il gigante infuocato non è solo latore di sciagure. Nelle sue viscere oltre alla lava incandescente ci sono anche fiumi d'acqua.

venerdì, settembre 21, 2007

Matriciana (amatriciana?)

Per superare il momento di stanca riparto con qualcosa che avevo già scritto prima delle vacanze e che ora, con la stagione fredda che incombe, risulta abbastanza appropriato.
La Matriciana è un piatto tipico romano, ma di provenienze reatino-amatriciane: appartiene quindi a pieno titolo al mio DNA culinario.
Sul nome esiste una diatriba che vede contrapposti i sostenitori dell'origine romana del piatto ai sostenitori dell'origine amatriciana, che chiamano appunto il piatto "amatriciana", da Amatrice, cittadina dei monti della Laga, in provincia di Rieti.
Secondo me, almeno il nome è romano: infatti non penso sia plausibile che i pastori amatriciani, dai quali il piatto sarebbe stato creato secondo la seconda teoria, chiamassero quel piatto pasta all'amatriciana, è molto più plausibile che qualche ristoratore romano abbia coniato il nome. Secondo il gestore dell'enoteca "Tramonti e Muffati" di Via S. Maria Ausiliatrice a Roma - che si era laureato con una tesi sulla cucina romana e i suoi tre filoni: quello del quinto quarto, quello giudaico e quello "burino" (a quest'ultimo apparterrebbe la matriciana) - il nome sarebbe stato coniato in un preciso ristorante romano che si chiamava appunto "Il Matriciano". Secondo me questa tesi è abbastanza credibile. La matriciana sarebbe quindi: un piatto della zona di Amatrice, ma reso internazionale da un ristoratore romano.
Facendo un po' di ricerche sulla rete si trovano diverse variazioni su queste teorie, alcune anche un po' bizzarre. Qui ad esempio si legge:

Alcuni, ad esempio gli autorevoli Luigi Carnicina, Luigi Veronelli, Vincenzo Buonassisi nonché lo stesso prof. Luigi Volpicelli, sostengono che la "matriciana" è oriunda abruzzese essendo nata ad Amatrice, quando questo paese, oggi aggregato alla provincia di Rieti, apparteneva alla provincia aquilana.
D'altro canto, Secondino Freda, Alberto Consiglio, attribuiscono invece la paternità di questo gustoso piatto ai sobborghi romani.
Secondo Secondino Freda, un secolo fa, un bravo cuoco amatriciano, residente a Roma, ideò il tanto "conteso" piatto nei sobborghi Romani, ma volle chiamarlo "spaghetti alla amatriciana" probabilmente in ricordo della sua terra d'origine, ma che in seguito cambiarono il nome in "spaghetti alla matriciana". A sostegno della Sua tesi 2 ingredienti fondamentali per la preparazione, il guanciale ed il pomodoro casalino (tipici dei sobborghi di Roma).
Un'altra ipotesi sulle sue origini racconta che degli invitati a pranzo di un nobile romano avevano chiesto alla cuoca come si chiamasse il gustoso piatto preparato, e la donna rispose "spaghetti alla matriciana", perché il guanciale si chiamava "matrice".
Ed anche sul pomodoro nasce la controversia! Infatti secondo l'amato Aldo Fabrizi i pomodori utilizzati sono: "li pommodori freschi di San Marzano", mentre secondo Freda venivano utilizzati i pomodori casalino.
E come se non bastassero le controversie sopra indicate, sorge anche la diatriba: "Cipolla si? O Cipolla no?". Una, mezza, un quarto, quasi tutte le grandi firme in campo gastronomico dicono che serve.


Qui ad esempio si legge:

Secondo i romani questo piatto sarebbe nato a Roma e sull’origine del termine "matriciana" ci sono diverse ipotesi più o meno verosimili: secondo alcuni deriverebbe dal latino "matara", i vasi che i romani utilizzavano per conservare i pomodori per il sugo (in realtà i pomodori furono introdotti in occidente solo dopo la scoperta dell’America!); secondo altri sarebbe da ricollegare a "matriarcato", in quanto veniva preparato solo in occasione di riti molto particolari che si svolgevano durante il solstizio d’inverno sui monti dell’alto Lazio e dai quali erano del tutto esclusi gli uomini; infine potrebbe derivare da "matricale", una pianta aromatica che veniva unita al sugo. Secondo gli abitanti di Amatrice, invece, la ricetta sarebbe stata inventata dai pastori, con i poveri ma genuini ingredienti che disponevano, e successivamente esportata a Roma dove questi andavano a svernare poiché il loro clima era molto rigido. Che si tratti di matriciana o di amatriciana quello che è certo è che oggi questo piatto è diventato uno dei simboli della cucina romana e che ancora si può gustare nelle tipiche trattorie della Capitale.

Quella che propongo non è come al solito la ricetta tradizionale, ma è una ricetta personalizzata dopo vari tentativi.
Ingredienti: (per 4 persone)
340 g bucatini, 800 g di pelati (MUTTI se li trovate), 100/200 g pancetta (guanciale secondo la tradizione) (non affumicata, mi raccomando!), 100 g di pecorino (romano possibilmente), 1 cipolla, qualche cucchiaio di vino rosso, pepe, olio.
Preparazione:
Tagliate la pancetta a dadini e soffriggetela in una padella a fuoco bassissimo considerando che non state usando olio e quindi la pancetta dovrà soffriggersi nel suo stesso grasso. Parallelamente soffriggete la cipolla in un'altra padella a fuoco bassissimo. Uso due padelle diverse perché i tempi di cottura sono diversi.
A piacere si può aggiungere qualche cucchiaio di vino rosso alla padella della pancetta. Quando il vino si sarà consumato e la cipolla si sarà appassita mescolate il contenuto delle due padelle nella padella più grande, aggiungete una macinata di pepe e lasciate ancora soffriggere per un minuto.
Aggiungete quindi i pelati e mescolate. Quando la salsa si sarà addensata aggiungete il pecorino mescolate e fate addensare bene. Quando i bucatini saranno cotti ripassateli brevemente in padella e godetevi la sudata matriciana.

Nota sull'uso della pancetta.
Nella libreria dell'aeroporto di Ciampino ho sfogliato l'ultimo libro di ricette di Allan Bay. C'era anche la ricetta della Matriciana. Devo dire che la sua interpretazione non mi è piaciuta. Riporto comunque un commento in cui Allan Bay dice che se si utilizza la pancetta al posto del guanciale per correttezza si dovrebbe cambiare il nome della ricetta.

martedì, agosto 28, 2007

La cucina di Dioniso e Zucchero

Eulinx mi ha passato un meme. Si tratta di fotografare e descrivere la propria cucina.
La prima fotografia mostra il pezzo di cui andiamo più fieri: i fornelli a gas.
E che avranno di così speciale?! Si chiederanno i miei amici italiani. Nulla, se contestualizzati in un ambiente italiano: sono dei normalissimi fornelli presenti in milioni di appartamenti italiani. Se conoscete però qualcuno che vive in Germania, provate a chiedergli che tipo di fornelli ha in casa. Nella quasi totalità dei casi la risposta sarà: Elektroherd natürlich! E cioè i famigerati fornelli elettrici che per un paio d'anni hanno minato il nostro sistema nervoso e minacciato pericolosamente la nostra passione per la cucina. Dopo avere bruciato pentole e aver toccato con mano la schiacciante superiorità della cucina a gas abbiamo deciso di liberarci del pesante (e questo posso dirlo con cognizione di causa, visto che l'ho trascinata a mano per sei rampe di scale con l'aiuto del povero Manuel che capiva quando dovevamo fermarci dall'intensità della tonalità di rosso che colorava il mio volto) fardello. Bisogna aggiungere che noi siamo riusciti a passare al gas perché abbiamo la fortuna di vivere in uno dei pochissimi appartamenti della città che possiedono la conduttura che permette di utilizzare il gas in cucina.
Per il resto la nostra cucina non ha nulla di speciale, anzi, diciamo che è una composizione/accozzaglia di diversi pezzi comprati in occasioni diverse. Inizialmente pensavamo di rimanere in questo posto per due anni al massimo e tendevamo quindi a circondarci di arredamento e accessori provvisori ed economici. Quando ci siamo resi conto che le cose stavano andando diversamente abbiamo cominciato a fare acquisti che soddisfacessero di più le nostre esigenze.
Qui vedete la bistecchiera da fornello che io ho voluto comprare da IKEA per cercare subdolamente di rimpiazzare (senza successo) la sottostante bistecchiera elettrica tanto amata da Zucchero ma altrettanto temuta da me.
Sopra la bistecchiera a destra c'è la pentola per la cottura a vapore presa con dei punti e regalataci da mia madre. Sotto invece c'è il mio adorato termometro da cucina con sonda, che ha un intervallo di misurazione che va dai -200° ai +200°. Lo uso principalmente per controllare le temperature di frittura (che non superino mai il punto di fumo!), degli arrosti e del frigorifero. È una mia mania, lo so, Micheluccia! Ma so anche che altri lettori apprezzeranno. ;-)
Questo è il mobiletto- scolapiatti progettato da Domenico e costruito dallo stesso e da Leonardo con l'umile apporto manuale di Zucchero ed io. Altra particolarità germanica: non si trovano i veri scolapiatti. Grazie ai nostri amici siamo riusciti ad avere il nostro scolapiatti all'italiana introvabile qui.
Questo invece è il nostro vecchio scolapiatti sul quale scorgerete la Mukka, usata ormai solo quando vengono i miei, e i nostri piatti da ospiti di Caleca - regalo di nozze.
Qui vedete all'opera uno strumento che Zucchero mi ha fatto conoscere qualche mese fa e ho imparato ad apprezzare molto: il leccapentole. L'ho usato domenica per leccare i residui della mia piccola produzione di marmellata di more. Qui "leccare" va inteso nel suo senso letterale. È un vizio che ho sin da bambino e rappresenta uno dei miei piccoli piaceri: ripulire le pentole e mangiare i resti. Di solito mi servivo di un cucchiaio, ma ora ho scoperto questo efficientissimo strumento.
In questa fotografia potete scorgere il gratì e il frullatore multiuso, fondamentale nella preparazione dell'hummos. Qui invece c'è la nostra piccola lavastoviglie, sulla quale potrete riconoscere la nostra usatissima brocca filtrante Brita e l'aceto che usiamo al posto degli anticalcare e dei brillantanti chimici. Infine questo è il nostro scaffaletto porta spezie, questo è il nostro blocchetto per le liste della spesa, questo è il nostro piccolo frigorifero, questo è il ripiano alla sinistra dei fornelli dove si scorge l'usatissima bilancetta digitale e questo è lo scaffaletto porta tisane.
Passo il testimone del meme a qualsiasi lettore che abbia voglia di raccontare la propria cucina. Se lo raccoglierete vogliatemi lasciare un commento, così sbircerò le vostre cucine.

giovedì, agosto 23, 2007

La festa

È stata una giornata faticosa ma molto piacevole. Sono stato proprio contento di aver organizzato questa festa e di essermi impegnato per renderla piacevole ai numerosi amici e parenti accorsi al mio invito.
L'organizzazione è cominciata con diverse settimane di anticipo, ma i giorni di maggiore - direi quasi estenuante - impegno sono stati giovedì sera, venerdì e sabato.
La giostra è cominciata giovedì pomeriggio con la spesa, lo spezzettamento delle olive e il dissalamento dei capperi per la pasta (15 porzioni) e il farro (30 porzioni). Il venerdì mattina è proseguita con: viaggio in auto verso il mio ufficio per ritirare i 25 chili di carne dal cuoco della nostra mensa, trasporto della stessa verso il posto della festa, ritorno a casa, pranzo, preparazione del farro anche in versione vegetariana, della pasta e dell'hummos (15 porzioni).
La sera c'è stata la cena prefestiva, con le avanguardie di arrivi dall'Italia, presso la Kulturbrauerei. Questa birreria è la nostra preferita. Portiamo sempre lì gli ospiti che vogliono provare la cucina e la birra tedesca.
Pare che si siano divertiti sia gli adulti che i bambini.
Sabato sono andato a ritirare i 5 filoni di pane e la "forma" di panini. Nel contempo Zucchero preparava i paninetti sia con salame e prosciutto che nella versione vegetariana.
Verso mezzogiorno ho fatto il primo viaggio verso il posto della festa trasportando fuochisti, interpreti, vino e cibarie. Gli aiutanti hanno cominciato ad accendere il fuoco, preparare la bruschetta e grigliare le costatine di abbacchio neozelandese.
Verso le 13:30 ho fatto il secondo viaggio trasportando altri aiutanti. Verso le ore 14:00, orario di inzio ufficiale, ci sono stati i primi arrivi indipendenti, che hanno cominciato a prendere confidenza con il luogo.
Più tardi è arrivata zucchero portando i paninetti (visibili tra i due ospiti barbuti).
Verso le 17:30 eravamo tutti: quarantasei adulti e nove bimbi, e c'era proprio una bella atmosfera; la povera cameriera addetta alle bevande non ha avuto più tregua e io ero ormai in uno stato di ipereccitazione organizzativo/intrattenitoria che non mi consentiva di seguire una conversazione per più di un minuto.
Più tardi c'è stata la pausa calcetto, che ha coinvolto sia gli adulti che i bambini. Non è mancato neppure l'infortunio con corsa in ospedale, veloce riparazione e ritorno.
La festa si è protratta fino all'imbrunire quando gli ultimi invitati ci hanno lasciato riportandosi sacchetti contenenti Würste, filetto di maiale e dolci di mia madre, tra cui dei pezzi di una crostata di ottima marmellata casereccia di arance.
Il giorno successivo abbiamo portato i bambini allo zoo. Da citare la condivisione dello spazio abitativo di scimmie e capre, e l'orso in posizione plastica.

mercoledì, agosto 15, 2007

Piccolo Mondo e pasta fredda

Ieri sera, dopo anni e anni, ci siamo finalmente imbattuti in un ristorante italiano di Heidelberg la cui cucina non ha ceduto a facili, convenienti e discutibili contaminazioni. Non solo si astengono dal proporre atrocità come l'insalata con i peperoni turchi condita con la Remoulade o la pizza Hawaii, ma usano solo pesce fresco (persino i frutti di mare sono freschi), cucinano con gusto e come ciliegina sulla torta i gestori sono simpatici. La signora che ci serviva proviene dall'Etiopia ed è probabilmente la moglie del signore che cucinava e la madre dell'altro cameriere.
Uniche critiche: tra gli ingredienti della carbonara figurava la panna e mancava l'olio a tavola (fatto comunque normale in Germania).
Abbiamo preso l'insalata di mare ed il pesce era tenero, fresco e gustoso, condito con un olio d'oliva decente. Zucchero ha poi preso le fettuccine con gli scampi, io degli spaghetti con cozze, vongole e calamari; come secondo la spigola e infine un sorbetto al melone. L'unica cosa che non ci è piaciuta molto è stato il sorbetto. La serata complessivamente è stata molto piacevole.
Il ristorante si chiama "Piccolo Mondo", Klinkgenteichstr. 6, (06221) 602999

Per concludere propongo un altro piatto totalmente estivo nella cui preparazione in abbondanti quantità sarò impegnato nei prossimi giorni: la mia versione della pasta fredda.

Ingredienti: (per 4 persone)
250 g di fusilli, 2/300 g di pomodorini maturi, 10 olive nere (lug 2025: 1 cucchiaio pasta olive), 6 cucchiai di olio d'oliva, 250 g di mozzarella di bufala, 1 piccolo spicchio d'aglio, una manciata di capperi siciliani sotto sale, basilico, sale e pepe.

Preparazione:
Versate in una ciotola i pomodorini tagliati a metà e salateli. Aggiungete le olive snocciolate e spezzettate, l'olio, la mozzarella tagliata a cubetti, lo spicchio d'aglio schiacciato o a pezzettini e i capperi dissalati.
Cuocete la pasta e scolatela 1/2 minuti prima rispetto al tempo di cottura riportato sulla confezione. Lasciatela riposare un paio di minuti irrorando con un po' d'olio e infine versatela nella ciotola.

lunedì, agosto 13, 2007

Spaghetti alla puttanesca

Questa ricetta è uno scrigno che custodisce gli odori dell'estate e i bei ricordi romani. È stata una delle prime ricette che Zucchero ha cucinato per me quando abbiamo cominciato a frequentarci. Continua ad essere uno dei miei primi preferiti.

Ingredienti: (per 4 persone)
300/400 g spaghetti, 500 g di pomodori da sugo, 100 g di alici sotto sale, 50 g di capperi sotto sale, 100 g di olive nere, 1 spicchio d'aglio, peperoncino fresco, concentrato di pomodoro, 2 cucchiai d'olio.

Preparazione:
Diliscate la alici, lavatele bene e asciugatele. Fatele scaldare in una padella a fuoco bassissimo (se il fuoco non è bassissimo non si scioglieranno) e stemperatele con una forchetta. Quando si saranno sciolte aggiungete uno spicchio d'aglio schiacciato e il peperoncino.
Pelate i pomodori dopo averli immersi in acqua bollente per un minuto, eliminatene i semi, tagliateli a pezzetti e infine aggiungeteli al soffritto. Unitevi le olive, i capperi precedentemente lavati e sgocciolati e due cucchiaini di concentrato di pomodoro. Lasciate cuocere fin quando la salsa risulterà scura, densa e ben amalgamata. Cuocete infine gli spaghetti al dente e ripassateli in padella con la salsa per un minuto.

giovedì, agosto 09, 2007

Heidelberg - Sabina: diario di un emigrante - Parte II

....continua...
Personalmente, in questi otto anni di Germania, ho imparato molto per quanto riguarda il rispetto di alcune regole di convivenza civile. Primo fra tutti il comportamento automobilistico.
Essendo abituato allo stile di guida italiano, inizialmente vedevo soprattutto gli aspetti negativi dello stile di guida tedesco. In effetti, a volte esagerano un po’ in rigidità, ma complessivamente il loro stile rende le strade molto più sicure. Alcuni esempi: vi trovate in autostrada nella corsia di destra a 120 Km/h. La macchina che vi precede è più lenta. Date uno sguardo allo specchietto: c'è un'altra macchina dietro, ma è distante. Mettete la freccia per sorpassare e accelerate un po’.
In Italia la macchina retrostante, accelera, si porta a 150 Km/h, vi arriva a 20 cm dal paraurti e l'autista lampeggia e impreca, alzando estremamente la probabilità di incidente mortale.
In Germania la macchina retrostante, rallenta, si mantiene alla distanza di sicurezza, aspetta che il sorpasso sia finito, dopodiché sorpassa.
Altro esempio: c'è un ingorgo che si estende fino ad un incrocio con semaforo. In Italia le macchine occupano l'incrocio, in modo tale che nel momento in cui il semaforo diventa verde per gli automobilisti della strada incrociata, i malcapitati non possono comunque passare perché l'incrocio è bloccato.
In Germania le macchine si mantengono all'altezza del semaforo, anche se è verde. Vanno avanti solo se c'è spazio sufficiente a lasciare libero l'incrocio. Nel momento in cui il semaforo diventa verde per la strada incrociata l'incrocio è libero. Un’altra differenza che ho notato sta nella propensione al consumo e allo spreco.
Nonostante i tedeschi siano più ricchi hanno mediamente un comportamento molto attento agli sprechi.
A volte vanno un po’ oltre, e qui avrei diversi aneddoti divertenti da raccontare, ma di solito questa attenzione è benefica, sia per l’ambiente che per il contenimento dei prezzi.
Vi fornisco degli esempi. Nel 2002, con l’entrata in corso dell’Euro, anche i commercianti tedeschi hanno provato a far salire i prezzi. I consumatori però si sono mostrati molto attenti tendendo a scegliere oculatamente. Di conseguenza l’effetto rincari è stato più controllato che in Italia. Altro esempio di parsimonia virtuosa si riscontra nella raccolta differenziata dei rifiuti. Prima di tutto essa viene osservata con religiosa attenzione: rifiuti biologici, carta, vetro, imballaggi.
E poi c’è lo Sperrmüll: quando ci si vuole liberare di oggetti ingombranti: sedie, tavoli, piccoli elettrodomestici, e oggetti simili, in giorni fissati a seconda dei quartieri, i suddetti oggetti vengono lasciati lungo i marciapiedi per essere poi raccolti dalla nettezza urbana. Fin qui niente di sorprendente. Il fatto interessante è che in quelle serate le strade si riempiono di un viavai di gente, studenti ma non solo, in bicicletta, ma anche con furgoni, che setacciano i marciapiedi in cerca di oggetti che possano essere riutilizzati.
Questo comportamento potrebbe sembrarci un po’ ridicolo, ma non lo è. Basti pensare a quanto ci guadagna l’ambiente e anche le finanze pubbliche.
Finora ho citato solo tematiche in cui secondo me è la società tedesca a trovarsi in posizioni di vantaggio.
Ovviamente ci sono anche casi in cui accade il viceversa.
Penso che sia sempre una scelta saggia notare i pregi dell’altro, per prendere coscienza dei propri difetti ed eventualmente migliorarli. Vorrei però concludere con un tema che fa onore questa volta all’Italia, e cioè il fumo nei luoghi pubblici. L’Italia è stato il secondo paese dell’Unione Europea ad applicare la legge antifumo per la tutela della salute.
Purtroppo in Germania, nonostante una serie infinita di discussioni e bizantinismi che hanno coinvolto governo federale e governi locali, e per forti opposizioni trasversali di detrattori della legge che asserirebbero che in tal modo si limiterebbe la libertà dei fumatori (e dove mettiamo la libertà dei non-fumatori di non essere avvelenati?), non è stata ancora varata una legge antifumo. (Nota: in realtà dal primo agosto tre stati hanno cominciato ad applicare la legge. Al momento in cui ho scritto la legge non c'era ancora).
Concludo con un’osservazione sulle usanze relative ai titoli. A volte sento dire che gli Italiani amano fregiarsi di titoli.
Se qualcuno dovesse capitare in Germania durante una campagna elettorale noterebbe che tutti i manifesti con le foto dei candidati riportano dei titoli. Il meno illustre è quello di semplice dottore. Si può però facilmente trovare Dottor Professor, Dottor Dottor e altro.
Questa grande passione tedesca per i titoli, non è comunque confinata solo alla politica. Mi è capitato spesso di vedere dei titoli nei biglietti da visita, che ai
miei orecchi evocavano gli esilaranti e ridicoli titoli fantozziani delle alte gerarchie impiegatizie. "Dr. Dr. XXX", "Prof. Prof. YYY", "Prof. Doz. Dr. ZZZ", "Apl.
Prof. / Priv.-Doz.: Priv.-Doz. Dr. WWW", e altre amene combinazioni.

martedì, agosto 07, 2007

Pseudo-caponata dietetica

Cosí come nell'opera del sec. XVIII si inseriva una briosa opera buffa tra gli atti di una noiosa opera seria, io inserisco una ricetta come intermezzo all'articolo.;-)
Questa ricetta non è quella della vera caponata. Una delle differenze principali è che la caponata prevede che le melanzane vengano fritte. In questa ricetta invece non si frigge. Solo gli ingredienti sono più o meno gli stessi. Devo anche aggiungere che la vera caponata è molto più buona, ma anche meno salutare.... per quello che può contare....
L'ultima volta che l'ho preparata ho comprato gli ingredienti al mercato vicino casa. Ho detto alla fruttivendola che mi servivano per preparare una ricetta siciliana. Mi ha chiesto se gliela potevo dare. Mi sono quindi dovuto avventurare nella traduzione in tedesco della ricetta.

Ingredienti: (per 6 persone)
1 melanzana (500 g circa), 2 zucchine piccole, 1 peperone rosso, 2 pomodori da sugo, 1 cipolla, 1 spicchio d'aglio, una manciata di capperi siciliani sotto sale, 6 olive nere e 6 verdi, peperoncino fresco, 2-3 cucchiai d'olio, 3-4 cucchiai di aceto, 1 cucchiaino di zucchero e sale.

Preparazione:
Soffriggete la cipolla in una padella a fuoco molto dolce. Quando la cipolla si sarà appassita aggiungete l'aglio schiacciato o a pezzettini (a seconda delle inclinazioni personali), i capperi dissalati, le olive snocciolate e tagliate a pezzettini e il peperoncino. Lasciate ancora soffriggere per un paio di minuti, aggiungete le melanzane tagliate a dadini, salate, mescolate e coperchiate. Dopo qualche minuto aggiungete i peperoni, salate, mescolate e coperchiate. Aggiungete le zucchine, salate, mescolate e coperchiate. Aggiungete i pomodori spezzati, salate, mescolate e coperchiate. Aggiungete quindi lo zucchero e l'aceto. Mescolate, coperchiate e lasciate cuocere fin quando il liquido non sarà totalmente evaporato.

venerdì, agosto 03, 2007

Heidelberg - Sabina: diario di un emigrante - Parte I

Pubblico in due puntate questo articolo che ho scritto un paio di mesi fa per la rivista del mio paesello. Ho usato dei contenuti che avevo già scritto per il blog, tra i quali dei pezzi di un articolo di Cotroneo.

La nostra comunità si trova attualmente a dover affrontare i problemi e a godere dei vantaggi correlati all’immigrazione. La storia ci ha insegnato che tutte le migrazioni portano inevitabilmente problemi e vantaggi per ospiti e ospitanti. Io vorrei riportare il mio punto di vista di cittadino italiano e sabino residente in Germania, raccontando qualche mia esperienza ed esprimendo alcune riflessioni.
Mi piacerebbe che questo mio sforzo possa contribuire al non facile processo di comprensione e scambio reciproco che può, se impostato correttamente, arricchire sia la comunità ospitante che l’emigrato.
Bisogna comunque anche tener presente che la mia storia e le mie impressioni sono quelle di un emigrante privilegiato. Ho deciso di andare a lavorare in Germania perché sono sempre stato curioso di conoscere nuove lingue e culture, ma sarei potuto rimanere in Italia e vivere bene lo stesso. Molti emigranti sono invece spinti da esigenze primarie di sopravvivenza e i problemi che si trovano ad affrontare sono
ben più difficili di quelli incontrati da me.
Il bilancio della mia permanenza di otto anni ad Heidelberg è sicuramente positivo. Ho sempre mantenuto un atteggiamento di curiosità e interesse verso la cultura e le usanze tedesche, soprattutto nei confronti di quelle usanze diverse, che in quanto tali potrebbero essere classificate come strane.
La relazione tedeschi-italiani è una lunghissima relazione di amore-odio. A partire da quando noi eravamo caput mundi e loro erano i barbari e alcuni combattevano per l'Impero altri contro, attraversando la fase in cui l'Impero erano loro e ci dominavano ma eravamo quasi un'unica nazione, fino alle vicende più recenti. Il luogo comune popolare sui tedeschi è stato purtroppo drammaticamente influenzato dagli anni dell’occupazione durante la Seconda Guerra Mondiale. Quel tragico periodo ha fatto comprensibilmente dimenticare agli italiani tutto quello che i tedeschi hanno fatto per la scienza, la musica e la letteratura.
Provvidenzialmente la guerra è stata poi persa dai tedeschi, non senza lasciare però danni immensi nella coscienza dell'umanità e nella loro di coscienza.
Danni che ancora oggi non sappiamo quantificare del tutto. Poi negli anni del dopoguerra è servito un metodico lavoro per convincere i diffidenti italiani che la Germania era paese accogliente. C'è un dopoguerra italiano-tedesco dell'emigrazione
che meriterebbe un capitolo a parte, e che, anche se non ha raggiunto i livelli di drammaticità di altre situazioni di emigrazione, ha rappresentato un capitolo dolente, un altro, nei rapporti conflittuali tra noi e loro.
Dopo la guerra, il rapporto con la Germania poteva essere solo di due tipi, o elitario oppure conflittuale e banale. O si celebrava spocchiosamente la cultura tedesca, oppure si pensava che i tedeschi erano quelli là. Tutti ordine e distintivo.
Quelli che fanno funzionare tutto bene, ma sono rigidi e privi di sentimento. Non è così, ma sotto sotto ne sono convinti anche loro di questa cosa. Sono consapevoli che la loro società funziona molto bene, che le loro industrie producono le automobili migliori e ne vanno fieri, ma questa consapevolezza priva troppo spesso di una qualità: l’autoironia. Si prendono troppo sul serio e faticano molto a ridere dei propri difetti. Forse proprio per questo qualche volta ripiombano in quel lontano sogno, in quella volontà di potenza; anche quando nella modernità del nuovo millennio cercano la leggerezza. Ridono dei nostri spaghetti, delle nostre mamme italiane, ma poi si buttano a capofitto su qualsiasi cosa di italiano che circoli per il mondo: ristoranti, arte, letteratura. La cultura tedesca guarda a quella italiana con una ammirazione e un'attenzione che non trovi da nessun'altra parte del mondo. Sapere l'italiano, tra gli intellettuali tedeschi, è un modo per distinguersi, un valore aggiunto, e ne vanno fieri.

...continua...

giovedì, agosto 02, 2007

Notizie per gli italiani all'estero

Ho trovato delle novità interessanti per gli italiani all'estero:

1. Carta d’identità
Come previsto dalla legge Finanziaria 2007 i Consolati italiani in Europa, a partire dalla fine di giugno, hanno cominciato a rilasciare ai connazionali residenti nella circoscrizione e iscritti all’AIRE la carta d’identità in formato tradizionale.
Ai Consolati, dunque, è stato inviato il modello di carta d’identità in vigore in Italia con una intestazione modificata in prima pagina, dove invece della dominazione “Comune“ compare quella di “Ufficio consolare“ e l’indicazione, sull’ultima pagina, del Comune di iscrizione Aire.
La procedura per il rilascio è indicata in una direttiva ongiunta firmata da Viminale e Farnesina: l’Ufficio consolare, dopo aver verificato l’iscrizione in Aire del cittadino, dovrà richiedere al Comune competente il necessario nulla osta al rilascio/rinnovo della carta d’identità. Il Comune dovrà verificare l’esattezza dei dati anagrafici e, se questi non presentano discordanze, rilascerà il nulla osta entro tre giorni lavorativi dall’arrivo della richiesta.

2. Carta di Sconto IT Card
È stata realizzata in giugno la preannunciata “It Card“, una tessera personalizzata realizzatautilizzando il logo istituzionale del ministero dei Beni Culturali in una prospettiva di identità visuale e grafica del sistema Italia. La carta permette ai nostri connazionali residenti all’estero, che si recheranno in Italia, di usufruire di una serie di sconti su una vasta gamma di servizi.
Grazie alla collaborazione con Asso Cral Italia, Trenitalia, Federalberghi ed altre realtà ricettive e di servizi sono stati attivati sconti dal 10 al 50% su: tariffe alberghiere e degli
agriturismo, biglietti ferroviari ed aerei, autonoleggi, tour cittadini, biglietti di ingresso in vari teatri e acquisti in numerosi esercizi commerciali.
La “It Card“, già pervenuta alle sedi più vicine e in via di distribuzione presso le altre per un totale di un milione e trecentomila carte(circa il 40% degli iscritti in anagrafe), viene rilasciata gratuitamente dagli uffici consolari ai connazionali che ne fanno richiesta, assieme ad una sintetica brochure nella quale è spiegato come utilizzare la carta, quali sono gli sconti a cui dà diritto, ma anche i siti utili e i numeri verdi a cui sarà possibile chiedere informazioni o fare segnalazioni.
La carta ha validità fino al dicembre 2012 e vuol essere un contenitore aperto, nel quale far confluire nei mesi e negli anni a venire una gamma sempre più vasta di offerte ed opportunità. Sono infatti in via di definizione gli accordi del Mae con il Ministero per i Beni Culturali e con l’Eni, per introdurre sconti per l’ingresso nei 460 musei e siti archeologici facenti parte della rete nazionale e per la distribuzione del carburante presso le stazioni Agip in Italia e in Europa.

Le notizie provengono dal Rapporto Semestrale
Gennaio - Giugno 2007 del Vice Ministro con delega per gli Italiani nel Mondo

mercoledì, agosto 01, 2007

Un anno di blog

Oggi il mio blog fa il compleanno. Buon buon primo agosto a tutti!