venerdì, luglio 27, 2007

Pastafarianesimo: In principio era la Pasta

La ministra della cultura dell'Assia si è vista recapitare una lettera che incoraggiava la sua lodevole intenzione di voler modificare i programmi della scuola pubblica del suo Land, affiancando, durante le lezioni di biologia, l'insegnamento della teoria del creazionismo a quella dell'evoluzionismo. Non possiamo far altro che rallegrarci, dice la lettera, questa decisione apre infatti la strada anche all'insegnamento della teoria del creazionismo pastafariano.
La lettera aveva come mittente "Societas Spaghetti - Monsignore Aglio di Olio, Granmaestro e Superiore Generale dell'Ordine dei Pirati di sua Spaghettosa Santità" e come logo un piatto di spaghetti al pomodoro.
Secondo il Pastafarianesimo, il mondo sarebbe stato creato dal Mostro di Spaghetti Volante (MSV). Teoria che ormai, tranne una sparuta minoranza di scienziati, nessuno mette in dubbio. Il Vangelo dei Pastafariani lo si trova anche su Amazon. Il fondamento del credo asserisce che l'MSV controllerebbe il mondo attraverso i suoi spaghetti-tentacoli, l'umanità discenderebbe dai Pirati e l'universo sarebbe stato creato circa 5000 anni fa. Le fondamenta logico-epistemologiche della teoria sono solide come quelle della teoria del creazionismo e analoghe a quelle della teiera di Russell: fino a quando qualcuno non avrà dimostrato il contrario, la teoria rimarrà inconfutabile.
Uno dei dogmi della religione asserisce che l'Universo è stato creato da un invisibile e non rilevabile Mostro di Spaghetti Volante. Tutte le prove che sostengono l'evoluzione sono state intenzionalmente impiantate da questo essere per fuorviare gli umani. Nella sua onniscenza e usando il suo incommensurabile senso dell'umorismo, il MSV sapeva già che degli esseri umani curiosi avrebbero trovato quelle prove ed elaborato una falsa teoria.
Un'altro dei dogmi afferma che il riscaldamento globale, i terremoti e gli uragani e gli altri disastri naturali sono conseguenza diretta della diminuzione del numero dei pirati a partire dal XIX secolo.
Si noterà dalla foto che l'aspetto del MSV - tentacoli-spaghetti e occhi-polpette - ricorda vagamente il famoso piatto della cucina italo-americana: spaghetti and meatballs; piatto sacro per gli adepti.

mercoledì, luglio 25, 2007

Reunion e Il giardino dei Finzi-Contini

Ho finito da poco la lettura in parallelo di due libri. È stato interessante in quanto entrambi erano ambientati nei decenni che hanno preceduto la II Guerra Mondiale, rispettivamente nei due paesi in cui io ho vissuto. Entrambi narrano le vicende di mondi totalmente scomparsi viste prevalentemente da prospettive adolescenziali.
Tutti e due i protagonisti nascono da famiglie di tradizione ebraica, ma all'interno di queste famiglie, questa identità ebraica non viene vissuta in modo molto integrale. "Questa estrazione ebraica in concreto si riduceva alla visita annuale alla sinagoga nel giorno dello Yom Kippur, giorno in cui mio padre non fumava e non viaggiava, non perché credesse nel Giudaismo, ma perché non voleva ferire i sentimenti di altre persone".
Nelle due famiglie ci si sente prima di tutto italiani e tedeschi rispettivamente e si guarda al sionismo come una bizzarria di pochi estremisti: "reclamare la Palestina dopo duemila anni, secondo mio padre, non aveva più senso di un ipotetico tentativo da parte degli Italiani di reclamare la Germania in quanto duemila anni prima era stata un possedimento romano. Avrebbe solo potuto condurre ad infiniti spargimenti di sangue".
In tutti e due gli ambienti si sottovaluta la portata delle tragedie che Hitler e Mussolini avrebbero generato e si pensa che a breve tutto sarebbe tornato alla normalità. "Conosco la Germania. Questa è solo una malattia temporanea, come il morbillo, che passerà. Credi veramente che i compatrioti di Goethe e Schiller seguiranno questa spazzatura?". Questa considerazione fa riflettere in particolare su quanto sia facile giudicare a posteriori, quando si conosce già il finale della storia. Quando ci si trova dentro però le cose non appaiono così ovvie.
Nella mia edizione di Reunion c'è un introduzione di Arthur Köstler. Cito: la novella narra vicende drammatiche, "eppure il retrogusto che lascia è quello fragrante del vino locale gustato in locande a graticcio lungo le rive del Neckar e del Reno. Non c'è nulla della furia wagneriana; è come se Mozart avesse riscritto "Il crepuscolo degli Dei".

domenica, luglio 22, 2007

Amuleti

Nella foto sono ritratti i miei amuleti: uno pellerossa, uno cattolico e uno buddista. Tutti e tre mi sono stati regalati, ma parrebbe che tutti e tre siano ugualmente inutili.

lunedì, luglio 16, 2007

Se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo

Sono passati ormai più di dodici anni e nel ripostiglio della mia memoria rimangono solo fotografie con i contorni logori che sbiadiscono e ingialliscono, ritratti dai colori sempre più tenui, sfumati ed opachi.
Marinelli era sicuramente quello che mi affascinava di più. Magro, lunga barba bianca e capelli legati, era forse quello che più si avvicinava alla figura mitica del barbone romantico: quello un po' filosofo che diventa barbone per scelta. Stereotipo che secondo la mia esperienza esiste solo nell'immaginario di chi non ha mai avuto dei contatti veri con gli abitanti dei ghetti metropolitani.
Marinelli era nato a Trieste nei primi decenni del secolo scorso. Aveva viaggiato molto e vissuto in luoghi diversi. Era stato, tra tante altre cose, frequentatore adolescente di case chiuse a Trieste, autore di gialli e alcolizzato in Argentina, padre in Francia, giocatore di terzilio in Sabina e barbone a Roma. Il suo vero cognome era Marinovic che fu italianizzato durante il ventennio. Era un acuto osservatore della realtà che lo circondava e a volte si divertiva a stupire con degli strani comportamenti i volontari in preda ad un ispirata vena caritatevole.
Memorabili le partite serali di terzilio davanti a una bottiglia di Black Bush o di Drambuie: io, lui e Alessandro.
Una volta gli domandai se avesse ancora dei contatti con i due figli. Mi rispose che non ne aveva. Era solo venuto a sapere che la figlia era diventata suora.

Marcello I era uno dei più divertenti. Trasteverino doc e omosessuale. Nel dopoguerra si era prostituito nei dintorni di Monte Caprino e del Colosseo. Mangiava sempre e solo "er brodo". Solo una volta mangiò la pasta. Quel giorno avevo cucinato io. Ci erano arrivati dei fagioli e li usai per preparare un inedito e improvvisato sugo. Quando Marcello vide qual'era la pasta del giorno esclamò: "an vedi a' pasta a'a militare!".
Le sue frasi più ricorrenti erano: "ma che c'avete messo er zucchero ner brodo!", "guarda che io c'ho 57 anni", e quando si alterava: "ma va a fa' le pippe ar colosseo".

Assuero recitava la parte del vecchietto tenero e indifeso per conquistarsi le simpatie di volontarie e operatori. In realtà era un furbastro. Aveva vissuto molti anni in Francia dove aveva imparato a bere il pastis e a cantare l'Internazionale. Un giorno organizzammo una festa alla presenza di volontari e operatori. Francesco suonava la chitarra, io il trombone e gli ospiti cantavano. Ad Assuero facemmo cantare la sua amata Internazionale. Gli operatori non apprezzarono molto.

Savino era pugliese e autistico con un passato di emigrante in Germania come muratore. Quando parlava non si capiva quasi nulla. Quando veniva a mangiare aveva un suo percorso e dei gesti che ripeteva religiosamente sempre uguali. Un giorno diede un pungo a un obiettore che scherzava con lui.

Marcello II scriveva poesie in dialetto romanesco. Ne scrisse anche una per me e per Silvio nel nostro ultimo giorno di servizio.

Remo era nato anche lui a Trastevere e aveva trascorso venti anni in carcere: aveva ammazzato due ricettatori. Una delle sue attività principali era stata svaligiare gli appartamenti. Era molto vecchio e si muoveva a stento. Nonostante ciò tutti lo rispettavano timorosamente. Durante le mie notti di servizio a volte passavo delle ore ad ascoltare le sue storie.

Romeo proveniva da una famiglia della media borghesia. Suo padre era stato sindaco di un paese della Ciociaria. Aveva studiato medicina, ma i problemi psichici l'avevano portato a vivere sotto i ponti. Leggeva in continuazione e aveva dichiarato guerra a molte cose: una di queste erano i glutammati.

Bushi veniva dall'Albania e faceva il ricettatore in zona Termini. Girava con la fiaschetta perennemente nel taschino interno della giacca e voleva sempre offrirci un sorso.

Alex era nato in Ungheria da padre calabrese. Fuggì dall'Ungheria con mezzi di fortuna per raggiungere il padre, il quale lo segregò per più di un decennio a fare il pastore sull'Aspromonte. Fuggì anche da lì, dopo aver ucciso qualcuno, secondo i suoi bizzarri racconti, e si spostò a Roma. Non aveva mai frequentato scuole e si era alfabetizzato da solo provando e riprovando a decifrare pagine di giornali. A Roma si era costruito una baracca a Cinecittà, dove cominciò a frequentare l'ambiente delle comparse cinematografiche. Fece la comparsa in molte pellicole, persino con Federico Fellini. Una sera mentre guardava la televisione insieme agli altri ci chiamò eccitato. Stavano trasmettendo "Anche gli angeli mangiano fagioli". Vedemmo la scena in cui Alex interpretava il suonatore di piatti dell'esercito della salvezza.
Negli anni in cui lo conobbi era un consumatore abituale di viagra.

Campanelli era piemontese ed era rimasto traumatizzato dalla vita di manicomio. Leggeva e citava in continuazione l'Apocalisse esibendosi anche in diverse sue creazioni improvvisate sul tema. Una di queste era la minaccia della punizione dell'Uccello Grifone.




Mammolino era omosessuale e aveva lavorato nel teatro. Anche lui si divertiva molto a prendere in giro le volontarie.

George era nato da una delle caldeggiate relazioni tra romani e "bell'abissine". Suppongo che nella Roma del dopoguerra la sua provenienza gli abbia provocato qualche problema. Era riuscito ad uscire dall'alcolismo e frequentava ancora i gruppi di Alcolisti Anonimi.

Altri personaggi che ricordo sono Gina, la cuoca volontaria nipote di Ignazio Silone, che sputacchiava sui piatti; la suora venticinquenne emiliana che votava Bertinotti e che un giorno ci comunicò che si sarebbe ritirata in clausura; e il cuoco volontario caposcout. A volte nel cuore della notte ci arrivavano delle prelibatezze preparate da quest'ultimo. Erano gli avanzi di qualche banchetto luculliano che aveva deliziato gli abitanti di qualche villa sulla Via Appia. Il giorno dopo si assisteva quindi all'improbabile scena del non particolarmente apprezzato pasto a base di soufflé, vol-au-vent e raffinatezze simili. Marcello chiosava sempre con frasi tipo: "quella t'aa magni te. Damme er bbrodo!".

giovedì, luglio 12, 2007

Armonia celeste e dodecafonia

La tesi centrale di questo libro è che la principale responsabile del divario apertosi tra il pubblico e i compositori dell'ultimo secolo sarebbe la dodecafonia: tecnica compositiva che avrebbe abrogato, non solo la coloritura armonica e gli sviluppi melodici, ma anche la stimolazione di reazioni fisiche ed emotive, privilegiando la novità ad ogni costo rispetto alla bellezza. Per sostenere la sua tesi l'autore, Andrea Frova, professore di Fisica Generale e musicofilo, si basa su una serie di risultati scientifici relativi alla nostra percezione soggettiva della musica. Risultati relativi a diversi ambiti scientifici che vanno dalla formazione del suono negli strumenti musicali - tra cui anche la voce umana - all'analisi delle informazioni musicali che giungono al nostro cervello.
Un articolo che viene citato, molto interessante per chi abbia delle nozioni di musica e matematica, è il primo articolo di carattere musicale pubblicato dalla prestigiosissima rivista scientifica Science nel 2006: THE GEOMETRY OF MUSICAL CHORDS.
Frova usa un linguaggio immediato, diretto e comprensibile: ben distante dagli astrusi tecnicismi e dall'oscuro gergo dei critici musicali comprensibile solo ai loro colleghi. Consiglio il libro, soprattuto la prima parte, non solo a chi è nutre già degli interessi in materia, ma anche a chiunque volesse imparare qualcosa sulla nascita del sistema dell'armonia tonale (quello usato più o meno dal XVI sec. d.C. fino ad oggi in quasi tutta la musica occidentale) e alla sua evoluzione storica. Non è necessario essere dei musicisti per leggerlo.

Attraverso questo libro ho appreso nuove conoscenze relative alla fisica dei suoni e persino sulla fisica del mio amato trombone. Ho letto inoltre di correnti musicali del '900 che non avevo mai sentito neppure nominare: musica microtonale, musica aleatoria, musica algoritmica, musica concreta, rumorismo, puntillismo, musica dell'immaginario cosmico, musica politicamente condizionata.

Altra citazione interessante è quella dell'organo naturale di Paolo Diodati basato sull'emissione acustica nelle rocce presso il vulcano di Stromboli.

Particolarmente interessante per me è stato anche l'articolo di Zanette: Zipf's law and the creation of musical context. Avevo lavorato con la legge di Zipf durante la mia attività di ricerca nell'ambito dell'Information Retrieval.
Il contesto della legge di Zipf è quello dell'analisi di un testo, ad esempio un romanzo. Se si ordinano i termini a seconda del loro numero di occorrenze nel testo, al primo posto ci sarà il termine che occorre più spesso. Semplificando, Zipf dice che se n(r) è il numero di occorrenze del termine che sta al posto r nella classifica, quando r è sufficientemente grande vale la relazione n(r)~1/r. Quindi il termine che sta al centesimo posto dovrebbe occorrere con una frequenza circa 10 volte maggiore rispetto al termine che sta al millesimo posto. Zanette trasporta in musica il modello di Zipf e introduce il contesto musicale definendo l'equivalente di un termine testuale come una nota caratterizzata da altezza e durata. In questo contesto analizza quattro composizioni di: Bach, Mozart, Debussy e Schönberg e mostra che da un punto di vista funzionale tutte seguono la legge di Zipf, però sussistono delle differenze da un punto di vista quantitativo: il pezzo dodecafonico di Schönberg dà luogo a risultati molto diversi da quelli di tutte le altre composizioni indicando la presenza di un lessico poco compatto e di un contesto instabile.

martedì, luglio 10, 2007

Baccalà alla cacciatora

Su richiesta di ubik pubblico una ricetta che ho imparato da mia madre. Questo piatto non manca mai nella cena della vigilia di Natale della mia famiglia.

Ingredienti: (per 4 persone)
700 g baccalà, 1 spicchio d'aglio, un paio di rametti di rosmarino fresco, 1/2 bicchiere di vino bianco (ma anche il rosso va bene: conferisce al piatto un sapore più deciso) e olio extravergine d'oliva.

Preparazione:
Tagliate a pezzi il baccalà e tenetelo a mollo per un paio di giorni, cambiando l'acqua un paio di volte al giorno. Scolatelo e asciugatelo.
Fate scaldare 5 o 6 cucchiai di olio in una padella. Aggiungete il baccalà alzando la fiamma quando avrà tirato fuori l'acqua. Contemporaneamente utilizzate un mortaio per ridurre a crema lo spicchio d'aglio e le foglioline di rosmarino. Aggiungete quindi nel mortaio il 1/2 bicchiere di vino e mescolate bene. Quando l'acqua nella padella si sarà ridotta irrorate con il contenuto del mortaio e lasciate cuocere fin quando la salsa non si sarà addensata.

domenica, luglio 08, 2007

Probenwochenende e funghi porcini

Il fine settimana mi ha visto impegnato con il Probenwochenende: un fine settimana dedicato interamente alle prove con l'orchestra. Si parte in autobus il sabato alle 8:15, si raggiunge il luogo prescelto - l'ostello di Zwingenberg nel nostro caso - e alle 9:30 si comincia la prova che avrà termine domenica alle 16:30. Si mangia e si pernotta in ostello.
I pezzi che abbiamo provato sono:

Una notte sul Monte Calvo di Modest Mussorgsky
Sinfonia n° 4 in re minore di Robert Schumann
Concerto per violino di Antonín Dvořák

Chi dovesse trovarsi ad Heidelberg sabato 21 luglio può venire al concerto che avrà luogo alle 19:30 nella Lutherkirche, Vangerowstraße 5, nelle vicinanze della Volkshochschule.

Altre novità nell'ambito musicale: ho comprato un completino sado-maso in pelle per proteggere il mio trombone dalla corrosione.

Per essere preciso devo anche aggiungere che i tromboni non sono coinvolti in tutti i tempi dei suddetti pezzi. Così la nostra partecipazione è stata parziale: da sabato alle 16:30 fino a domenica alle 12. Questo mi ha permesso di farmi il giretto al mercato del sabato mattina e non immaginerete mai che cosa ho trovato. Un bel fungo porcino. Questo può aiutarvi a capire quanto autunnale sia qui il clima in questo momento. Come per incanto dopo qualche ora il funghetto si è trasformato. Se qualcuno volesse la ricetta eccola. La preparazione del condimento è sempre la stessa, anche se lì era accompagnato agli gnocchi e qui alle fettuccine.

venerdì, luglio 06, 2007

Pasta col tonno

Su richiesta di Eva Kant pubblico una vecchia ricetta del mio paese che in passato veniva preparata per la vigilia di Natale. Quella che propongo è una mia personalizzazione. Nella ricetta tradizionale ovviamente non potevano esserci i capperi. Non c'erano neppure le olive e credo che la cipolla e il peperoncino siano stati aggiunti nel dopoguerra.

Ingredienti: (per 4 persone)
340 g spaghetti, 800 g di pelati (i migliori secondo me sono sempre i MUTTI), 1 cipolla, 1 spicchio d'aglio, 160/240 g di tonno in scatola, una manciata di capperi siciliani sotto sale, olive nere, peperoncino fresco, prezzemolo, 2-3 cucchiai d'olio.

Preparazione:
Soffriggete la cipolla in una padella a fuoco molto dolce.
Quando la cipolla si sarà appassita aggiungete l'aglio schiacciato o a pezzettini (a seconda delle inclinazioni agliesche personali), i capperi dissalati, le olive snocciolate e tagliate a pezzettini e il peperoncino. Lasciate ancora soffriggere per un paio di minuti, aggiungete il tonno scolato e coperchiate. Dopo qualche minuto aggiungete i pelati, mescolate e lasciate cuocere fin quando la salsa non si sarà totalmente addensata.

Buon appetito e fine settimana!

mercoledì, luglio 04, 2007

Apologia della Riabilitazione

L'istituzione della riabilitazione è secondo me un enorme vanto del sistema sociale tedesco e un grandissimo segno di civiltà. Mi risulta sempre un po' difficile spiegare agli amici italiani che cosa sia la riabilitazione in Germania. Quando dico che sto in una clinica di riabilitazione mi rispondono: ma quindi sei di nuovo in ospedale? A volte per farmi capire uso una grossolana esemplificazione e dico che somiglia un po' al concetto di vacanza alle terme. Credo però che nella realtà del sistema sanitario italiano non esista nulla di paragonabile.
Cerco di spiegare che cosa sia utilizzando altre semplificazioni. Immaginate un albergo - ognuno ha quindi la sua stanza eventualmente anche con coniuge e figli - con del personale medico e paramedico che, all'inizio del soggiorno, stila una terapia individuale volta al recupero delle energie psicofisiche del paziente. Può accedere alla riabilitazione chi sia stato colpito da malattia abbastanza grave - ma anche da incidente, o da qualsiasi problema di salute che necessiti un recupero - e sia stato dimesso dall'ospedale. Il che equivale a dire che può accedere chiunque si trovi ad affrontare una non facile convalescenza. Lo stato sociale tedesco paga quasi per intero il soggiorno di 3, 4 e a volte anche 5 settimane e l'organizzazione prevede addirittura che si riceva a casa il biglietto del treno insieme a due energumeni addetti a prelevare i bagagli: suppongono giustamente che chi ha bisogno di una riabilitazione potrebbe avere dei problemi a viaggiare carico di valige.
La terapia individuale viene in parte consigliata dal personale e in parte scelta dal paziente a seconda delle inclinazioni personali. Nella mia clinica, oltre all'arteterapia (acquerello, steatite, argilla e canestri) già nota ai lettori di questo blog, alcune delle altre offerte disponibili sono: massaggi, ginnastica individuale e di gruppo, consulenze alimentari, sedute con psicologi, esercizi mnemonici, yoga, qi qong, esercizi per combattere l'insonnia, e altro ancora. Inoltre il personale medico definisce anche una terapia per risolvere gli altri eventuali problemi di salute residui.
Lo scorso anno accedetti alla riabilitazione dopo cinque mesi di ospedale, tre mesi di convalescenza e quattro mesi di lento recupero. Il soggiorno contribuì a riportare le mie energie psico-fisiche a livelli normali.
Anche quest'anno l'effetto delle tre settimane è stato benefico.

Durante questo ultimo soggiorno sono venuto a sapere dalla psicologa che all'inizio dell'anno si stava valutando se chiudere la clinica in quanto i finanziamenti si assottigliano sempre di più. Fortunatamente pare che il discorso sia rientrato. Sarebbe stata un'enorme perdita.
Qui ritorna il discorso di un'altra pagina del mio blog: è auspicabile che un governo dia la precedenza al PIL e alla quadratura degli indici economici rispetto allo stato sociale? Il benessere aumenta se qualche indice migliora come conseguenza della chiusura di qualche clinica di riabilitazione?

Il giorno prima della fine del soggiorno del mio scaglione c'è stato il saluto ufficiale da parte del primario. Io e Dieter abbiamo suonato per l'occasione il Wiegenlied di Franz Schubert (trombone e pianoforte).
Ho conosciuto Dieter una settimana prima di ripartire. Lavora per la SWR (TV pubblica del sud-ovest), ha 60 anni e una malattia grave alle spalle. Nonostante ciò non ha mai rinunciato alla sua settimana di vacanza solitaria sulle Alpi. Parte da quota 2000, si fa una decina di Km al giorno con lo zaino in spalla pernottando in rifugi e attraversando anche percorsi in cui è necessario l'uso di corde, raggiunge quota 3000 e torna indietro. Quando ci siamo salutati, vedendomi interessato ai racconti delle sue scalate, mi ha chiesto se fossi interessato anche a partecipare. Dice che non riesce a trovare mai un compagno di viaggio.

lunedì, luglio 02, 2007

Ultimo giorni nella Foresta Nera

Venerdì sera, per festeggiare l'arrivo di Zucchero, siamo tornati da Pfaff. Stavolta ho preso il cinghiale con amarene e prugne al vino rosso e galletti: buono! Con un bicchiere Riesling e uno di Dornfelder, non abbiamo dimenticato il brindisi di buon augurio per Eva Kant e Ubik.
Il sabato ci siamo incamminati di nuovo nella foresta. Siamo partiti dalla base delle cascate a 680 m slm. Lì Zucchero è riuscita a scattare qualche bella foto ad uno scoiattolo. Abbiamo risalito la ripidissima costa che in 1 km conduce alla sommità delle cascate a circa 890 slm. Eravamo quasi sul punto di tornare indietro, ma abbiamo persistito, continuando verso Schwarzenbach (934 slm), quindi verso Weißenbacher Höhe (1011 slm), Martinskapelle (1091 slm), Güterfelsen (1139 slm), fino a giungere dopo circa 3 ore e mezza al Brend (1150 slm), una delle cime più alte della zona, per un totale di 12 km. Siamo anche saliti sulla torre panoramica, ma quella della Stöcklewaldkopf meritava di più.
Lungo la strada del ritorno ci siamo rifocillati nella quasi deserta Gasthaus di Martinskapelle gestita da un signore del luogo e dalla moglie rumena che si è mostrata contenta di aver degli ospiti italiani con cui poter scambiare qualche parola nella lingua stentata appresa in una fabbrica rumena di proprietà italiana.
In prossimità della Martinskapelle c'è la seconda fonte del Danubio che si contende il titolo con la più ufficiale e rinomata Donaueschingen che visitammo lo scorso anno.
Dopo gli ulteriori 12 km di cammino per il ritorno, la cascata ci ha offerto questo spettacolo di rifrazione.
In serata siamo passati per i palchi e le bancarelle della Stadtfest di Triberg, che si tiene addirittura ogni tre anni, e abbiamo consumato la cena al solito Pfaff.
Stasera dove pensate che mi delizierò il palato per l'ultima cena del soggiorno?

giovedì, giugno 28, 2007

Le particelle elementari

Le particelle elementari di Michel Houellebecq è la storia di due fratellastri: un'insegnante e un biologo capo di un gruppo di ricerca. La storia in se è quasi un pretesto, un accessorio che serve a rafforzare l'idea centrale del libro. Quell'intuizione che si scorge tra le pagine, ma che viene rivelata pienamente solo alla fine.
Il libro si apre con la descrizione delle "mutazioni metafisiche", che sarebbero le rare trasformazioni radicali e globali della visione del mondo. L'avvento del cristianesimo viene citato come un di questi rari esempi di mutazione metafisica.
Il libro contiene molte riflessioni storico-sociologiche ed etiche espresse spesso in modo lucido ed acuto in cui a volte ho ritrovato dei pensieri pasoliniani. Si parla molto dei mutamenti sociologici dal dopoguerra in poi e spesso per bocca dei personaggi, per cui risulta a volte difficile capire se le idee appartengano o no all'autore.
Spesso queste analisi sono graffianti, ciniche e spietate, soprattutto quelle relative ad alcuni movimenti di pensiero. La scienza occupa un ruolo centrale nella storia e a volte vengono usate delle metafore scientifiche, la meccanica quantistica ad esempio, per descrivere dei comportamenti umani.
Alcuni temi, come quello dell'invecchiamento, vengono trattati senza sconti e a volte anche in modo un po' deprimente; altri temi mi sono risultati un po' inquietanti, ma tutto ciò è funzionale alla creazione dell'universo narrativo adeguato la cui chiave di volta si troverà soprattutto alla fine.

Riporto qui alcune citazioni dal libro.

"Fa un certo effetto osservare come spesso tale liberazione sessuale venisse presentata sotto forma di ideale collettivo mentre in realtà si trattava di un nuovo stadio nell'ascesa storica dell'individualismo. Coppia e famiglia rappresentavano l'ultima isola di comunismo primitivo in seno alla società liberale. La liberazione sessuale ebbe come effetto la distruzione di queste comunità intermedie, le ultime a separare l'individuo dal mercato. Un processo di distruzione che continua oggigiorno."

"... la società erotico-pubblicitaria in cui viviamo si accanisce a organizzare il desiderio, a svilupparlo fino a dimensioni inaudite, al tempo stesso controllandone la soddisfazione nel campo della sfera privata. Affinché la suddetta società funzioni, affinché la competizione continui, occorre che il desiderio cresca, si allarghi e divori la vita degli uomini."

"La celebrità culturale era solo un mediocre surrogato della gloria vera, la gloria mediatica; e questa, legata all'industria del divertimento, drenava più masse di denaro di qualunque altra attività umana. Che cos'era un banchiere, un ministro, un imprenditore, rispetto a un attore del cinema o a una rock star? Ormai le strategie di distinzione tanto argutamente descritte da Proust non avevano più alcun senso."

"Secondo l'ipotesi di Margenau, la coscienza individuale è assimilabile a un campo di probabilità in uno spazio di Fock, definito come una somma diretta di spazi di Hilbert."

mercoledì, giugno 27, 2007

Steatite

Come da promessa, ecco la pagina frivola. ;-)

Dopo i corsi di arteterapia ho confermato la mia consapevolezza di essere proprio negato per quanto riguarda le arti figurative. Nonostante ciò ho trovato la "creazione" divertente e rilassante. Mi sono impegnato in due attività: argilla e steatite.
Conobbi la steatite lo scorso anno qui a Triberg. I tedeschi la chiamano Speckstein che è più o meno la traduzione della parola, composta da due radici greche, che usiamo noi: grasso e pietra. Ritraducendo dal tedesco verrebbe fuori qualcosa come pietrapancetta o pietralardo. La lingua tedesca è piena di queste divertenti ricostruzioni autarchiche di parole di radice greca o latina. In italiano la steatite è nota anche come pietra saponaria.
Non avendone mai sentito parlare, lo scorso anno non mi sono voluto avventurare nei meandri della sua lavorazione e mi sono limitato all'argilla. Dopo aver visto però la facilità con cui questa pietra si lascia modellare, quest'anno ho voluto superare i freni inibitori e mi sono inoltrato lungo i sentieri della creazione. Come dicevo, sono cosciente di non avere alcuna qualità nell'ambito delle arti figurative. Il mio obiettivo è infatti solo quello di rilassarmi impegnandomi in un'attività che di solito mi dà soddisfazione, anche se i risultati lasciano a desiderare; e cioè: creare qualcosa usando le mani.
Sono partito da questa pietra e ho cominciato a lavorare di lima tonda, di trapano e di lima lunga, cercando di allargare il buco, sono arrivato a questo. Poi mi è venuta l'idea di rendere la superficie più varia creando delle aperture. Avrei voluto renderle un po' più graduali, ma la comparsa di una crepa mi ha indotto a fermare il mio lavoro di limatura. A questo punto sono partito con la pezzetta abrasiva che si usa per levigare la superficie. Infine ho applicato il grasso per lucidare la pietra.
Mi sono anche voluto avventurare nella creazione di ciondoli e anelli, sempre con lo stesso pessimo risultato, che è rimasto invariato anche con l'argilla.
Peccato che la signora che insegnava a intrecciare i canestri di vimini era in vacanza, altrimenti avrei sicuramente ripetuto le mie brillanti prestazioni anche in quella specialità.

domenica, giugno 24, 2007

Ascanio Celestini - Bella Ciao

Grazie ad una segnalazione dell'amico ubik ho sentito tutte le puntate di Bella Ciao. Cinque storie di deportati registrate nell’ottobre del 2005 ad Auschwitz nell'ambito di un'iniziativa del comune di Roma che prevedeva anche la presenza del sindaco Veltroni e di 200 studenti delle scuole superiori di Roma: iniziativa lodevolissima.
A volte forse si pensa di aver ormai fatto i conti con quelle atrocità: ormai si sa bene quello che è successo. Ascoltando queste storie però mi sono emozionato e a volte non sono riuscito a trattenere le lacrime. Penso che tutti dovrebbero ascoltarle.
Anche i commenti di Celestini fanno molto riflettere: per ammazzare una persona basta poco, basta un assassino; per uno sterminio di massa non bastano degli assassini, serve molto di più, servono dei burocrati organizzati "civilmente", servono archivi, registri, liste e una puntigliosa organizzazione logistica. La Shoah è il primo esempio di sterminio civilizzato e deresponsabilizzato. Celestini usa delle metafore molto efficaci. Paragona ad esempio il lavoro dei burocrati della morte a quello degli operai di una catena di montaggio. Se un artigiano costruisce una sedia si sente responsabile per quello che ha creato. Se la sedia invece viene prodotta in una catena di montaggio, ognuno ne costruisce un pezzetto e nessuno si sente responsabile dell'opera.
L'ascolto di queste puntate mi ha anche innescato una serie di riflessioni sul fatto che quella enorme tragedia sia nata e sia stata concepita proprio nel paese e nella cultura, attualmente esempio di civiltà, in cui da otto anni mi trovo a vivere.
Dopo le 5 storie ho ascoltato la lezione di Alessandro Portelli: 24 marzo 1944: Le Fosse Ardeatine. Meno toccante ma molto interessante da un punto di vista storico.
Più tardi invece ho letto dei commenti di Luca Fontana sulla vicenda Seung-Hui Cho che in qualche modo si ricollegano all'argomento precedente. Cho è lo studente della strage al campus americano di Virginia Tech. Fontana afferma che in questo caso la solita retorica della fredda e spietata società dei consumi che ghettizza il diverso non sembra funzionare. Pare infatti che in molti avessero notato lo studente e fatto degli sforzi per conoscerlo. Due insegnanti avevano cercato di parlargli e farlo parlare e avevano coinvolto delle strutture per il supporto psichiatrico. La storia di questo ragazzo turba particolarmente Fontana in quanto nella sua attività di insegnante crede di aver di aver incontrato un paio di Signori Cho:
"Grande buchi neri silenziosi, che ci stanno davanti e non parlano, al fondo dei quali si intuisce un enorme potenziale di rancore: vogliono far pagare al mondo d'esser nati e di sentirsi solo un grosso blog di carne sofferente. Se la società gli offre l'occasione possono anche far carriera, si veda Adolf Hitler. Con lui avranno tutti in comune un tratto, la loro intera vita sarà un suicidio dilazionato, e per incoraggiarsi a compierlo dovranno trascinare con sé il maggior numero di innocenti. E che paradosso che il povero professor Librescu sia sopravvissuto a Hitler per perire sotto le pallottole di Cho."
Anch'io nella mia vita credo di aver incontrato persone che potenzialmente avrebbero potuto diventare dei Signori Cho, ma che fortunatamente non si sono trovati nella situazione storico-sociale adatta.

venerdì, giugno 22, 2007

Sarò il tuo specchio

Il primo giorno d'estate non è dei migliori. Stamane sono andato a correre e c'erano 10 gradi, ma era soleggiato. Ora invece diluvia. Sembrerebbe però che per il fine settimana dovrebbe migliorare.

Vorrei dedicare questa bellissima canzone dei Velvet Underground ,cantata dalla voce teutonica di Nico, all'amore mio che oggi viene a trovarmi per trascorrere il fine settimana qui con me.



I'll Be Your mirror

I'll be your mirror
Reflect what you are, in case you don't know
I'll be the wind, the rain and the sunset
The light on your door to show that you're home
When you think the night has seen your mind
That inside you're twisted and unkind
Let me stand to show that you are blind
Please put down your hands
'Cause I see you

I find it hard to believe you don't know
The beauty you are
But if you don't let me be your eyes
A hand in your darkness, so you won't be afraid
When you think the night has seen your mind
That inside you're twisted and unkind
Let me stand to show that you are blind
Please put down your hands
'Cause I see you
I'll be your mirror

martedì, giugno 19, 2007

Alimentazione tedesca

Penso che i miei due commensali trovino molto strane le mie abitudini alimentari: a colazione mangio solo una tazza di latte e caffè con i cereali, a pranzo accompagno il piatto del giorno con il pane che devo ordinare esplicitamente, a cena invece mangio poco pane e non pasteggio con il tè dolcificato, ma soprattutto non uso il coltello a mo' di spatola per massimizzare la quantità di salsa ingurgitata ad ogni boccone e non imburro mai il pane.
Le loro colazioni consistono in diverse fette di pane, che per definizione va imburrato, farcite con marmellata, formaggio, salsicce o affettati e alcune tazze di caffè tedesco.
A pranzo ci si saluta con "Mahlzeit", che letteralmente significa "pasto" - pare che il saluto provenga da un'abbreviazione di "Gesegnete Mahlzeit" (pasto benedetto) - e il pane è bandito dalla tavola. I miei commensali sorbiscono deliziose zuppette, divorano le loro belle fette di maiale affogato in salse brunastre o biancastre accompagnate da patate, riso o verdure lesse scondite e concludono con una o più coppette di budini vari.
La cena merita un capitolo a parte. Il mitico Abendbrot viene consumato alle 17:30 e consiste in varie fette di pane (aber bitte mit Butter... natürlich), formaggio, salsicce o affettati e alcune tazze di tè... Ora che ci penso l'unica differenza tra colazione e cena pare essere la bevanda.
Quest'anno però non ho ancora avuta l'opportunità di rivedere il mitico pane burro e philadelphia.

Come diceva Lubrano: una domanda sorge spontanea. Mangiando grassi saturi e carne tre volte al giorno quali dovrebbero essere gli effetti sulla salute? Da quello che ci ripetono in continuazione i nutrizionisti ci dovrebbe essere un'incidenza altissima di malattie cardio-circolatorie e neoplastiche. A naso non credevo fosse così, ma ho dato uno sguardo veloce ad alcuni dati trovati su internet e pare che effettivamente l'incidenza di queste malattie nei paesi mediterranei sia molto più bassa.

sabato, giugno 16, 2007

Trota, concerto e principessa

Stasera ho condiviso la piccola sala da concerti della Kurhaus di Triberg addirittura con una principessa: sua maestà Cecilia de' Medici. La prima domanda di Zucchero è stata: ma i Medici non si erano estinti? Parrebbe di no.
Qui a Triberg la visita è stato un evento memorabile da segnare sugli annali. Il quotidiano locale ha pubblicato ben due articoli in prima pagina. Anche se la principessa si è modestamente schermita dicendo di non essere lei la prima, in quanto già Maria Antonietta d'Austria avrebbe visitato Triberg nel 1770. La principessa sarebbe nata a Firenze da madre aidelberghense e ora risiederebbe in Virginia dove sarebbe impegnata, attraverso la fondazione La Gesse Foundation, come mecenate per i giovani pianisti e musicisti da camera. Sembra che la fondazione mandi principessa e musicisti ad esibirsi in Europa. Quest'anno le tappe sono state: Tolosa, Triberg e Budapest.
Prima del principesco concerto sono tornato, memore delle esperienze dello scorso anno, a mangiare la mia amata trota della foresta nera con patate duchessa nel ristorante Pfaff.

mercoledì, giugno 13, 2007

Grandi ritorni: la Foresta Nera

Sono di nuovo qui dopo undici mesi. Nel luogo che mi ha ispirato per la nascita del blog. La foto che vedete è scattata dal balcone della mia camera.
Oggi sono uscito per una lunga camminata nordica percorrendo sentieri che non avevo ancora mai battuto. Sono dovuto tornare indietro un paio di volte, ma alla fine ho trovato quel che cercavo: un percorso da fare in un ora circa che mi portasse alla sommità delle cascate (950 s.l.m.) senza tratti troppo ripidi.
Appena ho iniziato ad addentrarmi nel bosco ho subito trovato dei fiori interessanti che non avevo mai visto. Le foglie somigliano a quelle del sambuco.
Proseguendo la salita, dopo mezzora sono arrivato su un piccolo altipiano usato come pascolo. Lungo il sentiero c'era un'adolescente in bicicletta con due cani che, forti della presenza della padrona, mi abbaiavano spavaldamente. Giunto a più di 100 metri di distanza dai cerberi, mi sono fermato per scattare delle fotografie. A quel punto le due bestie sono scattate, mi hanno raggiunto e mi abbaiavano contro ancora più ferocemente. In questo frangente ho potuto sperimentare la poliedrica possibilità d'uso delle racchette.
Invece sono risultato simpatico al più esibizionista dei vitelli del pascolo, che mi si è avvicinato e mi ha regalato diverse pose per un servizio fotografico.
Dopo aver oltrepassato delle stalle, si rientrava nel bosco, che in quel tratto era attraversato da alcuni ruscelletti , che spennellavano il verde degli alberi anche sul terreno petroso.
Infine sono rientrato nel sentiero noto della ripidissima discesa lungo le cascate, dove si incontrano gli scoiattoli neri della Foresta Nera.

sabato, giugno 09, 2007

Autobiografia

Nel mio albero genealogico, ricostruito a memorie di nonni, bisogna risalire alla settima generazione per trovare qualcuno che non fosse nato nel paese della Sabina dove sono nato anch'io: il nonno del nonno di mio nonno. Un tale Ubaldo, venuto da Scheggia, ai confini tra Umbria e Marche, nei primi anni del XIX secolo.
Fino alla generazione dei miei nonni tutti sono stati impegnati sempre nelle stesse attività; e cioè, lavorare la terra, pascolare il bestiame e allevare la prole.

A 4 anni ero un bambino tranquillo, affascinato dalle stelle. I miei capelli erano biondi e il mio cielo era quello azzurro di una giornata invernale di tramontana.

A 7 anni ero molto irrequieto, volevo fare l'astronauta, sognavo una casa con l'organo e il mio cielo era pieno di cirri.

A 12 anni ero prepotente, i miei capelli erano castani e ribelli e volevo fare l'ingegnere elettronico.

A 15 anni volevo fare il trombonista, vagheggiavo eroiche storie d'amore, i miei capelli erano rasati e il mio cielo cominciava ad incupirsi.

A 17 anni volevo fare il teologo o il compositore e vagavo tra alfabeto ebraico e semicrome. A 19 anni volevo fare l'astrofisico, i miei capelli erano da bravo ragazzo ed ero misogino.

A 20 anni mi trasferii a Roma, volevo fare il matematico, ero estremamente insicuro e il mio cielo era quello tenebroso di una giornata novembrina di libeccio.

A 24 anni volevo fare il cameriere a Londra, avevo la chioma leonina e il barbone da autonomo, cominciavo ad amare le donne e le esperienze psichedeliche e il mio cielo cominciava a schiarirsi.

A 25 anni volevo fare il logico-matematico e nel mio cielo spirava il grecale. A 26 lavoravo in azienda e i miei capelli erano più corti. A 27 facevo il dottorando e la chioma ricresceva. A 28, nauseato, tornavo in azienda.

A 29 anni conobbi l'amore e il mio cielo era quello stellato di fine agosto rinfrescato da una piacevole brezza di ponentino.

A 30 mi sono trasferito in Germania ed ero curioso e volenteroso. A 31 mi sono sposato con la mia cara Zucchero e il ponentino si tramutava in un soffio di maestrale in un cielo di settembre. A 35 il maestrale cresceva gonfiando il cielo di nubi e arruffando la mia chioma leonina.

A 36 anni un uragano portava via la mia chioma. A 37 l'arcobaleno si dispiegava sui miei pochi crini rimasti.

A 38 il mio cielo è quello di una giornata di temporali estivi e vorrei lavorare la terra, pascolare il bestiame e allevare la prole.

La Storia di Fosco

Pitagora

U carrozzo'

Se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo

Ricongiungimenti

L'esperimento


giovedì, giugno 07, 2007

Philosophenweg

Oggi qui è festa: Corpus Domini, e Zucchero e io siamo andati a fare una lunga passeggiata di due ore circa lungo il sentiero dei filosofi. La parte iniziale di questo sentiero è uno dei posti più battuti dai turisti, e bisogna riconoscere che offre dei begli scorci sul castello e sulla città vecchia.
Da tempo sostengo che in fatto di scempi architettonici mi sembra che i tedeschi non possano permettersi di criticare altri paesi. Basta fare un giro per una qualsiasi città tedesca. Qualcuno potrà dire: ma la guerra ha distrutto i centri storici delle loro città. È questo è vero. Il centro di Heidelberg però non è stato bombardato eppure gli scempi ci sono. Uno che ho notato oggi è il Marstall: un edificio del '500 che viene oggi usato come mensa universitaria. Guardate che mostro hanno costruito all'interno del cortile. (Dalla foto si scorgono anche i castagni in fiore.) Ad aggravare la situazione il fatto che l'edificio sia stato costruito da un ente pubblico. Altri esempi si trovano facilmente nel nostro quartiere: Neuenheim. Un quartiere costruito tra fine '800 e inizi del '900. Le facciate originali sono tutte in Jugendstil. Quelle rifatte sono bianche, lisce in vetro e cemento
In un brevissimo tratto del sentiero abbiamo trovati questi bellissimi fiori selvatici. Qualcuno sa di che fiori si tratta? Qui ci sono delle altre foto: 1, 2. Inizialmente ho pensato ai mughetti, ma Zucchero mi ha detto che i mughetti sono diversi ed effettivamente è vero.
Al ritorno abbiamo pranzato con un'ottima insalata di orzo con tonno, olive e capperi. Dopodiché sono andato alla prova per i concerti del 15, 21 e 22 luglio.
Programma:

Mussorgsky: "Una notte sul Monte Calvo"
Dvorak: Concerto per violino
Schumann: Quarta Sinfonia

Siete tutti invitati!

Domenica invece mi dovrò svegliare presto per andare a suonare al Gottesdienst. Con il nostro direttore d'orchestra che mi accompagnerà al pianoforte suonerò con il trombone dei pezzi scritti per violoncello e pianoforte:

Daniel Purcell: Sarabande
Mozart: Tema dalla sonata per pianoforte il la maggiore KV 331
Francoeur: Largo

domenica, giugno 03, 2007

Risotto al prosciutto e melone e pasta fatta in casa

Ieri abbiamo provato un piatto nuovo. Ho visto l'ultima parte della preparazione su RAI 1 mentre eravamo in albergo a Monaco e ho cercato di ricostruire la prima parte con un po' di fantasia.

Risotto con prosciutto, melone, mozzarella e menta.

Ingredienti: (per 4 persone)
350 g. di riso, 3 scalogni, 20 g. di burro, un cucchiaio d'olio, un litro di brodo vegetale, 1/2 bicchiere di vino bianco, 1 melone, 2 cucchiai di menta tritata, 150 g. di prosciutto, 2 mozzarelle, sale e pepe
Preparazione:
Mondate il melone, frullate più di metà della sua la polpa e tagliate a dadini il resto. Tritate gli scalogni, fateli appassire in un cucchiaio d'olio e 20 g. di burro, unite il riso e fatelo tostare. Sfumate poi con il vino e lasciatelo evaporare. Procedete unendo man mano il brodo necessario.
A metà cottura inoltrata incorporate il frullato di melone.
Tagliate le mozzarelle a dadini e soffriggete il prosciutto tagliato a listarelle in una padellina con un filo d'olio fino a renderlo croccante.
A cottura quasi ultimata aggiungete la mozzarella e mantecate, aggiungete il melone tagliato a dadini, regolate di sale e insaporite col pepe.
Prima di servire il risotto profumate con la menta e distribuite in superficie le listarelle di prosciutto.

Il risultato mi è piaciuto. A Zucchero è piaciuto un po' meno.

Giovedì scorso ho invece documentato la preparazione tradizionale della sfoglia per la pasta fatta in casa.



Qui c'è la fase del taglio delle fettuccine (chiamate sagne nel mio paese).
Il risultato finale è stato: fettuccine con gli asparagi selvatici dei Monti Lucretili. Aspragi che mio padre aveva colto la mattina precedente e che mia madre ci ha portato, insieme a chili di dolci fatti in casa con cui ha anche corrotto il personale di controllo dell'aeroporto di Ciampino.