Giovedì 6 settembre
A Taormina siamo ospiti della Villa Schuler gestita dal signor Schuler, nipote dello Schuler che arrivò a Taormina a fine '800 sulle orme di Goethe per non ripartire più. Aprì prima un negozio di antiquariato e poi un albergo.
Alle 19:30 andiamo a cena a Casa Grugno che si trova in un palazzo cinquecentesco vicino al duomo. Il cuoco, Andreas Zanger, è tirolese. Ha lavorato in molti posti in giro per il mondo fino al '95, anno in cui giunge a Taormina, si innamora, vende tutto via fax e rimane lì. Apprende i segreti della gastronomia siciliana che ora reinterpreta in chiave moderna e alleggerita. Usa molto le fave di Leonforte e i limoni Interdonato, ottenuti da un incrocio con i cedri. Sperimenta e contamina anche con prodotti della sua terra come lo speck.
Appena accomodati ci offrono del pane caldo ed un barattoletto contenente un'ottima crema di pomodori e melanzane e una chantilly di parmigiano e basilico.
Visto che alle 21 dobbiamo stare al teatro greco, decidiamo di prendere solo una portata. Il costo dei primi si aggira intorno ai 30€. Io prendo una sorta di agnolotti con ripieno di fave e crema di sedano e Zucchero prende del tonno con fichi. È tutto molto buono ma concordiamo che il piacere gastronomico suscitatoci non giustifica i prezzi.
Alle 21 ci troviamo nel teatro greco. Si rappresenta la Fedra di Seneca. Lo scenario è ovviamente molto suggestivo: si vedono il mare e l'Etna. Gli spettatori di due giorni prima hanno addirittura avuto la fortuna di ammirare la pioggia rossa di lapilli durante lo spettacolo. Mi affascina molto anche il fatto di trovarmi in un luogo che da millenni è sede di questi eventi.
Un diario con divagazioni su varie mie passioni. Tra le quali la musica, la matematica, la scrittura, la cucina, i viaggi, la Germania e i balli popolari del centro-sud Italia.
mercoledì, ottobre 31, 2007
martedì, ottobre 30, 2007
Un Notfall nella notte
Stanotte ho avuto invece un piccolo incidente. Mi sono svegliato verso le 2 per andare in bagno, ho sentito che mi girava un po' la testa, ho cercato di affrettarmi a tornare a letto, ma senza capire dove fossi mi sono ritrovato sul pavimento vicino ad una sedia rovesciata con la faccia sanguinante. Zucchero mi ha portato al pronto soccorso chirurgico dove mi hanno cucito diversi punti sul mento. Mi hanno quindi spedito al pronto soccorso della Kopfklinik (maxillo facciale) per controllare labbro, mascella e denti. Qui il dottore mi ha rassicurato garantendomi che il danno al labbro non avrebbe compromesso la mia attività musicale. Me la sono scampata senza ulteriori punti e radiografie.
Concludo con il vecchio adagio: un Notfall nella notte non è come un bacio a mezzanotte.
Concludo con il vecchio adagio: un Notfall nella notte non è come un bacio a mezzanotte.
domenica, ottobre 28, 2007
Festeggiamenti domenicali
Oggi per festeggiare il compleanno di Sugarpapà, io, Sugarmammà, e soprattutto Zucchero, siamo stati impegnati in cucina. Zucchero in realtà ha cominciato ieri sera la preparazione della farcitura per la Brioche farcita alle castagne.
Stamattina invece io, Sugarmammà, e Zucchero abbiamo preparato rispettivamente la parte relativa alla pescatrice dei ravioloni di pescatrice, il girello e il resto dei ravioloni di pescatrice e della Brioche farcita alle castagne.
Tutto è risultato ottimo.
Brioche farcita alle castagne
Ingredienti: (dose per 8 persone)
Per la brioche: farina bianca g 250 - burro g 75 - latte g 60 - zucchero semolato g 40 - lievito di birra g 25 - un uovo e un tuorlo - vanillina - zucchero a velo - sale - farina e burro per la spianatoia e lo stampo - Per la farcitura: latte g 250 - castagne fresche g 200 - panna liquida g 100 - zucchero semolato - mezza bustina di vanillina - sale
È conveniente realizzare questa ricetta in 2 tempi, cominciando dalla farcitura. Incidete le castagne e mettetele a bagno per 2 o 3 ore in acqua fredda (scartate quelle che verranno a galla, sicuramente non sono buone). Tuffatele poi in acqua bollente, leggermente salata, e fatele bollire per 20' circa. Toglietele dall'acqua e pelatele man mano, eliminando la scorza dura e la pellicina sottostante. Mettetele nuovamente a cuocere con il latte e fatele bollire per circa 25', mescolandole con un cucchiaio di legno. Se il latte non dovesse essere sufficiente, unitene dell'altro. Dovrete riuscire a ridurle in purea col cucchiaio. Alla fine, versate la panna, un cucchiaio abbondante di zucchero, la vanillina e togliete dal fuoco. Preparate la pasta brioche: mescolate in una ciotola la farina con lo zucchero, un pizzico di sale, la vanillina, l'uovo e il lievito di birra fatto sciogliere nel latte, tiepido. Lavorate bene tutti questi ingredienti finché avrete ottenuto un impasto omogeneo. Incorporatevi allora il burro, morbido e a pezzetti. Lavorate a lungo la pasta sulla spianatoia: inizialmente sarà molto molle e appiccicosa ma poi diventerà morbida, liscia ed elastica. (Eventualmente in questa fase, potete ricorrere ad una buona impastatrice). Solo allora smettete di lavorarla. Copritela con uno strofinaccio pulito e lasciatela riposare per 30' a temperatura ambiente. Appoggiatela sulla spianatoia infarinata e staccatene via circa un quarto, tenendolo da parte. Ricavate dal resto un rettangolo di circa cm 2 e mezzo di spessore. Stendetevi sopra la farcia di castagne. Arrotolate la pasta su se stessa, formando un cilindro. Arrotolatelo "a chiocciola" e mettetelo in uno stampo a pareti alte, imburrato, grande circa il doppio del dolce. Al centro della "chiocciola", ricavate una piccola nicchia. Formate una palla con il quarto di pasta tenuto da parte e premetela nella nicchia. Coprite con uno strofinaccio e lasciate lievitare in luogo tiepido per circa 2 ore. Alla fine, il composto dovrà riempire tutto lo stampo. Mescolate il tuorlo d'uovo con una mezza cucchiaiata d'acqua e pennellate con esso la superficie della brioche, passatela nel forno già scaldato alla temperatura di 190° e cuocetela per circa 45 minuti. Se la parte superiore dovesse colorirsi troppo, proteggetela con un pezzo di foglio d'alluminio. Togliete dal forno, lasciate riposare per circa 5', sformate e lasciate raffreddare la brioche su una gratella da pasticceria. Servitela immediatamente, cosparsa di zucchero a velo, fatto scendere da un setaccino.
Dei ravioloni di pescatrice lascio invece solo la documentazione fotografica e vi lascio immaginare la ricetta, visto che mi sono scocciato di scrivere.
Stamattina invece io, Sugarmammà, e Zucchero abbiamo preparato rispettivamente la parte relativa alla pescatrice dei ravioloni di pescatrice, il girello e il resto dei ravioloni di pescatrice e della Brioche farcita alle castagne.
Tutto è risultato ottimo.
Brioche farcita alle castagne
Ingredienti: (dose per 8 persone)
Per la brioche: farina bianca g 250 - burro g 75 - latte g 60 - zucchero semolato g 40 - lievito di birra g 25 - un uovo e un tuorlo - vanillina - zucchero a velo - sale - farina e burro per la spianatoia e lo stampo - Per la farcitura: latte g 250 - castagne fresche g 200 - panna liquida g 100 - zucchero semolato - mezza bustina di vanillina - sale
È conveniente realizzare questa ricetta in 2 tempi, cominciando dalla farcitura. Incidete le castagne e mettetele a bagno per 2 o 3 ore in acqua fredda (scartate quelle che verranno a galla, sicuramente non sono buone). Tuffatele poi in acqua bollente, leggermente salata, e fatele bollire per 20' circa. Toglietele dall'acqua e pelatele man mano, eliminando la scorza dura e la pellicina sottostante. Mettetele nuovamente a cuocere con il latte e fatele bollire per circa 25', mescolandole con un cucchiaio di legno. Se il latte non dovesse essere sufficiente, unitene dell'altro. Dovrete riuscire a ridurle in purea col cucchiaio. Alla fine, versate la panna, un cucchiaio abbondante di zucchero, la vanillina e togliete dal fuoco. Preparate la pasta brioche: mescolate in una ciotola la farina con lo zucchero, un pizzico di sale, la vanillina, l'uovo e il lievito di birra fatto sciogliere nel latte, tiepido. Lavorate bene tutti questi ingredienti finché avrete ottenuto un impasto omogeneo. Incorporatevi allora il burro, morbido e a pezzetti. Lavorate a lungo la pasta sulla spianatoia: inizialmente sarà molto molle e appiccicosa ma poi diventerà morbida, liscia ed elastica. (Eventualmente in questa fase, potete ricorrere ad una buona impastatrice). Solo allora smettete di lavorarla. Copritela con uno strofinaccio pulito e lasciatela riposare per 30' a temperatura ambiente. Appoggiatela sulla spianatoia infarinata e staccatene via circa un quarto, tenendolo da parte. Ricavate dal resto un rettangolo di circa cm 2 e mezzo di spessore. Stendetevi sopra la farcia di castagne. Arrotolate la pasta su se stessa, formando un cilindro. Arrotolatelo "a chiocciola" e mettetelo in uno stampo a pareti alte, imburrato, grande circa il doppio del dolce. Al centro della "chiocciola", ricavate una piccola nicchia. Formate una palla con il quarto di pasta tenuto da parte e premetela nella nicchia. Coprite con uno strofinaccio e lasciate lievitare in luogo tiepido per circa 2 ore. Alla fine, il composto dovrà riempire tutto lo stampo. Mescolate il tuorlo d'uovo con una mezza cucchiaiata d'acqua e pennellate con esso la superficie della brioche, passatela nel forno già scaldato alla temperatura di 190° e cuocetela per circa 45 minuti. Se la parte superiore dovesse colorirsi troppo, proteggetela con un pezzo di foglio d'alluminio. Togliete dal forno, lasciate riposare per circa 5', sformate e lasciate raffreddare la brioche su una gratella da pasticceria. Servitela immediatamente, cosparsa di zucchero a velo, fatto scendere da un setaccino.
Dei ravioloni di pescatrice lascio invece solo la documentazione fotografica e vi lascio immaginare la ricetta, visto che mi sono scocciato di scrivere.
venerdì, ottobre 26, 2007
Dono divino o acido fenico?
Volevo scrivere qualcosa a riguardo, ma visto che è stato già fatto molto bene da altri, rimando solo a qualche articolo.
Padre Pio, il giallo delle stigmate
Italy's Padre Pio 'faked his stigmata with acid'
«Padre Pio, un immenso inganno»
Pio Kenobi
Padre Pio, il giallo delle stigmate
Italy's Padre Pio 'faked his stigmata with acid'
«Padre Pio, un immenso inganno»
Pio Kenobi
giovedì, ottobre 25, 2007
Roma
In otto anni di residenza all'estero mi è capitato di frequente di dover dare consigli a colleghi ed amici che organizzavano viaggi a Roma. Ho quindi progressivamente raccolto un po' di informazioni e le ho combinate con i nostri luoghi preferiti. Ora quando qualcuno mi chiede consigli gli mando direttamente più o meno la traduzione in inglese di quello che riporto qui.
Allora, le nostre sette basiliche gastronomiche sono: Petrini, Volpetti, Volpetti più, S. Eustachio, Trimani, l'Antico Arco, Dar Poeta.
La pizzeria al taglio/tavola calda preferita è sicuramente Volpetti Più che è anche la sala degustazione di Volpetti: il migliore negozio di gastronomia di Roma da cui provengono gli ingredienti di primissima qualità con cui vengono preparati i gustosissimi piatti. Le loro pizze sono una delizia. Al solo ricordo della Pizza lago verde mi vengono i brividi e quasi mi commuovo: melanzane e zucchine grigliate condite con un sublime trito di odori e dell'ottimo olio d'oliva. Volpetti Più si trova in Via Alessandro Volta 8. Qui c'è la storia della visita di Ferran Adrià.
Dopo aver goduto delle delizie di Volpetti consiglierei una visita al vicino cimitero acattolico da cui si puo scorgere un'insolita prospettiva della Piramide Cestia. Tra gli altri sono sepolti lì Percy Shelley, Antonio Gramsci (« Uno straccetto rosso, come quello/ arrotolato al collo ai partigiani/ e, presso l'urna, sul terreno cereo,/ diversamente rossi, due gerani./ Lì tu stai, bandito e con dura eleganza/ non cattolica, elencato tra estranei/ morti: Le ceneri di Gramsci... »), Carlo Emilio Gadda e August von Goethe figlio di Johann Wolfgang von Goethe.
La seconda stazione della via crucis culinaria è senz'altro la Gelateria Petrini. Secondo me il loro gelato è migliore di quello dei più rinomati Fassi (imbattibile solo per la panna) e Gelateria S. Crispino. I gusti di zabaione e meringa meritano senz'altro una citazione particolare.
Recentemente ho anche letto una recensione che mi ha incuriosito molto: La gelateria del pigneto - Roma via Pesaro 11 - 06 70613680 chiuso lunedì.
Filippo Ruggeri, il proprietario avrebbe appreso l'arte da una maestra siciliana e l'avrebbe perfezionata con Petrini. Prepara anche granite e briosce. Venivani citati in particolare i gusti: zenzero, cannella, anice, carruba, cioccolato (Domori), noce, crema della nonna, mango, rosa, gelsomino, mela e pistacchio.
Penso che appena possibile visiterò il signor Ruggeri.
Poi viene Trimani WineBar - Via Goito, 20 (vicino alla Stazione Termini) - Tel. 06.446.9661
Le ricette sono sfiziose, la qualità degli ingredienti ottima e i prezzi ragionevoli. Da citare il pesce spada affumicato con olive e arance. Anche la selezione dei vini è buona. La fauna è un po' sull'intellettualradicalshick.
Antico Arco - Piazzale Aurelio 7 - 06 581 52 74
Sono anni che non lo visitiamo. Il mio ricordo è di una cucina eccellente e prezzi un po' alti. Un'usanza simpatica era che insieme all'ordinazione portavano sempre un piattino con una mini porzione del piatto ordinato dal commensale.
Se volete un ottimo caffè: Caffé S. Eustachio - P.zza Sant'Eustachio n. 82 (tra il Pantheon, Palazzo Madama e Piazza Navona). Da provare: Grancappuccino e Grancaffè.
La pizzeria Dar Poeta a Trastevere la cito più che altro per motivi sentimentali. Non ci andiamo da otto anni circa.
Cito ancora Sora Margherita a piazza delle Cinque Scole: trattoria tradizionale di tipica cucina romana. Qui è d'uopo gustare i carciofi alla giudia e passeggiare dopo il pasto per le viuzze del Ghetto, dove potrete anche acquistare dei dolci romano-giudici dal vicino fornaio.
Infine non posso esimermi dal citare la trattoria Betto e Mary, vero ubik?
Allora, le nostre sette basiliche gastronomiche sono: Petrini, Volpetti, Volpetti più, S. Eustachio, Trimani, l'Antico Arco, Dar Poeta.
La pizzeria al taglio/tavola calda preferita è sicuramente Volpetti Più che è anche la sala degustazione di Volpetti: il migliore negozio di gastronomia di Roma da cui provengono gli ingredienti di primissima qualità con cui vengono preparati i gustosissimi piatti. Le loro pizze sono una delizia. Al solo ricordo della Pizza lago verde mi vengono i brividi e quasi mi commuovo: melanzane e zucchine grigliate condite con un sublime trito di odori e dell'ottimo olio d'oliva. Volpetti Più si trova in Via Alessandro Volta 8. Qui c'è la storia della visita di Ferran Adrià.
Dopo aver goduto delle delizie di Volpetti consiglierei una visita al vicino cimitero acattolico da cui si puo scorgere un'insolita prospettiva della Piramide Cestia. Tra gli altri sono sepolti lì Percy Shelley, Antonio Gramsci (« Uno straccetto rosso, come quello/ arrotolato al collo ai partigiani/ e, presso l'urna, sul terreno cereo,/ diversamente rossi, due gerani./ Lì tu stai, bandito e con dura eleganza/ non cattolica, elencato tra estranei/ morti: Le ceneri di Gramsci... »), Carlo Emilio Gadda e August von Goethe figlio di Johann Wolfgang von Goethe.
La seconda stazione della via crucis culinaria è senz'altro la Gelateria Petrini. Secondo me il loro gelato è migliore di quello dei più rinomati Fassi (imbattibile solo per la panna) e Gelateria S. Crispino. I gusti di zabaione e meringa meritano senz'altro una citazione particolare.
Recentemente ho anche letto una recensione che mi ha incuriosito molto: La gelateria del pigneto - Roma via Pesaro 11 - 06 70613680 chiuso lunedì.
Filippo Ruggeri, il proprietario avrebbe appreso l'arte da una maestra siciliana e l'avrebbe perfezionata con Petrini. Prepara anche granite e briosce. Venivani citati in particolare i gusti: zenzero, cannella, anice, carruba, cioccolato (Domori), noce, crema della nonna, mango, rosa, gelsomino, mela e pistacchio.
Penso che appena possibile visiterò il signor Ruggeri.
Poi viene Trimani WineBar - Via Goito, 20 (vicino alla Stazione Termini) - Tel. 06.446.9661
Le ricette sono sfiziose, la qualità degli ingredienti ottima e i prezzi ragionevoli. Da citare il pesce spada affumicato con olive e arance. Anche la selezione dei vini è buona. La fauna è un po' sull'intellettualradicalshick.
Antico Arco - Piazzale Aurelio 7 - 06 581 52 74
Sono anni che non lo visitiamo. Il mio ricordo è di una cucina eccellente e prezzi un po' alti. Un'usanza simpatica era che insieme all'ordinazione portavano sempre un piattino con una mini porzione del piatto ordinato dal commensale.
Se volete un ottimo caffè: Caffé S. Eustachio - P.zza Sant'Eustachio n. 82 (tra il Pantheon, Palazzo Madama e Piazza Navona). Da provare: Grancappuccino e Grancaffè.
La pizzeria Dar Poeta a Trastevere la cito più che altro per motivi sentimentali. Non ci andiamo da otto anni circa.
Cito ancora Sora Margherita a piazza delle Cinque Scole: trattoria tradizionale di tipica cucina romana. Qui è d'uopo gustare i carciofi alla giudia e passeggiare dopo il pasto per le viuzze del Ghetto, dove potrete anche acquistare dei dolci romano-giudici dal vicino fornaio.
Infine non posso esimermi dal citare la trattoria Betto e Mary, vero ubik?
domenica, ottobre 21, 2007
Gastronomia domenicale (scarola II: la vendetta)
Oggi Zucchero si è sbizzarrita in cucina regalandomi per pranzo delle fettuccine fatte in casa con porro, zucchine e prosciutto: uno dei miei primi preferiti. Il pranzo si è concluso con castagne e pannocchia arrostite.
Per cena invece mi ha fatto dono di diverse pizze: pomodorini e mozzarella, funghi porcini e mozzarella, patate e mozzarella e dulcis in fundo scarola(con alice, olive, capperi e provola).
Il mio contributo è stato minimo: ho arrostito alla pannocchia, ho mondato la scarola e sono andato a procurare la birra fresca di Braueri.
Per cena invece mi ha fatto dono di diverse pizze: pomodorini e mozzarella, funghi porcini e mozzarella, patate e mozzarella e dulcis in fundo scarola(con alice, olive, capperi e provola).
Il mio contributo è stato minimo: ho arrostito alla pannocchia, ho mondato la scarola e sono andato a procurare la birra fresca di Braueri.
Alcantara e Naxos
Giovedì 6 settembre
Partiamo la mattina alla volta di Taormina. Decidiamo di non percorrere l'autostrada avventurandoci per la litoranea. La scelta si rivela felice; non troppo traffico e possibilità di ammirare bei panorami. Attraversiamo Giarre, ancora parzialmente ricoperta di ceneri etnee.
Poco prima di Giardini Naxos deviamo verso l'interno dirigendoci verso le gole dell'Alcantara. Il paesaggio qui è arido e si rivedono i fichi d'India. Si vede l'Etna con la cima fumante e isolate rocce verticali rendono ancora più interessante il quadro.
Come molti nomi di località siciliane, il nome Alcantara deriva dall'arabo القنطرة al-qantara, "il ponte".
Giunti sul posto scendiamo nella gola, ci togliamo le scarpe e cominciamo a risalire il fiume: l'acqua è freddissima, ma dopo un po' ci si abitua. Non mi abituo invece ai sassolini che torturano i miei piedi.
La gola è spettacolare: pareti alte 20-30 metri di basalti neri e lucidi; parti lisce si alternano a formazioni a canne d'organo e a cataste di legna.
In alcuni punti l'acqua arriva al ginocchio. Risaliamo per un centinaio di metri fino al punto in cui sarebbero stati necessari gli stivaloni. Avanzando ulteriormente si arriva al punto in cui servirebbe la muta.
Ripartiamo e arriviamo a Giardini Naxos per pranzo: pasta alla Norma e pesce spada. Visitiamo gli scavi che non risultano particolarmente interessanti, anche se da un punto di vista archeologico probabilmente lo sono.
Tra gli scavi fotografo un insetto che avrò visto tre o quattro volte nella mia vita e il cui nome non sono mai riuscito a scoprire, ma che mi ha sempre affascinato per le sue capacità mimetiche.
Nel museo ci sono reperti che vanno dal IV millennio a.C. al periodo romano, tra i quali l'arula Heidelberg Naxos con sfingi, del VI secolo a.C.. L'arula è così denominata in quanto il frammento minore fu acquistato nel 1904 da un famoso archeologo tedesco, Friederich Von Duhn, ed era custodito presso il Museo dell'Università di Heidelberg. Nel 1985, si scopre che i due frammenti appartengono ad una stessa àrula, ma solo nel 1997, il frammento di Heidelberg viene ceduto al Museo di Naxos, permettendo la ricomposizione dell'àrula.
Apprendiamo inoltre che Naxos fu la prima colonia greca in Sicilia. Fu fondata verso la metà dell'VIII sec. a.C.
Partiamo la mattina alla volta di Taormina. Decidiamo di non percorrere l'autostrada avventurandoci per la litoranea. La scelta si rivela felice; non troppo traffico e possibilità di ammirare bei panorami. Attraversiamo Giarre, ancora parzialmente ricoperta di ceneri etnee.
Poco prima di Giardini Naxos deviamo verso l'interno dirigendoci verso le gole dell'Alcantara. Il paesaggio qui è arido e si rivedono i fichi d'India. Si vede l'Etna con la cima fumante e isolate rocce verticali rendono ancora più interessante il quadro.
Come molti nomi di località siciliane, il nome Alcantara deriva dall'arabo القنطرة al-qantara, "il ponte".
Giunti sul posto scendiamo nella gola, ci togliamo le scarpe e cominciamo a risalire il fiume: l'acqua è freddissima, ma dopo un po' ci si abitua. Non mi abituo invece ai sassolini che torturano i miei piedi.
La gola è spettacolare: pareti alte 20-30 metri di basalti neri e lucidi; parti lisce si alternano a formazioni a canne d'organo e a cataste di legna.
In alcuni punti l'acqua arriva al ginocchio. Risaliamo per un centinaio di metri fino al punto in cui sarebbero stati necessari gli stivaloni. Avanzando ulteriormente si arriva al punto in cui servirebbe la muta.
Ripartiamo e arriviamo a Giardini Naxos per pranzo: pasta alla Norma e pesce spada. Visitiamo gli scavi che non risultano particolarmente interessanti, anche se da un punto di vista archeologico probabilmente lo sono.
Tra gli scavi fotografo un insetto che avrò visto tre o quattro volte nella mia vita e il cui nome non sono mai riuscito a scoprire, ma che mi ha sempre affascinato per le sue capacità mimetiche.
Nel museo ci sono reperti che vanno dal IV millennio a.C. al periodo romano, tra i quali l'arula Heidelberg Naxos con sfingi, del VI secolo a.C.. L'arula è così denominata in quanto il frammento minore fu acquistato nel 1904 da un famoso archeologo tedesco, Friederich Von Duhn, ed era custodito presso il Museo dell'Università di Heidelberg. Nel 1985, si scopre che i due frammenti appartengono ad una stessa àrula, ma solo nel 1997, il frammento di Heidelberg viene ceduto al Museo di Naxos, permettendo la ricomposizione dell'àrula.
Apprendiamo inoltre che Naxos fu la prima colonia greca in Sicilia. Fu fondata verso la metà dell'VIII sec. a.C.
venerdì, ottobre 19, 2007
Paccheri con mozzarella di bufala
Questa è la ricetta di un piatto che ho mangiato per la prima volta qualche anno fa a casa di un amico di Roma. Zucchero invece conosceva già il piatto, ma non ero riuscito a capire dove lo avesse assaggiato. In seguito Zucchero ha cominciato a cucinarlo anche per me ed è quindi entrato a pieno titolo nel ricettario famigliare. La ricetta è molto semplice e gustosa.
Ingredienti: (per 4 persone)
340 g di paccheri (nella foto ci sono i pennoni che hanno un formato simile ai paccheri), 375 g di mozzarella, 800 g di pelati (MUTTI se riuscite a trovarli), 1 cipolla, pepe, 2-3 cucchiai d'olio.
Preparazione:
Soffriggete la cipolla in una padella a fuoco molto basso.
Quando la cipolla si sarà appassita aggiungete i pelati e lasciate cuocere fin quando la salsa non si sarà addensata.
Tagliate la mozzarella a dadini e un minuto prima di scolare la pasta scolate la mozzarella, aggiungetela al sugo, riaccendete il fornello del sugo, scolate la pasta, aggiungetela al sugo e mescolate bene cercando di evitare che si crei un unico malloppo di mozzarella.
Mi sembra di aver già detto che la mozzarella migliore che riusciamo a trovare nei supermercati di qui è questa.
Ingredienti: (per 4 persone)
340 g di paccheri (nella foto ci sono i pennoni che hanno un formato simile ai paccheri), 375 g di mozzarella, 800 g di pelati (MUTTI se riuscite a trovarli), 1 cipolla, pepe, 2-3 cucchiai d'olio.
Preparazione:
Soffriggete la cipolla in una padella a fuoco molto basso.
Quando la cipolla si sarà appassita aggiungete i pelati e lasciate cuocere fin quando la salsa non si sarà addensata.
Tagliate la mozzarella a dadini e un minuto prima di scolare la pasta scolate la mozzarella, aggiungetela al sugo, riaccendete il fornello del sugo, scolate la pasta, aggiungetela al sugo e mescolate bene cercando di evitare che si crei un unico malloppo di mozzarella.
Mi sembra di aver già detto che la mozzarella migliore che riusciamo a trovare nei supermercati di qui è questa.
mercoledì, ottobre 17, 2007
Fantomas
Ieri mattina mi sono svegliato con le immagini di Fantomas che girovagavano tra i miei neuroni.
Da bambino queste pellicole mi facevano impazzire.
Chi se le ricorda?
Da bambino queste pellicole mi facevano impazzire.
Chi se le ricorda?
lunedì, ottobre 15, 2007
Etna e Zafferana
Mercoledì 5 settembre
La salita si fa più ripida e il terreno molto più sabbioso. Il suolo si ricopre di un'erba secca con lunghi aculei. Dopo un po' di questa strada arriviamo sulla Schiena dell'asino che si affaccia sulla Valle del Bove regalando una stupenda veduta di questa enorme, fumante, cupa, arida e desolata vallata.
Il cratere di sud-est chiude la vallata. Si scorgono ancora i fumi che fuoriescono dalla lava eruttata il giorno prima. In lontananza si intravede, avvolta tra le nubi, quella che forse è la vetta. Le uniche forme di vita visibili nella vallata sono delle rondini che descrivono bizzarre curve nello spazio.
Il clima varia enormemente di minuto in minuto. È un alternarsi di nubi nere e cielo sereno, fortissime raffiche di vento e momenti di completa calma. Le nuvole corrono velocissime. La conseguenza è che a momenti si vorrebbe avere un cappotto e a momenti si vorrebbe stare in costume.
La discesa risulta agevole: si riesca facilmente a scivolare sul nero sabbione.
Ci rimettiamo in auto e scendiamo fino a Zafferana Etnea, dove arriviamo verso le 15. Non avendo pranzato siamo un po' affamati.
Parcheggiamo di fronte a un bel palazzo e ci accorgiamo che il suddetto ospita una gelateria: l'Antica Gelateria dell'Etna. Decidiamo di consumare uno spuntino lì. Dividiamo un fagottino con pomodoro, mozzarella e melanzane e poi ci dedichiamo al gelato: pistacchio (visto che siamo vicino a Bronte), creme caramel e panna per me, pistacchio, gelsomino e panna per Zucchero. I gusti sono tutti buoni, ma il gelsomino è divino! Ci concediamo infatti un bis monogusto.
Ci godiamo poi il bel panorama. Il cielo non è terso, ma si riesce comunque a scorgere la costa calabrese.
Ci rimettiamo in macchina e risaliamo fino al vicino Milo. Il paese etneo che ha il primato dell'altitudine: 750 m. Preparano la festa del vino per il fine settimana. Il suolo è totalmente ricoperto di ceneri nere. Mezzi del comune e privati sono impegnati nella pulizia delle strade.
Torniamo infine sulla costa scendendo fino ad Acireale, dove ceniamo alla Trattoria le Terrazze segnalata sulla nostra guida. L'esperienza umano/gastronomica è pessima. Se avessi dato ascolto all'intuito di Zucchero l'avremmo evitata. L'unico fatto vero tra quelli riportati nella guida erano i prezzi alti. Se doveste capitare ad Acireale ricordate questo nome: Trattoria le Terrazze ed evitatela come la peste bubbonica, checché ne dicano le guide.
Per completare la serata in bellezza, in albergo troviamo una comitiva di tedeschi che sotto le nostre finestre balla al rito di canzoni tipo alligalli cantate a centinaia di db dal gruppetto balneare di turno.
La salita si fa più ripida e il terreno molto più sabbioso. Il suolo si ricopre di un'erba secca con lunghi aculei. Dopo un po' di questa strada arriviamo sulla Schiena dell'asino che si affaccia sulla Valle del Bove regalando una stupenda veduta di questa enorme, fumante, cupa, arida e desolata vallata.
Il cratere di sud-est chiude la vallata. Si scorgono ancora i fumi che fuoriescono dalla lava eruttata il giorno prima. In lontananza si intravede, avvolta tra le nubi, quella che forse è la vetta. Le uniche forme di vita visibili nella vallata sono delle rondini che descrivono bizzarre curve nello spazio.
Il clima varia enormemente di minuto in minuto. È un alternarsi di nubi nere e cielo sereno, fortissime raffiche di vento e momenti di completa calma. Le nuvole corrono velocissime. La conseguenza è che a momenti si vorrebbe avere un cappotto e a momenti si vorrebbe stare in costume.
La discesa risulta agevole: si riesca facilmente a scivolare sul nero sabbione.
Ci rimettiamo in auto e scendiamo fino a Zafferana Etnea, dove arriviamo verso le 15. Non avendo pranzato siamo un po' affamati.
Parcheggiamo di fronte a un bel palazzo e ci accorgiamo che il suddetto ospita una gelateria: l'Antica Gelateria dell'Etna. Decidiamo di consumare uno spuntino lì. Dividiamo un fagottino con pomodoro, mozzarella e melanzane e poi ci dedichiamo al gelato: pistacchio (visto che siamo vicino a Bronte), creme caramel e panna per me, pistacchio, gelsomino e panna per Zucchero. I gusti sono tutti buoni, ma il gelsomino è divino! Ci concediamo infatti un bis monogusto.
Ci godiamo poi il bel panorama. Il cielo non è terso, ma si riesce comunque a scorgere la costa calabrese.
Ci rimettiamo in macchina e risaliamo fino al vicino Milo. Il paese etneo che ha il primato dell'altitudine: 750 m. Preparano la festa del vino per il fine settimana. Il suolo è totalmente ricoperto di ceneri nere. Mezzi del comune e privati sono impegnati nella pulizia delle strade.
Torniamo infine sulla costa scendendo fino ad Acireale, dove ceniamo alla Trattoria le Terrazze segnalata sulla nostra guida. L'esperienza umano/gastronomica è pessima. Se avessi dato ascolto all'intuito di Zucchero l'avremmo evitata. L'unico fatto vero tra quelli riportati nella guida erano i prezzi alti. Se doveste capitare ad Acireale ricordate questo nome: Trattoria le Terrazze ed evitatela come la peste bubbonica, checché ne dicano le guide.
Per completare la serata in bellezza, in albergo troviamo una comitiva di tedeschi che sotto le nostre finestre balla al rito di canzoni tipo alligalli cantate a centinaia di db dal gruppetto balneare di turno.
venerdì, ottobre 12, 2007
Scarola con olive, acciughe e capperi
Questo piatto ha origini ciociare, come Zucchero. È stato infatti introdotto da lei nel ricettario famigliare. Lo cucinava la nonna di zucchero, ma noi, come al solito lo abbiamo reinterpretato aggiungendo qualche ingrediente.
Ingredienti: (per 4 persone)
Un cespo di scarola, 2 filetti di alici sotto sale, una manciata di capperi sotto sale, una decina tra olive nere e verdi, uno spicchio d'aglio, peperoncino fresco, 2 cucchiai d'olio.
Preparazione:
Diliscate la alici, lavatele bene e asciugatele. Fatele scaldare in una padella a fuoco bassissimo (se il fuoco non è bassissimo non si scioglieranno) e stemperatele con una forchetta. Quando si saranno sciolte aggiungete uno spicchio d'aglio schiacciato e il peperoncino.
Unitevi le olive denocciolate e spezzettate e i capperi precedentemente lavati e sgocciolati. Lasciate soffriggere a fuoco lento per qualche minuto. Unite quindi la scarola mondata alzando un po' la fiamma e salate. Lasciate cuocere fin quando tutto il liquido non sarà evaporato.
Ingredienti: (per 4 persone)
Un cespo di scarola, 2 filetti di alici sotto sale, una manciata di capperi sotto sale, una decina tra olive nere e verdi, uno spicchio d'aglio, peperoncino fresco, 2 cucchiai d'olio.
Preparazione:
Diliscate la alici, lavatele bene e asciugatele. Fatele scaldare in una padella a fuoco bassissimo (se il fuoco non è bassissimo non si scioglieranno) e stemperatele con una forchetta. Quando si saranno sciolte aggiungete uno spicchio d'aglio schiacciato e il peperoncino.
Unitevi le olive denocciolate e spezzettate e i capperi precedentemente lavati e sgocciolati. Lasciate soffriggere a fuoco lento per qualche minuto. Unite quindi la scarola mondata alzando un po' la fiamma e salate. Lasciate cuocere fin quando tutto il liquido non sarà evaporato.
martedì, ottobre 09, 2007
Etna 1
Martedì 4 settembre (sera)
Sulla via Etnea c'è molto traffico. Cominciamo a vedere in lontananza l'eruzione: un'enorme pioggia di lapilli infuocati. Zucchero si impegna a scattare delle foto. Io le dico di non scattarne in quanto sicuramente avremmo potuto scattarne di migliori l'indomani durante l'escursione che ci avrebbe portato sopra il cratere a quota 3000.
Troviamo il rifugio (1900 m) dopo varie peripezie. Io sono in maniche corte e calzoncini. A Catania c'erano 30° qui ce ne saranno 10.
Mercoledì 5 settembre
Solita sveglia antelucana. Scendo alle 7:30 mentre Zucchero dorme ancora. Sia dentro il rifugio che fuori c'è il deserto. Solo dalla finestra riesco a scorgere un gruppetto di uomini che poi scoprirò essere una troupe della RAI e una guida: hanno trascorso la notte a filmare l'eruzione. Nell'attesa che la sala colazione venga allestita torno in camera e mentre Zucchero dorme ancora mangio dei pezzi di arancine e di pasticcini. Più tardi consumiamo una ricca colazione: ci prepariamo alla lunga camminata verso la vetta. Io mangio due cornetti, due cappuccini e pane, burro e miele.
Scendo a prenotarmi per l'escursione e scopro con enorme delusione che l'eruzione è cessata alle 4. La delusione aumenta quando apprendo che le escursioni sono annullate a causa del tempo.
Ci incamminiamo sconsolati verso i vicini Crateri Silvestri. Decidiamo di continuare verso Acqua Rocca e Schiena d'asino. Partiamo da quota 1500. Il terreno è completamente nero, ma ricoperto di vegetazione: inizialmente da grosse ginestre, con il loro perenne aspetto di morente aridità. Continuando a salire il bosco s'infittisce, prima di castagni, dai frutti ormai quasi maturi, poi di grandi faggete. Infine i castagni cessano e nel bosco si alternano querce, olmi, aceri e faggi. Troviamo anche delle more di forma un po' strana: piccole con i granelli di forma allungata, che nascono da rovi molto piccoli. Sono buone.
Raggiungiamo agevolmente la cascata di Acqua Rocca: un'alta parete di basalto in quel momento asciutta. Aggiriamo e risaliamo la cascata portandoci alla sorgente, anch'essa quasi asciutta. Lì fotografo un bellissimo faggio che mi suscita una riflessione sul diversissimo valore semantico-evocativo di parole che dovrebbero avere lo stesso significato: faggeta e Buchenwald.
Sulla via Etnea c'è molto traffico. Cominciamo a vedere in lontananza l'eruzione: un'enorme pioggia di lapilli infuocati. Zucchero si impegna a scattare delle foto. Io le dico di non scattarne in quanto sicuramente avremmo potuto scattarne di migliori l'indomani durante l'escursione che ci avrebbe portato sopra il cratere a quota 3000.
Troviamo il rifugio (1900 m) dopo varie peripezie. Io sono in maniche corte e calzoncini. A Catania c'erano 30° qui ce ne saranno 10.
Mercoledì 5 settembre
Solita sveglia antelucana. Scendo alle 7:30 mentre Zucchero dorme ancora. Sia dentro il rifugio che fuori c'è il deserto. Solo dalla finestra riesco a scorgere un gruppetto di uomini che poi scoprirò essere una troupe della RAI e una guida: hanno trascorso la notte a filmare l'eruzione. Nell'attesa che la sala colazione venga allestita torno in camera e mentre Zucchero dorme ancora mangio dei pezzi di arancine e di pasticcini. Più tardi consumiamo una ricca colazione: ci prepariamo alla lunga camminata verso la vetta. Io mangio due cornetti, due cappuccini e pane, burro e miele.
Scendo a prenotarmi per l'escursione e scopro con enorme delusione che l'eruzione è cessata alle 4. La delusione aumenta quando apprendo che le escursioni sono annullate a causa del tempo.
Ci incamminiamo sconsolati verso i vicini Crateri Silvestri. Decidiamo di continuare verso Acqua Rocca e Schiena d'asino. Partiamo da quota 1500. Il terreno è completamente nero, ma ricoperto di vegetazione: inizialmente da grosse ginestre, con il loro perenne aspetto di morente aridità. Continuando a salire il bosco s'infittisce, prima di castagni, dai frutti ormai quasi maturi, poi di grandi faggete. Infine i castagni cessano e nel bosco si alternano querce, olmi, aceri e faggi. Troviamo anche delle more di forma un po' strana: piccole con i granelli di forma allungata, che nascono da rovi molto piccoli. Sono buone.
Raggiungiamo agevolmente la cascata di Acqua Rocca: un'alta parete di basalto in quel momento asciutta. Aggiriamo e risaliamo la cascata portandoci alla sorgente, anch'essa quasi asciutta. Lì fotografo un bellissimo faggio che mi suscita una riflessione sul diversissimo valore semantico-evocativo di parole che dovrebbero avere lo stesso significato: faggeta e Buchenwald.
venerdì, ottobre 05, 2007
Frascarelli
I frascarélli sono un piatto molto tipico del mio paese natio. Da una breve ricerca su Internet ho visto che sono usati nel Lazio e nelle Marche. Una mia amica abruzzese mi disse che si usano anche nel suo paese: Collelongo; ma credo che abbiano un nome diverso. Ho notato che la versione laziale e quella marchigiana differiscono un po'. Quella che propongo è la versione di mia madre tramandata oralmente da mia nonna. Io non mi sono ancora cimentato, ma prima o poi lo farò.
Si mangiano di solito come piatto unico. È una sorta di polenta fatta con farina di grano impastata in un modo un po' atipico. Molto adatto per le fredde giornate invernali, si può comunque mangiare tutto l'anno scegliendo magari un sugo un po' più leggero, come aglio, olio e pomodoro fresco.
Nel mio paese esiste un detto: i frascarélli só a cena di poverélli. Di base è infatti un piatto molto povero, anche se si è arricchito nel tempo. Si dice anche che faccia bene alle donne che allattano.
Si può cominciare con la preparazione del sugo - mia madre ha optato per la versione leggera: costatini di maiale, salsiccia sbriciolata, salsicce intere e passata di pomodoro - che dovrà bollire a lungo a fuoco lento fino a raggiungere la consistenza giusta.
Mentre il sugo si addensa si può cominciare con l'impasto. Le quantità che vedete sono state usate per tre porzioni. Si inizia ad impastare la farina e l'uovo con una forchetta aggiungendo poca acqua.
Poi si passa alla lavorazione con le mani con cui si dovranno ottenere i grumi. Quando la lavorazione sarà terminata si verserà il tutto in un litro e mezzo circa di acqua salata in ebollizione mescolando energicamente. Si dovrà continuare a mescolare fino a quando la consistenza non risulterà cremosa. Si verserà quindi il contenuto della pentola in grossi piatti piani - o in vassoi come in questo caso - e si condiranno i frascarélli con il sugo e con il pecorino.
C'è poi chi preferisce mangiare la carne separatamente. Io la preferisco sui frascarélli.
Si mangiano di solito come piatto unico. È una sorta di polenta fatta con farina di grano impastata in un modo un po' atipico. Molto adatto per le fredde giornate invernali, si può comunque mangiare tutto l'anno scegliendo magari un sugo un po' più leggero, come aglio, olio e pomodoro fresco.
Nel mio paese esiste un detto: i frascarélli só a cena di poverélli. Di base è infatti un piatto molto povero, anche se si è arricchito nel tempo. Si dice anche che faccia bene alle donne che allattano.
Si può cominciare con la preparazione del sugo - mia madre ha optato per la versione leggera: costatini di maiale, salsiccia sbriciolata, salsicce intere e passata di pomodoro - che dovrà bollire a lungo a fuoco lento fino a raggiungere la consistenza giusta.
Mentre il sugo si addensa si può cominciare con l'impasto. Le quantità che vedete sono state usate per tre porzioni. Si inizia ad impastare la farina e l'uovo con una forchetta aggiungendo poca acqua.
Poi si passa alla lavorazione con le mani con cui si dovranno ottenere i grumi. Quando la lavorazione sarà terminata si verserà il tutto in un litro e mezzo circa di acqua salata in ebollizione mescolando energicamente. Si dovrà continuare a mescolare fino a quando la consistenza non risulterà cremosa. Si verserà quindi il contenuto della pentola in grossi piatti piani - o in vassoi come in questo caso - e si condiranno i frascarélli con il sugo e con il pecorino.
C'è poi chi preferisce mangiare la carne separatamente. Io la preferisco sui frascarélli.
lunedì, ottobre 01, 2007
Catania 2
Martedì 4 settembre Stamane decidiamo di cominciare con la visita al mercato del pesce. Lungo il percorso ammiriamo la facciata del bellissimo Palazzo Biscari e scattiamo qualche fotografia. Raggiunto il mercato del pesce ci immergiamo in un orgia inebriante di colori, odori, suoni, ritmi, voci e persone. Gamberi, cozze, vongole che spruzzano acqua, occhi di bue (mai visti né sentiti nominare prima), tranci di tonno e pesce spada, teste insanguinate. Tinche (d'acqua dolce), alici, sarde, scampi, spatole enormi, code di rospo.
Uomini che tranciano tonno e spada con la mannaia. Uomini che aprono ricci di mare. Quello che vedete nel video voleva offrirmi un riccio, ho rifiutato dicendo che non potevo a causa di alcuni problemini. Che tipo di problemi? Glielo dico e mi risponde che anche suo fratello ha avuto lo stesso problema. Capisce quindi perfettamente il mio rifiuto.
Visitiamo quindi il castello Ursino di architettura sveva-normanna. Tra l'architrave e l'arco di una delle finestre noto e fotografo un pentagramma pitagorico
Nel cortile del castello si vedono ancora i graffiti dei carcerati qui trascritti. Per pranzo proviamo Don Turiddu: prezzi contenuti, pesce fresco ma non di prima scelta: stile trattoria sia nei pregi che nei difetti. Per il dolce ci rechiamo da Spinella che si contende il primato con l'adiacente Savia. Lungo il percorso ammiriamo questo palazzo. Io prendo una cassatina, Zucchero una granita e poi dividiamo un cono con panna.
Dopo un riposino su una panchina della bella Villa Bellini ci dirigiamo verso il teatro romano. Questo sito è inglobato nel vecchio tessuto urbano. Abitazioni e cantine sono state costruite usando porzioni del teatro. Lo circumnavighiamo cercando l'ingresso che troviamo infine nel portone di un palazzo di via Vittorio Emanuele.
Uomini che tranciano tonno e spada con la mannaia. Uomini che aprono ricci di mare. Quello che vedete nel video voleva offrirmi un riccio, ho rifiutato dicendo che non potevo a causa di alcuni problemini. Che tipo di problemi? Glielo dico e mi risponde che anche suo fratello ha avuto lo stesso problema. Capisce quindi perfettamente il mio rifiuto.
Visitiamo quindi il castello Ursino di architettura sveva-normanna. Tra l'architrave e l'arco di una delle finestre noto e fotografo un pentagramma pitagorico
Nel cortile del castello si vedono ancora i graffiti dei carcerati qui trascritti. Per pranzo proviamo Don Turiddu: prezzi contenuti, pesce fresco ma non di prima scelta: stile trattoria sia nei pregi che nei difetti. Per il dolce ci rechiamo da Spinella che si contende il primato con l'adiacente Savia. Lungo il percorso ammiriamo questo palazzo. Io prendo una cassatina, Zucchero una granita e poi dividiamo un cono con panna.
Dopo un riposino su una panchina della bella Villa Bellini ci dirigiamo verso il teatro romano. Questo sito è inglobato nel vecchio tessuto urbano. Abitazioni e cantine sono state costruite usando porzioni del teatro. Lo circumnavighiamo cercando l'ingresso che troviamo infine nel portone di un palazzo di via Vittorio Emanuele.
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