giovedì, luglio 30, 2015

New York 5: Little Italy, Chinatown, Lower East Side e la sinagoga di Eldridge street

Martedì 9 giugno 2015


Oggi G, D e A sono andati a Washington e Zucchero e io dedichiamo la giornata alla visita di vari quartieri di Manhattan.
All'inizio del percorso verso Little Italy capitiamo per caso in una panetteria della catena Magnolia Bakery e il muffin che prendiamo non è affatto male. Nei miei due precedenti viaggi mi ero già accorto che Little Italy è ormai solo il simulacro di quello che doveva essere nella prima metà del novecento. Credo che sopravvivano solo alcune attività commerciali nei dintorni della Mulberry Street, per tenere in vita, in modo più o meno artificiale, lo spirito italoamericano del luogo, e alcuni luoghi istituzionali come il museo e la chiesa di S. Gennaro che forse servono anche a evitare che la pressione demografica dell'adiacente Chinatown abbia la meglio sul quartiere italiano ormai non più popolato da discendenti dei nostri connazionali.

È girovagando per la Mulberry Street, la via principale di Little Italy, che scopriamo la suddetta Chiesa del Preziosissimo Sangue. Una visita fugace mi dà l'impressione che la chiesa possa essere stata un punto di riferimento per la comunità italiana. Penso che sia anche la sede di una sorta di confraternita dei Figli di S. Gennaro. Quella che gioca un ruolo importante nella newyorchese Festa di san Gennaro. Festa che è stata il modello per le varie feste di S. Gennaro che oggi si tengono in molte città statunitensi come occasioni per la celebrazione del rapporto tra italiani e statunitensi.

Ci spostiamo quindi nella vicina e debordante Chinatown. Lì si ha subito l'impressione di trovarsi in un altro paese: esercizi cinesi, insegne in cinese, gente che parla cinese per la strada. A differenza di Little Italy, Chinatown è un quartiere vivo, (sovrap)popolato e che conserva fortemente la sua identità.
Continuiamo verso la parte meridionale del Lower East Side, ormai fagocitata da Chinatown, e lì visitiamo la sinagoga di Eldridge street e il relativo museo. La signora, una probabile insegnante in pensione che ci interroga e dà i voti alle nostre risposte (ignorando tra l'altro le mie e assegnando invece delle A+ a Zucchero ), ci racconta di come quella sia stata la prima sinagoga degli ebrei ashkenaziti "orientali" che, a differenza degli ashkenaziti tedeschi, urbanizzati e ricchi, provenivano generalmente dagli Shtetl (villaggi di campagna) e non avevano grosse risorse economiche.
Tuttavia, tra quelli che fecero fortuna, ce ne furono due che decisero di far costruire quella sinagoga per la comunità. E lo fecero mescolando tradizione e modernità, radici ebraico-ashkenazite con icone e simboli americani. Tutte queste particolarità rendono unica la sinagoga di Eldridge Street; già dalla facciata che sembra quella di una chiesa, con rosone ed elementi neoromanici, neogotici e neomoreschi. E presto capiamo il perché: essa fu progettata da Peter Herter: un architetto tedesco di religione cristiana. Poi, oltre alle normali stelle di Davide, si trovano diverse stelle a cinque punte a simboleggiare l'arrivo degli ebrei nel nuovo mondo.
Un'altra peculiarità di questa sinagoga è che nella sala della Torà si sniffava il tabacco. E, per evitare che la gente spuntasse per terra, vennero installate delle sputacchiera di legno sulla ringhiera di separazione con l'altare. Agli inizi del novecento, con la costruzione della metropolitana, gli ebrei cominciarono a lasciare il Lower East Side. Inoltre delle leggi degli anni '20 (l'Emergency Quota Act del 1921 e l'Immigration Act del 1924) ridussero drasticamente l'immigrazione soprattutto dall'Europa del sud e dell'est. Di conseguenza i fedeli della sinagoga diminuirono rapidamente e costantemente; e così la sinagoga fu chiusa. Se non fosse stato per un professore universitario che andò a visitarla negli anni '80 per un suo lavoro di ricerca e la trovò in condizioni disastrose, la sinagoga sarebbe crollata. Fu grazie alla grossa opera di sensibilizzazione da parte di quel professore che quel patrimonio culturale è stato recuperato.

Ci rechiamo quindi sulla Delancey Street. Questa è la strada di Noodles, il protagonista di C'era una volta in America e di The Hood di Harry Grey. Ma Delancey Street, un tempo uno dei punti cardine del quartiere ebraico, si rivela essere uno stradone squallido. Beh, non potevo aspettarmi diversamente. E il locale che cercavamo non era esattamente quello che cercavamo e inoltre era chiuso. In compenso troviamo un ristorante cinese nelle vicinanze con ottime valutazioni. Avevo già detto della strabordante Chinatown, no?

La qualità dei miei spaghetti cinesi con frutti di mare è buona ma nonostante ciò il tipo di cucina non mi esalta. E credo che questa sia molto più autentica rispetto alla cucina cinese che si trova mediamente in Europa. È la seconda volta che mangio in un buon ristorante cinese di Chinatown, e seppur consapevole della sommarietà e della parzialità di esse, da questo fatto traggo delle conclusioni personali su questo tipo di cucina: non occupa i primi posti (ma neppure gli ultimi) della mia classifica personale.

Dopo pranzo andiamo al Tenement Museum al numero 97 di Orchard Street. Il condominio in cui è stato costruito il museo fu dimora, tra il 1863 e il 1935, di circa 7.000 persone di 20 nazionalità diverse. Le visite sono tematiche, e una di queste è sulla vita quotidiana di una famiglia di immigrati italiani ai tempi delle grandi immigrazioni. Ma a causa dell'orario non riusciamo a partecipare e decidiamo di tornarci nei prossimi giorni. Molto interessante è anche la libreria di quel museo: con libri che trattano soprattutto il tema dell'immigrazione e con una sezione dedicata all'Italia.
Visitiamo quindi il St. Marks Place con i suoi viali alberati.

Poi, nel nostro girovagare, troviamo il negozio newyorkchese di Eataly, dove, come potete vedere, troviamo dell'olio d'oliva a prezzi molto convenienti.

Torniamo quindi al Washington Square Park che avevamo già visitato ma alcune delle cui curiosità ci erano sfuggite. Come, ad esempio, i dettagli sulla Judson Memorial Church. Nel successivo girovagare, notiamo anche un monumento a Fiorello La Guardia.
Poi andiamo a Soho per ammirare le interessanti facciate delle case, molte delle quali in ghisa.

Infine torniamo al Greenwich dove, dopo un po' di vagabondare, scegliamo quasi casualmente un ristorante chiamato Senza Gluten. È tardi, vogliamo qualcosa di leggero e loro offrono diversi piatti freddi e insalate. Una dottoranda italiana ci serve un couscous e una quinoa. Ma, probabilmente anche per l'assenza di glutine, i piatti non sono particolarmente appetitosi.

martedì, luglio 14, 2015

Annunciazió, annunciazió: Il Carnevale della matematica #87 di luglio è su Pitagora e dintorni

È il 14 luglio e, nonostante l'afa e la Bastiglia, l'87-esima edizione del #carnevaledellamatematica (nome in codice: “il merlo becchetta”) è arrivata puntuale. A ospitarla è un certo Dioniso su Pitagora e dintorni e il suo tema è "Matematica e rinascimento". E di questi tempi chi può dire di non voler rinascere?
Ovviamente è un carnevale bellissimo. E allora che aspettate ad andare a leggervelo?!


La prossima edizione, la numero 88 del 14 agosto 2015, quella che come verso gaussiano ha “canta all'alba, canta, canta”, verrà ospitata da Popinga. E il suo tema, contrariamente a quanto comunicato in precedenza, sarà libero.
Quale sarà la sua cellula melodica gaussiana? Lo scopriremo solo tra un mese. A presto!


domenica, luglio 12, 2015

I progressi della geometria nel XVI sec. - Numeri e Geometria attraverso la storia

Nella puntata precedente si è parlato dei nuovi rapporti sviluppatisi durante il Rinascimento (sec. XIV-XV) tra la geometria e le arti figurative. Ma, oltre che nelle arti figurative, la matematica durante il Rinascimento trovò applicazione in molte altre aree: dalla cartografia all'agrimensura, dai libri di conto all'ottica, fino alla meccanica.1 Inoltre, coerentemente con lo spirito del tempo, l'interesse per le opere classiche dell'antichità continuò a essere molto forte.
In particolare, Maurolico (1494 – 1575), un prete messinese di origine greca, matematico e geometra molto dotto, contribuì notevolmente a ravvivare l'interesse per le opere avanzate dell'antichità. Tra l'altro Maurolico fu probabilmente il primo a usare il principio d'induzione (per dimostrare che la somma dei primi n numeri dispari è eguale al quadrato di n) circa tre secoli prima di Robert Grassmann e di Peano; e "collaborò con lo scultore Giovanni Angelo Montorsoli nella realizzazione di due delle più belle fontane monumentali del Cinquecento (quella di Orione e quella del Nettuno)".
Maurolico tentò addirittura di ricostruire il Libro V delle Coniche di Apollonio, allora perduto, basandosi su indicazioni contenute nel lavoro di Pappo. In tal modo egli inaugurò quello che negli anni diventerà una moda: la ricostruzione sia delle opere perdute in generale sia, in particolare, degli ultimi quattro libri delle Coniche di Apollonio.
Avendo inoltre studiato metodi per la misurazione della Terra Maurolico "fornì le carte geografiche alla flotta cristiana in partenza dal porto di Messina per la Battaglia di Lepanto".
Per quanto riguarda invece la geometria si può dire che fino alla prima metà del XVI secolo essa fece riferimento quasi esclusivamente alle proprietà elementari descritte da Euclide poiché ben pochi matematici avevano familiarità con la geometria di Archimede, Apollonio, e Pappo. Le traduzioni latine di queste opere divennero infatti disponibili solo a partire dalla metà del secolo e, prevalentemente, grazie proprio a Maurolico. Ma anche altri contribuirono al lavoro di traduzione.
Ad esempio, l'urbinate Federico Commandino (1509 – 1575), che, oltre a essere in corrispondenza con Maurolico, tradusse opere di Archimede, di Aristarco da Samo, di Pappo di Alessandria (in particolare la "Collectiones mathematicae" che era rimasta sconosciuta persino ai matematici islamici), di Euclide (tradotto anche in italiano) e i primi quattro libri delle Coniche di Apollonio (ebbene sì, li tradusse anche lui). E Tartaglia che, come avevamo già detto in Cardano, Tartaglia, del Ferro e le formule contese, nel 1543 fece stampare una traduzione archimedea altrui spacciandola per propria.
Dopo la morte di Maurolico (1575) la geometria non conobbe grossi sviluppi per più di 50 anni e, fino all'arrivo di Cartesio, la matematica si sviluppò in diverse altre aree. Di questo cominceremo a parlare nella prossima puntata.


giovedì, luglio 02, 2015

New York 4: memorial, Ellis Island e Statua della Libertà

Lunedì 8 giugno 2015

È il giorno di Ellis Island ma prima di imbarcarci visitiamo il memorial dell'11 settembre costruito nelle fondamenta delle torri gemelle. Lì, oltre a tutti i tristi dettagli sugli attentati, apprendiamo anche che il muro di spinta, ancora in vista, per sostenere la pressione dell'Hudson fu progettato da un ingegnere milanese negli anni '60. In seguito scopriremo che questo paese è costellato di memorials. Li si trova dappertutto. Sono un po' l'equivalente dei nostri monumenti ai caduti - anche se il concetto mi pare un po' più esteso. E, considerando che questo paese ha combattuto almeno altre cinque guerre dopo la seconda guerra mondiale, si può capire anche il perché.

Dopo essere riemersi dalle fondamenta delle torri gemelle ci spostiamo verso il Financial District e, lungo la strada, troviamo il cimitero più vecchio di New York. Una tomba risale addirittura al XVII secolo.
Raggiungiamo poi il Battery Park da cui ci imbarchiamo per Liberty Island.


Non avendo prenotato con sufficiente anticipo riusciamo a salire solo sul piedistallo della statua da cui c'è comunque una stupenda vista su Lower Manhattan.
Riprendiamo il traghetto per Ellis Island dove ci impegniamo in una breve ricerca sui nostri bisnonni passati per quell'isola.
Tornati a terra risaliamo a piedi la riva dell'East River e raggiungiamo un quartierino probabilmente ricostruito su vecchi edifici dei moli. Ci fermiamo per cena in un ristorante scelto da A, la quattordicenne del gruppo. È un ristorante italiano, come cameriere c'è un simpatico ragazzo toscano e il cibo non è male. Hanno persino un buon olio siciliano. Ottima scelta di A!
Dopo il pasto riprendiamo il cammino e raggiungiamo il ponte di Brooklyn. Attraversandolo notiamo che anch'esso è affetto dal morbo dei lucchetti.

Giunti a Brooklyn girovaghiamo un po' e, dopo diverse diatribe mappa in mano e un paio di richieste di indicazioni, riusciamo a trovare la metro per tornare a Harlem.
E, a proposito di metropolitana di New York, mi vengono in mente due considerazioni.
La prima è che fa una certa impressione passare dal fasto miliardario, da capitale dell'impero, della quinta strada, o di molte altre zone della Manhattan centro-meridionale, al degrado da terzo mondo delle rispettive stazioni della metropolitana. D'altra parte, essendo una delle più antiche al mondo, e dovendo servire una città con 5 distretti (Borough) quasi tutti con dimensioni superiori a Roma, Milano o Napoli, la cosa è pure comprensibile.
La seconda riguarda l'aria condizionata. Quando ci si trova nei cunicoli della metropolitana l'aria è calda, opprimente e afosa. Appena entrati nel vagone, invece, sotto i potentissimi e gelidi getti di aria fredda, il sudore, sostanzialmente, si solidifica e ci si avvicina all'ibernazione. Ma questa caratteristica non riguarda unicamente la metropolitana. Anche quando si entra in un negozio, in un albergo o in un taxi si vive la stessa esperienza. In questo paese c'è una passione smodata per aria condizionata a volumi e temperature al di sotto dei limiti di sopportazione umana. Mi sono spesso chiesto quanta energia si sprechi quotidianamente in questo modo. E anche come non si ammalino in continuazione. Oppure, visto che ci si avvicina all'ibernazione, magari così prolungano la vita delle loro cellule?