venerdì, giugno 28, 2013

Casa: aggiornamenti vari

Finalmente abbiamo pure la parete colorata di azzurro verde turchese... boh, non ricordo più che colore sia.
E dopo varie piccole peripezie sembra che tutto dovrebbe essere risolto. Il parquet dovrebbero averlo ripulito martedì e spero che abbiano anche applicato l'acrilico nelle fughe del battiscopa. Oggi pomeriggio abbiamo due appuntamenti: uno con il tecnico per la connessione telefonica e telematica, e l'altro con il capomastro per controllare se tutto è stato effettuato a dovere. Speriamo bene.

martedì, giugno 25, 2013

Non è mai troppo tardi

Pare che la Santanchè sia arrivata alla conclusione a cui 3/4 del paese era arrivato già da anni.


L'immagine dell'Italia sui media europei

È davvero deprimente. Noi italiani all'estero facciamo il possibile per combattere pregiudizi e stereotipi e poi basta un'idiota del genere per mandare tutto in fumo.
Onorevole Raffaele Baldassarre, almeno per una volta, faccia qualcosa di buono per il suo paese: si dimetta.

lunedì, giugno 24, 2013

Stagione estiva: il tema del viaggio - Villa-Lobos, Bernstein, Smetana, Rossini e altri

Rispetto alla situazione degli inizi di maggio le cose sono migliorate abbastanza. Mi sono inoltre tolto il pensiero di una possibile spernacchiata su di una nota toalmente scoperta di fronte al numeroso pubblico della Stadthalle. Infatti ho deciso di far suonare la Suite Symphonique di Ibert a uno dei due professionisti che mi affiancheranno al concerto. Professionisti che mi è stato assicurato verranno trovati prima del concerto.
I 14 pezzi di cui parlavo dovrebbero essere tutti collegati dal tema del viaggio. Se volete potrete divertirvi a scovare il tema tra alcuni dei titoli riportarti nella bella veste grafica del manifesto di questa stagione che vedete qui a sinistra.

E come al solito, se vi troverete nei dintorni il 13 luglio siete invitati al concerto. Suoneremo alle 19:00 nella Stadthalle di Heidelberg
Ah, stavolta la grafica è stata curata davvero molto.

Guardate che bello che è il biglietto!

Ed ecco infine i brani, di cui eseguiremo degli estratti, con i riferimenti alle rispettive informazioni.






Heitor Villa-LobosBachianas Brasileiras No.2 (1930)



Bedřich Smetana - Má Vlast (1874-79)


Leonard Bernstein - Time Square (from "On The Town" 1944)

Miklos Rozsa - Parade of the Charioteers (Ben-Hur)
 

John Williams - Harry Potter Symphonic Suite (2006)

Gioacchino Rossini - Ouverture - Viaggio a Reims (1825)

Jacques Ibert: Suite Symphonique "Paris" (1930)

Ferde Grofé - Hudson River Suite (1955) - 4 movimento

John Williams - Theme from E.T. - (1982) (Arr. James D. Ployhar)

venerdì, giugno 21, 2013

Il Requiem di Verdi e le polemiche dei tempi

Grazie a questa puntata della bella serie Calendario verdiano de La principessa sul pisello ho scoperto cose interessanti su una delle mie composizioni preferite: il Requiem di Verdi.

"Nell’aprile del 1874, dunque, Verdi finì il Requiem. L’esecuzione, dopo molte prove seguite dal compositore, ebbe luogo il 22 maggio 1874, anniversario della morte di Manzoni, e riscosse un enorme successo. Fu considerata un capolavoro, e tre giorni dopo, Verdi la diresse anche alla Scala Come capita spesso, alle grandi lodi fecero eco grandi critiche. Tacciata di agnosticismo e di essere troppo popolare, la Messa ebbe, fra i suoi più fieri oppositori il direttore d’orchestra tedesco e wagneriano, Hans von Bülow, che pur trovandosi a Milano, non volle assistere alla serata. In seguito definì Verdil’onnipotente corruttore del gusto artistico italiano “ e il Requiem “La sua ultima opera in veste chiesastica”. Quando Brahms, venne a conoscenza di queste affermazioni dichiarò:“Il Bulow ha preso una cantonata, giacché un’opera simile non la può scrivere che il genio.” Il Requiem fece un trionfale giro in Europa: Parigi, Hofoper di Vienna, Royal Albert Hall di Londra e sempre Verdi ebbe applausi, onoreficenze e critiche....
Verdi, naturalmente, non partecipò pubblicamente alla polemica, ma si sfogò con Ricordi:Sarebbe meglio per tutti e più dignitoso di non parlare più dell’affare Bülow; e a dir vero se questi tedeschi sono così insolenti la colpa è principalmente nostra. Quando essi vengono in Italia noi gonfiamo talmente la loro boria naturale colle nostre smanie, coi nostri entusiasmi, coi nostri epiteti sragionati, che essi naturalmente devono ben credere che noi non sappiamo respirare né vedere la luce senza che essi portino il loro sole. E diciamo tutta la verità, gli entusiasmi specie di Milano per Bülow e Rubinstein non sono per 99 gradi più del loro merito? Infine, cosa sono? Pianisti ad una distanza immensa da Liszt e Chopin, e musicisti di terz’ordine."
Ma lasciando da parte le polemiche qui sotto ho incluso una bella esecuzione integrale. Da qui potrete invece ascoltare direttamente il Dies irae.



giovedì, giugno 20, 2013

L'Italia degli altri

Ho sentito ieri l'intervista all'autore che non conoscevo: Mario Fortunato.

"Un libro che narra dell'Italia vista dagli stranieri, che ripercorre i luoghi magici del Gran Tour: Como, la Calabria, la Sabina. Noi e gli altri e la bellezza, la ragione e la felicità racchiuse nella nostra terra."

Ho trovato il tema molto interessante. Credo che lo comprerò presto. Se non altro per il capitolo sulla mia terra.

martedì, giugno 18, 2013

Michelangelo Faggioli

L'ho scoperto di recente. Michelangelo Faggioli: "uomo di legge presso i tribunali civili ed ecclesiastici, Faggioli è noto per le sue composizioni. La sua La Cilla, rappresentata per la prima volta nel 1706 presso il palazzo di Fabrizio Carafa è considerata la prima opera buffa in napoletano."
E sentite che bella sta cantata barocca in napoletano.

lunedì, giugno 17, 2013

Lutti indefinitamente procrastinati

A volte le sfortunate e imprevedibili contingenze della vita causano lutti la cui elaborazione viene costantemente vissuta e rivangata; ma mai fino in fondo. Rimandando e amplificando indefinitamente aspettative sulla possibile futura realizzazione e sofferenze per il possibile futuro e definitivo commiato.

sabato, giugno 15, 2013

Ben Goldacre spiega l'effetto placebo

L'effetto placebo spiegato da Ben Goldacre, l'autore di "Effetti collaterali"

 

Strutture e regole sociali indiscusse e indiscutibili

Più volte in questi quasi quattordici anni di residenza transalpina, e soprattutto negli ultimi tempi, mi sono interrogato sugli effetti della rigida strutturazione sociale sul carattere del popolo che ci ospita. Strutturazione e regolamentazione che comincia già dalle scuole elementari. Ieri sera, leggendo questo libro, ho trovato un paio di passi di Francesca Rigotti che voglio citare.

Nel primo la Rigotti parla di una regola/consuetudine del sistema universitario locale. L'ho trovata illuminante perché secondo me descrive molto bene come spesso alcune regole vengono vissute qui.
"Si tratta di una pratica socialmente accettata e diffusamente apprezzata come dato di fatto indiscusso e indiscutibile, una specie di a priori kantiano dello studio universitario che solamente una straniera critica come me trova bizzarra e anche coercitiva."

Nel secondo la filosofa riflette sul dolore suscitato in lei dal distacco dei figli e scrive:
"Vieppiù per noi emigrati. Giacché, anche per gli emigrati di lusso, gli emigrati intellettuali che non devono lasciare il paesello con la valigia di cartone, la vita sociale è un problema, grande o piccolo, e non conosco emigrante che questo problema non abbia. Non ci sono parenti vicini, gli amici sono rimasti là, ci sono colleghi di lavoro, sì, ma c'è sempre il gap culturale - per questo mi fanno sorridere le apologie del cosmopolitismo che lo celebrano come conquista meravigliosa. Insomma si è soli, il prezzo della libertà è la solitudine, si sa, e ancora di più si è soli quando i figli se ne vanno."

martedì, giugno 11, 2013

Fiori d'ulivo

Dieci giorni fa, durante il mio ultimo viaggio in patria, ho potuto accertare una presenza ragguardevole di fiori sugli ulivi. Se attecchiranno bene mi dovrò organizzare di nuovo per una settimana novembrina piluccante.

lunedì, giugno 10, 2013

Billo, Youssou N'Dour e Er barcarolo romano

Un paio di giorni fa abbiamo visto Billo - Il grand Dakhaar. Avevamo organizzato la proiezione con Volare in collaborazione con l'IIC di Stoccarda.
La pellicola mi è piaciuta e la discussione con la regista Laura Muscardin è stata interessante. E poi ho anche scoperto questa meravigliosa versione de Er barcarolo romano di Youssou N'Dour.






sabato, giugno 08, 2013

Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza

«È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore: il silenzio e il sentimento; l'emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza; e poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile».

Jep Gambardella

venerdì, giugno 07, 2013

La tragica coerenza di un naturopata - di MedBunker

Recensisco e cito brani tratti dall'interessante articolo La tragica coerenza di un naturopata di MedBunker.

Credo sia una domanda che si pongono in tanti: ma chi vende medicine alternative ci crede fino in fondo o è mosso solo da interesse personale?

L'articolo classifica i suddetti venditori in tre tipologie: l'invasato, il mitomane e il venditore di illusioni.
L'invasato "è pervaso da una sorta di "fuoco sacro" che lo porta a credere ciecamente a quello che fa fino a vedere, anche dove non ci sono, risultati, miglioramenti ed efficacia, in una sorta di "possessione" che non si risolve mai. L'invasato è in genere un ingenuo che davvero è convinto di avere "poteri magici", di risolvere i problemi di salute degli altri e di aver scoperto mezzi che nessuno ha mai utilizzato"
Il mitomane è quello che in relativa buonafede (relativa perché utilizza qualsiasi mezzo pur di darsi ragione) spaccia per efficace una sua"invenzione" che invece si è rivelata inefficace. Il mitomane è una persona con una forte personalità, un carattere deciso, determinato, sa benissimo che i suoi pazienti sono letteralmente plagiati dalla sua personalità e quindi sfrutta a suo vantaggio questa venerazione che resta immutata anche di fronte ad evidenti insuccessi ed incidenti. Il mitomane ha tratti spesso vicini alla psicosi e si dipinge come un "leader" alla guida del suo popolo della malattia che combatte contro il nemico potente e subdolo (in questo caso rappresentato dalla medicina) e sono frequenti i casi di vera e propria patologia mentale, tra delirio di onnipotenza e megalomania. L'esigenza di creare un "nemico" è vitale per il guaritore che vuole crearsi un gruppo di fedeli: il leader della "crociata" non avrebbe ragione di esistere se non ci fosse nulla da combattere, creando un oppositore invece, il gruppo si chiude, si rinforza e non fa un passo che non sia approvato dal leader, criticano la scienza come fosse un nemico da sconfiggere ma affermano che le loro teorie sono scientifiche, in pratica affermano di aver inventato una nuova scienza, personale (che però abbandonano quando è in gioco la loro salute).
Il venditore di illusioni invece è perfettamente cosciente di vendere sciocchezze ma conosce i punti deboli della massa, sa usare le parole giuste, ha un vero e proprio "ufficio marketing" ed utilizza qualsiasi mezzo lecito o meno per pubblicizzare la sua attività, è un commerciante, mentre ogni suo "paziente" diventa un manifesto pubblicitario ed ogni scusa è buona per acquisire nuovi clienti.
Non stupirà a questo punto ricordare come alcuni dei più noti "alternativi" pur consigliando ai loro pazienti di non sottoporsi a cure mediche per seguire i loro consigli, quando hanno avuto bisogno di cure per un loro problema di salute si sono rivolti ciecamente e senza esitazione alla medicina standard. Noto il caso di Hamer, ex medico distrutto psicologicamente dalla tragica morte del figlio, che dopo la tragedia ha iniziato a diffondere una sua "disciplina" medica inventata di sana pianta e con chiari tratti di settarismo e delirio. Hamer, affetto da tumore, si sottopose ad intervento chirurgico e chemioterapia guarendo. Un caso simile è quello di Hulda Clark, biologa americana secondo la quale i tumori erano frutto di infezioni di "parassiti" che erano curate con energia elettrica e diete molto dure. Quando fu il suo turno, dopo un maldestro tentativo di nascondere la realtà ai suoi seguaci, non esitò a ricoverarsi in ospedale ma troppo tardi, cosa che fece anche Hoxsey, guaritore americano protagonista di un'aggressiva campagna contro la medicina "del sistema" che però, quando fu colpito da tumore prostatico, non esitò ad utilizzare guarendo.
Questo succede anche tra i "piccoli imbonitori" di internet i quali si dipingono un'immagine di agguerriti nemici della medicina ma che corrono al pronto soccorso al primo disturbo.

Nel resto dell'articolo viene raccontata la tristissima storia del naturopata Max Tomlinson. Se volete potete leggerla nell'articolo (La tragica coerenza di un naturopata). Io preferisco glissare: non ce la faccio.

mercoledì, giugno 05, 2013

Ancora su Stamina e Le Iene

Riprendo il discorso di due mesi fa su Stamina e Le Iene perché nel frattempo ci sono stati degli sviluppi e il 2 giugno, trovandomi in Italia, mi è capitato di vedere un pezzo del nuovo patetico servizio dedicato al tema in cui si mostravano i miglioramenti dei bambini sottoposti alla cura.
Ovviamente tutti saremmo felicissimi se alla fine della sperimentazione la cura si dovesse rivelare efficace. Ma allora perché io critico il servizio de Le Iene?
Rispondo citando passi dall'articolo "Da Di Bella a Stamina, la storia si ripete?" di Michele Emmer. Articolo in cui si ribadisce un aspetto fondamentale della medicina che molti faticano a capire: la medicina si basa sulle statistiche. Leggete e meditate prima di unirvi al coro di quelli che "l'hanno detto a Le Iene". L'articolo fu scritto nel gennaio del 1998 quando la moglie di Michele Emmer (all'epoca malata di cancro al pancreas) fu costretta a pagare il ticket imposto per sperimentare la cura Di Bella. Cura che regolarmente si rivelò essere una bufala. È sconcertante come, a distanza di quindici anni l'articolo è ancora attualissimo. Basterebbe rimpiazzare qualche nome e lo si potrebbe ripubblicare tranquillamente oggi.

"La medicina è una scienza sperimentale, empirica, che produce statistiche. Per capire e far capire se una malattia, un tumore, è curabile, bisogna produrre dei dati che facciano capire come le nuove terapie siano più o meno efficaci. Allora per leucemia non si deve più dire male incurabile; certo bambini e adulti ancora muoiono di leucemia, ma tutti hanno anche buone possibilità di guarire, anche se per alcuni tipi di leucemia è più facile. ... La medicina si basa sulle statistiche, il che vuol dire che per avere dei risultati interessanti bisogna essere in grado di avere dei dati attendibili e abbastanza numerosi e significativi.
Allora se la medicina è statistica, che significato ha andare a intervistare una persona e fargli dire che mentre un mese fa, un anno fa, stava malissimo, ora sta molto meglio? Che senso ha affermare senza commento che sta guarendo? Si è mai posto il problema chi realizza il servizio alla televisione o sui giornali di quale effetto fa sui malati, terminali e non, leggere notizie del genere? Che tipo di informazione viene data dicendo che quella persona è guarita mentre non viene detto quanti sono i casi in cui la stessa terapia non ha funzionato? Oppure che quella terapia funziona solo in certi casi e non in altri? Sapete che cosa succede negli ospedali in cui sono ricoverati malati terminali e non? ... Che i malati sono agitati e confusi perché sentono che ci sono cure che possono farli guarire o arrestare il cancro. Inoltre si sentono dire da tutti, parenti e amici (è la prima cosa che si sente dire oggi un malato di tumore) «ma come non fai la cura Di Bella?». Anche i medici sono stressati da questa situazione; sembra quasi che siano degli incapaci che stanno torturando i loro pazienti facendoli soffrire inutilmente. È questo lo scopo dei servizi giornalistici? È questa quella che si chiama informazione?
...Noi non sappiamo se la cura Di Bella sia efficace, in quali tipi di tumori, con quali risultati percentuali, se i dati si riferiscono a pazienti malati di qualsiasi tipo di cancro o se i pazienti sono un campionario selezionato. ... Perché ci si deve informare tramite amici e parenti? Perché la televisione e i giornali danno informazioni superficiali, incomplete e molte volte sbagliate? È questo il modo corretto per fare informazione, se lo scopo è quello di aiutare i malati di cancro?"

Per continuare a leggere l'articolo: "Da Di Bella a Stamina, la storia si ripete?" 

lunedì, giugno 03, 2013

Femminicidi: i numeri e l'autopercezione italiana

Quanto scrivo è nato da una riflessione innescata dopo la lettura dell'articolo di Giovanna Cosenza: Femminicidio: il fact-screwing dei negazionisti.

Di recente mi è capitato di sentire un comico (forse Crozza) parlare del complesso italiano della salvietta sul braccio quando ci si confronta con l'Europa del nord. Basandomi solo sulla mia esperienza personale di italiano residente in Germania da molti anni posso confermare che quel complesso è davvero molto diffuso.
Un esempio?

Sia quando avemmo la Murgia sia quando avemmo De Cataldo come ospiti si parlò di femminicidi. Soprattutto quando venne De Cataldo se ne parlò anche nel dibattito. Molti nel pubblico sostennero che il fenomeno fosse molto più grave in Italia che in Germania.
Beh, ecco i numeri presi da Wikipedia tedesca:

EU27-StaatAnzahl der Tötungen
von Frauen
durch ihre Partner
oder ehemalige Partner
im Jahr 2006
Einwohner
im Jahr 2006
Tötungen
pro 1.000.000
Einwohner
Belgien3510.712.0003,27
Bulgarien427.494.0005,60
Dänemark145.550.0002,52
Estland221.341.00016,41
Finnland215.365.0003,91
Frankreich13762.787.0002,18
Deutschland27882.302.0003,38
Griechenland1611.359.0001,41
Irland174.470.0003,80
Italien9460.551.0001,55

L'Italia è al sestultimo posto come casi per milione di abitanti. Bisogna inoltre aggiungere che i suddetti dati sono del 2006 e che per quanto riguarda gli ultimi anni i dati italiani sono piuttosto dibattuti. Wikipedia, ad esempio, dice che un numero diffuso come ufficiale per il 2012 è stato quello di 124 casi, tuttavia...

il numero di 124 vittime appare viziato da un errore interpretativo di fondo ripreso poi acriticamente dalla quasi totalità dei media italiani: esso comprende anche le vittime collaterali coinvolte nel femminicidio, quindi uomini e bambini. ...  il calcolo corretto può comunque essere ottenuto empiricamente spulciando l'archivio del sito attraverso la comoda numerazione progressiva che Bollettino di Guerra dà delle vittime. Le morti nel 2012 causa femminicidio ammontano quindi a 75 e non a 124. Da qui l'equivoco numerico che tutti i media continuano a perpetuare.

Altro dato interessante citato nell'articolo di Giovanna Cosenza è che in Italia...

la maggior parte delle vittime si registra nel ricco e sviluppato (e, certo, più popolato) nord: dove, nel 2008, ultimo anno disponibile, le vittime di sesso femminile sono state il 47,6 per cento, contro il 29,9 per cento del sud e il 22,4 del centro.

Il che mi pare riflettere la tendenza europea.

Detto questo voglio comunque citare la condivisibilissima conclusione della Cosenza:

Ricapitolando: se abbiamo davanti un’incidenza percentuale che ci dice che, a differenza di altri delitti, il femminicidio esiste e non cala come gli altri crimini, se abbiamo davanti un’assenza di dati e di risorse, si dovrebbe concludere – e sarebbe logico farlo – che abbiamo un problema. Il drappello di fact-checker, invece, conclude che NON lo abbiamo.
Perché? Questa dovrebbe essere la domanda. Le risposte, come è ovvio, soffiano nel vento. Ma una cosa vorrei dire: comprendo che la razionalità (è davvero tale?) degli studiosi (quando sono degni della definizione, naturalmente, e non semplicemente aspiranti influencer) chiami alla freddezza anche quando una ragazzina di sedici anni viene bruciata viva dal fidanzato, ché a noi non interessa, ché l’emotività è roba da “opinione pubblica”. Eppure non è questo che chiediamo a chi studia. Non è questo che chiediamo a chi pronuncia parola pubblica, sapendo bene di usarla come un’arma e di usarla, nella gran parte dei casi, solo per chiamare a sé i riflettori in un momento in cui il dibattito è caldo. Che vengano, i riflettori: abbiateli. Ma almeno sappiateli usare per il bene di noi tutti: e non, semplicemente, per qualche follower in più.