Spero che presto riuscirò finalmente a non vedere più tale blasfema e disgustosa imitazione.
Per la corte di giustizia europea il formaggio "parmesan" venduto il Germania viola la denominazione di origine controllata del parmigiano reggiano italiano.
Pare che siano già pronti nuovi cloni, dal Pamesello al Rapesan:
"Solo il Parmigiano Reggiano può essere chiamato Parmesan"
Un diario con divagazioni su varie mie passioni. Tra le quali la musica, la matematica, la scrittura, la cucina, i viaggi, la Germania e i balli popolari del centro-sud Italia.
martedì, febbraio 26, 2008
lunedì, febbraio 25, 2008
Gross-Gerau: Laicità, nuovo civismo, e PD
Sabato pomeriggio siamo andati a Gross-Gerau, una graziosa cittadina dell'Assia che non avevamo mai visitato, per partecipare al seminario di formazione politica "PER UN’ ITALIA MODERNA: Laicità, nuovo civismo, e PD".
La struttura che ci ospitava era l'Historisches Rathaus (municipio storico) del XVI sec.
Erano invitati Ali Khodaverdian, segretario di origini iraniane della SPD di Gross Gerau e Carmen Everts, deputata SPD nel parlamento dell'Assia.
Gli invitati hanno tenuto dei bei discorsi introduttivi con molti riferimenti relativi all'integrazione europea. La signora Everts, neoeletta in una campagna elettorale che ha visto l'uscente Ministerpräsident Roland Koch (CDU) perdere più del 12% dopo aver preso posizioni chiaramente xenofobe, ha sottolineato in particolare l'importanza dei suddetti temi. La situazione nel parlamento dell'Assia è ancora incerta. Io spero vivamente che SPD e Linke si alleino e che Koch venga spodestato.
La comunità italiana di Gross-Gerau è piuttosto consistente: 1500 su 24000 abitanti. È riuscita ad esprimere infatti ben due consiglieri comunali, presenti anch'essi al seminario.
Per quando riguarda il PD, a suo tempo nutrivo qualche dubbio sui modi e i tempi della confluenza e votai quindi la mozione Angius. Ora devo ammettere che aveva ragione Fassino.
Uno dei dubbi che più mi spingeva ad essere cauto sui tempi era quello sulla laicità. Anche in questo caso però devo ammettere di essermi convinto che la confluenza di forze meno laiche non dovrebbe compromettere la laicità del PD.
I relatori hanno trasmesso entusiasmo parlandoci del successo che la nuova formazione sta riscuotendo, riuscendo ad aggregare anche persone lontane dalla politica attiva ed in particolare molti giovani.
L'intervento che mi è piaciuto di più è stato quello di Laura Garavini coordinatrice della Uim e promotrice della campagna “Mafia? Nein Danke!”. Era molto persuasivo e si sentiva che veniva dal cuore.
Concludo esponendo la ragione principale per cui voterò Veltroni.
Uolter ha promesso in caso di vittoria di allungare la fine settimana: si lavorerà il lunedì e il martedì, poi dal mercoledì alla domenica, festa per tutti.
Yes, Wee Kend!!
La struttura che ci ospitava era l'Historisches Rathaus (municipio storico) del XVI sec.
Erano invitati Ali Khodaverdian, segretario di origini iraniane della SPD di Gross Gerau e Carmen Everts, deputata SPD nel parlamento dell'Assia.
Gli invitati hanno tenuto dei bei discorsi introduttivi con molti riferimenti relativi all'integrazione europea. La signora Everts, neoeletta in una campagna elettorale che ha visto l'uscente Ministerpräsident Roland Koch (CDU) perdere più del 12% dopo aver preso posizioni chiaramente xenofobe, ha sottolineato in particolare l'importanza dei suddetti temi. La situazione nel parlamento dell'Assia è ancora incerta. Io spero vivamente che SPD e Linke si alleino e che Koch venga spodestato.
La comunità italiana di Gross-Gerau è piuttosto consistente: 1500 su 24000 abitanti. È riuscita ad esprimere infatti ben due consiglieri comunali, presenti anch'essi al seminario.
Per quando riguarda il PD, a suo tempo nutrivo qualche dubbio sui modi e i tempi della confluenza e votai quindi la mozione Angius. Ora devo ammettere che aveva ragione Fassino.
Uno dei dubbi che più mi spingeva ad essere cauto sui tempi era quello sulla laicità. Anche in questo caso però devo ammettere di essermi convinto che la confluenza di forze meno laiche non dovrebbe compromettere la laicità del PD.
I relatori hanno trasmesso entusiasmo parlandoci del successo che la nuova formazione sta riscuotendo, riuscendo ad aggregare anche persone lontane dalla politica attiva ed in particolare molti giovani.
L'intervento che mi è piaciuto di più è stato quello di Laura Garavini coordinatrice della Uim e promotrice della campagna “Mafia? Nein Danke!”. Era molto persuasivo e si sentiva che veniva dal cuore.
Concludo esponendo la ragione principale per cui voterò Veltroni.
Uolter ha promesso in caso di vittoria di allungare la fine settimana: si lavorerà il lunedì e il martedì, poi dal mercoledì alla domenica, festa per tutti.
Yes, Wee Kend!!
giovedì, febbraio 21, 2008
Se questo è un uomo
Il 27 gennaio Zucchero mi ha detto: "Tu che fai per Il Giorno della Memoria? Io leggo Il giardino dei Finzi Contini".
Io il giardino dei Finzi Contini l'ho già letto e ne ho parlato qui.
Mi ricordavo che nell'archivio degli MP3 di "ad alta voce" c'era Se questo è un uomo.
Ho finito di ascoltare le puntate la scorsa settimana. Non mi sento in grado di scrivere alcun commento. Vorrei solo dire che questo libro dovrebbe essere letto da tutti, ma nel momento di recezione e sensibilità giusti. Altrimenti non servirebbe a nulla.
Un commento interessante lo si può trovare alla fine della lettura dell'ultima puntata (gli ultimi 6 minuti circa). Il commento è di Eraldo Affinati. Interessanti le sue riflessioni su zona grigia e banalità del male.
Leggendo la biografia di Affinati ho visto che ha scritto un libro che mi piacerebbe leggere: Campo del Sangue, "dove i ricordi della madre si complicano lungo il percorso di un viaggio (attraverso filosofia e letteratura), che partendo da Venezia ci conduce direttamente alle porte del campo di sterminio di Auschwitz."
Questa settimana ho cominciato l'ascolto di Lessico Famigliare.
Oramai sono diventato un grande fruitore di audiolibri.
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case;
Voi che trovate tornando la sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce la pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì e per un no
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno:
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole:
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli:
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri cari torcano il viso da voi.
Approfondimento:
UCEI
Io il giardino dei Finzi Contini l'ho già letto e ne ho parlato qui.
Mi ricordavo che nell'archivio degli MP3 di "ad alta voce" c'era Se questo è un uomo.
Ho finito di ascoltare le puntate la scorsa settimana. Non mi sento in grado di scrivere alcun commento. Vorrei solo dire che questo libro dovrebbe essere letto da tutti, ma nel momento di recezione e sensibilità giusti. Altrimenti non servirebbe a nulla.
Un commento interessante lo si può trovare alla fine della lettura dell'ultima puntata (gli ultimi 6 minuti circa). Il commento è di Eraldo Affinati. Interessanti le sue riflessioni su zona grigia e banalità del male.
Leggendo la biografia di Affinati ho visto che ha scritto un libro che mi piacerebbe leggere: Campo del Sangue, "dove i ricordi della madre si complicano lungo il percorso di un viaggio (attraverso filosofia e letteratura), che partendo da Venezia ci conduce direttamente alle porte del campo di sterminio di Auschwitz."
Questa settimana ho cominciato l'ascolto di Lessico Famigliare.
Oramai sono diventato un grande fruitore di audiolibri.
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case;
Voi che trovate tornando la sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce la pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì e per un no
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno:
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole:
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli:
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri cari torcano il viso da voi.
Approfondimento:
UCEI
mercoledì, febbraio 20, 2008
Uno squillo nella notte
Sono le 6:20 e noi abbiamo già fatto colazione.
Dobbiamo andare al lavoro presto? Nooo.
Stamane alle 5:45 ha squillato il telefono. Dovete sapere che Zucchero è finalista olimpionica di corsa allo squillo antelucano.
Prima che io fossi riuscito a capire che cosa stesse succedendo, ella era già riuscita a dire: "A quest'ora chi chiama!! È successo qualcosa!!", e a presipitarsi a rispondere.
La sento rispondere: "Ja!....." (dei tedeschi che ci chiamano a quest'ora? Chi può essere) "Ja!.....Ja!.....Ich komm gleich (vengo subito? Dove!? Che c..o è successo!?).
Aggancia e mi dice: "Quando ti dico di non parcheggiare la macchina in posto, non ce la devi parcheggiare!". "Perché, dove l'abbiamo parcheggiata?". "Su Uferstrasse!".
Al che ho ricordato la scena di sabato scorso.....
- "Guarda amore, ho trovato una nuova strada dove parcheggiare! Siamo qui da 8 anni e non avevamo mai pensato a parcheggiare qui. È comodissimo!"
- "Ma guarda che qui secondo me non si può parcheggiare!"
- "E perché scusa?! Vedi qualche divieto?! È pieno di macchine parcheggiate!"
Ma un divieto c'era sfuggito:
"Verboten!" nei giorni di mercato: il mercoledì e il sabato dalle 5 alle 14:00.
Al che la povera Zucchero, con tachicardia e testa pulsante, si è vestita con tempi da far vergognare Clark Kent, ed è andata a spostare la macchina.
Per farmi perdonare le ho fatto trovare la colazione pronta :-)
Dobbiamo andare al lavoro presto? Nooo.
Stamane alle 5:45 ha squillato il telefono. Dovete sapere che Zucchero è finalista olimpionica di corsa allo squillo antelucano.
Prima che io fossi riuscito a capire che cosa stesse succedendo, ella era già riuscita a dire: "A quest'ora chi chiama!! È successo qualcosa!!", e a presipitarsi a rispondere.
La sento rispondere: "Ja!....." (dei tedeschi che ci chiamano a quest'ora? Chi può essere) "Ja!.....Ja!.....Ich komm gleich (vengo subito? Dove!? Che c..o è successo!?).
Aggancia e mi dice: "Quando ti dico di non parcheggiare la macchina in posto, non ce la devi parcheggiare!". "Perché, dove l'abbiamo parcheggiata?". "Su Uferstrasse!".
Al che ho ricordato la scena di sabato scorso.....
- "Guarda amore, ho trovato una nuova strada dove parcheggiare! Siamo qui da 8 anni e non avevamo mai pensato a parcheggiare qui. È comodissimo!"
- "Ma guarda che qui secondo me non si può parcheggiare!"
- "E perché scusa?! Vedi qualche divieto?! È pieno di macchine parcheggiate!"
Ma un divieto c'era sfuggito:
"Verboten!" nei giorni di mercato: il mercoledì e il sabato dalle 5 alle 14:00.
Al che la povera Zucchero, con tachicardia e testa pulsante, si è vestita con tempi da far vergognare Clark Kent, ed è andata a spostare la macchina.
Per farmi perdonare le ho fatto trovare la colazione pronta :-)
martedì, febbraio 19, 2008
domenica, febbraio 17, 2008
La vita l'è bela
C'è chi soffre soltanto d'amore
chi continua a sbagliare rigore
c'è chi un giorno invece ha sofferto
e allora ha detto, io parto
ma dove vado se parto,
sempre ammesso che parto?
Ciao!
a chi sbaglia a fare le striSSie,
a chi invece avvelena le biSSie.
Uno tira soltanto di destro
l'altro invece ci ha avuto un sinistro
e c'è sempre qualcuno che parte,
ma dove arriva, se parte?
E la vita, la vita
e la vita l'è bela, l'è bela,
basta avere l'ombrela, l'ombrela
che ti para la testa,
sembra un giorno di festa.
E la vita, la vita
e la vita l'è strana, l'è strana,
basta una persona, persona
che si è rotta la testa
è finita la festa.
C'è chi un giorno ha fatto furore
e non ha ancora cambiato colore.
C'è chi mangia troppa minestra
chi è costretto a saltar la finestra
e c'è sempre li quello che parte
ma dove arriva, se parte?
Ciao! A chi sente soltanto la radio
e poi sbaglia ad andare allo stadio.
C'è chi in fondo al suo cuor ci ha una pena,
c'è chi invece ci ha un altro problema,
e c'è sempre li quello che parte
ma dove arriva, se parte?
E la vita, la vita
e la vita l'è bela, l'è bela,
basta avere l'ombrela, l'ombrela
che ti para la testa,
sembra un giorno di festa.
E la vita, la vita
e la vita l'è strana, l'è strana,
basta una persona, persona
che si è rotta la testa
è finita la festa.
E la vita, la vita
e la vita l'è bela, l'è bela,
basta avere l'ombrela, l'ombrela
che ti para la testa,
sembra un giorno di festa.
sembra un giorno di festa.
chi continua a sbagliare rigore
c'è chi un giorno invece ha sofferto
e allora ha detto, io parto
ma dove vado se parto,
sempre ammesso che parto?
Ciao!
a chi sbaglia a fare le striSSie,
a chi invece avvelena le biSSie.
Uno tira soltanto di destro
l'altro invece ci ha avuto un sinistro
e c'è sempre qualcuno che parte,
ma dove arriva, se parte?
E la vita, la vita
e la vita l'è bela, l'è bela,
basta avere l'ombrela, l'ombrela
che ti para la testa,
sembra un giorno di festa.
E la vita, la vita
e la vita l'è strana, l'è strana,
basta una persona, persona
che si è rotta la testa
è finita la festa.
C'è chi un giorno ha fatto furore
e non ha ancora cambiato colore.
C'è chi mangia troppa minestra
chi è costretto a saltar la finestra
e c'è sempre li quello che parte
ma dove arriva, se parte?
Ciao! A chi sente soltanto la radio
e poi sbaglia ad andare allo stadio.
C'è chi in fondo al suo cuor ci ha una pena,
c'è chi invece ci ha un altro problema,
e c'è sempre li quello che parte
ma dove arriva, se parte?
E la vita, la vita
e la vita l'è bela, l'è bela,
basta avere l'ombrela, l'ombrela
che ti para la testa,
sembra un giorno di festa.
E la vita, la vita
e la vita l'è strana, l'è strana,
basta una persona, persona
che si è rotta la testa
è finita la festa.
E la vita, la vita
e la vita l'è bela, l'è bela,
basta avere l'ombrela, l'ombrela
che ti para la testa,
sembra un giorno di festa.
sembra un giorno di festa.
mercoledì, febbraio 13, 2008
La memoria e la storia - nonni materni
Nonno Peppino
Primo di quattro fratelli. In famiglia si lavorava la terra e si allevavano vacche. Partito soldato nel '37, non tornò più a casa fino al '47.
Aveva scritto un diario, ma poi aveva dovuto disfarsene perché gli avevano detto che se lo avessero trovato quelli della legione straniera, di cui era prigioniero, lo avrebbero fucilato. L'anno prima della sua morte aveva cominciato a riscriverlo, ma poi, indebolito dalla malattia, si era arreso.
Combatté in Albania, in Grecia, e in Nord Africa. Raccontava spesso l'episodio in cui per primo si lanciò alla conquista di una ponte in Grecia. Episodio che gli valse una medaglia d'argento che conservava gelosamente in una cornice insieme al foglio di assegnazione firmato da Mussolini. Fu catturato dalla legione straniera in Nord Africa nel '43. Raccontava sempre che quando i legionari li catturarono fecero scavare loro una lunga fossa, ordinarono ai "traditori" nordafricani che combattevano insieme agli italiani di allinearsi lungo il bordo della fossa e li fucilarono. Il compagno toscano di mio nonno a quel punto gli domandò: e a noi che ci faranno; e mio nonno rispose: vedi lì? c'è rimasto un pezzo di fossa inutilizzato... Al che il toscano si infuriò: Peppino, tu prendi sempre tutto in burletta! Chissà, forse un po' di quella capacità di scherzare anche su cose molto serie l'ho ereditata da lui.
Successivamente fu dato in custodia agli americani, che lo imbarcarono a Casablanca in un viaggio di diverse settimane alla volta di Nuova York. Lavorò come prigioniero in una tenuta che non ricordo più bene dove si trovasse. Forse in Nebraska.
Fu lì che imparò un po' di inglese. Dice che la mattina venivano svegliati al suono del ritornello: "camon, camon, camon; lescó, lescó, lescó; gedà, gedà, gedà". Anche in questio caso capii in seguito che si trattava di "come on, let's go, get up".
Ci raccontava che si fidanzò con un'americana, Mary, che poi venne nel '47, quando mio nonno era già tornato al paese e si era fidanzato con mia nonna, a cercare di convincerlo a tornare con lei in America.
Purtroppo due dei fratelli di mio nonno non tornarono. Zio Nando, morto nella battaglia di Tobruck, che lasciava una moglie e una figlia; e zio Rutilio morto in un campo di concentramento tedesco.
Nonna Elvira
Prima di due sorelle. Durante la guerra non era ancora fidanzata con mio nonno. Racconta che nel '44 andò più di una volta al muretto delle suore, insieme alla sorella minore, a vedere gli aerei alleati che si scorgevano in lontananza sulla Salaria e che a volte bombardavano. Un giorno, il 14 aprile, quegli aerei non si limitarono a bombardare la Salaria, ma - si narra in seguito ad una soffiata - salirono verso il mio paese per bombardare un deposito di carburante delle truppe tedesche. Mia nonna e mia zia quel giorno fortunatamente non si trovavano sul muretto, ma altre persone erano lì: ci furono diverse decine di vittime civili.
Mia nonna e mia zia mi hanno anche raccontato più volte la storia di una loro nonna che sarebbe stata a capo di una rivolta socialista contro le famiglie potenti del paese.
Una volta, mentre mio nonno ci raccontava per l'ennesima volta la storia della fidanzata americana che venne in Italia nel '47 a cercare di convincerlo a tornare con lei, mia nonna disse che fu soprattutto il mio bisnonno a convincere mio nonno a restare, e poi chiosò dicendo: tu per dar retta a tuo padre hai perso tante occasioni nella vita. Ma come!? Dicevo io. Invece di ringraziare il bisnonno o di arrabbiarti con mio nonno!?
Primo di quattro fratelli. In famiglia si lavorava la terra e si allevavano vacche. Partito soldato nel '37, non tornò più a casa fino al '47.
Aveva scritto un diario, ma poi aveva dovuto disfarsene perché gli avevano detto che se lo avessero trovato quelli della legione straniera, di cui era prigioniero, lo avrebbero fucilato. L'anno prima della sua morte aveva cominciato a riscriverlo, ma poi, indebolito dalla malattia, si era arreso.
Combatté in Albania, in Grecia, e in Nord Africa. Raccontava spesso l'episodio in cui per primo si lanciò alla conquista di una ponte in Grecia. Episodio che gli valse una medaglia d'argento che conservava gelosamente in una cornice insieme al foglio di assegnazione firmato da Mussolini. Fu catturato dalla legione straniera in Nord Africa nel '43. Raccontava sempre che quando i legionari li catturarono fecero scavare loro una lunga fossa, ordinarono ai "traditori" nordafricani che combattevano insieme agli italiani di allinearsi lungo il bordo della fossa e li fucilarono. Il compagno toscano di mio nonno a quel punto gli domandò: e a noi che ci faranno; e mio nonno rispose: vedi lì? c'è rimasto un pezzo di fossa inutilizzato... Al che il toscano si infuriò: Peppino, tu prendi sempre tutto in burletta! Chissà, forse un po' di quella capacità di scherzare anche su cose molto serie l'ho ereditata da lui.
Successivamente fu dato in custodia agli americani, che lo imbarcarono a Casablanca in un viaggio di diverse settimane alla volta di Nuova York. Lavorò come prigioniero in una tenuta che non ricordo più bene dove si trovasse. Forse in Nebraska.
Fu lì che imparò un po' di inglese. Dice che la mattina venivano svegliati al suono del ritornello: "camon, camon, camon; lescó, lescó, lescó; gedà, gedà, gedà". Anche in questio caso capii in seguito che si trattava di "come on, let's go, get up".
Ci raccontava che si fidanzò con un'americana, Mary, che poi venne nel '47, quando mio nonno era già tornato al paese e si era fidanzato con mia nonna, a cercare di convincerlo a tornare con lei in America.
Purtroppo due dei fratelli di mio nonno non tornarono. Zio Nando, morto nella battaglia di Tobruck, che lasciava una moglie e una figlia; e zio Rutilio morto in un campo di concentramento tedesco.
Nonna Elvira
Prima di due sorelle. Durante la guerra non era ancora fidanzata con mio nonno. Racconta che nel '44 andò più di una volta al muretto delle suore, insieme alla sorella minore, a vedere gli aerei alleati che si scorgevano in lontananza sulla Salaria e che a volte bombardavano. Un giorno, il 14 aprile, quegli aerei non si limitarono a bombardare la Salaria, ma - si narra in seguito ad una soffiata - salirono verso il mio paese per bombardare un deposito di carburante delle truppe tedesche. Mia nonna e mia zia quel giorno fortunatamente non si trovavano sul muretto, ma altre persone erano lì: ci furono diverse decine di vittime civili.
Mia nonna e mia zia mi hanno anche raccontato più volte la storia di una loro nonna che sarebbe stata a capo di una rivolta socialista contro le famiglie potenti del paese.
Una volta, mentre mio nonno ci raccontava per l'ennesima volta la storia della fidanzata americana che venne in Italia nel '47 a cercare di convincerlo a tornare con lei, mia nonna disse che fu soprattutto il mio bisnonno a convincere mio nonno a restare, e poi chiosò dicendo: tu per dar retta a tuo padre hai perso tante occasioni nella vita. Ma come!? Dicevo io. Invece di ringraziare il bisnonno o di arrabbiarti con mio nonno!?
lunedì, febbraio 11, 2008
Rocco e i suoi Fratelli
Un'emozionantissima e lancinante tragedia di stampo ellenico che si consuma nel poliedrico e primordiale groviglio dei vincoli di sangue di una numerosa, compatta e soffocante famiglia lucana nella Milano della migrazione "terrona" del dopoguerra.
Un titanico scontro tra due diverse visioni del mondo: due ramificazioni che succhiano linfa dalle stesse radici, vincolate da un amore viscerale, malato e inconciliabile che le trascinerà entrambe nel vortice della disperazione. Una, pura, idealistica, arcaico-contadina, sarà travolta dall'ineluttabile genocidio pasoliniano; l'altra, protoconsumistica, cinica, violenta ed edonistica, si autodistruggerà seguendo l'inesorabile destino inscritto nei propri geni.
C'è una speranza? La sintesi? Le nuove generazioni?
Secondo il mio umile e profano parere Rocco e i suoi Fratelli è un capolavoro.
Un titanico scontro tra due diverse visioni del mondo: due ramificazioni che succhiano linfa dalle stesse radici, vincolate da un amore viscerale, malato e inconciliabile che le trascinerà entrambe nel vortice della disperazione. Una, pura, idealistica, arcaico-contadina, sarà travolta dall'ineluttabile genocidio pasoliniano; l'altra, protoconsumistica, cinica, violenta ed edonistica, si autodistruggerà seguendo l'inesorabile destino inscritto nei propri geni.
C'è una speranza? La sintesi? Le nuove generazioni?
Secondo il mio umile e profano parere Rocco e i suoi Fratelli è un capolavoro.
giovedì, febbraio 07, 2008
La memoria e la storia - nonni paterni
Nonna Luisetta (che io chiamavo nonna Tetta)
Ultima di 6 fratelli e sorelle (Rosaria, Angelino, Teta, Antonia e Elvira). Fu allattata dalla sorella più grande Rosaria. La famiglia allevava capre e pecore.
Dopo la partenza di mio nonno per la guerra rimase sola con due figli: mio zio di due anni e mio padre di pochi mesi. Ricordava sempre con grande affetto e rispetto le famiglia degli zii che in quel periodo l'aiutò molto.
Una volta mi raccontò che a luglio del '44 andò a trovare la sorella che viveva nel quartiere romano di S. Lorenzo e scelse la data in modo molto oculato: il 19 luglio, il giorno del bombardamento. Fortunatamente riuscì a salvarsi e percorse a piedi i 60 Km che la separavano da casa.
Mi raccontava anche che il 3 maggio 1938, giorno della visita ufficiale Hitler a Roma, lei e mio nonno si trovavano tra la folla. In quel periodo mio nonno lavorava a Roma alla Peroni.
Una delle sorelle di mia nonna, Teta, viveva a Novara. Aveva un unico figlio, Mario che tornò nel '43 dalla Russia. Mia nonna lo aiutò a recuperare la sensibilità ai piedi danneggiatisi grazie alle famose scarpe di cartone con cui erano equipaggiati i nostri soldati spediti a combattere a fianco dei tedeschi nella campagna di Russia. Dopo esser guarito Mario tornò a Novara, entrò nella resistenza, combatté e fu catturato. Subì delle atroci torture e fu infine ucciso dai nazifascisti repubblichini.
Un'altra sua storia era quella che riguardava il padre di mio nonno: Riccardo. Essendo stato a lavorare in America, il mio bisnonno si era spacciato per profondo conoscitore della lingua del Bardo. Nel '43, durante l'occupazione tedesca, quasi tutte le famiglie del mio paese, tra cui anche quella dei miei nonni, nascondevano, proteggevano e sfamavano prigionieri alleati evasi o liberati. Nel momento in cui ci fu il primo approccio tra i due ex-prigionieri americani e la famiglia di mia nonna, il bisnonno venne interpellato per fare da interprete. Mia nonna mi diceva: "rispondeva ad ogni domanda con 'caddemm', che è una bestemmia". Arrivati all'ennesima domanda gli americani cominciarono a capire e si sbellicarono. Dopo qualche anno capii di quale esclamazione si trattasse: era probabilmente 'god damn'.
Nonna Tetta era il mio rifugio infantile la mia consolazione quando il mondo ce l'aveva con me. Mi proteggeva e mi coccolava.... e a fine pranzo tirava sempre fuori la ciotola piena di "frittillitti": broccoletti, carciofi, zucchine, fiori e ravioli di ricotta: tutto fritto.
Nonno Alfredo
Carattere burbero ma buono, aveva un'approccio alla vita quasi buddista: gli scivolava quasi tutto addosso, sopportava i dolori stoicamente, senza lamentarsi ed era molto pratico. Nato in una famiglia di contadini. Aveva una sorella più grande che morì a nove anni ed un fratello più piccolo che morì a tre anni per un incidente domestico. Suo padre ricevette in concessione un piccolo pezzo di bosco in qualità di ex combattente della I Guerra Mondiale. Mio nonno lo disboscò e lo trasformò in un piccolo uliveto che appartiene ancora alla mia famiglia. Sposo mia nonna Luisetta nel '36 e partì per la guerra come artigliere ai primi di gennaio del '41. Nel 43' fu preso prigioniero dai francesi nell'Africa del nord. Lavorò per qualche anno in una tenuta di un colono francese in Algeria. Amava ricordare la bontà del pesce di quelle acque e del vino di quelle terre. Tornò in patria nel '46. Mio padre, nato nel '40, ricorda questa attesa di un padre a lui sconosciuto e cita spesso la storia dei datteri che mio nonno avrebbe riportato al suo ritorno dal nord Africa, con cui mia nonna avrebbe fatto una pizza, dalla quale una vicina, invitata a farlo per buona educazione, avrebbe staccato un grosso pezzo sotto gli occhi avidi e increduli di mio padre.
Un'altra storia di mio nonno che mi piaceva era quella del pane e del grano tramandatagli da sua nonna. Deve essere avvenuta negli ultimi decenni del XIX secolo. La famiglia della mia antenata era rimasta senza farina e quindi senza pane. Anticiparono la mietitura, partirono all'alba e non appena ebbero racimolato una quantità sufficiente di grano, spedirono la mia antenata al mulino. Ella trasportò il grano per i 4 Km che li separavano dal paese, ma per sua sfortuna trovò il mulino chiuso. S'incamminò quindi verso quello più vicino: trovò chiuso anche quello. Finalmente ne trovò uno aperto a circa 10 Km dal paese. Tornò a casa con la farina, ammassò, fece lievitare e infornò il pane. All'alba successiva tornò dagli uomini con il pane ancora caldo.
Ultima di 6 fratelli e sorelle (Rosaria, Angelino, Teta, Antonia e Elvira). Fu allattata dalla sorella più grande Rosaria. La famiglia allevava capre e pecore.
Dopo la partenza di mio nonno per la guerra rimase sola con due figli: mio zio di due anni e mio padre di pochi mesi. Ricordava sempre con grande affetto e rispetto le famiglia degli zii che in quel periodo l'aiutò molto.
Una volta mi raccontò che a luglio del '44 andò a trovare la sorella che viveva nel quartiere romano di S. Lorenzo e scelse la data in modo molto oculato: il 19 luglio, il giorno del bombardamento. Fortunatamente riuscì a salvarsi e percorse a piedi i 60 Km che la separavano da casa.
Mi raccontava anche che il 3 maggio 1938, giorno della visita ufficiale Hitler a Roma, lei e mio nonno si trovavano tra la folla. In quel periodo mio nonno lavorava a Roma alla Peroni.
Una delle sorelle di mia nonna, Teta, viveva a Novara. Aveva un unico figlio, Mario che tornò nel '43 dalla Russia. Mia nonna lo aiutò a recuperare la sensibilità ai piedi danneggiatisi grazie alle famose scarpe di cartone con cui erano equipaggiati i nostri soldati spediti a combattere a fianco dei tedeschi nella campagna di Russia. Dopo esser guarito Mario tornò a Novara, entrò nella resistenza, combatté e fu catturato. Subì delle atroci torture e fu infine ucciso dai nazifascisti repubblichini.
Un'altra sua storia era quella che riguardava il padre di mio nonno: Riccardo. Essendo stato a lavorare in America, il mio bisnonno si era spacciato per profondo conoscitore della lingua del Bardo. Nel '43, durante l'occupazione tedesca, quasi tutte le famiglie del mio paese, tra cui anche quella dei miei nonni, nascondevano, proteggevano e sfamavano prigionieri alleati evasi o liberati. Nel momento in cui ci fu il primo approccio tra i due ex-prigionieri americani e la famiglia di mia nonna, il bisnonno venne interpellato per fare da interprete. Mia nonna mi diceva: "rispondeva ad ogni domanda con 'caddemm', che è una bestemmia". Arrivati all'ennesima domanda gli americani cominciarono a capire e si sbellicarono. Dopo qualche anno capii di quale esclamazione si trattasse: era probabilmente 'god damn'.
Nonna Tetta era il mio rifugio infantile la mia consolazione quando il mondo ce l'aveva con me. Mi proteggeva e mi coccolava.... e a fine pranzo tirava sempre fuori la ciotola piena di "frittillitti": broccoletti, carciofi, zucchine, fiori e ravioli di ricotta: tutto fritto.
Nonno Alfredo
Carattere burbero ma buono, aveva un'approccio alla vita quasi buddista: gli scivolava quasi tutto addosso, sopportava i dolori stoicamente, senza lamentarsi ed era molto pratico. Nato in una famiglia di contadini. Aveva una sorella più grande che morì a nove anni ed un fratello più piccolo che morì a tre anni per un incidente domestico. Suo padre ricevette in concessione un piccolo pezzo di bosco in qualità di ex combattente della I Guerra Mondiale. Mio nonno lo disboscò e lo trasformò in un piccolo uliveto che appartiene ancora alla mia famiglia. Sposo mia nonna Luisetta nel '36 e partì per la guerra come artigliere ai primi di gennaio del '41. Nel 43' fu preso prigioniero dai francesi nell'Africa del nord. Lavorò per qualche anno in una tenuta di un colono francese in Algeria. Amava ricordare la bontà del pesce di quelle acque e del vino di quelle terre. Tornò in patria nel '46. Mio padre, nato nel '40, ricorda questa attesa di un padre a lui sconosciuto e cita spesso la storia dei datteri che mio nonno avrebbe riportato al suo ritorno dal nord Africa, con cui mia nonna avrebbe fatto una pizza, dalla quale una vicina, invitata a farlo per buona educazione, avrebbe staccato un grosso pezzo sotto gli occhi avidi e increduli di mio padre.
Un'altra storia di mio nonno che mi piaceva era quella del pane e del grano tramandatagli da sua nonna. Deve essere avvenuta negli ultimi decenni del XIX secolo. La famiglia della mia antenata era rimasta senza farina e quindi senza pane. Anticiparono la mietitura, partirono all'alba e non appena ebbero racimolato una quantità sufficiente di grano, spedirono la mia antenata al mulino. Ella trasportò il grano per i 4 Km che li separavano dal paese, ma per sua sfortuna trovò il mulino chiuso. S'incamminò quindi verso quello più vicino: trovò chiuso anche quello. Finalmente ne trovò uno aperto a circa 10 Km dal paese. Tornò a casa con la farina, ammassò, fece lievitare e infornò il pane. All'alba successiva tornò dagli uomini con il pane ancora caldo.
lunedì, febbraio 04, 2008
La memoria e la storia - prima parte
La Storia e i grandi eventi, influenzati quasi esclusivamente dai potenti, possono travolgere, schiacciare e distruggere le esistenze di milioni di poveri e piccoli esseri umani, destinati al ruolo di vittime. Un'inevitabile e trascurabile effetto collaterale di imperscrutabili giochi di potere. Come scrive Voltaire nel Candido: "Che importa che ci sia del male e del bene? Quando Sua Altezza spedisce una nave in Egitto, si da ella forse pensiero se i topi che sono nella stiva stanno o non stanno comodi?"; o nel Dizionario filosofico: "Quando noi battiamo il grano, il correggiato è la causa finale della separazione del grano. Ma se questo correggiato, battendo il mio grano, schiaccia mille insetti, ciò non avviene affatto perché lo voglio, e nemmeno per caso: è solo perché quegli insetti si son trovati in quel momento sotto il mio correggiato, e dovevano trovarcisi."
Elsa Morante, nel suo bellissimo romanzo "La Storia", narra magistralmente le vicende di alcune di queste povere vittime, usando come cornice Roma durante la Seconda Guerra Mondiale.
Da tempo volevo scrivere qualcosa sulle memorie dei miei nonni, trovatisi involontariamente in un contesto geografico-temporale che li ha resi vittime innocenti, infime pedine mosse da giocatori spietati su di un'enorme scacchiera.
Vorrei scrivere quello che mi è rimasto nella memoria di alcune delle storie che mi raccontavano i miei nonni. Le storie dei nonni mi hanno sempre affascinato molto e a volte passavo ore ed ore ad ascoltarle. Me le godevo particolarmente dal mio letto nei pomeriggi invernali di influenza. Vorrei scrivere qualcosa come minimo tributo a queste memorie che altrimenti andrebbero totalmente perdute.
Quella dei miei nonni - in parte anche quella successiva - è stata l'ultima generazione italiana a vivere grandi sofferenze collettive, ma anche grandi speranze per la ricostruzione di un paese e di una società distrutti.
Gli anni di nascita dei miei nonni vanno dal 1912, al 1915, al 1917, fino al 1926.
Riporterò brevemente quello che è rimasto nella mia memoria di alcune delle loro storie in due pezzi che pubblicherò nei giorni seguenti.
Elsa Morante, nel suo bellissimo romanzo "La Storia", narra magistralmente le vicende di alcune di queste povere vittime, usando come cornice Roma durante la Seconda Guerra Mondiale.
Da tempo volevo scrivere qualcosa sulle memorie dei miei nonni, trovatisi involontariamente in un contesto geografico-temporale che li ha resi vittime innocenti, infime pedine mosse da giocatori spietati su di un'enorme scacchiera.
Vorrei scrivere quello che mi è rimasto nella memoria di alcune delle storie che mi raccontavano i miei nonni. Le storie dei nonni mi hanno sempre affascinato molto e a volte passavo ore ed ore ad ascoltarle. Me le godevo particolarmente dal mio letto nei pomeriggi invernali di influenza. Vorrei scrivere qualcosa come minimo tributo a queste memorie che altrimenti andrebbero totalmente perdute.
Quella dei miei nonni - in parte anche quella successiva - è stata l'ultima generazione italiana a vivere grandi sofferenze collettive, ma anche grandi speranze per la ricostruzione di un paese e di una società distrutti.
Gli anni di nascita dei miei nonni vanno dal 1912, al 1915, al 1917, fino al 1926.
Riporterò brevemente quello che è rimasto nella mia memoria di alcune delle loro storie in due pezzi che pubblicherò nei giorni seguenti.
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