sabato, ottobre 27, 2012

Una notte a chinatown

Solo ora, uscito dal tritacarne della metodologia del pensiero razionale, sono riuscito a trovare qualche minuto per scrivere. Le giornate di apprendimento di questa metodologia sono molto intense. Si comincia alle 8:30 si finisce tra le 17 e le 18. Poi ci sono due ore di pause e si riprende andando avanti fino a mezzanotte - mezzanotte e mezza.
Il corso di per sé è interessante. Ma gl'insegnanti....
Uno è un aspirante maschio alpha trentenne. Molto brillante ma costantemente dominato dall'affanno di dover ostentare le sue ineguagliabili doti e prodezze al branco di pigri e scanzonati quarantenni che lo deridono alle spalle. Sicuramente la risata leggera e contagiosa del vecchio collega/amico tunisino è uno dei migliori contrappunti per bilanciare lo stridulo autocompiacimento del ragazzetto onnipotente.
L'altro è un ultracinquantenne bostoniano molto colto e con molti interessi: musica, linguistica, filosofia e statistica. L'unico problema è che l'accento della sua infanzia brucculiniana unito a un difetto di pronuncia e al nervosismo della lezione rendono i suoi interventi quasi incomprensibili.

Fatto questo breve aggiornamento vi propongo la prima parte di un breve fotoracconto delle due giornate newyorchesi.

 
Voi avevate mai visto prima delle cozze essiccate? Parrebbe che in oriente il pesce essiccato sia molto popolare.

Per la cena cerco di scegliere uno dei ristoranti dall'apparenza migliore. I ravioli al vapore sono buoni, ma gli spaghetti fritti con frutti di mare no. I frutti di mare sembrano di gomme. Persino le cappesante... Forse perché usano quelli essiccati...
Dopo la cena vado in giro per il quartiere. Tutte le insegne sono in cinese,
ma si vedono anche molte cose tipicamente americane.
Dopo una nottata in una stanza all'ombra di un ponte della metropolitana newyorchese parto per la mia mattinata di escursioni.
Mercati, negozi, spezie, prodotti misteriosi.
Come vedete il pesce essiccato è veramente molto popolare.

Qui il signore mi mostrava orgogliosamente una seppiona essicata.

Ma anche il pesce fresco è molto popolare.

Soprattutto granchi, molluschi, e....
... che cosa vedete lì a sinistra nella foto?
Poi c'erano anche questi frutti di mare gelatinosi. Credo in seguito a qualche trattamento particolare. Ma non ho idea che tipo di trattamento possa essere.
E questo frutto? Qualcuno lo conosce?
 Ma trovo anche prodotti che non mi sarei aspettato di trovare qui. Non avevo mai visto delle Peroni fuori dagli italici confini.
E neppure il latte Parmalat.
Ma ora è giunto il momento di uscire dalla porta di Chinatown per spostarmi verso ovest. Verso il ponte di Brucculino!

domenica, ottobre 21, 2012

USA reloaded: la partenza


Cominciamo bene! Quelli davanti a me sono tutti sfilati in poche decine di secondi, ma quando è giunto il mio turno, alla vista del passaporto italiano, la ragazzetta del primo controllo è partita con le solite domande.
Ma lei è italiano? E vive qui in Germania? E va negli USA? E per quale motivo? E che lavoro fa? Mi può mostrare un documento che comprovi la sua residenza in Germania?
Con estrema pazienza e un po' divertito tiro fuori il vecchio permesso di soggiorno. Di solito basta. Ma non per lei. Le mostro quindi anche assicurazione e patente teutoniche. No! Non la convincono.
- Scusi, vado un attimo dal collega della sicurezza - dice allontanandosi con tutti i documenti. Poi ci ripensa e torna indietro.
- Mi potrebbe spiegare di nuovo che lavoro fa?
Dopo un colloquio di pochi secondi con l'uomo della sicurezza torna: tutto a posto.
Chissà come si sarebbe comportata se avessi anche avuto la carnagione e i capelli scuri della mia Zuccherina?

Cronaca di un arrivo a New York

La coda all'area immigrazione è interminabile. Dopo più di mezzora riemergo all'aria aperta. Ci sono sole e 20° ma i taxi dall'aeroporto JFK a Little Italy sono cari. Più di 60$. Mi approccia un tassista abusivo dall'aspetto non particolarmente rassicurante.
- 65$ - dice.
- Non se ne parla - rispondo.
- Aspetta, cerco altri passeggeri e ti porto per 45$.
Mi ritrovo così in un taxi abusivo insieme a 5 ragazzi tedeschi probabilmente per la prima volta qui a New York. Non sono così sicuro che il tassista abbia capito dov'è il mio albergo. Nel peggiore dei casi mi faccio ospitare dai giovani. Comunque sembra che il tassista sia un amante dell'opera. Abbiamo ascoltato "E lucevan le stelle" e ora è la volta di "Non più andrai farfallone amoroso". Lo chiamano al telefono. Risponde in russo. C'è un cane di pelouche sul cruscotto del tassista che m'inquieta un po'.
Madonna quanto traffico. Qui l'anarchia regna sovrana. Ho appena visto un autobus attraversare un semaforo insieme a pedoni e ciclisti scavalcando e rimbalzando da marciapiede, a marciapiede, a marciapiede.

E ora stiamo attraversando il ponte di Brucculino. That's all right!
No! Il tassista mi dice che è il ponte di Queensboro! Andiamo ad accompagnare prima i ragazzi alla quarantaduesima strada!
E finalmente entriamo a Manhattan. Approfitto dell'ampia deviazione e mi godo il bel giro turistico. Luci, suoni, odori. Folle di persone che attraversano selvaggiamente le strade. Il nostro tassista russo sembra ben calato in questa pazzesca anarchia del sabato pomeriggio newyorchese. Avanza sorpassando, sfiorando pedoni e strombazzando. Lo stile di guida locale se la batte bene con lo stile anarchico romano. I ragazzi dietro di me emettono ogni tanto risatine nervose. Non credo siano molto abituati a questo stile di guida. Sembrano terrificati.
Lasciati i ragazzi il tassista diventa più loquace. Ho visto che i giovani hanno pagano 17$ a testa.
- Ma quello è un prezzo di gruppo - mi dice. Contratto e ci accordiamo per 30$.
Scendiamo verso Little Italy costeggiando per un po' il fiume Hudson. Sotto questo cielo terso lo spettacolo è veramente bello. Poi passiamo per il Greenwich Village.
Alla fine raggiungiamo il mio albergo...
Ma, aspetta un attimo. Perché qui è scritto tutto in cinese?
Ma questa non è Little Italy. Siamo in piena China Town!
Il ragazzo alla ricezione, ovviamente di etnia cinese, è gentilissimo. Gli chiedo consiglio per un buon ristorante cinese. Mi dice che che ce ne sono molti, ma le insegne sono scritte solo in cinese e quindi gli risulta un po' difficile spiegarmi come posso trovarli. Poi alla fine trova un indirizzo.
- Non si preoccupi comunque - mi dice il ragazzo. - Un po' d'inglese lo parlano lì.
Vabbè, ora vado. Vi farò sapere.

mercoledì, ottobre 17, 2012

Quando il bambino era bambino



«Quando il bambino era bambino,                            Als das Kind Kind war,
se ne andava a braccia appese.                                 ging es mit hängenden Armen,
Voleva che il ruscello fosse un fiume,                      wollte der Bach sei ein Fluß,
il fiume un torrente,                                                  der Fluß sei ein Strom,
e questa pozza il mare.                                              und diese Pfütze das Meer.

Quando il bambino era bambino,                              Als das Kind Kind war,
non sapeva d’essere un bambino.                             wußte es nicht, daß es Kind war, 
Per lui tutto aveva un’anima,                                    alles war ihm beseelt,
e tutte le anime erano tutt’uno.                                 und alle Seelen waren eins.

Quando il bambino era bambino,                              ......


su niente aveva un’opinione.
Non aveva abitudini.
Sedeva spesso a gambe incrociate,
e di colpo sgusciava via.
Aveva un vortice tra i capelli,
e non faceva facce da fotografo.

Quando il bambino era bambino,
era l’epoca di queste domande:
Perché io sono io, e perché non sei tu?
Perché sono qui, e perché non sono lì?
Quando è cominciato il tempo, e dove finisce lo spazio?
La vita sotto il sole, è forse solo un sogno?
Non è solo l’apparenza di un mondo davanti a un mondo,
quello che vedo, sento e odoro?
C’è veramente il male?
E gente veramente cattiva?
Come può essere che io, che sono io,
non c’ero prima di diventare?
E che un giorno io, che sono io,
non sarò più quello che sono?

Quando il bambino era bambino,
non riusciva ad inghiottire gli spinaci, i piselli, il riso al latte,
il cavolfiore bollito,
ed ora mangia tutto, e non solo per necessità.

Quando il bambino era bambino,
si risvegliò una volta in un letto estraneo,
ed ora gli accade sempre,
gli apparivano belli molti uomini,
e adesso soltanto in rari casi,
si rappresentava nitidamente un paradiso,
e adesso lo può al massimo intuire,
non riusciva ad immaginare il nulla,
ed oggi rabbrividisce al suo pensiero.

Quando il bambino era bambino
giocava con entusiasmo
e adesso è così preso dalla cosa come allora
solo se questa cosa è il suo lavoro.
Quando il bambino era bambino,
per nutrirsi gli bastavano pane e mela,
ed è ancora così. 

Quando il bambino era bambino,
le bacche gli cadevano in mano,
come solo le bacche sanno cadere.
Ed è ancora così.
Le noci fresche gli raspavano la lingua,
ed è ancora così.
Ad ogni monte, sentiva nostalgia di una montagna ancora più alta,
e in ogni città sentiva nostalgia di una città ancora più grande.
E questo, è ancora così.
Sulla cima di un albero,
prendeva le ciliegie tutto euforico,
com’è ancora oggi.
Aveva timore davanti ad ogni estraneo,
e continua ad averne.
Aspettava la prima neve,
e continua ad aspettarla.

Quando il bambino era bambino,
lanciava contro l’albero un bastone, come fosse una lancia.
E ancora continua a vibrare.»

(P. HANDKE, Lied Vom Kindsein)

Eric Whitacre: un coro virtuale di duemila voci

Sabato scorso siamo andati ad ascoltare il Kammerchor Alumni Heidelberg. Sono rimasto impressionato dalla loro bravura. Visto soprattutto che si tratta di un coro di ex studenti di un liceo. Il pezzo che più mi ha colpito è stato "When David heard" di un certo Eric Whitacre nato nel 1970: compositore che non avevo mai sentito nominare prima.
La mia curiosità mi ha quindi spinto ad una ricerca in rete e ho trovato così molto materiale su Eric Whitacre. Tra i vari suoi pezzi (tutti molto interessanti) che si trovano su youtube ne ho visto uno il cui titolo mi ha incuriosito molto: Eric Whitacre: A virtual choir 2,000 voices strong.
Un coro a 2000 voci?!?
Sono andato subito a vedere. Ho così scoperto che l'idea del coro virtuale cominciò nel 2009 dopo la visione da parte del compositore di questo video. Il video proveniva da una sua giovane ammiratrice che gli mandava un messaggio in cui ella interpretava la voce di soprano di un pezzo del compositore (Sleep). Eric Whitacre rimase profondamente colpito dall'innocenza, dalla dolcezza e dalla purezza della ragazza; ma anche dal suo spirito, dalla sua voce, e dalla sua audacia. "Sono sicuro che non avrei mai il coraggio di fare qualcosa del genere e mandarlo a qualcuno che ammiro. Il video ispirò il compositore a tal punto da fargli elaborare un progetto. Così egli scrisse immediatamente l'idea sul suo blog: e se riuscissi a coinvolgere 50, 100 persone a caricare dei video con le loro interpretazioni di un mio pezzo? Con quei video potrei creare il primo coro virtuale della storia. Così il progetto partì e per prima cosa Whitacre caricò su youtube un suo video silenzioso in cui si vede solo lui che dirige quel suo pezzo ma senza musica. Quindi il compositore propose ai suoi sostenitori di usare una precisa registrazione del pezzo "Lux Aurumque", di riprodurlo a volume bassissimo, di cantarci sopra la loro parte, di registrare il tutto e di caricarlo quindi su YouTube. Il risultato fu completato nel 2010: Virtual Choir - 'Lux Aurumque'.
Whitacre volle ripetere l'esperimento per passare dalle centinaia alle migliaia. Stavolta scelse il pezzo usato dal primo video della sua ammiratrice: Sleep. Così nel 2011 produsse Eric Whitacre's Virtual Choir 2.0 con 1752 voci.
E poi? Si è fermato lì? Ma no! 
Nel 2012 ha prodotto Eric Whitacre's Virtual Choir 3, 'Water Night' con 3746 video da 73 paesi.
Secondo voi quando si fermerà?

Altre informazioni sui cori virtuali di Eric Whitacre potrete trovarle qui.

A proposito, quella ragazza del primo video ispiratore si chiama Britlin Losee e pare stia continuando il suo percorso musicale.

Parte di questa storia viene raccontata in questa TED Conference di aprile 2011.

lunedì, ottobre 15, 2012

Carnevale della Matematica #54: i paradossi

Il Carnevale della Matematica di ottobre, il numero 54, ha come tema: “i paradossi”. E come dice Maurizio Codogno che lo ospita:
"Il tema che avevo proposto, cambiandolo in corsa perché era troppo simile a quello di settembre, era “i paradossi”. Il tema, almeno per quanto mi riguarda, è tutto tranne che obbligatorio: serve semplicemente per dare un’idea a chi ha così tante cose da scrivere che non sa quale scegliere… sta a voi scoprire chi l’ha seguito e chi no!".

Così Maurizio Codogno introduce il mio contributo:

Dioniso, nel suo Blogghetto, continua il suo racconto pitagorico. Questo mese abbiamo la quinta puntata: Ippaso, l’incommensurabile e il crollo della scuola. Trovare risultati non conformi alle aspettative non è sempre positivo… Sempre sull’antico matematico, Dioniso ci racconta anche della Coppa di Pitagora. Volete cimentarvi anche voi a capire perché se la si riempie troppo si svuota molto più di quanto si poteva immaginare?




Il carnevale si conclude segnalando il prossimo ospite.
Termino ricordandovi che tra un mese esatto la cinquantacinquesima edizione del Carnevale della Matematica sarà ospitata da MaddMaths!; non mi pare abbia dato un tema specifico, o se l’ha dato me lo sono dimenticato. Ad ogni modo qui trovate l’oramai lunga lista con le edizioni vecchie, nuove e future.
Calendario con le date delle prossime edizioni del Carnevale


giovedì, ottobre 11, 2012

La Weimar greca

Forse si muove qualcosa, nella mente della potenza tedesca che da anni comanda in Europa sapendola solo dividere, non guidarla e federarla?  
... 
Come possono i tedeschi scordare il muro portante del dopoguerra, e cioè la coscienza che la punizione nei rapporti tra Stati è veleno, e che i debiti bellici della Germania andavano perciò condonati? Nell'accordo di Londra sul debito estero, nel '53, fu deciso di prorogare di 30 anni il rimborso, e di esigerlo solo qualora non avesse impoverito la Repubblica federale. I greci non l'hanno dimenticato: un comitato di esperti sta calcolando quel che Berlino deve a Atene per i disastri dell'occupazione hitleriana (circa 7,5 miliardi di euro). "Le riparazioni non sono più un problema", replica il governo tedesco. Lo saranno di nuovo, se il castigo ridiventa criterio europeo come nel 1918 verso la Germania.
La Grecia certo non è senza colpe. All'indisciplina di bilancio s'accoppiano la corruzione politica, l'enorme evasione fiscale. Il caos è in buona parte endogeno, come sostenne Alexis Tsipras del partito Syriza quando mise al primo punto del programma la lotta ai corrotti. Ma è un caos non più grave dell'italiano, e anche se Syriza ha manifestato ieri contro la Merkel, assieme ai sindacati, è scandaloso che il Cancelliere si rifiuti di incontrare il primo partito d'opposizione, solo perché le ricette anti-crisi sono ritenute fallimentari.
...
Per questo sono importanti l'allarme di Samaras, il disagio che ha suscitato in Germania, l'impervia corsa della Merkel a Atene. Qualcosa si muove: non necessariamente in meglio, ma almeno si è più vicini al vero. Si chiama Alba dorata il pericolo greco, ed è alba tragica. All'orizzonte si staglia la figura dell'Esattore Nazionale, salutato come Apollo vendicatore: che viene e uccide i traditori della democrazia. È così, dai tempi dell'Iliade, che dalle nostre parti iniziano le guerre.


Sono degli estratti dall'articolo La Weimar greca di BARBARA SPINELLI.
Altro interessante articolo: Quello che Merkel non vedrà ad Atene di Adriano Sofri.

mercoledì, ottobre 10, 2012

Come rispondere alla "fuffa" scientifica - BlogFest 2012 - "ScienceCamp"

Grazie alla segnalazione di Juhan mi sono andato a guardare il video di ScienceCamp2012. Sono d'accordo con Juhan che il discorso sui Carnevali scientifici è molto interessante. Ma altrettanto interessante ho trovato la discussione sul come affrontare il problema della diffusione di bufale e di fatti pseudoscientifici (o come vengono chiamati nel video, con un termine che mi sta un po' antipatico ma forse in questo caso è efficace, "fuffa" scientifica).

Il video sottostante dura 1h45m circa, ma chi volesse concentrarsi sui suddetti temi potrebbe ascoltare a partire da 1h10m. Lì c'è l'intervento dei rappresentanti del CICAP "Come studiamo la fuffa e come la fuffa sta entrando sempre di più nella comunicazione della scienza". I cicappini partono dalla citazione di  Phil Plait. L'astronomo e divulgatore scientifico statunitense si è interrogato su quale sia il modo migliore per rispondere alla diffusione di fatti pseudoscientifici. E la sua conclusione può essere sintetizzata in una frasetta: "don't be a dick!" ("non fate gli stronzi!"). E cioè, continuano i cicappini, l'atteggiamento più produttivo in questo tipo di discussioni con il diffusore di fuffa scientifica di turno non è quello di cercare di vincere la discussione ad ogni costo. Non bisogna essere aggressivi. Quello che più importa è che la spiegazione appaia pacata e comprensibile alle persone che stanno leggendo (e non solo al diffusore di fuffa). I cicappini hanno quindi elencato i tre obiettivi che secondo loro si dovrebbero tener presenti in questo tipo di discussioni:

1. Svelare il mistero
2. Far passare concetti scientifici (ad esempio spiegare la storia del numero di Avogadro quando si parla di omeopatia)
3. (Il punto più importante) Sfruttare quella discussione per spiegare come funziona la scienza. Cercare di far capire come si distingue ciò che è scientifico da ciò che non lo è.

Se uno aggredisce e si prende gioco del diffusore di fuffa ottiene quasi sempre il risultato opposto. Sono personalmente molto convinto della validità di quest'osservazione e proprio per questo cerco  sempre di mantenere un atteggiamento di rispetto per il mio interlocutore in tutte le mie discussioni.
Poi ci sono vari livelli di diffusore di fuffa. C'è quello che vive la sua convinzione come una religione. E quello lì nessuno riuscirà mai a convincerlo. Poi ci sono invece quelli che lo fanno per mancanza di informazioni. Ed è su questa tipologia che si può ottenere qualche risultato. Ma ad essa bisognerà apparire più come arbitri che come rappresentati di una delle due squadre.
Dal dibattito (1h28m) ho anche appreso che esistono persone pagate dalla Boiron per accorrere in difesa dell'omeopatia quando ci sono in rete discussioni relative ad essa. Sono abbastanza convinto di averne incontrato uno anch'io (vedi questa discussione).
Ho trovato molto interessante il commento di Bressanini (1h41m). Inizialmente per combattere la "fuffologia" egli scriveva con lo stile da articolo scientifico, ma poi si è accorto dell'errore di fondo in quell'approccio. E cioè presupporre che gl'indecisi (intendendo le persone normali e non gli invasati con cui si perde solo tempo) possedessero già delle nozioni di base. Spesso non è così. Ad esempio, nel caso dell'omeopatia, spesso non serve andare a riprendere la storia del numero di Avogadro. La maggior parte di quelli che si curano con l'omeopatia parte da un errore di fondo: sono convinti che omeopatia significhi curarsi con le erbe. Quindi, prima di andare a combattere la memoria dell'acqua con il numero di Avogadro, bisogna spiegare che l'omeopatia non c'entra nulla con le erbe (quella è infatti la fitoterapia). Ed è sempre bene cercare di capire quali sono le nozioni che i tuoi interlocutori non sanno e che magari tu dai per scontate.

Il discorso sui Carnevali scientifici invece (Il Carnevale della Biodiversità (vita e miracoli di un Carnevale particolare) [Livio Leoni] ) lo si trova intorno al minuto 45 con nuovo interessante commento di Bressanini (1h16m) sull'autoreferenzialità del carnevali.

Ah dimenticavo, da questa discussione ho anche scoperto di essere anti-panglossiano.

 

martedì, ottobre 09, 2012

Già fatto?

- Allora, tagliamo qui sulla gamba no?
- No, no. Solo sulla schiena.
- Ah, mi faccia vedere. - Prende una lente. - Qui?
- Eh, non lo so. Non riesco a guardarmi la schiena.
- Sì, sì! Dev'essere qui! Bene. Non servirà neppure il bisturi. Potremo farlo "flach".
D immagina uno strumento tipo pelapatate.
- Es kommt ein Pieks.
Mentre l'ago penetra nella pelle della schiena D non sente nulla. Ma proprio nulla.
Che strano!
Il dottore sfila l'ago senza che D abbia sentito neppure l'anestetico.
Non può essere! L'iniezione di anestetico è sempre dolorosa. Magari qualcosa si sarà inceppato e l'anestetico non è penetrato. Ecco, ora mi farà un male cane.
Il dottore comincia a tagliare. Nulla! D non sente nulla!
Dopo una decina di secondi il dottore usa il laser per cicatrizzare: è come se lo stesse facendo a qualcun'altro.
- Bene, le faremo sapere tra due settimane.
- Grazie.
- Arrivederci!
- Sinceramente preferirei non rivederla.

lunedì, ottobre 08, 2012

La coppa di Pitagora: come funziona?

Tra gl'invitati della cena di sabato c'era una coppia di amici che non vedevo da un po'. Erano tornati da poco dalla loro seconda vacanza a Samo in due anni.

Conoscendo la mia passione per il più illustre tra i figli di Samo hanno pensato bene di regalarmi la coppa di Pitagora. L'amico mi ha spiegato che la particolarità di questa coppa è quella di consentire solo l'inserimento di una quantità limitata di liquido.
Infatti se si supera un certo livello il liquido fuoriesce dal buco situato sotto la base della coppa. La tradizione vuole che questa coppa sia stata inventata da Pitagora per insegnare la sobrietà ai suoi allievi.

- Ah, quindi c'è un buco sulla sommità del cilindro interno? - ho chiesto al nostro amico.
- No, il buco è vicino alla base del cilindro - mi ha risposto il nostro amico mostrandomi l'interno della coppa.

Le cose non mi quadravano, così ho fatto una prova davanti a tutti gli ospiti. E con grande sorpresa abbiamo visto che, una volta superato il livello di soglia, a fuoriuscire dal foro inferiore non era solo il liquido al di sopra del livello, bensì tutto il liquido contenuto nella coppa (quasi). Al che sono partite varie ipotesi di modelli coppapitagorici.
Dopo qualche discussione un altro amico ha detto che secondo lui il fenomeno aveva a che fare con i vasi comunicanti. Zucchero ha quindi proposto un suo modello che però non mi ha convinto molto. Poi si è passati a discutere di altro.

Ieri mattina la discussione mi è tornata in mente e ho pensato a un altro modello. L'ho abbozzato su un foglio (prima immagine della fotografia di sinistra) e l'ho mostrato a Zucchero. Ella mi ha quindi fatto lo schizzo del suo modello (seconda immagine della fotografia di sinistra). Inizialmente ho ribadito la mia scarsa convinzione. Poi ho pensato che probabilmente i due modelli sono equivalenti dal punto di vista del risultato finale.
Alla fine mi è venuto in mente che probabilmente avrei potuto trovare la soluzione anche in rete. E infatti ho trovato addirittura una pagina di Wikipedia dedicata alla coppa di Pitagora.

E lì la soluzione sembra confermare il mio modello.
Ma poi, tra le immagini della pagina inglese, abbiamo trovato anche la foto di sinistra che sembra invece più simile al modello di Zucchero. Quindi ora un dubbio mi attanaglia.

Qualche lettore esperto di idraulica potrebbe aiutarci a sciogliere il nodo gordiano della coppa di Pitagora?

domenica, ottobre 07, 2012

Cena con tortelloni ai funghi misti e altro

Finalmente ieri sera c'è stato l'assaggio dei tortelloni ai funghi misti. Erano molto buoni!
Ma c'era anche altro. Focaccia, Scarola con olive, acciughe e capperi, funghi e piselli e involtini al cardamomo.
Il mio contributo è stato determinante: ho grattugiato il parmigiano, ho pulito i porcini e con essi ho preparato il condimento per i tortelloni.

sabato, ottobre 06, 2012

Pitagora (quinta parte) - Ippaso, l'incommensurabile e il crollo della scuola

Nella puntata precedente dicevamo che i pitagorici erano giunti alla conclusione di poter decifrare le leggi che regolano l’Universo attraverso la decifrazione delle proprietà dei numeri e che questa conclusione spinse loro ad impegnarsi in una ricerca ossessiva di tali proprietà. La scuola così si trasformò lentamente in una sorta di setta di numerologi e questo assetto funzionò senza grosse variazioni fino al giorno in cui un adepto della scuola si accorse della presenza di un grosso problema. E del fatto che quel problema si annidava proprio dentro il teorema del Maestro. Dentro il teorema di Pitagora!

Ma chi era questo adepto? E che cosa trovò di tanto sconvolgente da far vacillare le fondamenta della scuola?

Forse per capirlo meglio dovremmo partire da una storia raccontata da Aristosseno di Taranto (IV secolo a.C.). La storia di Aristosseno si riferisce anch'essa alla più grande scoperta dei pitagorici. Quella narrata nella puntata precedente. In cui i pitagorici si accorsero che fenomeni acustici percepiti dal nostro orecchio sono correlati al rapporto tra grandezze fisiche dei corpi che producono i suoni; e che tali suoni sono a loro volta descritti attraverso rapporti matematici tra numeri. Abbiamo visto che la tradizione tramandata da Giamblico (245 – 325 d.C.) ambienta tale scoperta nella bottega di un fabbro di Crotone. E vuole che Pitagora si sia accorto di questa relazione tra suoni e numeri ascoltando le martellate che provenivano dalla bottega. Solo che, come abbiamo visto, per quanto narrativamente efficace, la storia di Giamblico contiene errori oggettivi. La stessa cosa non si può dire invece per la storia di Aristosseno: essa non contiene errori e fornisce una narrazione alternativa in cui il protagonista della scoperta non sarebbe Pitagora, bensì Ippaso di Metaponto.

Secondo questa storia Ippaso, uno dei migliori allievi della scuola pitagorica, avrebbe costruito uno strumento usando quattro dischi di bronzo di uguale diametro e spessore diverso. E provate a indovinare in che modo fossero correlate le differenze di spessore? Ebbene sì, sempre attraverso loro: i rapporti tra i primi quattro numeri. Lo spessore del primo disco era quindi 4/3 di quello del secondo, 3/2 di quello del terzo e due volte quello del quarto. Ippaso avrebbe quindi appeso i quattro dischi a quattro corde e avrebbe verificato che, se percossi, essi emettevano suoni consonanti. Come dicevamo, questo esperimento è corretto e ripetibile da un punto di vista fisico. Infatti la frequenza di oscillazione di un disco è direttamente proporzionale al suo spessore.
Ma allora chi fu a scoprire che i fenomeni acustici sono descrivibili attraverso rapporti matematici tra numeri? Pitagora nella bottega del fabbro, come riporta Giamblico? Oppure Ippaso con i suoi dischi di bronzo, come racconta Aristosseno?
A voi l'ardua sentenza.
Quello che possiamo dire oggi è che quella correlazione tra dimensioni fisiche e suoni era probabilmente già nota da tempo. Ai costruttori e agli accordatori di lire ad esempio. Essi dovevano avere, se non altro, una conoscenza applicativa di tale correlazione. Altrimenti come avrebbero costruito e accordato quegli strumenti? Ma ciò che probabilmente mancava loro era la consapevolezza della profondità e della vastità di tale correlazione. Un po' come le antiche civiltà che possedevano una conoscenza applicativa del teorema di Pitagora e di altri risultati senza comprenderne appieno la portata teorica. E così come nel caso del teorema di Pitagora anche per questa correlazione furono i pitagorici che per primi cominciarono a intravedere la profondità e l'ampiezza di tale scoperta.

Ma tornando alla domanda su Ippaso e l'altra scoperta, quella del grande problema che citavamo all'inizio: che cosa scoprì esattamente questo giovane adepto? Ecco, parrebbe che Ippaso sia stato il primo ad accorgersi dell'esistenza di un oggetto non misurabile attraverso un numero.
E allora? - direte.
Be', alla base della dottrina e del motto dei pitagorici, Tutto è Numero, c'era proprio l'idea che qualsiasi oggetto esistente in natura potesse essere misurato e quindi espresso attraverso un numero. Ma se un giorno qualcuno ti mostra un oggetto non misurabile attraverso un numero allora tutta la tua teoria crolla. Perché non è più vero che qualsiasi oggetto esistente in natura può essere misurato.
E allora che fai? Chiudi scuola, baracca e burattini e dici: scusate, tutta la nostra teoria era sbagliata? (Un po' come fece Gottlob Frege più di due millenni dopo cestinando anni e anni di lavoro quando il giovane Bertrand Russell gli mostrò un semplice paradosso che evidenziava un buco nella sua teoria). Certo, ci vuole un bel coraggio e tanta onestà intellettuale  E sembra che i pitagorici non ne ebbero abbastanza di coraggio e onestà. La tradizione ci racconta infatti che essi decisero di mantenere segreta la scoperta.
Be', non è una sorpresa - direte. Visto che tutte le attività e gli insegnamenti che occorrevano all'interno della scuola erano mantenuti strettamente segreti e chi infrangeva la regola veniva dichiarato addirittura morto. Ma pare che in questo caso i pitagorici si spinsero un po' oltre facendo sconfinare dall'ambito virtuale quella dichiarazione di morte. Sempre il solito Giamblico infatti ci racconta che Ippaso, dopo la scoperta dell'oggetto incommensurabile e dopo il suo rifiuto di mantenere la segretezza di tale scoperta, venne condannato a morte per annegamento.
Prendendo per vera questa versione se ne può concludere che i pitagorici reagirono in modo poco scientifico - almeno secondo l'accezione moderna del termine - in quanto imposero il silenzio di fronte a una  scoperta che avrebbe falsificato la loro teoria, ma allo stesso tempo la loro reazione non sconfinò troppo nella "ascientificità", in quanto essi non si misero ad inventare una spiegazione ad hoc per risolvere il problema come spesso succede in ambiti non scientifici. Ad ogni modo, visto il rifiuto di Ippaso nel mantenere la segretezza, la teoria del Tutto è Numero, che era poi un vero e proprio culto, ne uscì fuori totalmente demolita. Probabilmente questo è il prezzo che si paga quando, forse unico caso nella storia dell'umanità, si fonda una mistica solo su elementi razionali.

Ma ora vi chiederete sicuramente qual era l'oggetto non misurabile attraverso un numero che Ippaso scovò.

Diciamo che anche questa è una domanda ancora aperta. Ho scritto che quel problema si annidava proprio dentro il teorema del Maestro. E questo è vero. Ma in realtà quello che non sappiamo è se Ippaso trovò quell'oggetto proprio lì tra i triangoli rettangoli o da qualche altra parte. Esistono infatti diverse narrazioni e ipotesi in merito. Ma questo lo vedremo nella seconda parte.

... continua ...

Se poi qualcuno volesse leggere l'episodio, tratto da un frammento del libro che il giovane pitagorico Fulivao scrisse basandosi sulle memorie narrategli dal maestro pochi giorni prima della sua dipartita verso i Campi Elisi, in cui Ippaso con i suoi dischi di bronzo e Teano con delle corde approfondiscono la relazione tra musica e numeri non ha che da cliccare qui.

Indice della serie

lunedì, ottobre 01, 2012

Tortelloni ai funghi misti

Ieri Zucchero è stata impegnata tutto il giorno nella preparazione dei Tortell(on)i ai funghi misti.
Ho assaggiato il ripieno ed era una bontà.
Purtroppo per l'assaggio completo dovrò aspettare una settimana. Ma nel frattempo oggi mi sono fatto dei fusilli conditi con l'avanzo del ripieno. Non erano niente male.


Ingredienti:
Per la pasta: farina bianca g 200 - 2 uova - prezzemolo - sale - Per il ripieno: porcini g 150 - champignon g 150 - finferli g 150 - cipolla g 100 - parmigiano grattugiato g 50 - 4 fette di pancarré ammollate nel latte - aglio - prezzemolo - olio d'oliva - sale - pepe - Per condire: panna liquida g 250 - burro g 30 - parmigiano grattugiato g 30 - scalogno - salvia - sale - pepe

Preparazione:
Preparate la pasta e lasciatela riposare per 30'. Intanto mondate tutti i funghi e tagliateli a lamelle. Metteteli a rosolare in 4 cucchiaiate d'olio, insieme con la cipolla e uno spicchio d'aglio tritati. Salate, pepate e tenete su fuoco vivo, fino a quando il tutto risulterà asciutto. Allora passate al tritatutto elettrico insieme con il pane strizzato, raccogliendo il ricavato in una ciotola. Amalgamate con il parmigiano, sale, pepe e prezzemolo tritato. Tirate la pasta in strisce sottili. Ritagliatele a quadrati di cm 5 di lato; al centro di ognuno mettete una cucchiaiata di composto ai funghi; piegate la pasta a triangolo e chiudetela avvolgendola attorno a un dito per formare il tortellone. Quando saranno tutti pronti, lessateli scolandoli al dente: Preparate il condimento, facendo rosolare nel burro uno scalogno tritato. Unite quindi la panna, sale e pepe e i tortelloni. Fateli saltare a fuoco vivo, quindi cospargeteli con il parmigiano e foglioline di salvia tritate e serviteli.