lunedì, maggio 31, 2010

Il mondo finirà nel 2012? Una questione di Logica modale temporale? - prima parte

Will the world end in 2012? A matter of temporal modal Logic?


Durante il nostro recente viaggio in Grecia ci è capitato di passare per un mercatino dell'usato.
Girovagando tra le bancarelle la mia attenzione è stata catturata da un papiro che sembrava essere scritto in greco antico.
Dopo un'estenuante trattativa con il mercante riesco ad acquistarlo per un prezzo accettabile. Al nostro ritorno a casa lo traduco con l'aiuto di Zucchero, appassionata di greco antico, e mi accorgo che si tratta della trascrizione di un dialogo avvenuto nel IV secolo a.C. tra Aristotele e Diodoro Crono. Sorprendentemente questo dialogo potrebbe aiutarci a districare la questione Maya.

Secondo il calendario Maya il 21 dicembre 2012 è la data in cui dovrebbe finire il mondo. Ovviamente quest'ipotesi non ha trovato supporto da parte della comunità scientifica.
Nonostante ciò sfiderei chiunque a sostenere che l'affermazione sottostante (che ho scoperto chiamarsi proposizione Maya) è impossibile. O, detto in altre parole, necessariamente falsa.

Proposizione Maya: Il 21 dicembre 2012 finirà il mondo

Vediamo perché aiutandoci con la traduzione del prezioso dialogo tra Aristotele e Diodoro Crono che riporto di seguito in anteprima mondiale.
D: Illustre Aristotele, come ben saprete (ndD pare che a quei tempi i filosofi si dessero del voi) ogni proposizione vera concernente il passato è necessaria e quindi ciò che non è occorso nel passato era già a priori intrinsecamente impossibile!

A: (con sufficienza) E no caro Diodoro, lo sapete bene che non sono d'accordo. Le proposizioni vere concernenti il passato sono necessarie solo a posteriori e quindi ciò che non è occorso nel passato era a priori possibile!

D: (spazientito) Allora... consideriamo la proposizione non Maya:

"Il 21 dicembre 2012 non finirà il mondo"

Se al 22 dicembre 2012 l'affermazione si rivelerà vera, allora essa doveva essere necessariamente vera anche prima. E di conseguenza la sua negazione:

"Il 21 dicembre 2012 finirà il mondo"

risulterebbe impossibile a priori.
(con un crescendo di enfasi) Generalizzando, ciò che non è stato nel passato (che al 22 dicembre 2012 risulterà impossibile) non poteva essere possibile prima. Quindi ciò che non è stato è sempre stato impossibile. Dunque tutto ciò che è possibile si realizza e tutto ciò che non si realizza è impossibile. Perciò la nostra stessa libertà è solo un'illusione: tutti gli eventi sono pre-de-ter-mi-na-ti!!.

A: (flemmatico quasi con scherno) E no caro Diodoro, no! Qui v'ingannate di nuovo! Le due affermazioni

"Il 21 dicembre 2012 finirà il mondo"
"Il 21 dicembre 2012 non finirà il mondo"

hanno ad oggi un un valore di verità indeterminato e quindi non si può affermare che esse posseggano oggi un effettivo valore di verità. Ognuna di esse non è né necessariamente vera né necessariamente falsa. Volendo coniare un neologismo, esse sono contingenti.
Devo aggiungere inoltre che nella proposizione Maya mi par di scorgere una sorta di paradosso logico-filosofico. Se tale proposizione dovesse rivelarsi vera chi ci sarà il 22 dicembre a poter appurare ed asserire la sua verità? Dovremmo forse supporre che con "finirà il mondo" si intenda solo la Terra e che delle intelligenze extraterresti saranno lì il 22 dicembre a poter appurare ed asserire la verità della proposizione Maya?
(riflessivo quasi profetico) Mah, ho come l'impressione che il nostro dialogo ci stia trasportando verso sponde logico-filosofiche ancora inesplorate.

Oggi sappiamo che l'impressione di Aristotele non era sbagliata. Infatti, anche se la Logica aristotelica può in qualche modo essere messa in relazione con la moderna Logica proposizionale, in alcuni passi del lavoro di Aristotele si riescono a scorgere delle anticipazioni di un altro tipo di Logica la Logica modale. E precisamente nel De Interpretatione dove Aristotele polemizzava contro Diodoro e il suo famoso problema della battaglia navale (o dei contingenti futuri).
L'argomento discusso da Aristotele e Diodoro Crono avvenne quindi probabilmente solo per iscritto e riguardava in realtà il problema della battaglia navale, ma sostituendo le due proposizioni sulla battaglia navale con le due proposizioni Maya la sostanza rimarrà inalterata.

Ma ci saranno in seguito successivi sviluppi della Logica modale? E soprattutto: riusciranno tali sviluppi, magari con l'aiuto di altri documenti, ad aiutarci ulteriormente a districare la questione Maya? Lo vedremo in una prossima puntata.

domenica, maggio 30, 2010

Lucilla Galeazzi

Grazie al dottor Djembé sono venuto per la prima volta a contatto con la musica di Lucilla Galeazzi. È stato amore a prima vista. Dovrò colmare la mia grave lacuna musicale. Questa canzone in particolare mi è piaciuta molto:



Questa invece suscita movimento allo stato puro.

Da wikipedia:
Tarantelle e tramurriate non hanno segreti per lei. Splendida cantante con una grande flessibilità, la sua interpretazione sensibile le ha permesso di fare una carriera entusiasmante in cui s'incrociano il cross jazz (chitarrista Claude Barthélémy e il violoncellista Vincent Courtois), famosi musicisti di tango (Juan Cedrón, Juan Mosalini e Gustavo Beytelmann), artisti di musica classica contemporanea (ha cantato opere di Luciano Berio e Sergio Rendine) e alcuni registi (con Giovanni Marini ha inciso un disco dedicato alla poesia di Pier Paolo Pasolini)

venerdì, maggio 28, 2010

Peloponneso: Corinto, Epidauro e Nauplia (Nafplio)

Sabato 15 maggio

Canale di Corinto










Dioniso che recita Il Lonfo nel teatro di Epidauro:

Il Lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco e gnagio s'archipatta.....

Nauplia: città veneto-greca.








Specialità culinarie greche.
Ricordo solo il nome dello tzatziki.
Le polpettine fritte erano forse le Keftédes?




Queste mi pare si chiamassero Dolmádes: polpettine di carne tritata o di riso avvolte nelle foglie di verza o di vite e poi condite con salsa di uova e limone.



Mousakás: uno sformato di melanzane, patate, Ragù e Besciamella, simile alle Melanzane alla Parmigiana.

E agnello.
Ulteriori informazioni sulla cucina greca.

È la prima volta che mi capita di vedere una gelateria italiana all'estero gestita da romani.
Qui sono gestite tutte da italiani del nord est.
Il gelato era molto buono comunque. Se doveste capitare a Nauplia ve la consiglio.

Strana insegna.








Domenica 16 maggio
Mare ateniese.

Ulteriori foto

lunedì, maggio 24, 2010

Norvegia 13: Trondheim - Rørvik

6 giugno 2009



View Larger Map

Il tratto tra Trondheim e Rørvik prevede circa 9 ore di navigazione. Ci attrezziamo con i nostri libri per le pause tra la visione di un panorama e l'altro.
Visito il bar e lo spaccio della Midnatsol alla ricerca di altri sollazzi per il lungo viaggio.

Trovo questo snack di stoccafisso (Tørrfisksnacks) che mi incuriosisce molto. Ovviamente lo compro. Immaginate una sorta di patatine che, invece di essere a base di patate fritte in un qualche pessimo grasso, sono costituite da sottilissime fettine di merluzzo essiccato. Trovo la cosa molto antiglobale. L'idea mi piace. Ma devo confessare che mi piacciono anche le fettine di stoccafisso. Molto più delle patatine. Durante il viaggio ne proverò diverse varianti fornendomi anche di una scorta per il dopo vacanza. Scorta oramai purtroppo esaurita.

Oltre ad impegnarci nelle letture, sdraiati al sole sul ponte della Midnatosol, scattiamo ovviamente molte fotografie.

Fortezza acquatica.











Faro ...

...abitato da una famiglia.












Ponte












Allevamento di merluzzo


Altre foto....

Giornate precedenti ....

venerdì, maggio 21, 2010

Nature morte: un ecatombe botanica

Quest'anno, nonostante le amorevoli cure (forse meno amorevoli degli altri anni?), abbiamo avuto una moria di piante alcune delle quali ci accompagnavano da anni.

Pino domestico: il più amato. Nato da un pinolo regalatomi da Zucchero nel 2005. Era il simbolo di una rinascita. La sua dipartita mi ha addolorato e inquietato.

Nespolo: nato da un seme intorno al 2001-2002.

Fico: acquistato lo scorso anno.

Rose: acquistato tre o quattro anni fa.

Rosmarino: prontamente rimpiazzato da rametti fatti germogliare in acqua su consiglio paterno.

Tulipani: acquistati quest'anno per Zucchero.

...eppure l'inverno non è neppure stato tra i peggiori. Che sarà stato? I primi effetti della profezia Maya?

mercoledì, maggio 19, 2010

Atene 1

Mercoledì 12 maggio

Il viaggio comincia con una piccola disavventura che riguarda i biglietti causata da una mia dimenticanza e conseguente sovrastima della dimenticanza. Fortunatamente riesco a risolvere il problema molto facilmente. L'unico effetto collaterale, che alla fine ci costerà 135€, sarà la macchina parcheggiata nei parcheggi dell'aeroporto invece che nel nostro solito posto.

Con più di un'ora di ritardo arriviamo ad Atene e i nostri cari amici arrivano a prelevarci in contemporanea con noi. L'aria è piacevolmente tiepida.

Il giorno dopo il nostro amico molto gentilmente ci lascia la sua macchina. Partiamo relativamente presto e barcamenandoci tra il traffico ateniese raggiungiamo la metro in mezzora, ma lì un'altra mia dimenticanza (La fotocamera! Madonna che recidivo!) ci impone di tornare indietro. Per tornare a casa però non impieghiamo mezzora. Problemi con strumenti tecnologici vari (cellulare, navigatore, ecc.) ci consentono di mettere alla prova l'ospitalità greca. Sono infatti costretto ad entrare in un negozio popolato da maturi signori per chiedere informazioni.

- Non riusciamo a trovare la casa dei nostri amici. È vicino a una scuola elementare...

Nessuno parla inglese, ma mi capiscono e non si scoraggiano. Uno dei signori ferma una macchina (probabilmente un suo amico), sale e mi dice di seguirli. Ci portano davanti a una scuola, ma non è quella. Metto allora il signore in contatto telefonico con la nostra amica/ospite. Alla fine il signore riesce a condurci alla meta.
Ripartiamo per una nuova avventura tra il traffico ateniese.

Stavolta riusciamo a raggiungere la metà e scendiamo alla stazione di Monastiraki.





Nella scalata verso l'Acropoli ammiriamo la Biblioteca di Adriano.
Raggiungiamo l'Acropoli proprio nelle ore che la nostra guida diceva di evitare: il primo pomeriggio. Siamo tra i 25 e i 30 gradi. Il sole picchia, ma non in modo fastidioso. Infatti l'aria è secca e il vento soffia allegro.

Teatro di Erode Attico








Partenone






Teatro di Dioniso e museo.








?








Cariatidi








 Teatro di Dioniso








Dioniso

Altre foto

mercoledì, maggio 12, 2010

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 20: Oresme, serie numeriche e fine del medioevo

Nell’ultima puntata abbiamo parlato della rinascita culturale nell'Europa occidentale del XIII secolo, dovuta in parte anche alle molteplici traduzioni dall’arabo al latino sia di opere islamiche che di opere del mondo greco antico, come gli Elementi di Euclide.
Spostandoci poi nel XIV secolo abbiamo visto che per la prima volta si cominciarono a prendere in considerazione le somme di un numero infinito di addendi, attualmente denominate serie numeriche.
Questo fu il primo passo verso la liberazione da quell'horror infiniti che aveva caratterizato tutta la cultura greca antica. Liberazione che aprirà innumerevoli nuovi percorsi di sviluppo matematico.
Seguendo l'intuito qualcuno potrebbe obiettare: che interesse ha considerare le somme di un numero infinito di addendi? Il risultato non è sempre infinito? No, non lo è. E Richard Swineshead ("The Calculator") se ne accorse intorno al 1350.
Swineshead si accorse che oltre alle cosiddette serie divergenti, quelle cioè che crescono illimitatamente, esistono anche le somme di infiniti addendi che anti-intuitivamente danno come risultato un numero finito, oggi denominate serie convergenti. Per completezza bisogna aggiungere che oltre a quelle convergenti e divergenti esiste anche un terzo tipo di serie che non sono né convergenti né divergenti e che sono dette indeterminate.
Un'altra domanda a questo punto potrebbe essere: se le somme di infiniti addendi possono avere come risultato un numero finito, non potremmo riconsiderare l'antico e celeberrimo paradosso di Achille e la tartaruga alla luce di questa nuova scoperta? Effettivamente sì! Esiste infatti una sorta di confutazione in cui si dimostra che i piccoli avanzamenti accumulati dalla tartaruga sulla veloce corsa di Achille, anche se in numero infinito, danno come risultato una somma finita. Ne consegue quindi che Achille raggiungerà la tartaruga in un tempo finito.

Come abbiamo visto Richard Swineshead fu quindi il pioniere delle serie numeriche, ma colui che più contribuì ad elaborare gli sviluppi iniziali di questa nuova idea fu principalmente Nicole Oresme.
Che tra le altre cose fu anche il primo a dimostrare che la famosa serie armonica è divergente, e cioè che non ha come risultato un numero finito, ma cresce illimitatamente.

Oresme (1323 – 1382), come altri illustri matematici, si interessò anche di questioni musicali. Compì ad esempio degli studi sulle scale e, superando i limiti della scala pitagorica, basata su rapporti razionali come 8/9, 1/2, 3/4 e 2/3, fornì gli strumenti per generare il temperamento equabile più di due secoli prima di Vincenzo Galilei e di Simon Stevin.
Parrebbe che proprio da questi studi musicali Oresme sviluppò l'idea di elaborare un metodo di calcolo delle potenze con esponenti non interi. Nel temperamento equabile infatti le distanze tra i semitoni (tasto bianco e successivo tasto nero del pianoforte) sono rappresentate dalla radice dodicesima di due:
\sqrt[12]{2} E ad esempio la quarta giusta è correlata al numero
\sqrt[12]{2^5} che può anche essere rappresentato con 25/12.

Con questa puntata siamo giunti in prossimità della fine di un'epoca storica: il medioevo. Abbiamo visto come nell'Europa cristiana si passò gradualmente dall'infimo livello del VII secolo, in cui si poteva sentire soltanto il graffiare della penna del Venerabile Beda, fino ai notevoli progressi cominciati nel periodo della Scolastica e proseguiti nei secoli XIII e XIV soprattutto ad opera di Fibonacci e Oresme. Progressi che comunque non erano nemmeno lontanamente paragonabili alle conquiste matematiche realizzate dagli antichi greci.

Subito dopo Oresme la matematica nell'Europa occidentale entrò di nuovo in una fase di declino. Una delle cause fu sicuramente la catastrofica epidemia di peste (la famosa peste nera) che imperversò per tutta l'Europa tra il 1347 e il 1352 uccidendo almeno un terzo della popolazione del continente e che comportò ovviamente gravi perdite anche sul piano intellettuale. Inoltre l'Inghilterra e la Francia, che avevano conquistato una posizione egemone nella matematica del XIV secolo, furono ulteriormente devastate nel XV secolo dalla Guerra dei Cent'Anni e dalla Guerra delle Due Rose. Conseguentemente le università italiane, tedesche e polacche del XV secolo ereditarono dalla Scolastica di Oxford e Parigi la guida nel campo della matematica.

Nella prossima puntata parleremo della fine del medioevo e dell'inizio del rinascimento.

Indice della serie

martedì, maggio 11, 2010

Pasta all'uovo con porro e asparagi

Una ricetta per questo periodo. È abbastanza semplice e secondo me molto buona.
Ingredienti (4 porzioni)
tagliatelle all'uovo g 300 - asparagi verdi g 400 - due porri - prezzemolo - Grana Padano grattugiato - olio extravergine d'oliva - sale

Preparazione

Scaldate sette cucchiai d'olio in una padella. Riducete il porro a sottili bastoncini (julienne) e mettetelo a soffriggere a fuoco bassissimo. Mondate gli asparagi e tagliateli a fettine trasversali, eccetto le punte. Aggiungete gli asparagi affettati, salate aggiungete poca acqua calda (o acqua di cottura) e lasciate cuocere per 10-12 minuti. Aggiungete le punte degli asparagi e lasciate cuocere per altri 7-8 minuti.
Lessate le tagliatelle, scolatele al dente, saltatele in padella per qualche istante con il porro e gli asparagi condendole con grana e prezzemolo.

E vualà!

venerdì, maggio 07, 2010

Medici

Qualche giorno fa nell'ambulatorio del mio medico di famiglia di riserva

- Dottore, credo che l'infezione alla gola che mi affligge da una settimana sia di carattere batterico
- Vediamo la gola

Tira fuori una vecchia torcetta di quelle che si comprano da Bauhaus. L'accende. Mi fa aprire la bocca. Nel momento in cui la torcetta viene posta in posizione orizzontale la luce si spegne. Ritenta diverse volte con medesimo esito. Alla fine dice:

- Ah, sì, ho visto: è infiammata. Però secondo me non è una cosa di carattere batterico. È virale.
- Ah... No, perché tempo fa un altro medico mi aveva svelato una semplice tecnica per distinguere tra infezione batterica e virale. E secondo quel criterio....
- No, guardi quel criterio è un malinteso che purtroppo anche molti medici contribuiscono a diffondere. Sono sicuro che si tratti di infezione virale e non le prescrivo alcun medicinale perché per curare infezioni virali di questo tipo basta bere tisane e brodo di pollo.

Nonostante tre giorni di tisane e brodi i sintomi permangono.

Oggi nell'ambulatorio dell'otorino

Osserva la mia gola per qualche secondo usando gli strumenti giusti:

- C'è pus sulle tonsille. È una cosa batterica. Deve prendere la penicillina

Inoltre oggi ho avuto anche la diagnosi per il mio oramai quasi scomparso problema alla spalla: rückläufiges Impingement bei subscapularis.

martedì, maggio 04, 2010

Lettera di Igiaba Scego a Napolitano

A dicembre in questo post avevo parlato dell'interessante trasmissione Black Italians di Igiaba Scego. Conoscevo già Igiaba Scego come scrittrice.

Questa sua lettera, il cui testo riporto di seguito, mi ha fatto riflettere molto.

Caro Presidente della Repubblica sono una cittadina di questo paese, mi chiamo Igiaba Scego, classe ‘74 e volevo informarla che mi sto arrendendo. Tempo fa Lei ha rincuorato i precari, i disoccupati, i ricercatori senza affiliazione a non gettare la spugna. Ci ha detto «Coraggio non vi arrendete. Non uscite dall’Italia». Ci ha rivolto parole dolci e sincere. Purtroppo Signor Presidente io mi sto arrendendo. E vorrei tanto avere quel coraggio che ho sentito nelle sue parole. Ma questi sono giorni molto difficili. Temo di non essere la sola a sentirsi così. Faccio parte, e non è una vuota statistica, di una generazione a cui sono state tarpate le ali. Sono una precaria della cultura. Sto diventando una precaria della vita. Sono settimane che penso a lei. Mi sono detta «Il nostro Presidente deve sapere». Mi sono chiesta per settimane come ci si deve effettivamente rivolgere al Presidente della nostra Repubblica. Alla fine ho optato per un Caro Presidente perché la parola caro è una parola legata all’intimità della sua figura che ci è padre (e sempre amico), ma anche all’intimità della disperazione quieta che le sto per illustrare. Io sono figlia di somali nata a Roma. Sono cittadina italiana. La Somalia il paese dei miei genitori, della mia altra lingua madre, della mia pelle, delle mie tradizioni più intime si è liquefatto. La Somalia come stato non esiste più dal 1991. La guerra ci sta portando all’apocalisse, alla fine di ogni sogno. Ma ecco la perdita della Somalia mi ha fatto capire quanto invece è importante per me fare qualcosa, anche piccola, per salvare l’Italia e i sogni della mia generazione. Ho due paesi. Uno l’ho (momentaneamente spero) perso, l’altro non lo voglio perdere. Ma come fare Signor Presidente? Come fare a non arrendersi quanto tutto sembra remarci contro? Io non voglio partire, non voglio fare il cervello in fuga. Non voglio scrivere l’ennesima lettera ad un giornale della persona che non ce la fa più e chiude baracca e burattini per tentar la sorte all’estero. Non voglio rinunciare al sogno di poter fare qualcosa in uno dei due paesi che sento veramente mio. Ma questo precariato, questa incertezza costante, mi stanno uccidendo… letteralmente. Ho un curriculum d’eccellenza, ma non serve. Sto cominciando ad avere problemi di salute per le troppe preoccupazioni. Tempo fa un amico di famiglia mi ha chiesto: «Ma tu, per lo stato italiano, cosa sei?». E poi: «Che lavoro fai?». Ho cercato di cavarmela con la solita parola: «Precaria». Ma lui ha chiesto «dettagli». Ho blaterato alcune cose. «Ho finito un dottorato di ricerca. Sono una scrittrice, una giornalista, una ricercatrice senza affiliazione. Sono letta. Collaboro con alcune riviste e alcuni giornali. Faccio mediazione culturale nelle scuole. Ho tenuto lezioni anche in un carcere minorile». Insomma, mi sono messa a fare una lista: «Lo sai che anche all’estero fanno tesi su di me?» ho detto. Ho cominciato a descrivere il mio personale arcipelago di lavori. La via crucis dell’essere precario. Nella speranza che l’amico rimanesse impressionato e la smettesse con le sue domande moleste che, a ogni sospiro, rischiavano di far crollare il castello di carta che m’ero costruita, ho aggiunto che sono laureata, ho fatto un corso di specializzazione, un master universitario, uno stage alla Radio vaticana, due programmi per radio Tre, e che vanto una collaborazione attiva con i giovani studenti del centro sociale Esc. E non mi sono fermata lì. «Ho lavorato in teatro. Scritto saggi. Ho tradotto opere dallo spagnolo». E visto che intendeva aprire di nuovo la bocca, ho continuato: «Conosco il lavoro duro, proletario, perché ho fatto la barista, ho venduto scarpe dietro una bancarella, ho venduto dischi, fatto la hostess nei convegni, l’animatrice con gruppi di bambini». Insomma ho parlato tanto. Mi si è seccata la gola. L’amico di famiglia aveva una domanda di riserva. Quella che temevo più di tutte: «Ma ci vivi con tutta ‘sta roba?». Potevo forse mentirgli? Gli ho risposto: «No, non ci vivo. Devo fare miracoli ogni mese. Vorrei un figlio un giorno, ma non ho idea di cosa gli darò da mangiare. Ora poi la mia situazione s’è fatta più drammatica: c’è la crisi e il poco lavoro». Signor Presidente ho un cervello e delle competenze, ma mi riterrò fortunata, se trovo un call center per sfamarmi nei prossimi mesi. Perché, in questo paese, a una come me offrono solo stage non retribuiti. Non importa se si è preparati. Non importa se si hanno esperienza e cervello. Amo profondamente l’Italia. Ultimamente, però, è cresciuta in me una rassegnazione ai limiti della depressione più cupa. Intorno a me la gente parte. la voglia di migrare tra chi ha 30 anni cresce. L’Italia è tornata ad essere di nuovo il paese degli emigranti. L’ultima dei miei amici ad aver fatto la sua valigia di cartone è Gordana Gaetaniello. Ora sta in India. Nel suo futuro c’è l’Australia. Gordana è l’ennesimo cervello in fuga. Io l’Italia me la porto dovunque nel cuore. Sembra romantico detta così. Ma di fatto è quello che sento. Mi scorre nelle vene. Come la Somalia del resto. Il Bel Paese non sta bene caro Presidente. È un malato grave, ma come dico sempre agli amici non è terminale. Possiamo riprenderci e avere un’altra chance. Io vedo un paese pieno di potenzialità. Gente capace, tante idee, voglia di fare. Però vedo anche il muro che hanno messo su diciamo i poteri forti (non è colpa solo della politica). Le faccio un esempio. L’università. Io ho un dottorato di ricerca e conosco tante persone piene di idee. Il sistema Italia non permette loro di fare ricerca. Molti dei miei amici hanno scelto la strada dell’emigrazione, altri hanno abbandonato il sogno e ora fanno i commessi, i camerieri o perdono il loro talento in un call center. L’Italia ha pagato per formare quelle persone e arrivati al momento della raccolta disperde questo patrimonio immenso. L’università è come un rampollo scapestrato di una ricca famiglia. Il rampollo ha tanti soldi, ma non sa spenderli bene, butta via tutto e rimane in mutande. L’università italiana è un po’ così. Il sistema è bloccato e ci sono pochi fondi. Servirebbe una riforma seria. Servirebbe aprire una questione morale autentica. Mettersi in gioco. Prendersi le proprie responsabilità. Sarebbe bello cominciare ad interrogarci su tante cose. Con onestà, trasparenza, fermezza. Io credo che il cambiamento potrà avvenire in Italia solo se si farà piazza pulita di tutti i comportamenti ambigui. Il mio più grande sogno è poter un giorno insegnare ai giovani studi postcoloniali e migrazioni. Non voglio andare via Signor Presidente. In un momento storico così delicato, dove l’Italia è cambiata, dove c’è una società multiculturale reale, un mutamento antropologico, sento che potrei fare da ponte. Spiegare quello che sta succedendo. Non voglio andare via Signor Presidente. Mi aiuti a restare. Ci aiuti a restare.

Pubblicato il 30 aprile 2010 dall’Unità (pagina 10) nella sezione “Economia”