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Interviste impossibili: Talete (prima parte)
- Allora, le cose andarono così...
La fama della saggezza dei sacerdoti della valle del Nilo mi aveva raggiunto a Mileto. Ero molto giovane e avido di nuove conoscenze. Decisi così di mettermi in viaggio verso l’Egitto.
Una volta lì riuscii ad instaurare con i sacerdoti un rapporto denso di scambi. E presto la fama delle mie doti matematiche raggiunse persino il faraone Amasis. Amasis oltre che per la sua crudeltà era anche noto per la sua passione per le sfide. Volle quindi mettere alla prova questo barbaro che era riuscito a guadagnarsi la stima dei suoi sacerdoti. Insieme ad essi mi fece così convocare a corte e mi propose questa sfida: se da solo riuscirete in un giorno a misurare l'altezza dell'obelisco di Ramses II vi ricoprirò d'oro, ma se al tramonto non vi sarete riuscito allora sarete murato nella piramide di Cheope.
- Ah, quindi in qualche modo la piramide di Cheope entra in gioco!
- Sì, ma non nel modo raccontato da Plutarco.
Ma tornando tornano alla corte di Ramses, alle parole del faraone seguì un mormorio diffuso. Il bisbiglio di qualche sacerdote mi raggiunse: “Non accettare!”, “Rifiuta!”
- Bè, certo, anch'io avrei rifiutato.
- Io invece non rifiutai. Ero giovane e le sfide piacevano anche a me. Misi così a rischio la mia vita accettando la sfida di uno dei faraoni più spietati della storia d'Egitto.
- Bel coraggio!
- Qualche giorno dopo fui scortato a
Tebe, quella che voi oggi chiamate
Luxor. Lì, ai piedi dell'obelisco, oltre ai sacerdoti, alla guardia e al messo del faraone, si era radunata una folla di curiosi. Il messo lesse pubblicamente il testo della sfida.
- Immagino la tensione.
- Bè, sì, non ero propriamente rilassato. Ma neppure il pubblico lo era, a giudicare dal silenzio ieratico che mi circondava. Eravamo all'inizio di Metagitnione, il solstizio era passato da qualche giorno, e il sole ardeva quasi perpendicolare sulle nostre teste.
- Quindi oltre al nervosismo contribuiva anche il sole a surriscaldare il clima.
- Il giorno prima durante il viaggio avevo impegnato tutte le mie facoltà mentali per trovare una possibile soluzione. Non appena ci trovavamo vicino a un obelisco rivolgevo tutta la mia attenzione a quell'oggetto. Lo guardavo dall'alto in basso, lo studiavo, osservavo il suolo circostante, la sua ombra; ma non mi veniva nessuna idea.
- Non eravate spaventato?
- Non lo nego, ma la determinazione superava lo spavento. Quella notte ci misi un po' per addormentarmi. E il mio sonno fu molto agitato. Verso l'alba Atena mi comparve in sogno.
- La dea Atena?
- Sì lei. "L'ombra" - mi diceva - "Guarda l'ombra. È lì la chiave." Mi svegliai con il suono di quelle parole che mi rimbalzava nella testa. Sentivo di essere vicino alla soluzione, ma ancora non capivo.
- E poi che faceste? Rimaneste in piedi fino al momento della sfida?
- No. Riuscii a riprendere sonno. E stavolta fu Ra a comparirmi in sogno.
- Ra?! Il dio del Sole?!
- Sì lui. "Devi guardare il sole" - mi disse - "Concentrati sul sole." Mi svegliai. La guardia del faraone era già pronta per scortarmi verso l'obelisco. Fu solo lì, di fronte alla folla in attesa e grondante di sudore, dopo aver osservato lo spostamento del sole e l'allungarsi dell'ombra, che ebbi l'intuizione.
- Mai intuizione fu più provvidenziale immagino.
- Immagina bene. Non ho mai più provato quella sensazione. Né durante la mia vita terrena né durante la mia vita ultraterrena. Fu come un'esplosione di calore al basso ventre. Un uragano tropicale che rimescola le viscere.
- Come mi piacerebbe provare una volta quella sensazione.
- Atena! Ra! Vi ringrazio! Urlai.
- E il faraone come la prese? Vi ricoprì d’oro come promesso? E i sacerdoti come reagirono?
- Il resto ha poca importanza. Non lo ricordo bene. E poi lo può desumere
da altre fonti.
Comunque volendo raccontare brevemente ciò che ricordo, mi feci portare un'asta, la piantai in prossimità dell'ombra proiettata dall’obelisco e sfruttando la similitudine tra il triangolo avente come cateti l’obelisco e la sua ombra e il triangolo avente come cateti l’asta e la sua ombra, dimostrai che il rapporto tra l'altezza dell'asta e quella dell’obelisco è uguale al rapporto tra le rispettive ombre.
- Quindi immagino che poi aspettaste il momento del giorno in cui la lunghezza dell’ombra dell’asta avesse raggiunto la stessa lunghezza dell’asta...
- Esattamente! A quel punto misurammo la lunghezza dell’ombra dell’obelisco che in quel momento coincideva con la lunghezza dell’obelisco.
- Sì, perché quello era il momento del giorno in cui l’inclinazione dei raggi solari è di 45°, no?
- Sì, ma come dicevo, questi dettagli li può trovare su uno degli innumerevoli libri che trattano il
Teorema di "Talete". Ora mi lasci andare, altrimenti arriverò tardi all'appuntamento quindicinale per la tazza di idromele con i babilonesi.
- Andate, andate. Non vorrei che perdeste un appuntamento così importante. Solo un'ultima brevissima domanda. Ma è vero quello che racconta Giamblico?
- E cioè?
- E cioè che il giovane Pitagora viaggiò da Samo fino a Mileto solo per poter parlare con voi?
- Certo che è vero! Io ero vecchio e stanco, ma quel giovane mi suscitò un'immediata simpatia. Rivedevo in lui quel fervore e quell'entusiasmo che erano miei nel periodo del mio viaggio in Egitto cinquant'anni prima.
- No, la cosa mi interessava perché il personaggio della prossima intervista adeFonica sarà proprio lui: Pitagora.
- Ah! Me lo saluti tanto! Come le dicevo non è così facile parlare con i membri degli altri gironi trasversali. E poi col girone dei teorici numerici c'è una certa rivalità da qualche decina di secoli oramai. Ma ora la devo proprio salutare.
- Sì, sì, grazie mille per l'intervista.
- Non c'è di che. E se vuole sentire altri racconti non esiti a contattarmi di nuovo! Kalispera!
Per una trattazione più breve e noiosa vedi:
Talete: Numeri e Geometria attraverso la storia
Indice della serie "Numeri e Geometria attraverso le interviste"
Versione integrale in pdf dell'intervista