giovedì, agosto 09, 2012

Alex Schwazer e l'epo

In questi giorni si è parlato molto dell'esclusione di Alex Schwazer dalle olimpiadi per la sua positività all'epo. Io non ho seguito la vicenda con estremo interesse. Mi è arrivata in modo un po' passivo e laterale.
Molto di quello che ho sentito e letto però parlava di Schwazer come vittima sacrificale sottoposto alla gogna medievale e cose simili. Ma io di commenti spietati sul caso Schwazer non ne ho sentiti.


C'è stato veramente chi si è scagliato spietatamente contro di lui?


In tutto quello che ho sentito si esprimeva soprattutto compassione e pena per un ragazzo di 28 anni che ci ha raccontato una vita di 35 ore di allenamenti a settimana vissuti da lui come una tortura da subire in solitudine. Per poi sentirsi pure trattare "da coglione" (ha pure detto "scusate il termine", come fai a non volergli bene) per non essere arrivato primo.
I commenti più duri che ho sentito dicevano: "ha sbagliato ma ...". E invece ho sentito persino chi suggeriva che il suo datore di lavoro (i carabinieri) si dovrebbe far carico del recupero psicologico di un ragazzo che afferma: "Bisogna essere bravi anche a usare l'epo e io non sono stato bravo neppure in quello". Qualcun altro ha suggerito
"al giovane Schwazer di dedicare il prossimo anno alle scuole, andando a parlare con i giovani, di sport, di valori, di aspirazioni, di errori, di amicizia, di affetti. La sua esperienza, proprio perché tremenda, secondo me è credibile e comprensibile da parte dei giovani, che vivono il malessere di una società basata sulla performance a tutti i costi, sulla perfezione da esibire a ogni costo, sul primo gradino del podio come unico obiettivo accettabile. Lo sport è una metafora della vita, che ci piaccia o meno. Io oggi, ascoltando Schwazer, mi sono sentito vicino alla sua umanità. Non per perdonarlo, cosa che non mi riguarda, ma solo per comprenderlo, e rispettarlo come persona."

Sì, credo che sarebbe molto educativo cercare di far capire ai giovani delle scuole, con una testimonianza del genere, che il successo non implica sempre la felicità.

Comunque l'idea che mi sono fatta io è che Schwazer non ce la faceva più a sopportare quella vita e come via d'uscita più semplice, magari inconsciamente, ha trovato quella lì.

A proposito, l'epo me lo sono fatto anch'io più volte in passato. Pure io dovevo vincere una gara. 

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