giovedì, novembre 23, 2017

Ansermet, il musicista matematico contrapposto ad Adorno e alla dodecafonia: Stravinsky o Schönberg?

Qualche giorno fa ho ascoltato la puntata di WikiMusic del 12/11/2017 che era dedicata al musicista matematico Ernest Ansermet. Di seguito riporto alcuni brani che mi sono sembrati particolarmente interessanti.

...Ansermet è anche autore di un significativo libro sulla musica del secolo scorso, I fondamenti della musica nella coscienza dell'uomo del 1961. Un grosso e complesso volume che mantiene un rigore filosofico molto raro da riscontrare nei libri di filosofia della musica. Non ci sono virtuosismi intellettuali e lessicali e neanche l’ideologia politica di Adorno. Sebbene è proprio con questo autore che il libro di Ansermet può essere messo in rapporto dialettico. Proprio perché in entrambi i casi sono due i compositori che vengono presi a modello per illustrare le due diverse filosofie della musica: Stravinsky e Schönberg. Stravinsky la restaurazione, Schönberg il progresso per Adorno. Per Ansermet si tratta di smontare la dodecafonia come metodo di composizione assolutamente falso.
La frase cardine del libro di Ansermet è la seguente: non si può sfuggire alla legge tonale poiché essa è la legge dell’orecchio. Secondo Ansermet c’è un substrato culturale che accomuna tutti gli uomini e che ci permette di percepire la musica tutti alla stessa maniera. Ansermet non parla né di gusto né di piacere ma puramente di percezione. E arriva a questa concezione tramite la matematica. Ansermet dice che il nostro apparato uditivo percepisce secondo leggi logaritmiche. Cioè il prodotto di due intervalli coincide nel nostro orecchio alla somma degli stessi e questa è proprio una proprietà dei logaritmi. Questo modo di pensare non può concepire una tecnica come quella dodecafonica in cui i riferimenti vengono a mancare perché i suoni sono svincolati tra loro. In sostanza nella dodecafonica si creerebbe un cortocircuito. Cioè l’oggetto percepito non incontra l’atto percettivo del senso che la coscienza riesce a dare a ciò che percepisce. Questo fa sì che la nostra coscienza non comprenda la musica dodecafonica. Quei suoni potrebbero essere anche stati messi lì casualmente e la nostra coscienza non li comprenderà. Non comprenderà che essi costituiscono una serie dodecafonica.

Secondo Ansermet, per rinnovare il linguaggio tonale non è necessario sopprimerlo ma basterebbe rielaborarlo in maniera originale. Così fa il genio. La nuova musica non ha bisogno di distruggere quanto fino allora si era fatto o si era detto. Il vero genio riesce a creare musica nuova a partire dai presupposti classici. La vera differenza la fa lo stile non tanto le forme.

Le posizioni di Ansermet sono state viste come reazionarie. Però, a pensarci bene, alla fine le cose sono andate come lui aveva previsto. In effetti oggi la dodecafonia rimane poco più che un esercizio.

Per altre considerazioni sulla dodecafonia...

1 commento:

dioniso ha detto...

da fb

Sonia
Non conoscevo questo punto di vista, ma dal punto di vista acustico è assolutamente comprensibile il commento di Ansermet. La dodecafonia nasce all'interno dello sviluppo delle musiche post-tonali del tardo '800, il cui obiettivo era proprio il superamento della tonalità "classica" e la ricerca di nuove regole armoniche. Alcuni compositori, come Debussy, Bartok e Wagner, hanno semplicemente "allargato" la loro visione musicale prendendo spunto da nuove sonorità, spesso presenti in musiche popolari. La dodecafonia, invece, raggiunge l'estremo opposto: completa atonalità. È una scelta stilistica, che rompe con il passato, che non pensa alla musica come un insieme di suoni e ritmo che provoca piacere.


Il mistero del suono senza numero
Sì, la dodecafonia va sicuramente inquadrata in quel momento storico in cui l’innovazione veniva considerato l’aspetto più importante di qualsiasi arte anche a discapito di parametri estetici più tradizionali e, forse mi spingerei a dire, più oggettivi.

Molto significativo ho trovato il commento che ho citato in Adorno, l'estetica musicale e la dodecafonia (http://pitagoraedintorni.blogspot.de/2017/08/adorno-lestetica-musicale-e-la.html)
“Adorno è un acerrimo nemico dell'arte intesa come puro godimento, come piacere sensoriale, come passatempo rilassante e consolatorio. L'arte non andrebbe giudicata per il suo potenziale di piacere bensì per la carica eversiva che essa esprime.”

Ma la carica eversiva prima o poi si esaurisce e quindi, come conclude anche la puntata radiofonica, forse a posteriori si può dar ragione a Ansermet quando diceva che per rinnovare il linguaggio tonale non è necessario sopprimerlo ma basterebbe rielaborarlo in maniera originale.

Comunque il discorso sull’estetica musicale mi ha sempre appassionato molto. Domande tipo quelle che ho scritto nel post citato. Che cos'è la bellezza in musica? Quando posso dire che una canzone, una sinfonia, un'opera sono belle? Quando mi suscitano emozioni forti? Oppure dobbiamo cercare di astrarci dalle emozioni e giudicare soprattutto attraverso altri parametri?

Qualcuno ha provato a definire parametri di estetica musicale anche in termini matematici. Ad esempio ho letto del tentativo di Scott Rickard (Mathematician attempts the world's ugliest piece of music - https://www.theverge.com/2011/11/5/2539489 /worlds-ugliest-music-TED) di definire a bruttezza in musica come quella musica completamente priva di strutture che si ripetono (pattern).
Che tu sappia ci sono stati altri tentativi del genere?