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martedì, novembre 07, 2023

La RAI del 2023

Tempo fa dicevo a un amico che all'inizio speravo che le responsabilità di governo li rendendessero più virtuosi, ma poi hanno cominciato a mostrare un altro aspetto: quello di cialtroni (vedi varie vicende giudiziarie e non) e, soprattutto, incapaci di governare.
Sprecano energie preziose su questioni divisive come i diritti, cercando di toglierne, e l’accaparramento di poltrone, come in Rai.
L'amico mi rispose che in RAI avevano fatto tutti più o meno la stessa cosa.

Credo che l'articolo di Augias “Un governo incompetente vuole riscrivere la storia, ma demolisce la Rai”, di cui condivido qualche brano, spieghi bene quali sono le differenze.

"Quando Fabiano Fabiani fondò e diresse la direzione centrale dei programmi culturali (siamo negli anni Settanta) scelse come collaboratori cattolici e socialisti, comunisti e non credenti. Nonostante le diversità riuscì a creare un concerto e non una cacofonia perché tutti erano (eravamo) animati, nella diversità, da un intento comune. Parlo duna direzione dorchestra come di una grande manifestazione sindacale. Ecco perché parlare di fascismo e non fascismo non basta, un poc’è un ponon c’è – non è quello il punto. Sono cambiati i punti di riferimento, cambiati gli obiettivi.

Nella Rai del governo a trazione FdI è chiaro che della comprensione dei fenomeni poco importa. Affiora dalle dichiarazioni di certi responsabili uno sgradevole spirito di rivalsa; è come se ci si volesse rivalere per essere stati defraudati di un diritto troppo a lungo sottratto con la forza o con la frode. Leggo in certe dichiarazioni la soddisfazione di aver riguadagnato posizioni dovute e, con queste, la possibilità di raccontare in altro modo, a costo di rovesciarla, la nostra storia dal 1948 (data di nascita della Costituzione) ad oggi.

Tutto questo è molto diverso dalle varie ondate di occupanti che ho visto arrivare in Rai governo dopo governo. Quando sono entrato in azienda (1° luglio 1960, per concorso) la Rai era un feudo democristiano. Ettore Bernabei, poco dopo, divenne il dominus, la Dc era il suo partito, Amintore Fanfani il referente. Latmosfera politica era angusta ma il livello culturale faceva della Rai una delle migliori televisioni europee. Nel 1975 una famosa legge trasferì il controllo dellazienda dal Governo al Parlamento attraverso la Commissione parlamentare per lindirizzo e la vigilanza sul prodotto. Il passaggio doveva garantire il pluralismo e in un certo modo lo garantì; nello stesso tempo però dette lavvio ad una forma scientifica di lottizzazione: Rai1 alla Dc, Rai2 al Psi, Rai3 al Pci.

Salto tutti i successivi passaggi, meglio li condenso in una sola frase: ad ogni cambio di maggioranza ha corrisposto in Rai larrivo di nuovi fedeli. Tutti accomunati dallo stesso desiderio: occupare un incarico di un certo prestigio, avere uno stipendio migliore. Con i nuovi arrivi post 2022 gli obiettivi sono diventati più numerosi. Al desiderio di guadagnare di più s’è aggiunta, ripeto, la voglia di raccontare daccapo la storia. Finora ne abbiamo avuto solo qualche accenno anche perché non è che abbondino, da quella parte, quelli in grado di farlo. Temo di sapere che di qui a qualche mese questo impulso crescerà di forza, se le cose resteranno come oggi sono.

La verità è che un governo che sul piano generale s’è dimostrato approssimativo e incompetente ha prodotto il massimo defficienza nella progressiva distruzione della Radiotelevisione Italiana, questo mi addolora profondamente. Ho visto negli ultimi mesi dilettantismo, scelte improvvide, la presunzione che una pedina valga laltra, linconsapevolezza che lefficacia televisiva è una delicata miscela di professionalità e congruenza con largomento, la dimenticanza che legemonia culturale non si può imporre piazzando un fedele seguace qua e uno là. Sono materie (non le sole, del resto) in cui la competenza deve prevalere sulla fedeltà.

Questo mi ha spinto fuori dalla Rai senza bisogno che qualcuno mi chiedesse di accomodarmi. È stato un gesto volontario. Se fossi stato più giovane sarei rimasto cercando, se possibile, di riequilibrare un pola deriva. Però sono vecchio e vorrei continuare a lavorare, fin quando avrò sufficiente consenso, con persone amiche in un ambiente cordiale. Resta questa brutta storia, avevano annunciato di voler demolire la Rai dei comunisti; stanno semplicemente demolendo la Rai."

mercoledì, settembre 06, 2023

Ustica e la libertà di stampa

Qualche giorno fa qualcuno si chiedeva come mai nessun giornalista francese avesse condotto un'indagine su Ustica. Ora ne è venuto fuori uno: Emmanuel Ostian.
Nell'intervista pubblicata da Repubblica, Ustica, il giornalista francese: "Ecco perché Macron non può dire tutta la verità", Ostian afferma che non aveva mai sentito parlare della storia dell'incidente aereo. 

Visto che poi il suo documentario è uscito nel 2015, immagino che ne abbia sentito parlare per la prima volta dopo il 2010. Quindi se un giornalista d’indagine di circa quarant’anni non ne aveva mai sentito parlare, significa che nel suo paese ci si era impegnati affinché la notizia cadesse rapidamente nel dimenticatoio. 

Dopo aver scoperto la storia dell'incidente aereo, Ostian comincia a sospettare che la Francia possa essere coinvolta. Il sospetto si rafforza nel momento in cui l’aeronautica francese non rispondere alle domande del giornalista.

Il suo documentario viene comunque trasmesso nella TV francese, ma il fatto interessante è che è stato rapidamente ritirato senza repliche, a differenza di tutti gli altri documentari.

Fortunatamente lo si trova ancora su YouTube: CRASH DE L'USTICA : Une Bavure Française?

Come non interrogarsi sulla validità dei criteri che Reporters Sans Frontières usa per stilare l'indice della libertà di stampa?

martedì, novembre 02, 2021

Ora legale, consultazione europea e interpretazioni numeriche discutibili

Nell’articolo Ora legale o ora solare? Secondo un nuovo studio abolire il cambio d’ora farebbe male alla salute di Laura Cuppini leggo queste due affermazioni:

"Nel 2018 i cittadini europei hanno deciso per l’abolizione del cambio di ora con l’84% dei voti a favore"
e
in Europa la stragrande maggioranza della popolazione si oppone al mantenimento del doppio cambio d’ora“.

In realtà, pur trattandosi della consultazione pubblica UE con il numero più alto di risposte mai ricevute, si tratta pur sempre di 4,6 milioni di risposte che, su una popolazione di circa 450 milioni di abitanti, rappresentano poco più dell’1%.
I dati si trovano su un sito ufficiale dell'UE: Consultazione sull'ora legale: 84% a favore dell'abolizione del cambio dell'ora in Europa.
Da notare che per l’Italia si sono espressi solo lo 0,04% dei cittadini.



Viste le percentuali si può davvero affermare che “in Europa la stragrande maggioranza della popolazione si oppone al mantenimento del doppio cambio d’ora“?

sabato, ottobre 17, 2020

Luke Leitch: Io, inglese, vi dico: l’Italia ci sta dando una lezione di serietà. E libertà

Condivido delle citazioni dall'articolo «Io, inglese, vi dico: sul Covid l’Italia ci sta dando una lezione di serietà. E libertà» di Luke Leitch, giornalista anglo-australiano. Siamo di nuovo in tema di discussioni sull'italicomasochismo.

"...come anglo-australiano che divide il suo tempo tra Londra e Milano (sono arrivato in Italia per lavoro e ci sono rimasto per amore), resto perennemente sbalordito dalla distanza che intercorre tra la percezione che si ha all’estero dell’Italia e degli italiani e la mia esperienza di vita qui.

Lo scorso marzo, il New York Times si chiedeva, con grande supponenza, se l’Italia sarebbe stata capace di aderire alla quarantena, proprio per quella storica propensione degli italiani alla furbizia che li rende così abili nell’aggirare le leggi. ... Ma a marzo l’Italia aveva già cominciato a prendere molto sul serio la minaccia del Covid-19. A Linate, il controllo della temperatura era iniziato addirittura a febbraio e quando ho fatto ritorno a Londra, ai primi di marzo, quasi tutti i miei amici si erano già messi la mascherina e si davano da fare per provvedere all’isolamento dei parenti anziani. Anzi, mi sono affrettato a spedire per posta alcuni pacchi di mascherine in Italia, perché a Londra non le comprava nessuno, mentre a Milano erano ormai introvabili. Ma era solo quello che avevo visto con i miei occhi e ascoltato con le mie orecchie, come potevo giudicare?

Le settimane successive, quelle della terribile prima ondata, hanno dimostrato che, come sempre, la verità si trova a metà strada tra quello che credi di sapere e quello che gli altri credono di sapere. Certo, c’erano quei video divertentissimi su YouTube, quasi delle gag, con i sindaci delle piccole città di provincia che andavano a rimproverare di persona i cretini che preferivano la spiaggia alla quarantena. Eppure si avvertiva un senso fortissimo di determinazione e di unità nazionale persino in quei giorni bui, quando venivano ignorate le richieste di dispositivi di protezione, lanciate dall’Italia ai paesi europei non ancora toccati dal virus, quando le strade di Milano riecheggiavano del lamento delle sirene e la tragedia di Bergamo sembrava inarrestabile.

...

so benissimo che l’Italia non è un Paese perfetto, che si tratti di arginare il virus o affrontare qualsiasi altro intervento, ma posso testimoniare personalmente della vigilanza e della serietà che ho trovato in questo Paese e che mi fa sentire molto più «libero», rispetto alla mancanza di vigilanza e di serietà che ho riscontrato nel Regno Unito.

Forse Boris Johnson ha ragione su una cosa: essendo britannico anch’io, il senso di libertà è ciò che apprezzo maggiormente — ma la libertà che nasce dalla serietà, dalla risolutezza e dalla precisa valutazione del rischio e che c'è in Italia in questo momento."

domenica, ottobre 11, 2020

C’è un ritardo italiano sui tamponi rispetto agli altri grandi paesi occidentali?

Negli ultimi giorni ho sentito parlare molto del forte ritardo italiano sui tamponi rispetto agli altri grandi paesi occidentali. Ma non mi pare però che i numeri mostrino una situazione di drammatico ritardo. Certo, poi c’è il discorso di un sistema che sta lavorando a ritmi quasi insostenibili. Ma siamo sicuri che lo stesso non avvenga anche altrove?

“L’Italia fa meno tamponi rispetto ad altre nazioni con un’epidemia rampante. Con una media di 120mila test al giorno circa, siamo a 2 ogni mille abitanti. Francia e Stati Uniti sono a 124mila e 950mila (2,1 ogni mille abitanti), la Gran Bretagna a 225mila (3,3 ogni mille). Ma questo si spiega anche con un numero di contagi più basso. La Germania, che ha un numero di positivi paragonabile al nostro, fa circa 130mila tamponi al giorno (1,8 ogni mille)…”

Da Tamponi, il grande affanno ecco perché l’Italia insegue

domenica, aprile 19, 2020

Coronavirus: le misure dell'UE: bond o MES?

Il mio amico Gianni cita dei fatti sul nuovo MES e pone una domanda.

"I prestiti Mes sono erogati a condizioni molto vantaggiose (tassi di interesse a livello di AAA), per periodi molto lunghi (i prestiti alla Grecia scadono nel 2070, quelli all’Irlanda firmati nel 2010 scadono nel 2042, quelli al Portogallo firmati nel 2011 scadono nel 2040) e con periodi di grazia molto estesi (il rimborso inizia dopo anni dal primo tiraggio).

Oggi
1) non ci sono condizioni da sottoscrivere, nulla può essere imposto allo Stato richiedente aiuto
2 )in base al Trattato gli aiuti della linea pandemica vengono approvati con voto all’unanimità.
3) Anche un solo voto contrario blocca la possibilità di modificare o rimodulare l'accordo.
4) Quindi l’Italia ha l’ultima parola
Quindi qual'è il problema?"

La mia risposta: a mio avviso essere contro il MES è diventato uno slogan elettorale. Per cui chi era contrario vuole continuare a tenere il punto anche se le condizioni sono cambiate solo per ragioni di tornaconto elettorale. Nonostante la consapevolezza che senza quell’aiuto il paese dovrà affrontare difficoltà molto più grandi. O magari l’obiettivo è proprio quello: far sprofondare il paese per poi appropriarsene.

Il tema ha suscitato un'interessante discussione su FB. Ne riporto una mia estrema sintesi delle conclusioni.
1. Il MES non è del tutto senza condizioni, ma, in queste nostre condizioni finanziarie e sanitarie il MES alleggerito sembrerebbe irrinunciabile per l'Italia.

2. Ottenere anche i coronabond, o come si vogliano chiamare, sarebbe molto meglio che ottenere solo il MES.

3. Vista la situazione europea attuale, è molto improbabile che si arrivi a un accordo sui bond.
4. Sul lungo termine, per cambiare i termini di autorevolezza in una contrattazione con l’Europa l'Italia dovrebbe ridurre il debito pubblico.

sabato, aprile 18, 2020

Coronavirus: si può stimare la quantità reale dei decessi dovuti al virus?

Andrea Capocci, nel suo articolo Wuhan riconta i morti. Ma i numeri sono errati un po’ ovunque, ha riportato dati molto interessanti pubblicati dall’Economist. Il settimanale britannico ha confrontato il numero ufficiale dei morti di Covid-19 nel mese di marzo con l’aumento della mortalità rispetto allo scorso anno per diversi paesi europei allo scopo di stimare la quantità reale dei decessi dovuti al virus.

Di seguito riporto i brani dell'articolo di Capocci.

"Forse ispirati dalle inchieste italiane, all’Economist hanno confrontato il numero ufficiale dei morti di Covid-19 nel mese di marzo con l’aumento della mortalità rispetto allo scorso anno per diversi Paesi europei. È solo una stima, perché non tutte le morti in più del marzo 2020 devono essere necessariamente attribuite al Covid-19. Ma il surplus fornisce almeno un ordine di grandezza dell’approssimazione con cui sono contate le vittime dai governi che stanno fronteggiando la pandemia.

Dai grafici dell’Economist si scopre che in Spagna il numero di vittime ufficiali di Covid-19 a marzo, circa 8000, rappresenta solo una parte dei 13000 decessi in più rispetto allo scorso anno. La sottostima delle vittime di Covid-19 è dunque del 60%. Stessa percentuale per la Francia, dove i morti di marzo dovuti al Coronavirus ufficialmente sono 5000, ma la cifra più verosimile è di 8000 vittime. Più precise le cifre del Regno Unito: 6200 le morti ufficiali, 7000 i decessi in più. La sottostima è solo del 10%. All’estremo opposto ci sono i Paesi Bassi. Nel mese di marzo i morti di Covid-19 non sono stati 1700, come dicono le stime ufficiali, ma più probabilmente 4000. Il numero reale delle vittime è quasi due volte e mezzo quello ufficiale.

Il grande assente nell’analisi dell’Economist è la Germania. Lo «Statistisches Bundesamt», l’Istat locale, non ha ancora pubblicato i dati sulla mortalità. «Sono attesi per il fine settimana», spiega l’istituto in una nota. Secondo i dati ufficiali è il Paese che sta gestendo meglio l’epidemia, con soli tre morti ogni cento casi registrati. Un successo che si spiega con il gran numero di tamponi e con l’abbondanza di posti in terapia intensiva, dicono gli esperti, anche se sui test non ci sono dati ufficiali. Ma c’è chi dubita della classificazione dei casi adottata dai tedeschi, come il presidente della società italiana di geriatria Roberto Bernabei: «Se in Germania contano solo il paziente giovane con polmonite interstiziale da Coronavirus, alla fine avranno pochissimi morti». Fra pochi giorni si saprà come stanno le cose davvero. Meriti e colpe delle scelte sanitarie avranno un ruolo decisivo anche sui tavoli economici dei negoziati europei.

La nuova app Immuni e le reti sociali

– Ho visto che sei molto attivo sulle varie reti sociali. Condividi notizie personali, partecipi a sondaggi in cui riveli il tuo orientamento politico, condividi molto notizie… a volte anche un po’ discutibili…
– Sì, non sono libero di farlo?
– Certo, certo. Però non so se hai sentito della storia di Cambridge Analytica. Raccoglievano i dati personali di milioni di utenti di Facebook e li usavano per spostare flussi elettorali. Addirittura la giornalista Carole Cadwalladr ha scoperto che Cambridge Analytica ha usato i dati di Facebook per spostare flussi determinanti di elettori nelle ultime elezioni americane e nel referendum sulla Brexit.
– Aha!
– Ma mi stai ascoltando?
– Sì, scusa. È che stavo partecipando a un sondaggio in cui mi chiedevano il parere sulla fase due per il COVID.

– A proposito, hai saputo che è quasi pronta Immuni? Una nuova app con cui si dovrebbero tracciare i movimenti dei contagiati da coronavirus? Farebbe sapere se siamo entrati in contatto con delle persone positive.
– E la dovremmo installare sui nostri cellulari?!
– Sì, ma non sarà lesiva della privatezza in quanto la si installerà solo su base volontaria. A queste condizioni persino il garante l’ha approvata. Infatti usa il bluetooth e non la geolocalizzazione come molte delle app che probabilmente usi e che, sostanzialmente, rendono nota ogni istante la posizione in cui ti trovi.
– Sveglia!!! Questo maledetto governo vuole controllarci! Ci toglie la libertà! Siamo al grande fratello! Siamo alla dittatura! Liberticidiiii!!!

venerdì, aprile 17, 2020

La fallacia dell’argomento che i fondi europei covid19 favoriranno le mafie italiane: Saviano torna sul tema

Dopo aver risposto a Die Welt ("Meno soldi arriveranno all'Italia dall'Ue, più potere avranno le mafie") Saviano, uno dei massimi esperti in fatto di mafie e relativi investimenti, scrive un articolo sul settimanale Die Zeit.
"Se la nostra economia non sarà sostenuta, ne beneficieranno le mafie: e il problema non riguarderà solo noi ma tutta l'Europa"
Ne riporto alcuni brani.

"L'errore più grave che i cittadini tedeschi possano commettere oggi è credere che gli aiuti economici ai Paesi più devastati dal Covid-19 siano risorse saccheggiate alla propria ricchezza; sono, al contrario, la messa in sicurezza della propria economia che, anche se tedesca, è indivisibile dalla condizione delle economie di tutti gli Stati membri. L'errore in cui l'opinione pubblica e la politica tedesche possono incorrere in queste ore è credere che gli aiuti all'economia italiana siano un regalo alle organizzazioni mafiose. Errore madornale.

Un articolo di qualche giorno fa del quotidiano Die Welt descriveva le mafie italiane in attesa della pioggia di euro che l'Europa sta discutendo se versare o meno all'Italia e ad altri Paesi in difficoltà: peccato che questa sia una posizione profondamente ingenua, perché le organizzazioni criminali si insinuano laddove la struttura economica legale entra in crisi e si trova in affanno. ...

Alle aziende prosciugate dalla crisi del Covid-19 le mafie offriranno la loro liquidità per ripartire: soldi in cambio di quote societarie o addirittura dell'intera società, che magari continuerà a mantenere ufficialmente la stessa proprietà, ma svuotata di ogni potere, perché a decidere e gestire saranno i clan. E quando un clan entra in un'azienda, finisce per inquinare tutto il mercato, perché quell'azienda - sostenuta da capitali criminali di origine illecita - potrà permettersi di offrire prezzi competitivi che le aziende sane non possono permettersi: questo annienterà la concorrenza, falserà il mercato, ucciderà l'economia pulita. E questo rischia di accadere non solo in Italia, ma anche - e soprattutto - in Germania.

I soldi delle organizzazioni criminali si trovano negli scrigni europei - a Londra, in Lussemburgo, in Liechtenstein, a Malta, ad Andorra, solo per citarne alcuni. I soldi lì depositati si trasformano in hotel, resort, ristoranti, negozi, imprese in ogni settore e in ogni luogo. Non penserete davvero che le organizzazioni si fermino all'interno dei confini italiani! Sarebbe una colpevole ingenuità crederlo. ...

La Germania è una delle nazioni con maggiore opacità del proprio sistema finanziario, è un luogo dove è molto facile nascondere denaro. Il Tax Justice Network (autorevole gruppo internazionale indipendente) ogni anno stila il Financial Secrecy Index, una classifica dei Paesi in base al loro grado di segretezza e alla portata delle loro attività finanziare offshore: ebbene, in un elenco guidato dalle Cayman Islands, la Germania si piazza al 14° posto, scalzando addirittura giurisdizioni come Panama e Jersey, classificati rispettivamente al 15° e al 16° posto. Uno studio del 2015 a cura del Prof. Kai Bussmann, collocava la cifra del riciclaggio in Germania attorno ai cento miliardi di euro annui. Da allora sono passati cinque anni e, studiando gli affari criminali internazionali, possiamo ipotizzare che le somme siano aumentate.

Insomma, quello che vorrei poter dire a gran voce ai tedeschi, è che nel loro Paese c'è presenza mafiosa esattamente come in Italia, in Albania, in Serbia, o in Messico, ma non avere le diottrie giuste per l'analisi costringe a misurare il fenomeno mafie solo seguendo il sangue. In Germania si registrano molti meno omicidi di stampo mafioso rispetto all'Italia, e per questa ragione i tedeschi si credono al riparo. Non è così. Le organizzazioni mafiose sul territorio tedesco sono molto numerose e varie. La Germania è sempre stata l'El Dorado delle mafie.

Dal Report sulla Situazione Internazionale del Crimine Organizzato 2018 stilata dal Bundeskriminalamt le persone indagate risultano di ben 90 nazionalità diverse. Il numero vi stupisce? Forse c'è un motivo al vostro stupore, e voi non ne avete responsabilità: in Germania il reato di associazione mafiosa non esiste. Perseguire un clan a Monaco si rivela molto più difficile rispetto a perseguire lo stesso clan a San Luca d'Aspromonte, per cui un mafioso in Calabria può essere considerato un rispettabile imprenditore in Baviera. Inoltre, anche la normativa antiriciclaggio tedesca continua ad essere all'atto pratico molto debole nonostante l'adozione delle nuove direttive europee. L'azione di contrasto alle mafie è affidata prevalentemente all'associazionismo, con movimenti come Mafia? Nein danke!, che sopperiscono anche a un'informazione sul crimine organizzato che in Germania è molto carente per via di rigide leggi sulla tutela dei diritti della personalità e di un codice della stampa che spesso si trasforma in censura. Se la Germania adottasse una vera ed efficace legislazione antimafia, porrebbe al centro del suo dibattito anche i flussi di denaro criminale che la affliggono. Ora è tutto sott'acqua da anni, da troppi anni.

Abbiamo bisogno di una politica comune di contrasto per difenderci tutti. Se non organizziamo una tenuta forte dell'Europa l'economia tedesca verrà divorata. Come? Semplice: le aziende oneste soccomberanno inesorabilmente nello scontro concorrenziale con aziende che invece possono contare su alleati criminali. Lo so, state pensando che queste storie non vi riguardino direttamente, ma riguardino solo dei delinquenti stranieri che vi sono entrati accidentalmente in casa. Altra totale fesseria. Ad usare i capitali mafiosi sono le piattaforme finanziarie tedesche e una parte della borghesia tedesca che si rende partecipe di tutto questo. Ma allo stesso tempo, chi paga per questo flusso mafioso che sta alterando gli equilibri economico-sociali in Germania? I cittadini tedeschi.

Cari tedeschi, siamo sullo stesso fronte, dovete decidere da che parte stare. Con o contro i poteri criminali? Volete che la Germania sia una loro piattaforma? Sto già immaginando un'altra vostra domanda: ma se le mafie hanno sempre saccheggiato risorse pubbliche, perché non dovrebbe accadere in questo caso? Certo, i clan proveranno sempre a infiltrarsi negli appalti pubblici. Lo fanno in diversi modi: corrompendo i politici, i quali poi fissano i parametri dell'appalto su misura per quella determinata azienda mafiosa e ne facilitano la vincita; giocando al ribasso, ossia proponendo prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato e quindi più bassi rispetto a quelli che le aziende concorrenti potrebbero mai offrire, tanto all'impresa mafiosa quell'appalto non serve per guadagnare ma solo per ripulire denaro già guadagnato con attività illecite; infine, con la forza dell'intimidazione, per cui le imprese sane hanno paura a partecipare alle gare in cui si presentano anche imprese mafiose e quindi lasciano a loro libero il campo. La soluzione a queste dinamiche malate, però, non è bloccare tutti gli appalti e i fondi pubblici, ma permettere alle aziende sane di essere protette.

La lotta per l'Europa unita è ancora lunga, ma i destini dei suoi Stati sono già annodati e si realizzeranno soltanto insieme. In questo momento l'Europa è sotto attacco, non solo da parte del Covid-19 ma anche della sfiducia di tanti suoi cittadini: i movimenti antieuropeisti, dopo aver sputato a lungo sull'Unione, ora le chiedono un aiuto e vedono nella titubanza della politica nordica e nell'ostilità di certa stampa tedesca la conferma che l'Europa è matrigna; di contro, in Germania l'eventualità di un ennesimo aiuto economico ai Paesi meridionali viene visto come tradimento dell'Europa, che usa risorse tedesche per risolvere problemi che si considerano estranei. Bisogna tenere conto di un fatto oggettivo, però: la pandemia non è un problema italiano e sarebbe un errore imputare la situazione critica in cui ci troviamo solo all'incapacità degli italiani di costruirsi una stabilità economica. Nessuno qui sta implorando la Germania e il suo popolo, qui ci si sta guardando negli occhi: noi non siamo in guerra, non siamo quindi fronti che devono negoziare armistizi, la metafora bellica utilizzata con la pandemia è del tutto sbagliata, presuppone confini, battaglie, soldati e generali. Noi qui dobbiamo allearci contro il virus e provare a curarci a vicenda, la cura presuppone comprensione, dialogo e direzione comune non per vincere ma per guarire. O guariremo insieme o non si salverà nessuno.

Roberto Saviano: "Cari tedeschi, ecco perché bisogna aiutare l'Italia nella lotta al virus"

sabato, aprile 11, 2020

La fallacia dell’argomento che i fondi europei covid19 favoriranno le mafie italiane

Oggi ho ascoltato le parole di Saviano, uno dei massimi esperti in fatto di mafie e relativi investimenti, in due diversi video.
Quello in cui Saviano risponde a Die Welt ("Meno soldi arriveranno all'Italia dall'Ue, più potere avranno le mafie") va assolutamente ascoltato!

Saviano spiega molto bene quanto la teoria del quotidiano Die Welt, che pervade il dibattito pubblico in Germania e in Olanda, sia erronea. Dice che la realtà è proprio all'opposto di quanto diffuso dai media di quei due paesi: le criminalità organizzate trovano spazi di espansione durante le crisi perché hanno masse di denaro liquido pronte a intervenire negli appalti e nell'infiltrazione delle imprese. Espansione che verrebbe invece eliminata se la liquidità arrivasse dalle istituzioni.

Saviano parla anche dei 70 miliardi di fatturato di una delle mafie russe che "attraversano" la Germania, soprattutto quella dell'est, e dice che, ragionando ingenuamente, si potrebbe affermare che ogni euro dato alla Germania dell'est sia un regalo alla mafia russa. Ma ovviamente non è così. E la stessa cosa vale per il sud Italia.

Insomma, Saviano ci fa capire quanto quell'assunto  i fondi europei covid19 favoriranno le mafie italiane  che sta impedendo all'UE di agire in modo solidale, sia totalmente sbagliato in quanto basato su un'analisi superficiale di una realtà che i media nord europei non conoscono.

Il secondo video è un'intervista in cui lo scrittore parla anche dei Paesi Bassi e di come questi siano diventati un paradiso fiscale che sottrae risorse a tutti i paesi europei. E che adesso, aggiungo io fanno i moralisti con gli altri.

giovedì, aprile 09, 2020

La trattativa europea per affrontare l’emergenza coronavirus e la comunicazione di Conte

Conte sta facendo uno straordinario lavoro di persuasione. Dopo l'intervista al primo canale televisivo tedesco e quella alla TV olandese, oggi ha rilasciato un'intervista alla Bild: un quotidiano nazional-poplare diffusissimo in Germania.

Conte ha dimostrato di comunicare molto bene con i vari interlocutori in tutte le occasioni recenti. Usando sempre il linguaggio più opportuno per l'interlocutore specifico. Con la giusta sintesi di cordialità, rispetto ma anche di fermezza.

In questa intervista si è mostrato fermo, competente e rispettoso. Non ha mai usato toni accusatori ma ha detto quello che doveva dire sottolineando sempre che gli interessi sono comuni. Che non si tratta di tedeschi che aiutano gli italiani ma di popoli europei che si aiutano tra di loro.
Se si vuole persuadere è questo il linguaggio e i toni che vanno usati e non quelli dell’aggressione.

mercoledì, febbraio 07, 2018

Mafia e libertà di stampa in Italia e in Germania

Petra Reski, giornalista e scrittrice tedesca residente in Italia da molti anni, scrive di nuovo un articolo sui temi mafia e libertà di stampa in Italia e in Germania. L'articolo contiene buoni spunti di riflessione.

Qui un piccolo estratto


"Se uno guarda la mappa secondo “Reporter senza frontiere”, vede gran parte del mondo in nero e rosso, colori che per la libertà di stampa significano: “grave” e "molto grave“. Più i colori sono chiari, più c’è libertà. L’Italia si trova al 52esimo posto, arancione scuro – cosa normale, uno potrebbe dire, dato che tanti giornalisti italiani hanno subito intimidazioni e minacce da gruppi mafiosi e bande criminali locali e dato che 13 giornalisti italiani sono stati uccisi dalla mafia negli ultimi 30 anni. La Germania invece si presenta in bianco tra i primi della classifica dietro la Norvegia, la Svezia e Finlandia, i paesi con maggiore libertà d'informazione. Posto numero 16, invariato da anni. Sarà anche per questo che tanti italiani amano dire “Ah la Germania! Tutto funziona!” Forse anch’io avrei detto la stessa cosa. Se non avessi avuta la malaugurata idea di occuparmi della mafia – pardon – degli “imprenditori italiani di successo” in Germania...


...tutt’ora le leggi tedesche sono per la mafia un invito a nozze. L’associazione mafiosa in Germania non è un reato, c’è solo il paragrafo "associazione criminale di tipo mafioso“ (pena massima di cinque anni), che non viene quasi mai applicato, e non corrisponde in niente al 416 bis del codice italiano. Non riguarda appalti o servizi pubblici, omertà, confisca dei beni. Il riciclaggio è un gioco di ragazzi in Germania. Mentre in Italia chi investe deve (almeno in teoria) dimostrare che i soldi investiti provengano da fonti pulite, in Germania l’onere della prova spetta al poliziotto, all’inquirente che deve dimostrare che i soldi sono di provenienza mafiosa. Per quanto riguarda la confisca di beni mafiosi in Germania, questi possono essere confiscati soltanto se la condanna del proprietario dei beni per associazione mafiosa è passata in giudicato. Spesso i mafiosi vivono da decenni indisturbati in Germania, dove l’associazione mafiosa non è reato. E non hanno precendenti in Italia. Così puliti, i mafiosi sono considerati imprenditori di successo in Germania, al massimo colpevoli di delitti "cavallereschi”: possesso di droghe, evasione fiscale o eccesso di velocità. Intercettare mafiosi in Germania è praticamente impossibile, perché è vietato realizzare intercettazioni in appartamenti privati e in locali pubblici. Se un magistrato dovesse insistere nel voler mettere sotto controllo il telefono di un presunto mafioso, si mette in moto un procedimento kafkiano.La strategia di comunicazione della mafia in Germania ha funzionato alla grande. La strage di Duisburg ormai è stata rimossa da tanto tempo, viene considerata come un increscioso caso singolo, e non come la punta di un iceberg..."

Articolo completo

sabato, aprile 22, 2017

Libertà di stampa in Germania

Quando leggo fatti come quelli descritti da Petra Reski che ho riportato di seguito non posso fare a meno di pensare alla classifica che vede l'Italia al 77° posto per la libertà di stampa. Tempo fa avevo sentito Calabresi affermare che uno dei parametri è il numero di denunce che i giornalisti ricevono. La prima cosa che mi è venuta da pensare è: siamo sicuri che in un paese in cui i giornalisti non ricevono denunce ci sia libertà di stampa?

Beh, leggendo leggendo i fatti di Petra Reski e l'articolo "Le classifiche sulla libertà di stampa sono una cosa seria?", dove si spiega anche la soggettività di molti parametri, che è spiegata anche qui, i miei dubbi su quella classifica si sono amplificati.



Ecco lo stralcio tratto dalla richiesta della Reski: La libertà di stampa non è una parola. E’ un atto.

"Chi intende parlare di mafia in Germania deve pentirsene: “Colpirne uno per educarne cento”.

Col vostro sostegno contribuirete a far sì che la libertà di stampa in Germania non sia solo sulla carta – e a far sì che il tema “Mafia in Germania” non sia ancora un tabù.
...
La legge tedesca rende molto facile alla mafia querelare i giornalisti – e vincere anche questi processi. Così si costruisce uno scenario minaccioso teso a colpire giornalisti, autori, film-maker, case editrici ed emittenti radiotelevisive.
Col denaro raccolto vorrei pagare le spese legali e le spese processuali, il cui preciso ammontare potrò calcolare solo quando la controversia giudiziaria sarà risolta – comprese le altre cause notificatemi (tra l’altro per risarcimento danni). Alla fine farò naturalmente sapere a tutti i donatori l’esatto ammontare delle spese.
Se resterà qualcosa (speriamo!) lo devolverò a un’organizzazione antimafia – naturalmente renderò pubblico tutto questo. Con la vostra donazione non solo mi aiuterete a far fronte alle mie spese legali, ma promuoverete anche lo scambio di idee su un tema che merita l’attenzione di tutti."

martedì, marzo 28, 2017

Libero, il branco di albanesi e la disinformazione

Notate qualche differenza tra il titolo di sinistra e quello di destra?














Sono foto dello stesso articolo di Libero Quotidiano relativo all'omicidio Alatri del 27 marzo. La prima foto è stata scattata il 27 marzo e l'altra il 28 marzo. La notizia di poche ore fa (28 marzo) è che ci sono due persone indagate e fermate, e che nessuna di quelle due persone è albanese. Sembra che siano residenti locali.
Ovviamente ciò non significa che la situazione non possa cambiare di nuovo. Neppure gli investigatori hanno ancora delle certezze, come facciamo ad averle noi?

E come fa ad averlo Libero Quotidiano poche ore dopo l'evento? Quando si trova a puntare razzisticamente l'indice verso una precisa nazionalità?


Trovo dissennato e deplorevole questo stile giornalistico di Libero Quotidiano. Credo che nuoccia allo sviluppo intellettuale e umano del paese. Titoli del genere seminano odio gratuitamente e danneggiano gli italiani e gli stranieri residenti in Italia.

mercoledì, dicembre 07, 2016

Le élite imparino l'umiltà - Stephen Hawking

Credo che tutti dovremmo riflettere su questo invito di Stephen Hawking: sarà necessario che le élite imparino le lezioni di quest’ultimo anno. Che imparino, soprattutto, una certa umiltà.

Mi pare abbastanza simile all'invito di Chomsky a cercare di dialogare con quelli che la Clinton, mostrando un fastidioso snobismo che ha contribuito alla sua sconfitta, ha definito "deplorables".

Di seguito riporto quelle che mi sono sembrate le più interessanti delle considerazioni di Stephen  Hawking tratte dall'articolo Le élite imparino l'umiltà o il populismo sarà trionfante (This is the most dangerous time for our planet).


"Quello che conta adesso, molto più delle vittorie della Brexit e di Trump, è come reagiranno le élite. Dovremmo, a nostra volta, rigettare questi risultati elettorali liquidandoli come sfoghi di un populismo grossolano che non tiene in considerazione i fatti, e cercare di aggirare o circoscrivere le scelte che rappresentano? A mio parere sarebbe un terribile errore.

Complessivamente, quindi, viviamo in un mondo in cui la disuguaglianza finanziaria si sta allargando invece di ridursi, e in cui molte persone rischiano di veder scomparire non soltanto il loro tenore di vita, ma la possibilità stessa di guadagnarsi da vivere. Non c’è da stupirsi che cerchino un nuovo sistema, e Trump e la Brexit possono dare l’impressione di offrirlo.

Per me, l’aspetto veramente preoccupante di tutto questo è che mai come adesso, nella storia, è stato maggiore il bisogno che la nostra specie lavori insieme. Dobbiamo affrontare sfide ambientali spaventose: i cambiamenti climatici, la produzione alimentare, il sovrappopolamento, la decimazione di altre specie, le epidemie, l’acidificazione degli oceani.

Non stanno scomparendo solo posti di lavoro, ma interi settori, e dobbiamo aiutare le persone a riqualificarsi per un nuovo mondo, e sostenerle finanziariamente mentre lo fanno. Se le comunità e le economie non riescono a sopportare gli attuali livelli di immigrazione, dobbiamo fare di più per incoraggiare lo sviluppo globale, perché è l’unico modo per convincere milioni di migranti a cercare un futuro nel loro Paese.

Possiamo riuscirci, io sono di un ottimismo sfrenato sulle sorti della mia specie: ma sarà necessario che le élite, da Londra a Harvard, da Cambridge a Hollywood,
imparino le lezioni di quest’ultimo anno. Che imparino, soprattutto, una certa umiltà."

mercoledì, novembre 30, 2016

La Boldrini e l'era post-fattuale

Ho appena visto questo intervento di Laura Boldrini al convegno dal titolo "Non è vero ma ci credo".
È inquietante che centinaia di migliaia (milioni?) di persone siano in cerca di un capro espiatorio verso cui rivolgere l'odio accumulato per le frustrazioni vissute: che il misfatto attribuito al malcapitato sia vero o falso non conta, tanto siamo nell'era post-(mis)fattuale. E sappiamo bene che quell'odio può essere molto dannoso anche se confinato al solo mondo socialmediatico. Ma uno sconfinamento dal mondo virtuale a quello reale potrebbe essere meno improbabile di quanto pensiamo. Anche se l'interpretazione di quel disagio da parte di Crozza potrebbe indurci a pensare il contrario.

Giorni fa la Boldrini era stata protagonista della pubblicazione degli insulti, con nomi e cognomi, di chi l'aveva offesa. "Nella giornata contro la violenza sulle donne" aveva scritto la Boldrini, "vorrei sottoporre alla vostra attenzione un fenomeno sempre più frequente e inaccettabile: l’utilizzo nei social network di volgarità, di espressioni violente e di minacce, nella quasi totalità a sfondo sessuale. Ho selezionato e vi mostro solo alcuni messaggi tra quelli insultanti ricevuti nell’ultimo mese."
E in quel puzzle di odio abbiamo visto come si esprime il peggio della rete e il peggio della società. Di solito la satira accentua delle caratteristiche negative di una tipologia umana, ma nel caso di Crozza e del suo personaggio Napalm53, quelle caratteristiche devono essere per forza di cose molto attenuate. Potete vedere chiaramente che la realtà è molto più negativa.

Comunque, la Boldrini ci ha anche mostrato che a volte interloquire invece che ignorare può essere educativo. O almeno, in questo caso, lo è stato per la signora Gabriella. E questo era proprio uno dei messaggi di Chomsky durante il suo intervento su Donald Trump al Geist Heidelberg in cui invitava il pubblico a cercare di non arroccarsi e a  parlare e a discutere con quelli che la Clinton aveva definito "deplorables" perché anche loro hanno delle ragioni: una delle più forti delle quali sarebbe il sentirsi esclusi.

lunedì, novembre 21, 2016

Siamo nell'era post-fattuale

Durante l'intervento di Chomsky su Donald Trump al Geist Heidelberg ho sentito usare l'espressione "era post-fattuale". Mi si è subito accesa una lampadina mentale! Quale definizione potrebbe essere più appropriata per questa nostra epoca almeno a livello culturale? Ci siamo dentro da anni, o forse da decenni, e non lo sapevamo! O almeno io non lo sapevo.1

Parafrasando la definizione della corrispondente pagina di wikipedia in inglese, un tratto caratteristico della post-fattualità è la ripetizione a sfinimento (mantirca?) di uno pseudo-fatto sebbene questo sia falso o sia smentito dagli esperti. Come esempio viene citato uno degli slogan
della campagna per la brexit. E cioè che l'appartenenza all'UE costasse 350£ milioni a settimana. Come altro esempio aggiungerei quello arcinoto della bufala della correlazione tra vaccini e autismo.

Ecco, posso dire di essere stato testimone di un'applicazione dell'approccio post-fattuale venerdì scorso quando, durante un interessante dibattito sulla riforma costituzionale tra le ragioni del sì e quelle del no, da una parte ho sentito precisione, puntualità e approccio fattuale e dall'altra demagogia, imprecisione e tecniche retoriche volte solo a convincere gli indecisi disinformati con fatti totalmente o parzialmente falsi ma di forte impatto emotivo.
L'aspetto più fastidioso sono state proprio le falsità volte solo a recuperare disonestamente qualche voto.
Le più eclatanti sono state due.
Uno dei due relatori sosteneva che con la riforma non sarebbe più stato possibile indire un referendum come quello delle trivelle in quanto le regioni non avrebbero più potuto richiederlo. Fatto totalmente falso perché questa riforma non tocca quell'articolo. Ma questo lo sa solo chi si è preventivamente informato. Se qualcuno venerdì sera è venuto a informarsi ha ricevuto un'informazione falsa ma di forte impatto emotivo e si sa che l'impatto emotivo è ciò che più imprime il ricordo nei nostri neuroni.
Ma la vera chicca è stata la seconda falsità. Quella propinataci alla fine del confronto, quando il relatore ha detto: ricordatevi che se vincerà il sì questo sarà stato il vostro ultimo voto perché dopo la riforma non potrete più votare.
Altro fatto totalmente falso che però ha suscitato reazioni forti contro la riforma. L'altro relatore ha cercato di precisare: ma è per il Senato che non si voterà più; e non voteranno più né gli italiani in Italia né gli italiani all'estero. Ma quella precisazione è stata poco incisiva. Molto più incisiva è stata la dichiarazione falsa. E quella ha avuto di nuovo un forte impatto emotivo e quindi un forte effetto persuasivo su chi non era già informato.

Ecco anche un'interessante citazione in materia; dall'articolo del post I pericoli della società post-fattuale che cita un articolo dell'Economist:
"Alcune delle caratteristiche stesse del cervello umano sembrano fatte apposta per favorire la diffusione delle bugie: «La tendenza naturale degli esseri umani è quella di ignorare i fatti». Il nostro cervello, ad esempio, è per natura abbastanza pigro e ci spinge inconsapevolmente a ignorare quei fatti che potrebbero costringerlo a lavorare più duramente. Una volta acquisita un’opinione su un argomento, il sistema cognitivo umano tende a mettere in evidenza le prove che supportano l’idea acquisita, rispetto a quelle che la mettono in discussione. E alcuni esperimenti scientifici sembrano indicare che essere esposti ad argomenti contrari rafforza, invece che indebolire, l’idea sbagliata."

Ah, l'Oxford Dictionary ha eletto "post-truth" parola dell'anno 2016.

Vabbè, uno potrebbe pure obbiettare, ma i medievali lo sapevano di essere nel medioevo? In ogni caso il concetto mi era già noto dopo la lettura del Pendolo di Foucault negli anni '80 ma mancava un nome per il concetto e, inoltre, il fenomeno pare essersi ampliato da allora.

mercoledì, novembre 02, 2016

Il terremoto e gli "irriducibili del sisma"

Ho appena sentito la telefonata di un ascoltatore di Prima Pagina. Il signore, con razionalità e con un po' di atteggiamento di quello che fa il terremotato con le case degli altri, poneva una domanda che più o meno suonava così: ma perché 'sti terremotati non fanno i bravi, si spostano negli alberghi per il tempo che serve a sistemare le cose e poi tornano?
Mi è piaciuta la risposta di Andrea Cangini. È facile per chi non ha vissuto quell'esperienza fare considerazioni razionali ma, in quelle situazioni la razionalità, va a farsi benedire. Subentrano una serie di pulsioni emotive che superano di gran lunga la razionalità. Il desiderio di rimanere vicini alla propria comunità colpita da una tragedia, la pulsione verso il contributo per la ricostruzione, la voglia di non lasciare i luoghi delle proprie radici, la volontà di onorare chi ha avuto meno fortuna.
In misura minima penso di aver vissuto anch'io una piccola parte di quei sentimenti, sia durante il terremoto di Amatrice sia durante quest'ultimo del 30 ottobre.
Il 24 agosto mi trovavo in Sabina, a circa 60 Km in linea d'aria, quando Amatrice e Accumoli crollarono. La mattina successiva, nonostante la notte insonne, provavo un forte impulso di recarmi ad Amatrice per aiutare a scavare. Alla fine la razionalità ha prevalso: ero cosciente che c'erano persone molto più competenti di me in materia e che la mia presenza sarebbe stata più d'intralcio che d'aiuto.
Anche il 26 ottobre, quando sono state registrate le due scosse di magnitudo 5,4 e 5,9, mi trovavo lì. Poi il 27 sono partito per Torino. Ma quando i miei mi hanno chiamato la mattina del 30 ottobre, terrorizzati dalla nuova scossa di magnitudo 6,5, mi sono sentito un po' in colpa per il fatto di non essermi trovato lì. Nonostante io non viva lì da più di 20 anni ormai. Ma continuo a sentire ancora quello come il luogo delle mie radici. Ecco, non oso immaginare quali siano i sentimenti per chi è sempre vissuto in quei paesi, sia passato per i vari terremoti e abbia tutti gli affetti e i ricordi più importanti lì.

sabato, settembre 03, 2016

Charlie Hebdo e terremoto: è satira?

Semplificando:
1. È satira?
2. È satira buona ed efficace?
No
3. Perché?
a. Usa stereotipi che manco più nell'autobus...
b. Usa nessi difficilmente comprensibili (pasta e terremoto) o sbagliati (tutto si può dire tranne che gli edifici di Amatrice li abbia costruiti la mafia)
c. Quasi nessuno l'ha capita.
Se per comprenderla servono dibattute esegesi di intellettuali che satira è? Che poi uno si chiede: ma tutte quelle interpretazioni erano davvero nelle intenzioni del vignettista?