Venerdì alla festa del vino di Rocca d'Arce ci siamo divertiti. Zucchero, io e un'amica dodicenne abbiamo ballato pizzica, tammurriata e ballarella dall'inizio alla fine. La ballarella non l'avevamo mai praticata, abbiamo quindi improvvisato molto. Con la pizzica e la tammurriata invece giocavamo in casa. Anche se qualche "votata" l'abbiamo dimenticata.
Io ero tra i pochissimi uomini danzanti. Ma la cosa non mi ha procurato imbarazzo. Solo tre anni fa non avrei fatto una cosa del genere neppure sotto tortura.
Verso mezzanotte un signore di una certa età mi ha detto:
- Ma 'ngora 'n te si stangato?
- Eh, quando uno è sotto certi effetti... - mi è venuto da rispondergli.
Peccato per il mezzo piatto di polenta e salsicce che avevo mangiato prima di ballare. Per non aver problemi avevo deciso di prendere solo un gelato, ma poi mi è stato gentilmente offerto quel piatto e non ho saputo dire di no. Vabbè, mezzo piatto, che mi farà - ho pensato? In effetti mentre ballavo non ho avuto problemi, ma dopo le danze mi sono chiesto più volte: perché non ho detto di no? ... Anche se a pensarci bene, magari gli effetti che ho citato al signore erano causati proprio dalla polenta.
Un diario con divagazioni su varie mie passioni. Tra le quali la musica, la matematica, la scrittura, la cucina, i viaggi, la Germania e i balli popolari del centro-sud Italia.
martedì, agosto 30, 2011
venerdì, agosto 26, 2011
Deprivazioni del XXI sec. d.C.
- Rimarremo senz'acqua dalle 8 alle 16.
Alza gli occhi annoiato: - Ah, vabbè.
- E anche senza energia elettrica.
- Aha - e riabbassa lo sguardo sul giornale.
- ... e quindi anche senza accesso alla Rete.
La fissa con sguardo atterrito: - Che cosa!?!?
Alza gli occhi annoiato: - Ah, vabbè.
- E anche senza energia elettrica.
- Aha - e riabbassa lo sguardo sul giornale.
- ... e quindi anche senza accesso alla Rete.
La fissa con sguardo atterrito: - Che cosa!?!?
giovedì, agosto 25, 2011
Aggiornamenti vacanzieri
La risposta all'ultimo commento di Titti mi ha dato lo spunto per questo aggiornamento.
Ebbene sì, siamo in vacanza: vacanze italiane. Anche se stento un po' a definirle vere e proprie vacanze. Visto che le stiamo spendendo con le famiglie che si trovano a 150 km di distanza reciproca. Non che non siano piacevoli, ma gli spostamenti in auto con 38 gradi risultano a volte un po' pesanti. Aggiungendo poi i vari viaggi verso Roma o per fare i ciceroni o per incontrare amici... E poi quest'anno si è anche aggiunta una terza famiglia (una sorta di famiglia adottiva, è un po' lungo da spiegare ma magari un giorno lo farò) molto più impegnativa rispetto alle nostre due famiglie naturali.
Qui ho a disposizione solo il mio iPad, così mi risulta un po' complicato aggiornare il blog. E finora è mancato anche il tempo. Ora ne ho un po' di più visto che la terza famiglia è rientrata alla base. Così ho tentato questo aggiornamento.
La festa a u passionnaru, che quest'anno mi aveva procurato molti pensieri, tanto da farmi considerare la possibilità che potesse essere l'ultima della serie, alla fine ci ha dato soddisfazione.
Programma per i prossimi giorni: stasera si festeggia la suocera; domani festa popolare danzante con pizzica e tammurriata dove potremo praticare una delle nostre recenti passioni, sabato partenza per il Cilento, 5 settembre nozze numero 1, 9 settembre nozze numero 2 e 10 settembre viaggio di ritorno con arrivo l'11. Poi il 17 partenza per gli USA. E il 30 per Torino.
Ebbene sì, siamo in vacanza: vacanze italiane. Anche se stento un po' a definirle vere e proprie vacanze. Visto che le stiamo spendendo con le famiglie che si trovano a 150 km di distanza reciproca. Non che non siano piacevoli, ma gli spostamenti in auto con 38 gradi risultano a volte un po' pesanti. Aggiungendo poi i vari viaggi verso Roma o per fare i ciceroni o per incontrare amici... E poi quest'anno si è anche aggiunta una terza famiglia (una sorta di famiglia adottiva, è un po' lungo da spiegare ma magari un giorno lo farò) molto più impegnativa rispetto alle nostre due famiglie naturali.
Qui ho a disposizione solo il mio iPad, così mi risulta un po' complicato aggiornare il blog. E finora è mancato anche il tempo. Ora ne ho un po' di più visto che la terza famiglia è rientrata alla base. Così ho tentato questo aggiornamento.
La festa a u passionnaru, che quest'anno mi aveva procurato molti pensieri, tanto da farmi considerare la possibilità che potesse essere l'ultima della serie, alla fine ci ha dato soddisfazione.
Programma per i prossimi giorni: stasera si festeggia la suocera; domani festa popolare danzante con pizzica e tammurriata dove potremo praticare una delle nostre recenti passioni, sabato partenza per il Cilento, 5 settembre nozze numero 1, 9 settembre nozze numero 2 e 10 settembre viaggio di ritorno con arrivo l'11. Poi il 17 partenza per gli USA. E il 30 per Torino.
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martedì, agosto 16, 2011
Numeri e Geometria attraverso le interviste: indice
Se non vi piace l'aspetto dell'indice sottostante oppure se non funziona potete provare ad aprire questo.
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dioniso
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lunedì, agosto 15, 2011
Percorsi scolastici obbligati o liberi: la mia esperienza
Uno dei motivi per cui non mi stancherò mai di ringraziare i miei genitori è per non avermi mai imposto obblighi nella scelta dei percorsi scolastici e delle mia attività collaterali (restringendo chiaramente il campo a quello delle attività genitorialmente accettabili). Nei momenti delle scelte cruciali, quelle che avrebbero potuto influenzare la mia vita futura, loro hanno sempre rispettato la mia volontà.
Secondo i miei ricordi, la prima scelta del genere si presentò alla fine delle elementari. Mi chiesero se volevo continuare le medie con i miei compagnucci del paesello oppure se avrei preferito trasferirmi nella capitale. Non ebbi il neppur minimo dubbio: mi trovavo troppo bene con i miei amichetti.
Quando frequentavo la seconda media, il sindaco del paese si fece promotore della (ri)fondazione della banda musicale. Mio padre, coinvolto in una sorta di contrapposizione doncamillopepponesca, non ne era entusiasta, ma non era neppure contrario: tiepido diciamo. In ogni caso io mi volli unire. E dovetti combattere non poco con il maestro per farmi assegnare il trombone invece del flicorno contralto in Mib, che, seppur citato da Umberto Eco nel Pendolo di Foucault, a me non convinceva per niente. Visto soprattutto che ci trovavamo sei anni prima della pubblicazione del Pendolo.
La seconda decisione cruciale la presi alla fine delle medie. Volevo studiare il trombone. Il maestro della banda mi consigliò di portare avanti anche la scuola superiore, studiare la musica in privato e presentarmi agli esami del conservatorio come privatista. Seguii il suo consiglio.
Mio padre sarebbe stato più contento se avessi scelto il liceo; ma me lo disse solo perché glielo chiesi io esplicitamente. Alla fine decisi di iscrivermi all'IPSIA: Istituto Professionale di Stato per l'Industria e l'Artigianato: la scuola più malfamata della provincia. In questa scelta fui influenzato principalmente da due fattori: l'amore che nutrivo a quei tempi per l'elettronica, soprattutto nei suoi aspetti più applicativi, e il timore che gli studi musicali mi avrebbero impedito di portare avanti scuole più impegnativi. Mi ritrovai così in un istituto che non apparteneva propriamente alla lista delle realtà d'eccellenza. Su questo tema avrei decine di aneddoti da raccontare. Sono sicuro che molti di questi, e soprattutto quelli concernenti il mio primo professore di matematica, che fortunatamente andò in pensione alla fine del mio primo anno, vi lascerebbero esterrefatti. Ma forse questa sarà materia per un'altra storia.
Adesso, col senno del poi, penso che la mia scelta sarebbe diversa. Ma allo stesso tempo sono abbastanza sicuro che un'eventuale imposizione di mio padre avrebbe irreversibilmente danneggiato la mia carriera scolastica.
La mia settimana a quei tempi era scandita da questi ritmi. Ogni mattina prendevo l'autobus per il capoluogo sabino alle 7 e tornavo a casa alle 14:30; e il sabato pranzavo velocemente, ripartivo in treno per la lezione di trombone a Roma e tornavo casa verso le 21:30. Quando poi alle lezioni di strumento cominciarono ad aggiungersi quelle di solfeggio prima e di armonia e storia della musica in seguito, i mezzi pubblici non furono più adeguati per farmi raggiungere i vari quartieri di Roma in un pomeriggio. Mio padre dovette quindi armarsi di coraggio e accompagnarmi in auto nel giro delle lezioni.
I mei insegnanti di musica appartenevano a classi socio-culturali poste a distanze variabili da quella da cui provenivo io. Si andava dalle poche decine di chilometri dell'insegnante di strumento, alle decine di anni luce dell'insegnante di Storia della Musica. Quando io, diciassettenne travagliato, entravo in quelle case mi ritrovavo catapultato in misteriose terra straniere: ricche di meraviglie, di novità e di insidie.
La più esotica tra queste terre era sicuramente quella dell'insegnante di Storia della Musica. Egli proveniva da una famiglia di antiche tradizioni musicali; era musicologo, direttore d'orchestra, autore di saggi e possedeva una cultura sconfinata. Subivo enormemente il suo fascino e nutrivo per lui un'ammirazione sconfinata. I suoi insegnamenti migliorarono molto le mie pessime capacità dialettiche di adolescente tormentato. Di tutte le sue lezioni non dimenticherò mai quella in cui, nel bel mezzo di una disquisizione sulla scuola veneziana, s'interruppe bruscamente e indicando mio padre in lettura su un divano nell'altra stanza mi disse:
- Tu a tuo padre dovresti fargli un monumento!
Mio padre ed io ci guardammo perplessi.
- Non per i soldi che spende per le tue lezioni, ma per tutto il tempo che spende per te!
Sull'altro fronte la frequentazione del malfamato Istituto Professionale innescò in me un'inconsueta alchimia. In una scuola dove l'aspetto pratico e applicativo è dominante, i miei interessi cominciarono a spostarsi sempre di più verso questioni teoriche. E questo avvenne per buona parte grazie ad un ottimo professore di elettronica (che nutriva e condivideva con noi molteplici interessi scientifici) e in seguito grazie anche agli insegnanti di matematica, di fisica e di religione. L'insegnante di religione meriterebbe un capitolo a parte: comunista dichiarato, amante di Bach e delle lingue antiche, nonché compositore. Da lui fotocopiai un libro intero per imparare l'ebraico antico. A volte quando c'erano gli scioperi nei giorni in cui avevamo religione io entravo in classe solo per poter chiacchierare con lui. Poi arrivò un nuovo vescovo e il professore fu licenziato.
Alla maturità portai italiano come prima materia e matematica come terza (la seconda non la ricordo). Dopo un mese mi diplomai in trombone a S. Cecilia.
Poi m'iscrissi a matematica, mi laureai, ebbi una borsa di studio per un progetto di ricerca, cominciai a lavorare, vinsi l'ammissione ad un dottorato, dopo un anno capii che in quei modi e in quei tempi il dottorato non faceva per me, lo interruppi ed emigrai in Germania. Ma, come dice Lucarelli, questa è un'altra storia.
Sono consapevole del fatto che il mio percorso scolastico sia piuttosto insolito. Perché l'ho raccontato?
Principalmente come testimonianza del fatto che spesso le imposizioni nella scelta di un percorso scolastico piuttosto di un altro potrebbero rivelarsi molto dannose.
Qui in Germania, ad esempio, chi ha frequentato una scuola tecnica non può accedere all'università. Ed in particolare qui nel Baden-Württemberg a decidere se un bambino di nove anni abbia le capacità per frequentare le scuole di serie A (licei), di serie B (scuole tecniche) o di serie C (professionali) sono i maestri delle scuole elementari (si spera che presto il nuovo governo rosso/verde modifichi questo abominio). Quindi, un maestro di scuola elementare si trova schiacciato dall'enorme ed assurda responsabilità di stabilire se un bambino di nove anni possiederà dopo dieci anni le qualità giuste per poter accedere all'università. Un percorso come il mio in Germania sarebbe stato impossibile.
Nel sistema scolastico italiano fortunatamente non abbiamo norme così despotiche, ma a volte sono purtroppo i genitori con le loro imposizioni a rimpiazzare le norme.
Secondo i miei ricordi, la prima scelta del genere si presentò alla fine delle elementari. Mi chiesero se volevo continuare le medie con i miei compagnucci del paesello oppure se avrei preferito trasferirmi nella capitale. Non ebbi il neppur minimo dubbio: mi trovavo troppo bene con i miei amichetti.
Quando frequentavo la seconda media, il sindaco del paese si fece promotore della (ri)fondazione della banda musicale. Mio padre, coinvolto in una sorta di contrapposizione doncamillopepponesca, non ne era entusiasta, ma non era neppure contrario: tiepido diciamo. In ogni caso io mi volli unire. E dovetti combattere non poco con il maestro per farmi assegnare il trombone invece del flicorno contralto in Mib, che, seppur citato da Umberto Eco nel Pendolo di Foucault, a me non convinceva per niente. Visto soprattutto che ci trovavamo sei anni prima della pubblicazione del Pendolo.
La seconda decisione cruciale la presi alla fine delle medie. Volevo studiare il trombone. Il maestro della banda mi consigliò di portare avanti anche la scuola superiore, studiare la musica in privato e presentarmi agli esami del conservatorio come privatista. Seguii il suo consiglio.
Mio padre sarebbe stato più contento se avessi scelto il liceo; ma me lo disse solo perché glielo chiesi io esplicitamente. Alla fine decisi di iscrivermi all'IPSIA: Istituto Professionale di Stato per l'Industria e l'Artigianato: la scuola più malfamata della provincia. In questa scelta fui influenzato principalmente da due fattori: l'amore che nutrivo a quei tempi per l'elettronica, soprattutto nei suoi aspetti più applicativi, e il timore che gli studi musicali mi avrebbero impedito di portare avanti scuole più impegnativi. Mi ritrovai così in un istituto che non apparteneva propriamente alla lista delle realtà d'eccellenza. Su questo tema avrei decine di aneddoti da raccontare. Sono sicuro che molti di questi, e soprattutto quelli concernenti il mio primo professore di matematica, che fortunatamente andò in pensione alla fine del mio primo anno, vi lascerebbero esterrefatti. Ma forse questa sarà materia per un'altra storia.
Adesso, col senno del poi, penso che la mia scelta sarebbe diversa. Ma allo stesso tempo sono abbastanza sicuro che un'eventuale imposizione di mio padre avrebbe irreversibilmente danneggiato la mia carriera scolastica.
La mia settimana a quei tempi era scandita da questi ritmi. Ogni mattina prendevo l'autobus per il capoluogo sabino alle 7 e tornavo a casa alle 14:30; e il sabato pranzavo velocemente, ripartivo in treno per la lezione di trombone a Roma e tornavo casa verso le 21:30. Quando poi alle lezioni di strumento cominciarono ad aggiungersi quelle di solfeggio prima e di armonia e storia della musica in seguito, i mezzi pubblici non furono più adeguati per farmi raggiungere i vari quartieri di Roma in un pomeriggio. Mio padre dovette quindi armarsi di coraggio e accompagnarmi in auto nel giro delle lezioni.
I mei insegnanti di musica appartenevano a classi socio-culturali poste a distanze variabili da quella da cui provenivo io. Si andava dalle poche decine di chilometri dell'insegnante di strumento, alle decine di anni luce dell'insegnante di Storia della Musica. Quando io, diciassettenne travagliato, entravo in quelle case mi ritrovavo catapultato in misteriose terra straniere: ricche di meraviglie, di novità e di insidie.
La più esotica tra queste terre era sicuramente quella dell'insegnante di Storia della Musica. Egli proveniva da una famiglia di antiche tradizioni musicali; era musicologo, direttore d'orchestra, autore di saggi e possedeva una cultura sconfinata. Subivo enormemente il suo fascino e nutrivo per lui un'ammirazione sconfinata. I suoi insegnamenti migliorarono molto le mie pessime capacità dialettiche di adolescente tormentato. Di tutte le sue lezioni non dimenticherò mai quella in cui, nel bel mezzo di una disquisizione sulla scuola veneziana, s'interruppe bruscamente e indicando mio padre in lettura su un divano nell'altra stanza mi disse:
- Tu a tuo padre dovresti fargli un monumento!
Mio padre ed io ci guardammo perplessi.
- Non per i soldi che spende per le tue lezioni, ma per tutto il tempo che spende per te!
Sull'altro fronte la frequentazione del malfamato Istituto Professionale innescò in me un'inconsueta alchimia. In una scuola dove l'aspetto pratico e applicativo è dominante, i miei interessi cominciarono a spostarsi sempre di più verso questioni teoriche. E questo avvenne per buona parte grazie ad un ottimo professore di elettronica (che nutriva e condivideva con noi molteplici interessi scientifici) e in seguito grazie anche agli insegnanti di matematica, di fisica e di religione. L'insegnante di religione meriterebbe un capitolo a parte: comunista dichiarato, amante di Bach e delle lingue antiche, nonché compositore. Da lui fotocopiai un libro intero per imparare l'ebraico antico. A volte quando c'erano gli scioperi nei giorni in cui avevamo religione io entravo in classe solo per poter chiacchierare con lui. Poi arrivò un nuovo vescovo e il professore fu licenziato.
Alla maturità portai italiano come prima materia e matematica come terza (la seconda non la ricordo). Dopo un mese mi diplomai in trombone a S. Cecilia.
Poi m'iscrissi a matematica, mi laureai, ebbi una borsa di studio per un progetto di ricerca, cominciai a lavorare, vinsi l'ammissione ad un dottorato, dopo un anno capii che in quei modi e in quei tempi il dottorato non faceva per me, lo interruppi ed emigrai in Germania. Ma, come dice Lucarelli, questa è un'altra storia.
Sono consapevole del fatto che il mio percorso scolastico sia piuttosto insolito. Perché l'ho raccontato?
Principalmente come testimonianza del fatto che spesso le imposizioni nella scelta di un percorso scolastico piuttosto di un altro potrebbero rivelarsi molto dannose.
Qui in Germania, ad esempio, chi ha frequentato una scuola tecnica non può accedere all'università. Ed in particolare qui nel Baden-Württemberg a decidere se un bambino di nove anni abbia le capacità per frequentare le scuole di serie A (licei), di serie B (scuole tecniche) o di serie C (professionali) sono i maestri delle scuole elementari (si spera che presto il nuovo governo rosso/verde modifichi questo abominio). Quindi, un maestro di scuola elementare si trova schiacciato dall'enorme ed assurda responsabilità di stabilire se un bambino di nove anni possiederà dopo dieci anni le qualità giuste per poter accedere all'università. Un percorso come il mio in Germania sarebbe stato impossibile.
Nel sistema scolastico italiano fortunatamente non abbiamo norme così despotiche, ma a volte sono purtroppo i genitori con le loro imposizioni a rimpiazzare le norme.
domenica, agosto 14, 2011
Carnevale della Matematica #40
Il Carnevale della Matematica ha ormai raggiunto la maturità della quarantesima edizione. Ad ospitarla è Popinga che come tema non vincolante ha scelto: “Quant’è bella geometria”.
Così Popinga introduce il mio contributo fuori tema:
Dioniso, musicista e grande intervistatore di matematici antichi, sul Blogghetto (e continuo a ripetere che il simpatico vezzeggiativo non rende giustizia a questa fonte preziosa di idee, spunti e riflessioni), invia dalla Germania due contributi tratti dalla serie (un vero e proprio libro) Numeri e Geometria attraverso la storia. Sono entrambi rivolti alla conoscenza di Pitagora, del quale Dioniso ci presenta Pitagora (prima parte): La nascita e i viaggi e Pitagora (seconda parte) - Crotone e la scuola: matematici ed acusmatici. Consiglio vivamente di consultare comunque l’indice dell’intera opera.
Il Carnevale del 14 Settembre, il numero 41, sarà ospitato da Roberto Zanasi su Gli studenti di oggi.
Calendario con le date delle prossime edizioni del Carnevale
Calendario con le date delle prossime edizioni del Carnevale
giovedì, agosto 11, 2011
Non c'è più il San Lorenzo di una volta
Buon San Lorenzo!
Dite che sono in ritardo? Che San Lorenzo era ieri? Ma la notte di San Lorenzo non è quella in cui si va a vedere le stelle cadenti?
Sembra però che il picco di meteore, circa 100 l'ora, lo vedremo la notte fra il 12 e il 13 agosto.
Come mai? Chi è che ha spostato San Lorenzo?
Come per altri misfatti della storia la colpevole è lei: laprocessione precessione degli equinozi. Che nel corso dei secoli ha spostato San Lorenzo di circa due giorni in avanti.
Ma allora, così come è successo per la diatriba tra tauisti e pigrecisti, in cui i tauisti sostengono che la scelta di pi greco sia sbagliata, sarebbe opportuno innescare un diatriba tra sanlorenziani e santeupliani, con la creazione di un Manifesto di Sant'Euplio in cui si sostiene che la scelta di San Lorenzo è sbagliata?
In ogni caso buona notte di Sant'Euplio per domani! ...Anche se quest'anno la Luna piena disturberà l'osservazione.
Dite che sono in ritardo? Che San Lorenzo era ieri? Ma la notte di San Lorenzo non è quella in cui si va a vedere le stelle cadenti?
Sembra però che il picco di meteore, circa 100 l'ora, lo vedremo la notte fra il 12 e il 13 agosto.
Come mai? Chi è che ha spostato San Lorenzo?
Come per altri misfatti della storia la colpevole è lei: la
Ma allora, così come è successo per la diatriba tra tauisti e pigrecisti, in cui i tauisti sostengono che la scelta di pi greco sia sbagliata, sarebbe opportuno innescare un diatriba tra sanlorenziani e santeupliani, con la creazione di un Manifesto di Sant'Euplio in cui si sostiene che la scelta di San Lorenzo è sbagliata?
In ogni caso buona notte di Sant'Euplio per domani! ...Anche se quest'anno la Luna piena disturberà l'osservazione.
martedì, agosto 09, 2011
La la pizza è nata negli USA: confutazione della vulgata americana
Non tutti ne saranno al corrente, ma ci sono degli americani convinti che la pizza sia una loro invenzione. Io ne ho conosciuti.
Occorrenze di "pizza" e "spaghetti" nei libri inglesi digitalizzati da Google dal 1800 al 2008
Tedesco
Francese
Spagnolo
Purtroppo l'italiano non c'è tra le lingue di Books Ngram Viewer, ma il mio dizionario etimologico riporta che la prima occorrenza scritta della parola "pizza" risale al X secolo e si trova in un testo in latino medievale di Gaeta. Circa mezzo millennio prima del viaggio di Colombo.
Occorrenze di "pizza" e "spaghetti" nei libri inglesi digitalizzati da Google dal 1800 al 2008
Tedesco
Francese
Spagnolo
Purtroppo l'italiano non c'è tra le lingue di Books Ngram Viewer, ma il mio dizionario etimologico riporta che la prima occorrenza scritta della parola "pizza" risale al X secolo e si trova in un testo in latino medievale di Gaeta. Circa mezzo millennio prima del viaggio di Colombo.
venerdì, agosto 05, 2011
Ancora sull'omeopatia: ma in fondo... checcefrega?
Qui voglio provare a formulare una risposta breve ma un po' più articolata al commento di ziomassimo su "Farmaci omeopatici: la BOIRON minaccia querela contro un blog".
Caro ziomassimo, prima di cominciare il discorso penso sia necessario stabilire dei parametri condivisi. Altrimenti sarà inutile stare a discutere.
Secondo me qui il parametro fondamentale è il metodo scientifico. E l’idea da condividere è che esso permetta di distinguere un discorso scientifico da un discorso religioso o pseudoscientifico.
Si può tranquillamente decidere di non condividere questa idea e allora il discorso finisce qui.
Se invece la si condivide si dovrà anche accettare il fatto che il metodo scientifico sia il migliore (unico) criterio finora prodotto dal genere umano per poter stabilire la validità oggettività di una teoria. E che questo metodo ci dice che l'omeopatia è innocua ma inefficace. Detto in altri termini presi in prestito da un mio amico: ha la stessa efficacia di una zigulì.
E qui veniamo alla domanda "Non comprendo, sia da una parte che dall'altra, tutto questo accanimento. Insomma, ma in fondo... checcefrega??"
Non mi sembra io mi sia "accanito" contro chi usa l'omeopatia. Io non ho nulla contro chi vuole curarsi con il placebo. L'ho detto più volte. Io penso che sia positivo il fatto che qualcuno trovi giovamento usando un qualsiasi rimedio. In passato si usava la polvere di unicorno e rimedi analoghi e sicuramente c'era chi guariva: o per effetto placebo, allora ignoto, o perché sarebbe guarito anche senza alcun rimedio.
Però permetti che io mi possa "accanire" contro la Boiron? Una potentissima multinazionale che fa profitti spacciando acqua distillata per farmaco e che minaccia un semplice blogghista come me, che si permette di dire la verità?
Tu che di solito sei dalla parte dei deboli non ti sembra che in questa storia il debole sia Samuele di blog(0)?
Inoltre ti vorrei riportare la considerazione che ho tratto dall'articolo citato qui sotto: il dottor Ernst è convinto che prima di concedere la licenza per la vendita, anche per i farmaci alternativi, così come viene fatto per quelli convenzionali, dovrebbe essere dimostrata l'efficacia. Solo così si potrà evitare che, ad esempio, alcuni omeopati commercializzino trattamenti per la malaria, nonostante la mancanza di prove della loro efficacia, danneggiando così i loro pazienti.
Dopo questa considerazione mi posso spingere a dire che nella mia critica all'omeopatia non solo non vedo i pazienti difensori dell'omeopatia come tifosi della squadra avversaria. No, li vedo come possibili vittime che dovrebbero trarre beneficio dalle voci critiche.
Per concludere riassumo brevemente anche qualche stralcio dell'interessantissimo articolo che Seb mi ha segnalato nella precedente discussione.
L’articolo parla del dottor Edzard Ernst, del suo gruppo di ricerca e del loro tentativo di effettuare uno studio rigoroso di tutti i metodi alternativi: dall’agopuntura alla cristalloterapia fino ai rimedi erboristici.
Il dottor Ernst dice che spesso si sono trovati di fronte a difficoltà: il denaro era difficile da trovare, i "medici" alternativi diventavano sempre più riluttanti a collaborare, mentre la ricerca medica tradizionale vedeva gli studi su cose come la guarigione ayurvedica come una perdita di tempo.
Nel corso degli anni il dottor Ernst e il suo gruppo hanno eseguito sperimentazioni cliniche e hanno pubblicato oltre 160 meta-analisi di altri studi. È risultato che circa il 95% dei trattamenti esaminati (in campi diversi come agopuntura, fitoterapia, omeopatia e riflessologia) si sono rivelati statisticamente indistinguibili dal placebo. Solo nel 5% dei casi l'efficacia rilevata era superiore al placebo.
Personalmente non mi sono ancora fatto una precisa idea in merito. Tuttavia ritengo che se uno non ci crede possa molto semplicemente, quanto liberamente, non usufruire delle cure omeopatiche.Il mio intento è anche quello di rimanere il più possibile aperto ai punti di vista diversi che potrebbero arricchire la discussione.
Non comprendo, sia da una parte che dall'altra, tutto questo accanimento. Insomma, ma in fondo... checcefrega??? ;-)
Caro ziomassimo, prima di cominciare il discorso penso sia necessario stabilire dei parametri condivisi. Altrimenti sarà inutile stare a discutere.
Secondo me qui il parametro fondamentale è il metodo scientifico. E l’idea da condividere è che esso permetta di distinguere un discorso scientifico da un discorso religioso o pseudoscientifico.
Si può tranquillamente decidere di non condividere questa idea e allora il discorso finisce qui.
Se invece la si condivide si dovrà anche accettare il fatto che il metodo scientifico sia il migliore (unico) criterio finora prodotto dal genere umano per poter stabilire la validità oggettività di una teoria. E che questo metodo ci dice che l'omeopatia è innocua ma inefficace. Detto in altri termini presi in prestito da un mio amico: ha la stessa efficacia di una zigulì.
E qui veniamo alla domanda "Non comprendo, sia da una parte che dall'altra, tutto questo accanimento. Insomma, ma in fondo... checcefrega??"
Non mi sembra io mi sia "accanito" contro chi usa l'omeopatia. Io non ho nulla contro chi vuole curarsi con il placebo. L'ho detto più volte. Io penso che sia positivo il fatto che qualcuno trovi giovamento usando un qualsiasi rimedio. In passato si usava la polvere di unicorno e rimedi analoghi e sicuramente c'era chi guariva: o per effetto placebo, allora ignoto, o perché sarebbe guarito anche senza alcun rimedio.
Però permetti che io mi possa "accanire" contro la Boiron? Una potentissima multinazionale che fa profitti spacciando acqua distillata per farmaco e che minaccia un semplice blogghista come me, che si permette di dire la verità?
Tu che di solito sei dalla parte dei deboli non ti sembra che in questa storia il debole sia Samuele di blog(0)?
Inoltre ti vorrei riportare la considerazione che ho tratto dall'articolo citato qui sotto: il dottor Ernst è convinto che prima di concedere la licenza per la vendita, anche per i farmaci alternativi, così come viene fatto per quelli convenzionali, dovrebbe essere dimostrata l'efficacia. Solo così si potrà evitare che, ad esempio, alcuni omeopati commercializzino trattamenti per la malaria, nonostante la mancanza di prove della loro efficacia, danneggiando così i loro pazienti.
Dopo questa considerazione mi posso spingere a dire che nella mia critica all'omeopatia non solo non vedo i pazienti difensori dell'omeopatia come tifosi della squadra avversaria. No, li vedo come possibili vittime che dovrebbero trarre beneficio dalle voci critiche.
Per concludere riassumo brevemente anche qualche stralcio dell'interessantissimo articolo che Seb mi ha segnalato nella precedente discussione.
L’articolo parla del dottor Edzard Ernst, del suo gruppo di ricerca e del loro tentativo di effettuare uno studio rigoroso di tutti i metodi alternativi: dall’agopuntura alla cristalloterapia fino ai rimedi erboristici.
Il dottor Ernst dice che spesso si sono trovati di fronte a difficoltà: il denaro era difficile da trovare, i "medici" alternativi diventavano sempre più riluttanti a collaborare, mentre la ricerca medica tradizionale vedeva gli studi su cose come la guarigione ayurvedica come una perdita di tempo.
Nel corso degli anni il dottor Ernst e il suo gruppo hanno eseguito sperimentazioni cliniche e hanno pubblicato oltre 160 meta-analisi di altri studi. È risultato che circa il 95% dei trattamenti esaminati (in campi diversi come agopuntura, fitoterapia, omeopatia e riflessologia) si sono rivelati statisticamente indistinguibili dal placebo. Solo nel 5% dei casi l'efficacia rilevata era superiore al placebo.
mercoledì, agosto 03, 2011
Farmaci omeopatici: la BOIRON minaccia querela contro un blog
Un paio di volte l'argomento omeopatia è entrato nelle discussioni del Blogghetto (qui e qui ad esempio) o in quelle di blog amici (qui ad esempio). Leggendo quelle discussioni penso possa trasparire qual è il mio pensiero in materia.
Uno degli argomenti usati spesso dai sostenitori dell'omeopatia è il fatto che dietro i farmaci tradizionali ci sono le case farmaceutiche: radice di tutti i mali dell'umanità.
Come se dietro i farmaci omeopatici non ci fossero allo stesso modo aziende il cui obiettivo principale è quello di fare profitti.
La differenza è che un farmaco tradizionale deve passare per almeno cinque anni di sperimentazione sugli animali e cinque anni di sperimentazione sui pazienti (tra l'altro io sono incluso in uno di tali studi come paziente) per dimostrare la sua efficacia attraverso il metodo scientifico del doppio cieco. Mentre il farmaco omeopatico no. Anche perché le poche volte che un farmaco omeopatico è stato sottoposto a tali sperimentazioni il risultato è stato sempre lo stesso: non è stata rilevata differenza tra il farmaco omeopatico ed un bicchiere d'acqua fresca (effetto placebo).
Detto ciò, la storia di cui volevo parlare è la seguente. È capitato che Samuele di blog(0) aveva scritto due post molto interessanti (ecco i link al primo e al secondo) che parlavano di omeopatia e facevano il nome: Boiron, la multinazionale dell'omeopatia, il più grande produttore di farmaci omeopatici al mondo.
Ieri Samuele ha scritto un altro post in cui annuncia che l'Amministratore Delegato della Boiron ha mandato al suo provider una lettera dove gli viene intimato di rimuovere immediatamente, e comunque entro e non oltre 24 ore dal ricevimento della presente, tutti gli articoli [...].
Ora Samuele ha eliminato tutti i riferimenti alla suddetta multinazionale.
Come dice .mau.,
Uno degli argomenti usati spesso dai sostenitori dell'omeopatia è il fatto che dietro i farmaci tradizionali ci sono le case farmaceutiche: radice di tutti i mali dell'umanità.
Come se dietro i farmaci omeopatici non ci fossero allo stesso modo aziende il cui obiettivo principale è quello di fare profitti.
La differenza è che un farmaco tradizionale deve passare per almeno cinque anni di sperimentazione sugli animali e cinque anni di sperimentazione sui pazienti (tra l'altro io sono incluso in uno di tali studi come paziente) per dimostrare la sua efficacia attraverso il metodo scientifico del doppio cieco. Mentre il farmaco omeopatico no. Anche perché le poche volte che un farmaco omeopatico è stato sottoposto a tali sperimentazioni il risultato è stato sempre lo stesso: non è stata rilevata differenza tra il farmaco omeopatico ed un bicchiere d'acqua fresca (effetto placebo).
Detto ciò, la storia di cui volevo parlare è la seguente. È capitato che Samuele di blog(0) aveva scritto due post molto interessanti (ecco i link al primo e al secondo) che parlavano di omeopatia e facevano il nome: Boiron, la multinazionale dell'omeopatia, il più grande produttore di farmaci omeopatici al mondo.
Ieri Samuele ha scritto un altro post in cui annuncia che l'Amministratore Delegato della Boiron ha mandato al suo provider una lettera dove gli viene intimato di rimuovere immediatamente, e comunque entro e non oltre 24 ore dal ricevimento della presente, tutti gli articoli [...].
Ora Samuele ha eliminato tutti i riferimenti alla suddetta multinazionale.
Come dice .mau.,
peccato che la Boiron non abbia voluto aggiungere riferimenti a sperimentazioni standard (col metodo del doppio cieco) che confrontino l'Oscillococcinum con un placebo, riferimenti che così avrei potuto pubblicare qui e confutare la famosa barzelletta "Il raffreddore ti dura una settimana se non ti curi, mentre se ti curi ti passa in soli sette giorni".Per concludere, anch'io mi impegno a seguire .mau. e il dottor Fisk e dare un piccolo contributo nel caso in cui Samuele dovesse trovarsi querelato dalla Boiron.
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